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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Dopo l'ordinazione sacerdotale, padre Giocondo rimase a S. Domenico di Bologna a perfezionare i suoi studi in teologia. Davvero ora studiava sulla Summa theologiae di S. Tommaso, come toccava agli «studenti formali» per conseguire, al termine del corso, il «lettorato» cioè il titolo che abilitava all'insegnamento nelle scuole dell'Ordine.
Felice di essere sacerdote formato alla scuola di Tommaso, a padre Giocondo si aprivano davanti gli orizzonti sconfinati della conoscenza e della contemplazione di Dio, come solo l'Aquinate sa offrire a chi lo segue.
I risultati, al termine di ogni anno, dal 1894 al 1897, furono ancora buoni. Nulla lo distraeva: la sua vita era tutta
raccolta in Cristo da conoscere e da amare, per essere, il più possibile, degno di annunciarlo ai fratelli, dove l'obbedienza l'avrebbe destinato.
A Torrile, intanto, il vecchio nonno era ormai in fin di vita. Ai primi di agosto 1894, padre Giocondo fu presso di lui nella casa parrocchiale dello zio don Luigi a Torrile. Una grande gioia per il nonno, che si spegneva sereno il 28
settembre. Nella lettera che P. Giocondo scrisse da Bologna allo zio, in quell'occasione, non potendo partecipare ai funerali, c'è l'immagine di un giovane religioso che ama i suoi familiari, ma che insieme guarda all'unico traguardo da raggiungere: la gioia nell'eternità.10
Nell'ambito della famiglia va segnalato anche l'episodio della presunta vocazione religiosa domenicana del fratello Luigi, che per un po' attirò l'attenzione dei parenti.
Nel 1895, dei quattro fratelli Lorgna, i due maggiori, Bentivoglio e Giocondo, erano già sacerdoti; l'ultimo, Davide, frequentava con impegno la scuola apostolica di S. Domenico di Fiesole, per diventare domenicano, come Giocondo. A casa, con i genitori era rimasto soltanto Luigi (detto familiarmente Gigino), di 19 anni, con il diploma di terza elementare, la pratica di sarto e poca salute.
Forse dopo mesi o anni di riflessione si fa coraggio e scrive allo zio don Luigi per rivelargli la sua vocazione alla vita domenicana e per ottenere da lui gli stessi aiuti che gli altri tre fratelli avevano avuto per giungere al sacerdozio.
Ancora non ne aveva parlato ai genitori, né ai fratelli, ma solo con il Rettore di Tresana da cui aveva avuto dei consigli.
Ma una volta rotto il ghiaccio scrive anche a Giocondo il quale lo sottopone a molte domande ottenendone pronta ed esauriente risposta.
Ma a questo punto cominciano i contrasti. Luigi trova contrari i genitori e lo zio. Giocondo ne soffre e invia allo zio una lettera in cui manifesta le sue riflessioni che rivelano una visione molto superiore della vita.
«... Del resto... a mio parere anche se il fratello Gigino si facesse religioso non sarebbe una sventura ma una grazia, una grande grazia... Tutti ricoverati all'ombra del Santuario... esempio più unico che raro... in qualunque evento, sebbene religiosi, noi non ci dimenticheremo di essere figli, al babbo e alla mamma giammai lasceremo mancare un tozzo di pane e tetto onorato... Da parte mia non voglio spingere Gigino più da una parte che dall'altra. Le ho detto questo perché ho ancora il dubbio che Gigino più non entri per causa di contrasti sofferti... E vero che l'amore alla discendenza è naturale... Ora si potrebbero ripetere le frasi del Redentore: "Piangete o madri, sui vostri figli, beate le sterili". Questa tremenda sentenza non dovremmo temere per la nostra famiglia, se i nipoti fossero frutto di un amore sbagliato e non voluto da Dio?». 11
E così la vita di Gigino prende un'altra strada: quella del matrimonio. Attenderà dieci anni prima di decidersi, poi il 12 febbraio 1905 celebrerà le nozze con Annunziata Zini. Dal loro matrimonio nasceranno cinque figli, di cui uno, il Prof. Gino, vivente. 12
Il 15 ottobre 1894, al posto di padre Leca, era stato nominato Maestro degli studenti sacerdoti padre Egidio Guinassi, trentasei anni appena, studioso appassionato del Dottore Angelico, fedelissimo alla spiritualità dell'Ordine
e suo promotore con la parola e con gli scritti. Gesù eucaristico doveva essere il centro della vita di ogni religioso, di ogni convento. La beata Imelda Lambertini (1320-1333), venerata nella città di Bologna, andata tredicenne all'incontro definitivo con il suo Signore, dopo averlo ricevuto per la prima volta in modo singolare, era vista dal padre Guinassi come modello luminoso di vita eucaristica.
