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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Nell'ottobre 1900, sempre apprezzato dai suoi superiori, Padre Giocondo ebbe l'insegnamento della Sacra Scrittura e, di nuovo, di Propedeutica alla Sacra Teologia.
Era il suo quarto anno di scuola.
Cominciò l'insegnamento consultando le opere del P. Carlo Curci. 9 Continuò scrivendo le sue lezioni su quaderni che rivelano la sua passione per il Libro Sacro, per i Vangeli in particolare, come testimonia il suo allievo, fra Ludovico Cibotti:
«Lo ebbi professore di Sacra Scrittura. Trattava questa materia con competenza e passione, ma più ancora con amore reverenziale verso la Parola di Dio. Le sue parole erano accese e condite di tale unzione e santa persuasione che producevano nell'animo degli alunni profonda impressione e che spronavano e animavano allo studio e all'amore della Parola di Dio».10
Nell'insegnamento di «Propedeutica», frequentata anche da studenti esterni al convento di S. Domenico, padre Giocondo fu facilitato dall'esperienza che già aveva in materia. Tutti sentivano in lui il domenicano preparato nello studio, sicuro nell'esporre le basi della fede, apostolo entusiasta e appassionato della Verità.
Ma in quell'anno, nella pace del convento, due avvenimenti vennero a turbare la sua vita.
Il 15 aprile 1901, dopo dolorosa malattia, si spegneva lo zio, Don Luigi Lorgna, il parroco esemplare, il benefattore
generoso, colui che aveva aiutato in tutti i modi a dare alla Chiesa tre sacerdoti, i suoi nipoti, don Bentivoglio, padre Giocondo e padre Pietro Lorgna.
Padre Giocondo aveva per lui una grande riconoscenza in cuore e lo dimostrò subito, preoccupandosi di pagare lui di persona, il debito di 1800 lire lasciato dallo zio per le opere buone compiute con estrema generosità: per questo si rivolse ai suoi superiori chiedendo loro, con delicatezza e umiltà, la carità di aiutarlo, per dovere di giustizia verso i creditori e per venire incontro ai suoi anziani genitori, che non avrebbero potuto pagare il debito, senza rovinarsi economicamente.
Il nuovo Provinciale ora era diventato il padre Montanaro e il padre Leca era Priore di Bologna. Padre Giocondo, durante l'estate si recò, come era solito, a prestare il suo servizio al Santuario di Fontanellato. Lo interruppe per passare qualche giorno di vacanza a Ortonovo e in famiglia presso i suoi. Di ritorno a Fontanellato diretto a Bologna, sostò a Parma: qui si rese conto del conflitto scoppiato tra il Vescovo diocesano mons. Magani e i Domenicani del Santuario di Fontanellato: il Vescovo minacciava di sospendere dalla confessioni due Padri, anzi, tutti i Confessori domenicani del Santuario.
I Domenicani di Fontanellato erano innocenti di ogni colpa, ma il Vescovo «prese lucciole per lanterne» e, rifiutando le ragioni presentategli dagli stessi Superiori dell'Ordine, rimase irremovibile nella sua posizione. Così, il Generale Padre Frühwirth optò per l'obbedienza al Vescovo cambiando i due religiosi accusati, purché l'Ordine non perdesse la sua presenza al Santuario di Fontanellato. A risolvere più equamente la situazione non era neppure servito l'intervento di un altro «santo» della terra di Parma, il Vicario generale della diocesi, Mons. Guido Conforti.
Ma chi mandare al posto dei due Padri ingiustamente «incriminati»? Il Provinciale di Bologna pensò a P. Giocondo Pio Lorgna.
Il 1° ottobre 1901 Mons. Magani comunicava al Maestro Generale dei Domenicani di aver provveduto solo provvisoriamente al bene spirituale delle monache e dei fedeli che richiedevano la riconciliazione sacramentale, confermando a P. Lorgna la facoltà di ascoltare le confessioni.
Dunque non mandava due suoi preti diocesani, come aveva minacciato, ma abilitava un domenicano che si trovava a Fontanellato per assistere i pellegrini. Era un atto di stima notevole, in quel momento difficilissimo, per il giovane Padre Giocondo che proveniva dal Seminario di Parma ed era apprezzato dai sacerdoti della diocesi; il suo nome forse era stato fatto al Vescovo dal Provinciale Padre Montanaro; certamente era stato suggerito da Mons. Conforti e dal segretario del Vescovo, don Pietro Dal Soldato, compagno del seminarista Lorgna.
Padre Giocondo era assegnato giuridicamente al convento di Bologna e ora improvvisamente gli toccava restare a Fontanellato. Era professore presso quello Studio e ora gli si richiedeva un altro servizio. Che cosa voleva Dio da lui? Scrisse al Maestro Generale, il quale, a stretto giro di posta e incoraggiandolo gli rispondeva:
«Pensi a rendere cara e accetta a Dio la sua ubbidienza ».11
E così cominciava il suo nuovo servizio a Fontanellato sia pure in modo provvisorio.
Il 9 novembre 1901, nel calendario liturgico di allora festa di tutti i Santi domenicani, nel Santuario di Fontanellato, i Padri Lorgna, Gasperini e Folli, già compagni di noviziato, offrivano un voto alla Madonna. Chiedevano il suo aiuto materno in quel momento e promettevano di impegnarsi affinché a Bologna, presso la Tomba di S. Domenico, sorgesse un monastero di claustrali domenicane che, nella perfetta osservanza della regola, amando e soffrendo,
promuovessero l'onore del Signore Gesù e la santificazione delle anime. 12
Il voto era segno della fede grande e luminosa dei tre religiosi.
Siccome i Superiori dell'Ordine non erano riusciti a trovare due religiosi in grado di sostituire quelli allontanati dal Vescovo diocesano, fermarono la loro attenzione proprio su P. Giocondo, sebbene mancasse dell'età canonica per essere nominato confessore ordinario di monache. Questi, sapendo che tutte le difficoltà si sarebbero appianate con un solo atto del Vescovo diocesano, colse una buona occasione per intervenire personalmente.
Nell'imminenza del Natale, P. Giocondo inviò a Mons. Magani una nobilissima lettera in cui, appellandosi al suo motto episcopale «Fortiter et suaviter», lo invitava, dopo aver agito fortiter, a manifestarsi suaviter verso i due confratelli ingiustamente umiliati. 13
Ma il Vescovo non cambiò parere.
E Padre Giocondo, di fatto staccato da Bologna e assegnato a Fontanellato, iniziava un nuovo periodo della sua vita.