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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Il buon pastore del suo gregge

Nelle disposizioni del Concilio di Trento, nella tradizione pastorale veneziana e nelle recenti direttive del Patriarca Giuseppe Sarto, (da due anni Papa Pio X) e dei suoi successori Cavallari e La Fontaine, Padre Lorgna trovò il metodo da usare nella cura delle anime. Proprio il Concilio di Trento gli segnò la via maestra da seguire. Infatti nei decreti conciliari leggeva:

«Il principale uffizio di un parroco è: conoscere le sue pecorelle; pascerle con la predicazione; istruire i fanciulli; assistere i moribondi; soccorrere i poveri». 3

Appena giunto, nonostante le difficoltà di ambientazione da superare, Padre Giocondo si impegnò a «conoscere le sue pecorelle», portando di persona la benedizione pasquale a tutte le famiglie.

            Scriveva a suor Imelda Zappieri:

«Quest'anno, benedicendo le case (qui si fa subito dopo Natale) ho fatto il censimento e quindi, ad una ad una,

 


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le ho numerate... Quante nuove miserie ho scoperto! Qui sul mio tavolo tengo l'elenco di tutte queste miserie a cui debbo pensare e rimediare».4

Fece lo schedario delle famiglie - l'avrebbe aggiornato anno per anno - e iniziò il suo servizio apostolico.

            «Conosco le mie pecore - aveva detto Gesù - e le mie pecore conoscono me» ( Gv 10, 14). A Gesù Buon Pastore che la vita per le sue pecore, Padre Giocondo parroco volle rassomigliare. Dopo pochi mesi trascorsi a Venezia cominciava davvero a conoscere «il suo gregge», nel bene e nel male.

            La gente era accogliente, affabile, ricca di valori umani, la pratica religiosa abbastanza intensa, la moralità, in generale, buona... Però vide e sentì dolorosamente sul cuore alcune miserie morali, soprattutto quelle che riguardavano la vita familiare. Non erano numerosi, ma pure esistevano matrimoni civili, qualche convivenza, donne con figli abbandonate dai mariti, figli illegittimi, alcuni rifiuti di battezzare i bambini, bestemmiatori, ragazzi lasciati a se stessi per le vie, ragazzi e giovani senza Prima Comunione e senza Cresima, due case di prostituzione.

            In seguito avrebbe notato l'avanzata dei movimenti in lotta contro la fede: l'apertura nella sua parrocchia del Circolo giovanile Carlo Marx e la pubblicazione del foglio socialista, le cooperative di partiti avversi. 5 La questione sociale non gli era certamente indifferente, come dimostrerà durante tutti gli anni del suo ministero.

            Lui, così limpido e puro, tutto di Dio, sentiva fino allo spasimo il peso del ministero da svolgere in mezzo al mondo con «la fiumana di vizi e di errori».6

 


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Ma per lui, come per Gesù, conoscere significava amare, chinarsi verso gli afflitti nello spirito e nel corpo, per elevarli alla vita cristiana, anzi alla santità. Egli stesso ogni giorno rinnovava il proposito che era stato il suo fin da bambino:

«A contatto con tante miserie, sento forte il bisogno di essere santo».7

Il «dottore» in Sacra Teologia si faceva padre e pastore. La scienza si univa alla carità, l'intelligenza si mobilitava nelle iniziative pastorali. Colui che vedeva il suo posto sulla cattedra a insegnare il tomismo diventava esempio luminoso di chi guida le anime per le strade del mondo.

 




3 Da una lettera di Padre Giocondo Lorgna al Provinciale, conservata in AL VI 38 (2 bis). E utile e interessante confrontare questa traccia di programma pastorale con il «discorso ai parrocchiani» pronunciato da padre Lorgna nel momento della presa di possesso della parrocchia, il 5

novembre 1905. In questo discorso spiega che compirà i suoi doveri di parroco con lo «spirito di Gesù buon Pastore». Si veda AL V 220 (2).



4 Lettera di padre Lorgna a suor I. Zappieri: AL VI 134 (1).



5 Cfr. dalla lettera del 4 dicembre 1907 del padre Lorgna al Provinciale, conservata in AL VI 30 (13).



6 Cfr. P. Lorgna a suor I. Zappieri, 11 marzo 1911, in AL VI 128

(13).



7 Ibid.






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