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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
CAPITOLO SETTE
Il 4 gennaio 1905, p. Giocondo Pio Lorgna riceveva dal Provinciale P. Montanaro, l'ordine di partire immediatamente per Venezia. Il giorno seguente, appena giunto nel convento dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia, sentì dal Provinciale d'essere stato chiamato a fare il parroco della omonima parrocchia a cominciare da quel momento.
Aveva lasciato il seminario diocesano di Parma per consacrarsi a Dio nello studio, nella contemplazione e nell'irradiazione di Cristo-Verità ai fratelli sulle orme di S. Domenico. E ora, contrariamente alle sue attese, Dio lo chiamava a fare il parroco di una numerosa comunità. Aveva espresso al suo Superiore tutte le difficoltà e obiezioni suggeritegli dalla sua coscienza, ma alla fine, obbediente qual era e sulla parola del Provinciale, aveva accettato.
Si era anche rivolto al Card. Ferrari, confidandogli tutte le sue perplessità. Il Cardinale gli aveva risposto:
«Va', figliolo, in nome dell'obbedienza! La tua pescagione sarà prodigiosa».1
Il 2 febbraio si presentava in chiesa al suo popolo.
«Oggi è la festa della Purificazione di Maria - diceva nel primo discorso rivolto ai suoi figli - e appunto ho aspettato questo giorno sacro a Maria, al fine di consacrare a Lei, fin dall'esordire, tutto il ministero che eserciterò in mezzo a voi. Maria, che mi ha sorriso nell'infanzia, nell'adolescenza, nella giovinezza, mi continuerà il suo sorriso materno anche nel rimanente della vita e così il mio apostolato in mezzo a voi, protetto dalla Vergine, sarà fecondo di opere sante...
La Purificazione di Maria ci ispira l'amore e l'osservanza della legge del Signore: ecco tutto il mio facile e breve discorso».
Dopo aver illustrato rapidamente la colpa di Adamo e l'ingresso nel mondo del Redentore, attraverso il seno verginale di Maria, Padre Giocondo concludeva:
«Teniamo fisso lo sguardo in Maria: da Lei impariamo l'amore alla legge, l'osservanza della legge, la legge del Signore sia la luce che guidi ogni nostro passo, sicché, giunti all'ultima sera, possiamo dire con S. Paolo: il mio corso è giunto ormai al tramonto, sono stato però sempre fedele alla mia fede, ora vado a ricevere la corona immortale che Dio misericordioso e giusto mi ha preparato».2
Cominciava sotto la protezione di Maria.
A Venezia trovò una parrocchia di 5500 abitanti con numerosi problemi. La popolazione era povera.
I collaboratori del parroco erano i confratelli del convento annesso alla chiesa. Erano religiosi affiatati, a servizio delle anime, ma pure qui non mancavano le difficoltà. I religiosi erano spesso trasferiti, secondo le esigenze della vita domenicana. La loro abitazione, più che un convento, era una canonica, per di più malandata. Padre Giocondo si trovò quindi a dover armonizzare la vita religiosa ideale del frate con la vita dinamica, concreta e «pastorale» del parroco.
Non aveva esperienza parrocchiale, Padre Giocondo, se non quanto aveva visto compiere dallo zio, don Luigi, parroco a Torrile, e l'esempio mirabile del Card. Ferrari.
Solo il suo struggente amore per le anime da salvare, appreso dalla meditazione degli esempi del S. Padre Domenico e dei Santi Domenicani, insieme al suo spirito di obbedienza poterono inserirlo presto nell'ardua strada della cura pastorale.
Fin dalla prima ora, si sentì «l'uomo mandato» da Cristo per portare a Lui i fratelli.