Nello stesso periodo il Cardinale Arcivescovo di Milano, mons. Andrea Ferrari, celebrava nella sua città un solenne Congresso eucaristico. Padre Guinassi, sulla rivista «Rosario-Memorie Domenicane» scrisse alcuni articoli sull'Eucaristia, sulla beata Imelda e sullo stesso Congresso promosso dal Cardinale di Milano.
Di qui si vede il clima in cui il giovane padre Lorgna viveva:
da questi fatti ne uscì confermato nel suo amore per l'altare e il tabernacolo.
Padre Giocondo ebbe modo di rivelare il suo amore all'Eucaristia nella prima predicazione pubblica tenuta nel marzo 1896 nella chiesa di S. Domenico, davanti alla tomba del Fondatore dell'Ordine: si preparò con impegno e sul pulpito parlò, in quel «tempo di Passione», dell'amore del Cristo che si sacrifica e si dona a noi nel Pane eucaristico. 13
Allo studio della teologia univa, in quel periodo, la lettura attenta e piacevole della Divina Commedia: non era semplice svago, ma arricchimento personale, perché nell'Ordine era chiaro a tutti che Dante era «discepolo» di Tommaso e il suo poema era parte integrante della formazione intellettuale dei domenicani d'Italia.
«Da mane a sera, bisogna che io passi la giornata tra scuola, coro e studio» - scriveva padre Giocondo al fratello don Bentivoglio. 14 Con questo ritmo di vita, tutto avvolto
tra la celebrazione della liturgia, lo studio e la preghiera personale, il giovane religioso giunse al quarto anno del corso di teologia.
Il 3 luglio 1897 padre Giocondo superava ottimamente l'esame di Lettorato in Filosofia e Teologia, corrispondente alla laurea. Il 22 maggio aveva sostenuto l'esame di Confessione ed era stato approvato. Ora padre Giocondo aveva la strada aperta per l'insegnamento e per l'apostolato.
Si recò a Parma a salutare don Bentivoglio. Soggiornò un mese al «caro santuario» di Fontanellato. Fece visita allo zio parroco a Torrile e ai suoi cari a Popetto. Scese fino a Fiesole ad abbracciare il fratello Davide, prossimo a vestire il bianco abito dei Predicatori.
Al termine dei sette anni di formazione vissuti da Giocondo Pio Lorgna nel convento di S. Domenico a Bologna, il provinciale, padre Leca, scrisse di lui al Maestro Generale:
«Giovane di buona speranza e pio».15
Padre Leca lo conosceva a fondo perché l'aveva sempre seguito in quegli anni, passo dopo passo. Il ritratto, da lui tracciato in cinque parole, dice tutto. Nella relazione al Maestro Generale sullo stato della sua «Provincia», padre Leca usa una sola volta l'aggettivo «pius», riferito al padre Giocondo.
Davvero era ora per lui di partire per il mondo che da sempre attende Cristo e un apostolo che lo annunci.
Anche oggi molti lo ricordano perché da lui hanno ricevuto indumenti e altro che spesso andava a chiedere a persone benestanti. A Popetto insegnava agli anziani a leggere e a scrivere. A noi figli ha sempre insegnato il timor di Dio... ».
Luigi Lorgna vivrà più a lungo di tutti gli altri fratelli, nonostante la sua sempre fragile salute. Morirà a 79 anni, nel 1955, dopo aver avuto la gioia di vedere avviato il processo di beatificazione del fratello, Padre Giocondo. Cfr. AL VIII 1.