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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Educatore dei piccoli

I bambini erano i suoi prediletti, perché «tanto amati da Gesù». Appena giunto ai SS. Giovanni e Paolo, rivolse a loro attenzioni paterne e materne insieme.

            Quando arrivò in parrocchia, non c'era neppure un asilo per l'infanzia. Molti bambini crescevano e vivevano tra «campi e calli», senza cure educative, privi di formazione umana, sociale e cristiana.

            Padre Giocondo iniziò con l'aprire un asilo per i bambini prendendo in affitto una casa. Alcune generose giovani cattoliche si offrirono come assistenti e maestre, mentre alcuni benefattori gli diedero il denaro sufficiente per cominciare. Le famiglie più povere, soprattutto, gli affidarono i loro figli. Ma dopo tre mesi appena, il padrone della casa, non potendo sopportare la presenza di bambini «rumorosi », disdisse il contratto d'affitto. L'asilo fu chiuso.

 


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Padre Giocondo non si arrese. Aveva adocchiato un ampio salone al pianterreno in via Torelli, di proprietà della Fabbriceria della Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo.             Dopo diverse difficoltà, causategli anche dalla prefettura, nell'autunno del 1910 inaugurò l'asilo «Angeli Custodi». Alcune giovani della parrocchia, sotto la guida di Maria Bassi, 10 si presero cura dei piccoli e l'asilo rimase aperto anche negli anni duri della prima guerra mondiale. Dopo, esso passerà alle «figlie» del padre Giocondo, le Suore Domenicane della B. Imelda.

            Poi nel 1915 pensò alle bambine. L'impresa fu meno difficile: questo asilo trovò ospitalità presso l'Istituto «al Pianto». Lo dedicò al Santo Rosario e lo affidò ancora alla direzione della Bassi.

            Dopo la prima guerra mondiale, ai bambini poveri si aggiunsero numerosi bambini orfani. Padre Giocondo non era un uomo da stare a guardare. Spinto dalla carità che era il fuoco che lo riscaldava, lanciò l'idea di un altro asilo per gli orfani invitando i Veneziani a onorare, alla luce della fede, la figura di Filippo Grimani, morto nel 1921, per 25 anni sindaco della città, che aveva sempre prediletto i figli del popolo. 11 Purtroppo, pur avendo lavorato

 


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molto per la sua realizzazione, non riuscì, per difficoltà sopraggiunte, a portarlo a termine.

            L'asilo era solo la prima tappa per avvicinare l'infanzia a Gesù «l'amico dei fanciulli», quasi la preparazione remota alla Prima Comunione eucaristica.

            In piena sintonia con le direttive del Papa regnante Pio X, Padre Giocondo desiderava che i bambini si incontrassero presto con Gesù Pane di vita. Per questo, fin dal 1905, il suo primo anno in parrocchia, diede molto impulso alla preparazione dei bambini alla Prima Comunione. Il primo problema era quello di averli presenti. Tanti di loro erano svogliati, molti genitori non avevano premura di portare i loro figli alla Comunione eucaristica.

            Padre Giocondo cominciò a spedire pressanti circolari di invito alle famiglie. Vide che non bastavano. Allora cercò un'istituzione che, per carisma, andasse alle famiglie a prendere i fanciulli, li accompagnasse al catechismo e li assistesse durante le lezioni. La trovò nell'Associazione, già esistente, delle «Maestre di S. Dorotea»12

che per oltre vent'anni aiuteranno il Padre nel preparare i bambini alla prima Comunione.

            Ogni anno, quando i bambini erano pronti, un Comitato apposito costituito da Padre Giocondo organizzava, con la più grande solennità, la festa della Prima Comunione.  In chiesa la celebrazione eucaristica era stupenda, in modo che i bambini, mentre incontravano per la prima

 


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volta il Signore Gesù, Pane di Vita, sentissero vicini i loro genitori e la comunità, tutti raccolti attorno all'altare. Quel giorno, Padre Giocondo offriva un pranzo a tutti i bambini, in modo che anche quelli poveri potessero far festa.

            Quando alla sera era tutto finito, si domandava inquieto:

«E ora che cosa sarà di questi bambini?». Già nel 1905 aveva scritto al Padre Provinciale spiegandogli che intendeva istituire in parrocchia la Confraternita della Beata Imelda con lo scopo di aiutare i fanciulli a prepararsi alla Prima Comunione e, in seguito, aiutarli a vivere in grazia di Dio. Il 9 luglio 1905, il Patriarca Cavallari erigeva, nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, la Confraternita della Beata Imelda.

