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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Il benefattore dei poveri

Il «Sestiere di Castello», in cui si trovava la parrocchia, era povero. Padre Giocondo conosceva i suoi poveri a uno a uno e con il suo cuore generoso si occupò di venire incontro a tutti, mosso dalla carità di Cristo.

            Quel che la sua comunità religiosa gli passava per aiutare i poveri, non gli bastava mai e per questo si fece «mendicante» stendendo la mano a coloro che potevano soccorrere i suoi prediletti. Si rivolse al Consiglio conventuale, al suo Provinciale e anche allo stesso Maestro Generale.

            Non gli era sufficiente quel che riceveva, perché le necessità dei poveri sono sempre tante e spesso assai dolorose.


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Iniziò a ottenere dal suo padre Provinciale il permesso di usare per loro quanto gli veniva dato spontaneamente per «fare carità» e di chiedere offerte alle persone facoltose per soccorrere i suoi poveri. La sua carità senza limiti lo spinse a «inventare» alcune iniziative.

            Già nel 1905 istituì l'opera benefica «Albero di Natale ». Ogni anno, alla festa dell'Epifania, con l'aiuto di un Comitato apposito, faceva allestire a Palazzo Morosini per i fanciulli poveri, e «al Pianto» per le fanciulle povere, due grandi alberi carichi di doni. Passando gli anni, i veneziani si interessarono dell'iniziativa: aumentarono i doni e i beneficati. 20

Quando scoppiò la prima guerra mondiale, nel 1915, padre Giocondo fondò la «Caritas», un istituto di assistenza parrocchiale: si era ispirato ai santi domenicani, il beato Giacomo Salomoni e S. Antonino da Firenze. 21 C'erano in parrocchia numerosi disoccupati e la miseria dilagava.          Il parroco, con la «Caritas» si impegnava a cercare lavoro per chi ne era privo, a offrire il suo aiuto morale e

 


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materiale a chiunque fosse in difficoltà, a prendere tutte le iniziative necessarie per alleviare gli indigenti, a mobilitare la carità cittadina in solidarietà ai fratelli più deboli. 22

Operavano nella «Caritas» persone benestanti e note negli ambienti amministrativi ed economici di Venezia. Affiancava la Conferenza di S. Vincenzo, attiva in parrocchia, ma più che consegnare elemosine in denaro, procurava posti di lavoro e sistemazione alle famiglie più disagiate. L'istituto lavorò un anno, dal maggio 1915 al maggio 1916: poi la situazione di Venezia, divenuta bersaglio degli attacchi aerei, peggiorò e i più abbienti abbandonarono la città. La «Caritas» fu obbligata a sospendere la sua azione.

            Ma non sospese la carità padre Giocondo, fatto a immagine del Santo Padre Domenico, che, ancora studente a Palencia, aveva venduto i suoi libri per soccorrere gli affamati. Egli ricorreva agli enti pubblici per trovare il lavoro ai disoccupati. Moltiplicò le iniziative per venire incontro, nei tristissimi anni della guerra, ai poveri, ai rifugiati, agli esuli, ai rimasti in città senza sostegno. Anche in quegli anni, continuò a organizzare «gli alberi di Natale» per i bambini e le bambine poveri e tenne sempre aperti i due asili infantili, proprio per aiutare i figli del popolo così provati.

            Finalmente la guerra finì e, durante le feste natalizie del 1918, padre Giocondo celebrò il suo 25° anniversario di ordinazione sacerdotale. Ma più che pensare a se stesso, approfittò dell'occasione festiva per offrire, con le offerte raccolte, un pranzo a 150 famiglie povere, a 150 fanciulli e a 150 bambine. Il festeggiato si sentì felice solo facendo felici coloro che tra i suoi «figli» in Cristo soffrivano di più.

 


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In quegli anni operavano in Italia alcuni «miracoli viventi della carità», quali l'avvocato Bartolo Longo, don Luigi Orione, don Giovanni Calabria. 23

Padre Giocondo andò a visitare, uno per uno, questi santi, legandosi d'amicizia

 


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specialmente con don Orione e don Calabria. Confrontò le sue iniziative con le loro opere grandiose, chiese loro consiglio, ebbe da loro incoraggiamento. Non tralasciò neppure di rivolgersi a Torino ai dirigenti della Piccola Casa della Divina Provvidenza, il «Cottolengo». Voleva approfondire la loro ispirazione e la loro spiritualità e desiderava ottenere consigli per portare avanti le sue opere parrocchiali a servizio dei più poveri.

            Ricco di fede e di amore, imitando Gesù povero tra i poveri e buon samaritano dell'umanità, padre Giocondo davvero spalancò il cuore e le braccia a tutti, senza distinzione di fede o di partito, senza guardare a chi meritava di essere amato: egli in ogni creatura che avvicinava, davvero vedeva il Signore da amare e da servire fino all'ultimo, fino al dono supremo di se stesso.

            Si era fatto domenicano per un ideale appassionato di studio, di preghiera e di irradiazione di Dio con l'insegnamento e la predicazione. Dio lo portò invece su un'altra via. Ed egli fu ancora e sempre domenicano senza mai dimenticare lo studio e la contemplazione, ma come uomo mandato sulle strade del mondo a incontrare i piccoli, gli umili, i semplici e a portare il Vangelo e il Pane della vita.

