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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Anche la casa di Dio - la sua chiesa dei SS. Giovanni e Paolo - doveva essere bella e luminosa per diffondere la Vita divina nelle anime. Appena giunto a Venezia, padre Giocondo trovò la celebre cappella della Madonna del Rosario, costruita per celebrare la vittoria dei cristiani contro i turchi a Lepanto il 7 ottobre 1571, ridotta a un cumulo di rovine.
Progettata dall'architetto Vittoria, dipinta dal Tintoretto e finita nel 1608, era bellissima. Ma un incendio nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1867, l'aveva rovinata completamente. Nel 1908, inaugurandosi all'entrata della medesima cappella, la statua all'eroe di Lepanto, Sebastiano
Venier, alla presenza del Card. Cavallari, Patriarca di Venezia, e della regina Margherita, si parlò del restauro dell'insigne monumento. 14
Padre Giocondo sentì di doversi impegnare in prima persona. L'anno dopo, costituì un comitato presieduto dal senatore Molmenti. 15 Chiamò tre artisti famosi a studiare gli interventi necessari. Prese a sostenere il comitato per i restauri con una propaganda a largo raggio per far conoscere l'opera. A tal fine fece pubblicare il volumetto «Per il restauro della cappella del Rosario» arricchendolo di stupende illustrazioni e donandolo al Papa Pio X, al Maestro Generale dell'Ordine, al Patriarca di Venezia, a uomini del governo italiano, a rappresentanti di stati stranieri... Poi arrivarono i primi stanziamenti del governo, gli interventi del Papa Benedetto XV e del 1° Superiore dell'Ordine.
Il lavoro da portare avanti era grandioso, ma il parroco si batté con tutte le forze, interessando la Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia e i ministeri romani, fino alla vigilia della sua malattia mortale... I lavori si sarebbero conclusi definitivamente solo nel 1959, ma fu lui l'iniziatore del restauro della cappella, spinto dal suo grande amore alla Madonna. 16
Lo stesso zelo lo mosse al ripristino della sua chiesa, quando fu resa inagibile da una bomba scoppiata il 13 settembre 1916. Toccava allo stato provvedere, ormai terminata la guerra. Il parroco vigilò affinché l'impresa andasse presto a termine. Nel maggio 1922, si recò a Roma e per
un mese «girò» per i diversi ministeri a cercare aiuti. Superò tutti gli ostacoli e i lavori si conclusero in breve tempo.
In ottobre, con i suoi confratelli, diede vita alle celebrazioni per la conclusione del VII centenario della morte di S. Domenico e per l'elevazione della sua chiesa parrocchiale a basilica. Ancora una volta, il Padre Parroco fu in prima fila senza risparmiarsi. 17
Nello stesso mese di maggio, aveva pure cercato a Roma, presso il governo, autorevoli appoggi per il restauro della cappella di S. Orsola e per il recupero, da parte dei Domenicani, del loro antico convento. Poi mobilitò la stampa veneziana e pubblicò il numero unico «Venezia per il suo Pantheon». Si accorse che le difficoltà erano grandissime e puntò, per il momento, al restauro di «S. Orsola», lanciando l'idea che la cappella diventasse il monumento nazionale dedicato alle eroine della carità nell'ultima guerra, cioè alle suore e alle crocerossine.
Non ebbe il tempo di vedere realizzati i progetti, perché la morte lo sorprese. Successivamente della cappella di S. Orsola non rimase che qualche traccia nell'ampliato convento dei Padri.
Davanti agli elogi per la sua opera di restauratore, padre Giocondo rispose: « Ma se mi preme lo splendore della chiesa e la maggior comodità dei religiosi, quanto più le anime!» . 18