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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Per le vie del mondo

Quel giorno - 30 ottobre 1922 - padre Giocondo aveva portato a compimento il suo capolavoro, una nuova Famiglia religiosa per la gloria di Dio, a servizio dei fratelli. Fino a quel momento le Imeldine erano Terziarie Domenicane secolari. Ora, riconosciute dal Patriarca di Venezia, diventano una Congregazione di diritto diocesano. 26

Gilda Boscolo, ora suor Caterina, era stata designata dallo stesso Patriarca come prima superiora della comunità e padre Giocondo era stato nominato direttore e confessore. Nel 1931, le Suore Imeldine saranno aggregate all'Ordine Domenicano.

            Erano nate come «Opera degli Asili», a servizio dei piccoli della parrocchia dei SS. Giovanni e Paolo, ma la loro finalità ormai era quella dell'educazione dell'infanzia e della gioventù nelle parrocchie e dove Dio volesse chiamarle. Il «centro» della loro vita doveva essere Gesù Eucaristico: erano state chiamate per amarlo e per farlo amare, per vivere di Lui e per Lui, per irradiare la sua luce divina sui fanciulli e su coloro che avvicinavano, per portare tutti a Lui.

 


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Il loro modello, fin dalla prima ora, era la beata Imelda Lambertini, come esempio di amore e di dedizione a Cristo-Pane di vita, per se stesse e per i bambini da preparare alla vita.

            La nuova «bianca Famiglia» cominciò a sbocciare fin dal primo giorno.

            Mentre ai SS. Giovanni e Paolo le prime «dieci» vestivano l'abito domenicano, don Carlo Riva, parroco di «S. Maria delle Grazie» a Este (PD), era entrato per caso nella Basilica. Era venuto a Venezia in cerca di suore per il suo nuovissimo asilo. Sentì che quelle suore nascenti erano destinate all'educazione dei piccoli: dunque erano quelle che cercava. L'indomani andò a bussare alla casa di Calle Muazzo: la suore lo mandarono da padre Giocondo.

            Don Riva e il Padre andarono dal Patriarca, il quale fu così contento che le Imeldine aprissero la prima casa filiale che si stabilì subito la data per il loro ingresso a Este, il 19 marzo 1923, festa di S. Giuseppe. Era l'inizio di un'avventura che avrebbe visto moltiplicarsi le case nel giro di pochi anni, vivente ancora il Fondatore.

            Superando difficoltà d'ogni genere, con fiducia immensa nella Provvidenza, Padre Giocondo poté aprire, dopo Este, ancora sette case: a Gambarare (VE) l'8 settembre 1924, a Saguedo (RO) il 19 ottobre 1924, a Trissino (VI) 1'11 febbraio 1925, a Silvelle (TV) l'8 dicembre 1926, a Carnate (MI) 1'11 dicembre 1926, a Cervarese S. Croce (PD) il 24 gennaio 1928. Quando il Padre sarà ormai vicino alla sua ultima ora, si aprirà ancora una casa a S. Pietro di Cadore (BL) il 23 maggio 1928.

            All'apertura di ogni nuova dimora, il Padre interveniva non solo alla festa di inaugurazione, ma voleva essere lui in persona a «intronizzare» il Tabernacolo nella cappella e celebrarvi la Messa. Ogni comunità doveva essere un centro da cui Gesù Eucaristico, adorato da ogni sorella, irradiava luce e amore e attirava le anime a sé.


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Il cammino delle Imeldine sulle vie del mondo era cominciato. Continua ancora oggi dall'Italia fino al Brasile, al Cameroun, alle Filippine, all'Albania, alla Bolivia... agli estremi confini della terra, con Gesù, compagno, amico, unica ragione di vita.

            Nel Natale del 1922, le suore che avevano già trascorso tre anni in comunità, suor Caterina Boscolo, suor Domenica Roberti, suor Rosaria Vangeri, suor Imelda Zampiva e suor Giovannina Marchetto, autorizzate dal Patriarca, offrivano a Dio i loro primi voti, nelle mani del Fondatore. Quella notte natalizia fu momento di Paradiso per le prime professe, mentre padre Giocondo e il Patriarca La Fontaine ricordavano l'anniversario della loro ordinazione sacerdotale. 27

 




26 Il decreto si trova in AGDI 0-1,12.



27 D. ROBERTI, Nella luce... cit., p. 34 e pp. 41-42.






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