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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Domenicano esemplare

Parroco a Venezia, padre Giocondo non fu mai dimenticatolasciato da parte dai confratelli e dai superiori del suo Ordine. Lo conoscevano come un religioso dotto e appassionato alla vita domenicana e, pertanto, lo chiamarono a essere di guida agli altri, con la competenza e il prestigio che godeva.

            Nel convento di Venezia fu, quasi sempre, da quando giunse fino alla morte, sottopriore. Nel 1905 fu nominato «socio» del Padre Provinciale, quindi incaricato di partecipare al Capitolo generale dell'Ordine. Nel 1914 era stato nominato «consigliere» di Provincia, potendo così, per molti anni, offrire ai confratelli il suo contributo di sapienza e di prudenza. Nel 1921 sarà nominato «quarto definitore»,


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per cui insieme al Provinciale e agli altri tre definitori, diventerà legislatore della sua provincia.

            Tutto questo significava per lui maggior carico di responsabilità e di lavoro, ma egli lo accettava, mosso dal suo grande amore all'Ordine e dal desiderio di collaborare alla sua crescita e alla sua irradiazione di luce in Italia e nel mondo.

            In mezzo ai confratelli di Venezia si distingueva per la carità dolce e forte con cui cercava di essere insieme il religioso osservante e fedele e il parroco attento a tutte le chiamate del suo popolo. Uomo tutto di Dio, uomo di pace, attento alle necessità degli altri frati, pronto a provvedere al loro aggiornamento culturale e ad aiutarli nella loro santificazione.

            Nel settembre 1908 passò a Venezia il Maestro Generale Padre Cormier il quale, apprezzata la vita regolare della comunità, disse al padre Giocondo: «Mi promette proprio che non si perderà di coraggio?». E al momento di partire, gli pose la mano sul capo e lo benedisse. Era il gesto buono che gli ridava forza e coraggio, in mezzo alle spine che non gli mancavano.29

Ma padre Giocondo sapeva trasformare tutto, preghiera, attività pastorale, vita conventuale, predicazione e insieme incomprensioni e sofferenze, in purissima offerta d'amore a Dio: la vita religiosa vissuta davvero come «olocausto» con Gesù Crocifisso, al Padre, per la salvezza del mondo, come spiega S. Tommaso. Tutti i Priori Provinciali e i Maestri Generali che si succederanno, dal P. Cormier, a P. Theissling, a P. Paredes, non mancheranno di stimarlo e di volergli bene.

            Padre Giocondo pensava alla crescita della sua Provincia domenicana, all'incremento dell'Ordine dei Predicatori, in Italia e nel mondo. Nel 1910, partecipando al Capitolo generale, come «socio» del Provinciale, a Roma,

 


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presso il Collegio Angelico, in via S. Vitale, ebbe la gioia di trovarvi l'ambiente ideale per la «riforma» dell'Ordine e di vedere uniti in un unico convento la Curia Generalizia, la comunità dei docenti e degli studenti provenienti da tutto il mondo, in perfetta vita regolare. 30

In accordo con il Maestro Generale, si era convinto che la formazione dei ragazzi, dei novizi e degli studenti alla vita domenicana doveva essere compiuta in un convento di perfetta osservanza. Questa idea espressa al capitolo provinciale di Bologna del 1913, era destinata, come brace sotto la cenere, ad ardere come fiamma luminosa.

            Infatti, di a poco, padre Giocondo fu mandato a Bergamo a vedere due fabbricati che potevano essere acquistati per essere utilizzati come centro formativo di tutti i giovani «aspiranti» della provincia. La guerra portava al fronte novizi e studenti, ma egli pensava al futuro dell'Ordine che doveva rifiorire presto in una nuova primavera.

            Il suo interesse prevalente diventò quello delle vocazioni e della formazione religiosa delle nuove generazioni di Domenicani. Nella primavera del 1915, approvò, nel consiglio di provincia, l'acquisto dei due fabbricati di Bergamo per stabilirvi il «collegino» per i ragazzi da avviare alla vita religiosa. Nel maggio dell'anno successivo, d'accordo con il Vescovo di Bergamo, con il Papa Benedetto XV e con i superiori della provincia, sostenne le trattative per il recupero dell'importante chiesa di S. Bartolomeo a Bergamo, già appartenente ai Domenicani. Fu «il suo contributo» a solennizzare, nel 1916, il VII centenario della fondazione dell'Ordine.

            Al termine della guerra, nel 1919, i Domenicani rientrarono davvero a Bergamo, nella loro chiesa di S. Bartolomeo, e aprirono la scuola apostolica: i due progetti cui P. Giocondo aveva intensamente collaborato.

 


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Qualche mese prima aveva espresso al Provinciale alcune idee maturate per la ripresa dell'Ordine in Italia: si avesse la più grande cura nell'accettare e nell'educare i giovani alla vita domenicana, si pubblicasse una rivista per diffondere la dottrina di S. Tommaso d'Aquino e, infine, si fondasse un'Università Cattolica, ancora mancante in Italia, sull'esempio di quelle di Friburgo e di Manila. 31

La sua anima, sia guardasse all'umile gente della sua parrocchia, sia si impegnasse per il suo Ordine e per la Chiesa, era sempre un vortice d'amore. Moltiplicava talenti e iniziative per irradiare Gesù, per vivere di Lui, per continuare Lui.

            Per questo la sua gioia toccò il vertice quando vide istituito il noviziato e lo studentato comune per tutte le province d'Italia nel convento de «La Quercia» presso Viterbo, e aperto a Roma il Collegio Angelico per gli studenti più dotati, affinché vi potessero conseguire i gradi accademici per l'insegnamento. Erano i suoi desideri che si attuavano.

            Quando fu eletto Provinciale il p. Enrico Brianza, nel novembre 1921, colui che davvero avrebbe fatto rifiorire la provincia di Lombardia, padre Giocondo approvò subito il programma del nuovo superiore di impegnare la scuola apostolica di Bergamo ad accogliere e preparare almeno una decina di giovani ogni anno per il noviziato e di predisporre i religiosi adatti alla formazione intellettuale e spirituale dei novizi e degli studenti per riempire lo «Studio » di Bologna e ripopolare i conventi già esistenti e aprirne di nuovi con la grazia di Dio!

Padre Giocondo si impegnò con tutte le sue forze, contribuendo con la preghiera, il consiglio e l'azione. Pregava e sperava da Dio, dopo la fine della guerra, una nuova primavera per i Predicatori, come era capitato ai tempi di S. Domenico, quando - come scrisse Lacordaire - « si

 


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divenne frati predicatori, come prima si era divenuti crociati ».32

Operai per una «conquista» del mondo a Gesù.

           




29 Diario AL III 5, in data 27 novembre 1908.



30 Diario AL III 9.



31 Padre Lorgna al Provinciale, il 3 novembre 1918, AL VI 48 (13).



32 H. D. LACORDAIRE, Oeuvres, t. IX, ch. III, ed. Gigord, 1922, pp. 110 ss., riportato in: Supplemento alla Liturgia delle Ore, secondo il calendario proprio delle province italiane dei Frati Predicatori, Marietti, Torino 1981, p. 577.






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