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Paolo Risso Un apostolo del nostro secolo IntraText CT - Lettura del testo |
Fin dall'inizio, aveva notato l'ignoranza religiosa dei suoi parrocchiani. Volle essere luce, a cominciare dai piccoli, dagli umili, dai più semplici e poveri e si sentì maestro della fede e della vita cristiana, non dalla cattedra di uno «Studium», non solo dal pulpito, ma in tutti i momenti del ministero.
Continuò, come era suo solito, ad alzarsi assai prima dei confratelli (che erano già mattinieri) per poter maggiormente dedicarsi allo studio della Sacra Scrittura, di S. Tommaso, ecc. Ricco di sapienza, luminoso della Verità divina che risplende e illumina, scriveva le prediche (omelie), le istruzioni catechistiche, i discorsi di circostanza che doveva tenere.
Per sé scelse la celebrazione della Messa domenicale delle 9,30, la più frequentata, durante la quale spiegava il Vangelo con la competenza del domenicano dotto e con la semplicità che riesce a farsi comprendere da tutti.
Si rivolgeva, come parroco, alle più diverse categorie in tutte le circostanze. I suoi prediletti saranno sempre i fanciulli e i giovani, ma non trascurò gli adulti, in primo luogo le madri di famiglia, i membri delle associazioni parrocchiali. Predicava con particolare fervore alle nozze e ai funerali, quando sono soliti intervenire alle celebrazioni, per motivi di convenienza sociale, persone che frequentano mai o scarsamente la chiesa...
Al suo popolo teneva con ogni cura le omelie sui Vangeli festivi, ma anche istruzioni domenicali pomeridiane sugli «articoli» del Credo, sui Comandamenti di Dio, sui Sacramenti, in particolare sull'Eucaristia, sulla Madonna e sul suo Rosario, sui Santi Domenicani, specialmente su S. Domenico, S. Caterina da Siena, S. Tommaso d'Aquino e la Beata Imelda... Da questo tipo di predicazione, catechetica e ascetica, cresceva negli ascoltatori la conoscenza del mistero di Dio, l'amore per Lui, il rinnovamento della vita cristiana.
Ottimo tomista, Padre Giocondo sapeva che «la volontà segue l'intelletto», che quindi l'uomo ha bisogno di luce per vivere e per operare. Proprio per questo, per lui era uno dei massimi doveri del pastore la predicazione per la salvezza delle anime. Chiedeva la collaborazione dei confratelli della comunità e di rinomati predicatori perché venissero a illuminare le menti dei suoi fedeli. Così, ad esempio, in preparazione al suo ingresso in parrocchia, ottenne che venisse il «primo» predicatore allora conosciuto in Italia, il padre Antonino Luddi, o.p. 8 E per l'inaugurazione della sua chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, restaurata dopo la guerra, nell'ottobre
1922, chiamò il cappellano degli arditi, il suo confratello padre Reginaldo Giuliani. 9
Non predicava per compiacersi come oratore, ma solo per seminare a piene mani la Parola di Dio, per accrescere la fede e la vita cristiana, lottando contro il peccato e guidando le anime alla comunione con Dio, all'incontro con Lui nei sacramenti.
Padre Giocondo era davvero un apostolo.
Cappellano militare durante la prima guerra mondiale, decorato con tre medaglie al valor militare, al termine del conflitto, dal suo convento di S. Domenico in Torino si prese cura dei giovani e attese alla predicazione attraverso l'Italia. «Predicatore generale» nel 1927, docente di teologia all' Università di Torino, lanciò il progetto della fondazione del convento di S. Maria delle Rose. Dal 1928 al 1930 fu predicatore in America del Sud e del Nord. Cappellano militare nella guerra d'Africa nel 1935, ancora una volta apostolo tra i soldati, fu ucciso durante la battaglia del Tembien a Mai Beles, il 21 gennaio 1936.