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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
L'anno 1917, iniziato ricco di speranza, si rivelò colmo di sofferenze. Dopo poche settimane, tre delle cinque terziarie se ne andarono. Il Padre domandò a Gilda se voleva lasciare anche lei l'Opera cominciata. Gilda rispose: «Rimango a qualunque costo». «E l'ora delle tenebre - commentò il Fondatore - ma se Gesù vuole l'Opera, di che temere?». 14
L'asilo Angeli Custodi andava avanti solo per la presenza eroica di Gilda, aiutata da una collaboratrice, Ida Trevisan. Maria Bassi era quasi sempre malata. A maggio lasciò di nuovo Venezia per un periodo di riposo in campagna.
Era tempo di guerra. Il Padre sostenne il coraggio di Gilda e cercò di confortare per corrispondenza Maria, lontana, chiedendole preghiere, offerta di sofferenza, e incaricandola di redigere un «direttorio» per la vita della comunità e di tradurre dal francese la vita di S. Rosa da Lima.
Nel suo «esilio» Maria faceva conoscere l'Opera alle ragazze che poteva avvicinare.
Il Provinciale P. Righi non mancava di rivelare ora le sue perplessità. In ottobre, una piccola gioia: entrava una giovane ventenne, Adele Vangeri, di Venezia. 15
Gilda e Adele avevano il compito di assistere e sfamare, tre volte al giorno, 180 bambini dell'asilo. L'inverno fu rigidissimo:
bombardamenti sulla città, quasi ogni notte, timore di un'invasione armata, rischio di dover evacuare la popolazione.
Chi poteva, come la famiglia Bassi, cercava rifugio lontano.
Gilda e Adele rimasero a Venezia per portare ai bambini, alle famiglie, alla parrocchia, il servizio della loro eroica carità. Il Padre le sosteneva, guidandole a una fiducia senza limiti in Gesù Eucaristico, compagno e Pane di Vita.
Continuò a considerare Maria Bassi la «pietra fondamentale » dell'Opera e a coinvolgerla nei problemi del momento.
A Modena, dove si era rifugiata con la famiglia, soffriva, pregava, offriva, cercava vocazioni...
La sua lontananza era un grave ostacolo al normale andamento dell'istituzione. Il 31 marzo 1918, Gilda, invitata dal Padre, su consiglio della Bassi, accettava di diventare la superiora della casa. 16
In ottobre il Provinciale spiegava a Padre Giocondo che «forse poteva essere Gilda Boscolo a dare sviluppo all'opera e Maria la vittima in terra e l'angelo protettore in cielo». 17
Alla fine della guerra, nel novembre 1918, il Padre, convocato dal Maestro Generale, P. Theissling, andò a Roma: parlò del suo Istituto a lui e al Papa. Il Generale approvò tutto e scrisse una lettera di incoraggiamento per
Maria Bassi. 18 Benedetto XV regalò il suo autografo e cento lire per l'Opera. Poi, Padre Giocondo scrisse al Padre Pio da Pietrelcina chiedendogli di ottenere da Dio il miracolo della guarigione di Maria Bassi. Il miracolo non avvenne, ma l'Opera cominciò a fiorire.
Non scomparvero le difficoltà, anzi, sembravano farsi più aspre. Ma cominciarono a giungere in Calle Muazzo alcune giovani: Vittorina Roberti, Lucia Marchetto, Francesca Zampiva... Finalmente, giunta l'autorizzazione, la notte di Natale 1919 il Padre celebrò per la prima volta la Messa nella casa di Calle Muazzo alla presenza di sette «sorelle», guidate da Gilda Boscolo. 19
L'11 febbraio 1920, Gesù Eucaristico poteva essere posto nel tabernacolo della cappella della piccola comunità.
La gioia si faceva sempre più grande. Potevano andare dal loro Sposo e Signore, adorarlo, intercedere presso di Lui per il mondo, sulle orme della beata Imelda.
In agosto, quando gli asili erano chiusi, le sorelle «si dispersero» nella campagna veneta, in cerca di riposo, ma soprattutto pronte all'apostolato eucaristico tra la gioventù femminile delle parrocchie.
Cominciava il nuovo anno scolastico. La casa di Calle Muazzo «era piena». Quante volte P. Giocondo salì quelle lunghe scale di settantacinque gradini portando la sua paterna parola, e talvolta anche qualche piccolo dono da condividere per far festa.
La gente guardava quelle ragazze con una certa simpatia, ma non mancavano le battute sul loro conto: venivano chiamate «le muneghe del Piovan».
E la casa di Calle Muazzo non poteva più ricevere giovani che chiedevano di vivere il carisma eucaristico. Occorreva una nuova dimora: si pensò alla «Casa dei Miracoli»,
cioè il palazzo dei conti Alverà, dove i piani superiori potevano diventare la casa-madre, quelli inferiori l'asilo, le aule scolastiche, i luoghi di incontro. Ma bisognava spendere tra le duecento e le trecentomila lire, una somma favolosa a quei tempi.
Benedetto XV, cui la Bassi si era rivolta, mandò 25 mila lire. Iniziò, dall'esempio del Papa, la raccolta di denaro. Ma il provinciale P. Guinassi con i suoi collaboratori diffidavano delle capacità amministrative del padre Giocondo. Nella provincia domenicana «spirava vento infido» verso le terziarie di Calle Muazzo.
Se ne accorsero Gilda Boscolo e Vittorina Roberti quando andarono, nel settembre 1921, a Bologna, al congresso nazionale del Terz'Ordine Domenicano, per incontrare il Maestro Generale e chiedergli la grazia di ricevere l'abito di S. Domenico. Esse si sentirono messe da parte. Solo a congresso finito, sul punto di tornare a Venezia, riuscirono a incontrare il Generale in sacrestia, nella Basilica di S. Domenico, e a farsi presentare a lui da Padre Morisani. Gli chiesero di ricevere l'abito domenicano prima della fine del VII centenario della morte del santo Fondatore. Il Maestro Generale risposte: «Ecco, queste sono davvero domenicane». E aggiunse «Mandatemi il regolamento, lo studierò e deciderò».20
ROBERTI, Nella luce del Fondatore, dattiloscritto dell'8 luglio 1963.