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Paolo Risso
Un apostolo del nostro secolo

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Maestro di santità

Il compito principale di Padre Giocondo a Fontanellato, come abbiamo detto, era quello di confessore delle monache domenicane. In quegli anni le monache erano trentatrè, Priora era Madre Maria Pia Civano. La loro vita «esterna» era vigilata dal Padre Vicario, rappresentante del Provinciale della provincia di Lombardia. La loro vita spirituale era «guidata» dal padre Confessore, il quale mediante il sacramento della penitenza, celebrato ogni otto giorni, il Sacrificio eucaristico quotidiano e altri momenti di direzione e istruzione spirituale animava le suore nel loro cammino di perfezione.

            Padre Giocondo, fin dal primo giorno, si dedicò a questo ufficio di «padre spirituale» con tutto l'ardore della sua anima. Sapeva che per essere guida alla santità per quelle monache con la loro speciale vocazione, doveva essere sempre più dotto e santo. Si buttò pertanto nello studio delle «cose di Dio» e si immerse ancor più nella preghiera.

            A soli tre mesi dall'arrivo di Padre Giocondo come confessore, Suor Imelda Zappieri, una delle monache di Fontanellato, scrivendo al Padre Laguzzi, suo ex padre spirituale, diceva del nuovo confessore:

«Io sono più che contenta, come pure tutta la comunità... Ho trovato in lui non solamente un Padre, ma anche un Maestro».10

La gioia di averlo come confessore spinse la Priora a chiedere al Provinciale e persino al Maestro Generale di lasciare loro il Lorgna come padre spirituale, oltre lo scadere del biennio stabilito dalle norme: la Priora era «soddisfattissima e per il suo spirito e per il buon andamento

 


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della comunità, che fin qui ha diretto con tanta carità, prudenza e zelo».11

Il Provinciale lasciò padre Giocondo al suo posto.

            Da vero «scalatore di vette», da autentica guida su «sentieri di roccia», Padre Giocondo guidava le singole anime e l'intera comunità alla perfezione, incoraggiando le monache a riprendere la perfetta osservanza regolare della vita monastica, come era stato stabilito all'inizio della fondazione a Colorno. Così, dopo la visita del Provinciale al monastero nell'estate del 1902, avendo trovato tutte le monache disponibili, si riprese la stretta osservanza della regola.

            Padre Giocondo non solo ne fu felice, ma volle partecipare anch'egli a quella vita penitente e orante, cominciando ad alzarsi a mezzanotte per cantare con le monache il Mattutino. Quelle però, temendo che si ammalasse, avvertirono, da buone sorelle, il Provinciale che immediatamente gli proibì di alzarsi di notte.

            Qualcuno potrebbe dire: troppo austero, eccessivamente severo questo direttore spirituale!

In realtà egli era davvero «il buon Padre», come lo definivano le monache, che da una parte, mosso dall'amore, le guidava sempre più verso l'alto; dall'altra, sempre umano, raccomandava alla Madre Economa di trattare le suore con buone pietanze, indicando persino qualche libro di cucina da consultare. E così, sotto la sua direzione, il monastero di Fontanellato rifiorì.

            Al centro di tutto, come spinto da un'esigenza impellente del cuore, pose il Tabernacolo, la partecipazione alla Messa con la Comunione, la preghiera prolungata davanti a Gesù eucaristia. Ogni monaca doveva avvicinarsi a Cristo, Pane di vita, «per averla in abbondanza» come vuole Gesù. Ogni monaca doveva sentire l'urgenza di stare con

 


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Gesù eucaristico, perché - sembra dire Padre Giocondo -

«se Lui è lì ed è tutto, dove vuoi andare?». Maria - nelle istruzioni del Padre Giocondo - era indicata come modello di amore e di dedizione a Cristo, modello da pregare e da imitare nel vivere l'intimità con il divino Maestro.

            Le monache vedevano il loro direttore spirituale tutto teso alla perfezione evangelica: il suo esempio trascinava.