            Tutti sappiamo che Imelda Lambertini era una fanciulla nata a Bologna nel 1320 ed entrata ancora bambina nel monastero domenicano di S. Maria di Valdipietra. Qui condivise la vita delle monache nella preghiera e nella donazione a Cristo con un grandissimo desiderio in cuore:

poter ricevere Gesù nella comunione. Ma, in base alle consuetudini del tempo, Imelda non poteva venir ammessa, perché troppo giovane.

            Il 12 maggio 1333, mentre era in preghiera davanti al Tabernacolo, miracolosamente l'Ostia santa si posò sulle sue labbra. Era la sua Prima Comunione. Ma fu anche l'ultima: Imelda morì in un'estasi d'amore e la sua comunione con Gesù fu eterna. Beatificata da Papa Leone XII nel 1826, è la Patrona dei bambini che si accostano alla Prima Comunione.

            Padre Giocondo, devotissimo della Beata Imelda, nella quale vedeva un sublime esempio da proporre ai bambini e non solo a loro, desiderava che la Confraternita che portava il suo nome, fosse riconosciuta nella sua parrocchia anche dai Superiori dell'Ordine, ciò che avvenne qualche anno dopo.


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L'Associazione proponeva la visita quotidiana a Gesù Eucaristico e l'impegno, da parte dei responsabili, a seguire i fanciulli dopo la Prima Comunione, a perseverare nell'amicizia con Gesù... Per questo, Padre Giocondo la fece conoscere in parrocchia e fuori, stampando alcuni opuscoli illustrativi, e diffondendo molte medaglie della Beata. Nel 1916 fece tradurre dal francese il volumetto «La beata Imelda Lambertini», preceduto dalla presentazione scritta dallo stesso Papa Benedetto XV.

            La piccola Imelda, che visse e morì di desiderio per l'Eucaristia, diventò nella parrocchia dei SS. Giovanni e Paolo, un modello di vita eucaristica.

            Ma per i fanciulli il Padre pensava ad altre iniziative apostoliche.

            Durante le vacanze, nei pomeriggi liberi dalla scuola, egli vedeva ragazzi invadere chiassosi e turbolenti calli e campi, abbandonati a se stessi. Se ne rattristava profondamente, perché «l'educazione» della strada non è mai educazione. Per questo, già nell'anno del suo arrivo a Venezia, aveva pensato a un «Patronato» od oratorio dove i ragazzi trovassero luogo di gioco e di formazione umana, sociale e cristiana.

            Era un'altra iniziativa d'amore.

 




10 MARIA BASSI (1886-1961), figlia di un medico, distinta per cultura, terziaria domenicana, di profonda vita interiore e anelante alla vita religiosa, nutriva grandi ideali. P. Lorgna, conoscendone le virtù, non solo l'aveva scelta a dirigere i due asili, ma la formava quale Superiora ideale>

dell'«Opera eucaristica» (Congregazione Imeldina), che pensava di fondare.

                Ma invece fu quasi sempre ammalata, affetta da «ribelle e dolorosa astenia neuro-muscolare» che l'obbligava a lunghi periodi a letto o in carrozzella, particolarmente dal 1917 in poi.



11 FILIPPO GRIMANI (1855-1921). «Sindaco d'oro» di Venezia dal 1895

al 1920. Cattolico integerrimo, avvocato ben preparato, dotato di spontanea affabilità e «fulcro» insostituibile dell'amministrazione cittadina, fu un uomo fuori dell'ordinario di «profonda e armoniosa anima» intrisa di'

«venezianità». Di lui il card. patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, diceva:

«Ciò che fa il conte Grimani è ben fatto e non ha bisogno dei consigli del Patriarca». Morì a Roma, senatore del Regno, nel 1921.



12 L'Opera di S. Dorotea sorse in Lombardia grazie ai due fratelli sacerdoti Luca Antonio Passi (1789-1866) e Marco Celio (1790-1863). Ebbe notevole sviluppo in Venezia. Si rivolgeva con impegno educativo alle fanciulle del popolo, alle ragazze della strada, alle bambine abbandonate o bisognose. Era formata da donne del popolo o della nobiltà che si prendevano cura delle fanciulle e le raccoglievano in gruppi guidati da un'assistente.

                L'Opera si proponeva di promuovere l'obbedienza e il rispetto ai genitori, la partecipazione frequente, anche quotidiana, alla S. Messa, la preghiera del Rosario. L'Istituzione prosperò fino all'avvento dell'Azione Cattolica.






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