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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Erano le 20,30 dell'8 novembre 1889 quando fra Giocondo Pio Lorgna bussava alla porta del convento di Ortonovo. Lo accoglievano il P. Giuseppe Bagolini, Maestro dei novizi, e P. Vincenzo Costa, Sotto-Maestro. 9
Quella sera, consumata la cena, dopo il viaggio in treno, fra Giocondo Pio partecipò, per la prima volta, alla
Compieta celebrata con i suoi confratelli, al canto della Salve Regina, come si usa nell'Ordine dai tempi del primo successore di S. Domenico, il beato Giordano di Sassonia.
Il Padre Maestro l'accompagnò nella cella a lui destinata. E fu silenzio alto e profondo. Il silenzio della notte per riposare, ma anche per vegliare sul mondo. Il silenzio dello studio e della contemplazione.
All'indomani, fra Giocondo si accorse di essere entrato in una piccola comunità. C'erano, oltre il Padre Maestro e Sotto-Maestro, il priore P. Damiano Salardi, e due fratelli cooperatori, fra Pietro Paolini e fra Antonio Danti.
Per il momento era l'unico novizio, perché gli altri quattro giovani si trovavano ancora nel convento di Fiesole.
Costoro, vestito l'abito il 27 novembre, raggiunsero Ortonovo, dove trovarono il primo arrivato. Erano così cinque frati: fra Giocondo Pio Lorgna, fra Girolamo Boccanera, fra Vincenzo Folli, fra Alfonso Gasperini e fra Domenico Lombardi.
Il Padre Maestro aveva trent'anni: umile, pio, schietto, tutto carità e zelo, pronto a ogni sacrificio per i giovani che gli erano affidati. Ogni giorno fra Giocondo, con i confratelli, si trovò impegnato nella preghiera in coro e in cella, nello studio, nell'ascolto delle lezioni sulla vita religiosa.
Fin dall'inizio P. Bagolini risvegliò nei novizi affetto e stima verso il Provinciale e verso lo stesso Maestro Generale dell'Ordine, P. Giuseppe Larroca, superiori che avevano voluto quella casa di formazione, dopo diverse difficoltà dovute allo stato massonico. 10
Il Maestro Generale dimostrò un grande interesse per la piccola comunità, scrivendo a novizi e religiosi della casa
ben dieci volte in quell'anno 1889/1890 e mandando, nel gennaio, a ciascuno dei giovani, un libro adatto ai novizi, e venticinque lire da godersi in una ricreazione. Un gesto così val più di una predica, per quanto dotta.
Fra Giocondo, fin dai primi giorni, nonostante qualche immancabile difficoltà, si trovò a suo agio. Si impegnò assai nella lettura e nello studio della regola di S. Agostino e delle Costituzioni dell'Ordine dei Predicatori. Erano quelle emanate dal Generale Padre Jandel, nel 1872, che davano all'Ordine una spiritualità più monastica che apostolica, senza ovviamente dimenticare che S. Domenico aveva voluto i suoi «figli» per mandarli a salvare i fratelli con la predicazione della Verità. 11
L'impegno di fra Giocondo nello studio è dimostrato da un suo quaderno nel quale, poco per volta, aveva riassunto le norme formative delle Costituzioni: egli intendeva, prima di tutto, lavorare su se stesso, alla sua santificazione, rivestirsi di S. Domenico per rivestirsi di Cristo.
Amò la preghiera liturgica domenicana e si preparò a celebrarla, semplice e solenne. Apparentemente sembrava distratto in coro, ma egli colloquiava con Dio. A volte era trasandato nel vestito, noncurante del suo aspetto esterno, ma la sua vita interiore era una perla luminosa, opera di Cristo sempre più intensamente amato e cercato.
Ricordando il suo noviziato, un giorno scriverà:
Aveva la gioia nel cuore e sul volto. Gioviale nelle ricreazioni, senza volerlo esprimeva la soddisfazione della strada intrapresa. Ma aveva un segreto.
Nel 1855 fu eletto Maestro generale. Per 22 anni si impegnò alla restaurazione dell'Ordine Domenicano, aiutato da ottimi confratelli, tra i quali si distinse padre Cormier che ne scriverà la biografia.