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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Il Maestro, la Guida

Era facile per padre Giocondo guidare le sue «figlie» quando erano tutte a Calle Muazzo, ma, sciamando nelle diverse case, egli continuò a essere loro vicino con la sua presenza e ancora più con le frequenti lettere con cui le formava alla vita religiosa, le illuminava sui diversi problemi da affrontare, le incoraggiava nelle difficoltà.

            Queste lettere saranno in seguito raccolte e conservate: esse rivelano una grande finezza d'animo, sicurezza di direttive spirituali e pratiche, ma soprattutto l'impegno forte e paterno del Fondatore per la santificazione delle «sue» suore, per promuovere in loro l'amore a Gesù Eucaristico e guidarle nell'apostolato educativo.

            Fin dall'inizio, numerose ragazze, affascinate dalle prime Imeldine, a Venezia e nei luoghi dove esse erano giunte a prestare il loro servizio, sentirono la voce del Signore che le chiamava a consacrarsi a Lui nel loro Istituto.

 


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In Calle Muazzo la comunità era ormai troppo «allo stretto» e si faceva urgente provvedere al più presto alla «Casa dei Miracoli», per accogliere le nuove vocazioni e dare più respiro alla loro attività. Padre Giocondo pensava pure di ottenere dal Patriarca la chiesa dei Miracoli, di unirla alla sede delle suore e di farne il centro veneziano dell'adorazione eucaristica.

            Il conte Alverà, proprietario della casa, ora chiedeva la somma di 360 mila lire per vendere l'edificio, di cui centomila alla firma del contratto. Padre Giocondo, incoraggiato da don Orione all'acquisto, stese la mano a chi poteva aiutarlo. Nella primavera del 1925 firmava il contratto pagando al conte la somma richiesta e in luglio, ottenuta la somma restante dalla Cassa di Risparmio, poteva mettere la casa nelle mani delle suore, le quali vi entrarono il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario.

            Il Padre commentava:

«Ieri siete partite dalla vecchia casa e Gesù con voi. Oggi siete qui nella casa nuova e Gesù è pure qui. Sono le spose che non sanno stare senza lo Sposo e lo Sposo senza di loro. Voi siete Imeldine e tutta la vostra via si deve svolgere intorno al Tabernacolo per imitare Gesù, ascoltarne la parola e riceverne la vita».28

Pochi giorni dopo accoglieva sedici postulanti e a Natale le prime Imeldine offrivano a Dio i voti perpetui. Intanto, molte di loro avevano conseguito o stavano conseguendo il necessario titolo di studio per svolgere adeguatamente i servizi che prestavano, destando dovunque l'ammirazione e l'affetto delle persone che le avvicinavano.

            All'inizio della fondazione, Superiori e Confratelli dell'Ordine Domenicano avevano guardato con cautela - qualcuno con diffidenza - all'opera. Ora padre Giocondo e la Famiglia delle Imeldine si erano guadagnata la fiducia

 


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e il plauso di tutti. Al capitolo di Bologna del luglio 1926 il provinciale, P. Brianza, elogiò nel discorso ai capitolari l'opera del Padre. 29

Altri Confratelli lo interpellavano per mandargli vocazioni, per sottoporgli progetti di apertura di nuove case, per conoscere la Famiglia delle Imeldine e farla conoscere ... 30

La Congregazione ora aveva circa 70 membri ed era in costante crescita. Il Fondatore, pur continuando a essere il parroco zelante che conosciamo, senza trascurare le anime che gli erano state affidate nella parrocchia e dedicandosi a promuovere la vita e le vocazioni dell'Ordine Domenicano, era, per le sue «figlie», davvero il Padre, il Maestro, la Guida che pensava alla loro formazione, che le aiutava nella soluzione di tutti i loro problemi, che le dirigeva alle vette della santità.

            Nelle ore più difficili, con la sua fede luminosa e la sua carità ardente che lo rendeva - come dice qualcuna di quelle prime suore, ancora viventi - padre e madre insieme, sapeva farsi vicino a ciascuna di loro:

«Siamo sempre pronti alle croci: le cose più sante sono più soggette ad esse. Noi tante volte dimentichiamo questa

 


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sta verità ed è per questo che ci turbiamo e saremmo tentati di perderci di coraggio nell'attendere alla nostra santificazione e alla vigilanza e allo zelo verso la Congregazione:

nulla di più terribile».31

La sua «bianca Famiglia» crescendo, doveva saper camminare in mezzo al mondo come segno credibile di Gesù vivente nel Tabernacolo.

 




28 Il discorso è conservato in AL V 726 (5).



29 Così disse il Provinciale padre Brianza, in quell'occasione: «Né va dimenticato fra le opere di zelo di questa nostra Provincia la fondazione della Congregazione delle Suore Imeldine di Venezia che in questi ultimi anni si è affermata solidamente per opera di un figlio della nostra Provincia, fino a formare una famiglia di 70 suore e giungere al possesso di una decorosa, quasi sontuosa sede con giardino al centro di Venezia e possedere sei filiali».



30 PADRE ALANO CARLINI, del convento di S. Maria delle Grazie a Milano, parlava a Verona con padre Lorgna e gli proponeva il progetto di aprire una casa per le Imeldine nella riviera ligure. Il predicatore PADRE GI ORDANO DAGLIO volle sapere le condizioni necessarie per le giovani che desiderassero essere ricevute nell'Istituto di padre Lorgna e quale fosse il suo carisma per presentarlo a gruppi femminili. PADRE GIORDANO GHINI presentava una sua sorella come possibile postulante. Davvero l'atteggiamento dei confratelli verso il Fondatore delle Imeldine e la sua Opera era cambiato.



31 Padre Lorgna a suor Caterina Boscolo, 16 marzo 1927, in AL VI 254 (4).






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