            Gesù Cristo che ama e serve. Illumina e sfama. Educa e santifica.




20 Cfr. AL V 236 (1-9); nell'Epifania del 1918 parteciparono, come l'anno prima, il Sindaco Grimani e il Console Americano, come risulta in AL VI 194 (1).



21 Il BEATO GIACOMO SALOMONI (1231-1314), nobile di Venezia, distribuì ai poveri il ricco patrimonio e a diciassette anni entrò nell'Ordine Domenicano. Una sola preoccupazione mosse la sua esistenza: rassomigliare in tutto a San Domenico. Dal 1269 alla morte visse a Forlì dove fu chiamato «il padre dei poveri», per la delicatezza con cui li accoglieva e aiutava. Beatificato da papa Gregorio XV nel 1622, il suo corpo è conservato dal 1939 a Venezia nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo. S. ANTONINO PIEROZZI (1389-1459), di Firenze, a 15 anni, già colto in giurisprudenza, diventò domenicano. Svolse grande attività religiosa e caritativa, che accrebbe dopo che divenne arcivescovo della sua città. Si prodigò durante la peste del 1448 e avviò un'intensa azione pastorale. Non smise mai di studiare, cercando sempre ciò che era utile alla vita, per sé e per gli altri.

                Lasciò molti scritti di morale cristiana. Per la sua capacità di risolvere difficoltà, spesso ardue, era consultato da tutti e fu chiamato «Antonino dei consigli». La sua spiritualità ebbe influsso sull'arte del suo confratello fra Giovanni da Fiesole (1387-1455), il grande pittore chiamato il Beato Angelico.



22 «Charitas» - Istituzione per l'assistenza dei poveri della parrocchia dei SS. Giovanni e Paolo in Venezia - Verbali. Quaderno in cui sono scritti i verbali delle quindici sedute dal 23 maggio 1915 al 7 maggio 1916, firmati dalla presidente contessa Clotilde di Rodeano e controfirmati dalla segretaria Rosetta Pignone Tomasi.



23 BARTOLO LONGO (1841-1926), nato a Latiano presso Brindisi, intraprese la carriera forense ed ebbe facili successi. Condotto alla fede dall'esempio e dallo zelo di amici e soprattutto del padre Alberto Radente domenicano, suo direttore spirituale e consigliere, dedicò la sua esistenza all'insegnamento del catechismo e a promuovere la devozione al Santo Rosario. Nel 1876 iniziò la costruzione del tempio di Pompei che diventò centro di devozione a Maria e di numerose opere di carità. Fondò le «Figlie del SS. Rosario di Pompei» dedite all'assistenza dei poveri e degli emarginati. Appartenne all'Ordine Domenicano come terziario e vi ispirò sino alla fine tutta la sua vita e la sua opera. Fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980.

                LUIGI ORIONE (1872-1940). Sacerdote piemontese, stimato specialmente nelle più alte sfere ecclesiastiche, come uno degli esemplari più significativi del clero, rappresentava al suo tempo nel modo più degno, la tradizione delle grandi figure apostoliche piemontesi, dal Murialdo al Cottolengo, dal Cafasso a Don Bosco. Caratterizzato da un'ardente brama di immedesimarsi con Gesù Crocifisso divenuto il centro propulsore della sua vita, da cui derivava la sua incondizionata fedeltà alla Chiesa e al Papa, fu un grande realizzatore di opere a favore delle persone più indifese.

                A tal fine fondò varie famiglie religiose: Piccola Opera della Divina Provvidenza (congregazione di sacerdoti chierici e coadiutori professi), le Piccole Missionarie della Carità (ramo femminile); le due famiglie degli Eremiti vedenti e ciechi e infine le Suore Sacramentine cieche Adoratrici.

                Morì santamente a S. Remo il 12 marzo 1940. Fu beatificato il 26 ottobre 1980 da Giovanni Paolo II e sarà beatificato nel 2004.

                GIOVANNI CALABRIA (1873-1954). Nacque a Verona. Orfano di padre a 12 anni, trascorse l'infanzia e l'adolescenza in estrema povertà. Fin da giovane sentì la vocazione di dedicarsi al servizio dei poveri. Divenuto sacerdote dopo numerose difficoltà, continuò a occuparsi dei poveri, soprattutto dei ragazzi abbandonati. Per essi fondò la «Casa Buoni Fanciulli ». Con i ragazzi accolti, aumentarono anche i collaboratori, sacerdoti e fratelli; fu il seme della Congregazione Poveri servi della Divina Provvidenza, un Istituto con parità giuridica, con uguali diritti e doveri tra sacerdoti e fratelli. Parallelamente diede vita anche alle Sorelle Povere Serve della Divina Provvidenza e in seguito costituì anche la Famiglia dei Fratelli Esterni, uniti spiritualmente al carisma delle due Congregazioni: vivere lo spirito di fede e fiducia in Dio Padre, col pieno abbandono alla Divina Provvidenza.

                Don Calabria credette al Vangelo in maniera radicale uniformandovi tutta la vita, che trascorse santamente in mezzo a prove e a sofferenze d'ogni genere. Morì a Verona il 4 dicembre 1954. È stato canonizzato da Giovanni Paolo II.






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