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Quinto Settimio Florente Tertulliano
De poenitentia

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  • CAPUT IV.  Esortazione alla penitenza
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CAPUT IV. 

Esortazione alla penitenza

A tutte le colpe, adunque, compiute o col corpo o collo spirito nostro, sia colla materialità di [176] un atto, sia colla forza della volontà, Colui che decise e prescrisse che sarebbero state stabilite, per via di giudizio, sanzioni penali, promise anche che il perdono sarebbe venuto attraverso il Sacramento della penitenza. Disse infatti alle genti: Pentitevi ed io vi farò salve. E di nuovo il Signore disse: Io sono Iddio vivente, voglio piuttosto la penitenza che la morte: è vita dunque la penitenza, che viene preferita alla morte: tu, peccatore simile a me, anzi meno di me, poiché io riconosco d'esser più peccatore e colpevole di te, gettati su quella, abbraccia il principio della penitenza, come il naufrago s'attacca ad una tavola, unica àncora di salvezza per lui: sarà essa che riuscirà a sollevarti, quasi sebbene ormai travolto dalle onde minacciose della colpa e ti trasporterà nel porto della clemenza di Dio. Afferra l'occasione che ti pone dinanzi una fortuna insperata, così che tu, che una volta null'altro eri, di fronte a Dio, che una stilla d'acqua che gocciola da un'anfora capace, che un granello di polvere in un'aia, o un vaso di terraglia ordinaria e vile, divenga invece quell'albero piantato presso scorrer di fiume, che nel verde delle sue frondi, attesta la continua vitalità sua; l'albero che a suo tempo darà bellezza e squisitezza di frutti, che non conoscerà furia di fuoco, o violenza ed offesa di ferro. Trovata che sia la verità, ci si penta degli errori, ci si penta d'aver posto l'amor nostro in quel che Dio non predilige; poiché neppur noi lasciamo che i nostri servi non sentano disprezzo ed odio [177] per quanto a noi possa dispiacere. Il principio, la base dell'ossequio e della deferenza sono dati da una certa conformità di sentimenti. A materia troppo ampia e copiosa e che richiederebbe d'essere affidata a forza e a magnificenza di parola, andremmo incontro, se noi volessimo ricordare punto per punto i beni della Penitenza, ma noi non insistiamo che su un punto solo, data la nostra piccolezza e i limiti che c'imponiamo; e questo è, che ciò che Iddio comanda, ha in sé l'attributo della maggiore e della più assoluta bontà. Io penso che sia presunzione il voler discutere sulla bontà di un precetto divino. Noi non dobbiamo prestare orecchio ad una cosa, perché soltanto riconosciuta buona, ma perché ci è stata comandata da Dio. Volete voi dare una dimostrazione chiara e lampante d'ossequio e di venerazione? Primo punto, essa sia prestata alla maestà della potenza divina e prima si consideri quindi l'autorità di colui dal quale parte il comando che l'utilità e il vantaggio di chi presta l'opera sua. È un bene pentirsi o no? ma che cosa stai pensando e rimuginando? È Iddio che lo comanda; ma poi non è che Egli l'ordini solamente, ma compie opera anche di consiglio e di persuasione: Egli ci invita, facendoci splendere la speranza di una ricompensa; quella della salvezza e quando afferma colla solennità di un giuramento: io sono Iddio vivente, Egli vuole che gli si presti fede. Felici, noi; il Signore giura in nostro servigio; ma infelicissime creature [178] saremo qualora non prestiamo fede ai giuramenti del Signore. Quello che pertanto Iddio raccomanda con tanto fervore di passione e che anche consacra colla solennità di un giuramento, secondo la nostra usanza, noi lo dobbiamo accogliere e mantenere con un rispetto profondo, perché noi, rimanendo saldi nella sicurezza della grazia divina, possiamo raggiungere il frutto di essa e continuare a godere dei vantaggi che da essa derivano.




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