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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Il 2 maggio 1925, moriva a Roma il Maestro Generale P. Theissling: si iniziò a preparare il capitolo per l'elezione del suo successore.
Nel settembre di quell'anno, P. Lorgna predicò gli esercizi spirituali alla comunità di S. Domenico a Bologna: il Provinciale, P. Brianza, ne fu così entusiasta che gli regalò un artistico breviario con una dedica piena di gratitudine da parte sua e dei confratelli.
Il nuovo anno 1926 segnò il vertice della sua vita domenicana. Prima di parlarne accenniamo a un grave lutto familiare. Il 20 marzo decedeva a Parma il fratello Don Bentivoglio. Aveva 59 anni. Tutta la sua vita fu un lungo calvario iniziato dagli anni della adolescenza in seminario a Parma, dove contrasse una «gravissima malattia» che l'accompagnò per tutta la vita. Non si conobbe la natura
di questa malattia che lo fece tanto soffrire. Fu sempre costretto a chiedere a padre Giocondo aiuti finanziari per far fronte alle spese del suo sostentamento e per pagarsi le medicine. Morì quasi all'improvviso. Padre Giocondo, scrive a una Imeldina, Suor Rosa Quagliardi, il turbamento del suo cuore: «Può immaginare la trepidazione del mio cuore quando chiamato telegraficamente volai a Parma e giunto la sera in casa del fratello ascesi le scale, suonai il campanello e rispose il silenzio profondo... compresi che cosa era accaduto... la salma era esposta in una camera ardente e, in quell'ora, non era circondata da nessuno se non dalle fiamme tremule delle candele... Che momento doloroso! Genuflessi, piansi e pregai... ».
E in «Vita Nuova», la rivista diocesana di Parma, in data 3 aprile 1926 si leggeva: «A soli 59 anni moriva il sacerdote Don Bentivoglio Lorgna. Quanti ne ha trascorsi tra le sofferenze di quella malattia che lo doveva condurre alla tomba innanzi tempo, nessuno lo saprebbe dire, perché quanti lo conobbero, ricordano d'averlo visto sempre sofferente, pallido, a fatica reggendosi. E a chi gli chiedeva di sua salute rispondeva quasi con noncuranza dei suoi dolori fisici, raro esempio di singolare fortezza d'animo e di cristiana rassegnazione. Fu pio, umile e modesto. Sensibilissimo alla più piccola gentilezza, ne protestava tale riconoscenza vera e sentita, da commuovere. E ben lo sanno gli amici che con costante e devoto affetto lo assistettero...».
Don Bentivoglio è vissuto sempre avvolto dal mistero del «dolore» accettato con serenità d'animo e con grande generosità.
In data anteriore di qualche settimana alla scomparsa del fratello don Bentivoglio, padre Giocondo era stato nominato «socio» del definitore della provincia di Lombardia e chiamato a partecipare al Capitolo generale di Ocaña, in Spagna, per l'elezione del nuovo Maestro Generale
e per confermare le nuove Costituzioni dell'Ordine. 44
Con gli altri confratelli «lombardi», il 6 maggio partì da Milano e raggiunse Tolosa, in Francia. Visitò Prouille e Fanjeaux, i luoghi santificati dal passaggio di S. Domenico e dai primi inizi dell'Ordine. Si fermò in preghiera davanti alla grotta dell'Immacolata a Lourdes. Poi raggiunse Madrid dove si recò a venerare i luoghi domenicani. Alla sera del 13 maggio giungeva all'antico convento di Ocana: 45 di qui, mosso dal suo caldo amore alla Chiesa e al Papa, scrisse una lettera a Pio XI chiedendogli la benedizione per il Capitolo. 46
Il 22 maggio era eletto Maestro Generale il padre Bonaventura Garcia de Paredes, spagnolo, professore illustre, già Provinciale, missionario. 47 Accettata la nomina,
padre Paredes volle abbracciare, a uno a uno, i padri che l'avevano eletto. Giunto al padre Giocondo, lo guardò fisso e gli domandò: «Come sta?», dimostrandogli di ricordarsi ancora di lui per averlo visto nel 1910 al Capitolo di Roma.