            Quanto fosse grande il suo zelo lo dimostra l'intero corso di esercizi spirituali predicati da lui a una sola monaca, suor Colomba Fioni, in preparazione alla sua professione religiosa. 12

Della sua predicazione alle monache sono rimasti numerosi testi scritti: si vede in lui il maestro esperto in Sacra Scrittura e nella dottrina di S. Tommaso, ma ancor di più il religioso innamorato di Cristo e di sua Madre. Questo amore intenso lo spinse a creare, la notte del giovedì santo del 1903, la «triplice unione» di preghiere e sacrifici, con suor Imelda Zappieri e suor Rosa Borelli, un piccolo nucleo attorno a cui si aggiunsero, col tempo, altre anime consacrate e non, per attirare grazie celesti sulle opere cui egli pensava per dilatare la sua irradiazione apostolica. 13

Presso il monastero, alla luce che esso emanava, sotto lo sguardo della Madonna del Rosario, Padre Giocondo, nello stesso tempo, dedicò particolari cure spirituali a un gruppo di signorine, quasi tutte terziarie domenicane, che sembravano chiamate da Dio alla vita consacrata. Egli pensava di fondare un'opera per l'educazione cristiana

 


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della gioventù da affidare a suore domenicane di intensa spiritualità eucaristica, da lui preparate. Era la prima idea della futura Congregazione delle Suore della Beata Imelda, idea nata, per un singolare dono di Dio, ai piedi dalla Madonna del Rosario di Fontanellato, e alimentata dalla «Triplice Unione» di preghiere e di sacrifici, messa sotto la protezione della Beata Imelda e di S. Tommaso d'Aquino, i grandi innamorati di Gesù eucaristico, nell'Ordine dei Predicatori.

            Il 18 novembre 1914, mentre a Venezia già lavorava alla fondazione della sua Congregazione Imeldina, padre Giocondo avrebbe scritto a suor Imelde Zappieri: «... che la Vergine l'ascolti; illumini e assista queste anime che sono state scelte a tale scopo da Gesù medesimo. Se l'Opera verrà fatta, sarà anche dolce il pensiero che ha una relazione intima con la Vergine del Rosario di Fontanellato».

            Qualche tempo dopo, pellegrino al «suo» santuario, avrebbe annotato nel suo diario:

« 1916 - 21 giugno - Fontanellato - Alla Messa, avuta ispirazione:

essere quale vorrei che fossero le figliole eucaristiche » 14

Sembrano parole dette all'orecchio in tono sommesso, eppure «quanta luce, quanta certezza, quale lungimirante visuale sull'avvenire! Sono parole profetiche, nel senso teologico più genuino dell'espressione. Era un messaggio di Maria nel nome di Gesù Eucaristico. Da quel momento padre Lorgna parte e non lo ferma più nessuno».15

Sarebbe nata la Congregazione delle Suore Domenicane della Beata Imelda, il suo capolavoro, scaturito dal Tabernacolo e dal cuore della Madonna di Fontanellato, fin da questi anni di silenziosa preghiera e di direzione spirituale delle anime.

 




10 Corrispondenza Laguzzi-Zappieri, lettera 23, della fine d'anno 1901 (AMF III 65010).



11 Lettera della priora Madre Civano al Provinciale, del 19 gennaio 1904 (APUL II 25508).

 



12 Il quaderno intitolato Esercizi a suor Colomba si trova in AL V 690 (1).



13 Suor Imelde Zappieri, in una lettera senza data, probabilmente al padre Pietro Lorgna, conservata in copia in AL VIII 35, afferma: «... sappia che l'opera delle Imeldine s'incominciò sino dal giovedì santo del 1903». In una lettera del 13 febbraio 1933 a un M. R. Padre (AGDI III B 25) dice: «... incominciò la sua opera... pensò a formare la nostra Triplice, tutta unione di preghiere e di sacrifici, e fu nel 1903, alla notte del S. Natale... ».



14 P. LORGNA, Un'anima domenicana, cit., pp. 106-107.



15 G. CAVALCOLI , Padre Lorgna, sacerdozio, eucarestia e vita, in «Sacra Doctrina», n. 6 (nov.-dic.) (1988), pp. 709-710.






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