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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Padre, fratello, guida

Nel convento di S. Domenico a Bologna c'erano in quel momento quattro frati conversi, quei religiosi dell'Ordine che cooperano con i fratelli sacerdoti, prestando differenti servizi nella comunità conventuale. Oggi vengono chiamati frati cooperatori.

Padre Giocondo fu chiamato a essere il loro Maestro. Egli sapeva che la vita di quei confratelli era scarsa di soddisfazioni, che spesso era dura e difficile. Si propose, fin dal primo giorno, di essere per loro maestro e padre con stile di fratello.

Uno dei conversi, fra Giacomo Minozzi, fece il periodo di noviziato, per una particolare dispensa, non nella casa di Ortonovo, ma a Bologna, sotto la guida del P. Giocondo. Nel novembre del 1898, fra Giacomo emise la sua professione e fu sempre un ottimo religioso, particolarmente dedito all'assistenza dei confratelli malati.

Come Maestro dei conversi, era pure il loro confessore. Ma anche i padri si confessavano dal loro giovane confratello, segno questo di stima e della confidenza che faceva aprire i cuori. Commuove leggere un biglietto del Padre Guinassi, che chiede al P. Giocondo con l'umiltà e il candore di un fanciullo:

«Se non le fosse di disturbo, domattina trovarsi in sacristia verso le quattro e tre quarti per riconciliarmi». 3

E quella mattina Padre Giocondo non mancò all'appuntamento per amministrare il sacramento del perdono a quel suo confratello, che diventerà in seguito il suo padre spirituale.

Terminato l'anno scolastico, nell'estate del 1898, P. Giocondo fu mandato al Santuario di Fontanellato dove numerosissimi pellegrini venivano per riconciliarsi con Dio e accostarsi alla comunione eucaristica.

 


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Rimase a Fontanellato dalla solennità dell'Assunta fino al 30 settembre, accogliendo i pellegrini, prestando il suo servizio nel confessionale per lunghe ore, celebrando la Messa, disponibile per ogni richiesta. In quel periodo, P. Giocondo ebbe modo di conoscere le claustrali domenicane del vicino monastero, alle quali fece ottima impressione.

Lentamente, senza saperlo, si veniva preparando al suo prossimo ministero presso di loro.

Un domenicano è per eccellenza «predicatore».

P. Giocondo non aveva una voce forte ma era chiaro, ricco di «sapienza» e di calore. Non voleva essereeleganteeloquente, perché il suo stile era quello del buon pastore che cerca di salvare le anime. Ma così finiva di essere davvero eloquente, perché «toccava» i cuori che l'ascoltavano.

Per prepararsi alla sua predicazione, da vero domenicano, studiava ancora. Era lettore assiduo della rivista «Rosario-Memorie Domenicane», che a quell'epoca era la «palestra» dei migliori predicatori, e consultava le opere degli oratori sacri moderni e contemporanei più rinomati. Sappiamo dai suoi appunti di predicazione che studiava e conosceva non solo Bossuet, Alfonso de Liguori e Francesco di Sales, ma anche Mons. Bonomelli, Padre Lacordaire, Vito Fornari, i Pontefici Pio IX e Leone XIII, per citare i nomi più illustri.

Fin dai primi anni del suo ministero, era solito alzarsi presto per avere più tempo da dedicare allo studio e per poter essere così, sostenuto dalla scienza e dalla pietà, una sicura guida per tutti i fratelli che l'avvicinavano.

Era sempre la carità a mobilitarlo.

 




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