Nei giorni seguenti, padre Giocondo poté passeggiare nel giardino del convento con il nuovo Maestro Generale cui, tra l'altro, chiese preghiere e benedizioni speciali per le Imeldine e le Ancelle Missionarie. Da parte sua, padre Paredes gli ricordò come le province italiane avrebbero dovuto mandare missionari all'estero. 48
Il ritorno a casa, assieme al confratello padre Righi, fu bello e lieto, un vero pellegrinaggio, in preghiera e ascolto, sulle orme dei santi. Dal 29 maggio al 10 giugno, visitò Madrid con l'Escorial, Avila con il convento domenicano e i luoghi di S. Teresa, la grande riformatrice del Carmelo, Salamanca con il convento di S. Esteban: qui incontrò, con grande gioia in cuore, il padre Giovanni Arintero, celebre filosofo e teologo, mistico, un altro santo sul suo cammino. 49 Passò ad Alba de Tormes, tra i ricordi di S. Teresa d'Avila, al Seminario dei Martiri della Cina a Valladolid, e infine, commosso e felice, raggiunse Caleruega, la patria di S. Domenico.
Dall'11 giugno, giunto a Parigi, si recò al Louvre a contemplare l'Incoronazione della Vergine del Beato Angelico.
Poi passò per i luoghi di Federico Ozanam, l'apostolo delle «conferenze di S. Vincenzo», e di padre Lacordaire, il restauratore, nell'800, dell'Ordine Domenicano
in Francia. Si fermò ad Ars, sui luoghi del Santo Curato Jean Marie Vianney, per imparare ancora di più da lui lo stile del buon Pastore. A Lisieux, annotò tutto quello che riguardava Teresa di Gesù Bambino e affidò a lei le anime che guidava, in primo luogo la parrocchia, le associazioni, le sue opere delle Imeldine e delle Ancelle Missionarie. 50 Alla «piccola Santa» domandò per sé «la carità di S. Paolo e di incominciare davvero la vita di perfezione».51
Il 21 giugno si fermò ad Annecy a venerare S. Francesco di Sales e S. Giovanna De Chantal che ammirava come «i fondatori per eccellenza». A Torino indugiò sui luoghi dei «santi piemontesi»: il Cottolengo, il Cafasso, don Bosco, don Rua, Domenico Savio. E poi volle visitare il convento di S. Domenico a Chieri e pregare sulla tomba del Card. Ferrari a Milano. Alla fine di giugno rientrava a Venezia. Ma già in luglio partecipava a Bologna all'elezione del Provinciale. Nel discorso introduttivo al capitolo provinciale, da lui pronunciato, spiegò che la vita religiosa è «un amore, una quiete, un olocausto» e che il Frate Predicatore risponde al comando di Gesù di evangelizzare tutte le genti; che quindi il nuovo Provinciale avrebbe dovuto promuovere, continuando l'opera di S. Domenico, una nuova primavera per le vocazioni e per la santificazione dell'Ordine. 52
Padre Giocondo aveva vissuto l'anno più intenso della sua vita. Uomo di profonda contemplazione, ricco di opere apostoliche eccezionali, fondatore di una nuova «Famiglia religiosa», davvero risplendeva di luce, come la lampada posta sul candelabro (Mt 5, 15); ed era diventato un albero carico di frutti, che diffondeva a piene mani la Vita di Dio.
Nel 1910 fu eletto Provinciale delle Filippine, restando in carica fino al 1917. Il 22 maggio 1926 era eletto Maestro Generale dell'Ordine. Dopo solo due anni di governo, rinunciò alla carica nel 1928. Catturato dai comunisti a Madrid il 14 agosto 1936, fu da loro ucciso.
Di Lugueros (Spagna), fu filosofo e teologo domenicano, uno degli studiosi di mistica più rappresentativi del suo tempo. Scrisse numerose opere tra cui ricordiamo: La evolucion y la Filosofia Cristiana, Vitalidad de la Iglesia. Ebbe grandi interessi, sulla scia del padre Weiss, e studiò la teologia mistica di S. Tommaso d'Aquino.
Diario AL III 23 (1), al 19 giugno 1926.