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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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CAPITOLO SECONDO

Il ragazzo di Torrile

 

Nella casa dello zio

Nella bassa pianura padana, sul lato sinistro del fiume Parma, non lontano dal Po, sorge Torrile (Parma).

Era un paese formato da tanti casolari sparsi nella fertile campagna. Gli abitanti, circa un migliaio, erano addetti all'agricoltura. Loro punto di riferimento e di incontro era la chiesa parrocchiale, anch'essa un po' isolata, dedicata a S. Biagio. 1

Nel 1871 qui era giunto, come collaboratore del Parroco, don Luigi Lorgna, lo zio di Giocondo. Nel 1877 era diventato Parroco. Nato nel 1844 a Popetto di Tresana, in giovinezza era stato Frate Minore Francescano con il nome di Fra Ireneo. Cacciato fuori convento dalle leggi eversive estese a tutta Italia nel 1866, era stato incardinato nel clero secolare della diocesi di Parma, conservando uno schietto e ardente animo francescano.

Nel giovane prete ardeva la passione degli evangelizzatori. Catechista appassionato dei fanciulli e degli adulti, sempre disponibile alle confessioni, un vero angelo confortatore

 


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per i poveri e i malati. Predicatore semplice e suadente nella sua parrocchia, spesso era chiamato per le «missioni al popolo». In casa, don Luigi aveva accolto i suoi anziani genitori, Pietro e Margherita e il nipote Bentivoglio, seminarista. Era un ambiente colmo di fede e di amore, di accoglienza per tutti. 2

Era l'autunno inoltrato del 1881 quando Giocondo arrivò a Torrile. Alberi spogli, pianura avvolta di brume, battuta dal vento freddo. Ma per lui iniziava la primavera.

All'inizio le difficoltà non mancarono. Il cambiamento era notevole. Passava da un ambiente di montagne, in gran parte coperte di boschi, alla pianura ricca di campi e di acque correnti. Dalla sua famiglia, composta dai genitori e dai fratelli più piccoli, a una casa «guidata» dallo zio parroco, dove trovava i nonni, il fratello maggiore e una governante. A Popetto erano pochi i compagni e tutti vicini di casa, mentre a Torrile erano assai numerosi.

Giocondo cominciò a frequentare la scuola del paese. All'inizio fu gran fatica, ma essendo egli intelligente e studioso, presto i risultati furono brillanti. 3

C'era un'altra possibilità nella casa parrocchiale di Torrile: la vicinanza di Gesù nel Tabernacolo della chiesa, quasi sotto lo stesso tetto. Ogni mattina, Giocondo serviva la Messa allo zio contemplando il miracolo che si compiva sotto i suoi occhi: il Verbo di Dio fatto Pane per noi.

Spesso lo riceveva, felice, nella Comunione eucaristica.

Guardando l'esempio dello zio, sacerdote zelante, tutto preghiera e apostolato, del nonno, cristiano tutto d'un pezzo, e della nonna che passava ore e ore a pregare, specialmente in chiesa, crebbe in lui, sempre di più, l'affezione a Gesù Eucaristico.

Capitava così che lo zio o i nonni, cercando il ragazzo, lo trovassero in chiesa vicino al Tabernacolo. Il suo cuore

 


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si faceva caldo d'amore per Dio e per tutti. Gli nasceva dentro la voglia di donare e una grande gioia. C'era pure nella chiesa un'immagine della Madonna delle Grazie. Giocondo si deliziava ad andare da Lei, il Rosario tra le mani, a parlarle a lungo.

Lo zio parroco, preso dal suo apostolato, diffondeva passione evangelica. Giocondo era come Samuele, un ragazzo in ascolto. Le voci non mancavano. In mezzo a tutte quelle voci, egli veniva distinguendo sempre di più la Voce divina. 4

 




1 G. LEPORATI, op. cit. , p. 8 - Parrocchia di Torrile. Vicariato di Colorno, Visita pastorale del 1897 ( Archivio Vescovile di Parma, Sacra visita pastorale).



2 Ibid., p. 9.



3 Ibid., pp. 15-17.



4 Ibid., pp. 21-24.






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