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Quinto Settimio Florente Tertulliano
Apologetico

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  • CAPO 47 -- Quello che di vero si trova detto dai filosofi, lo hanno attinto dall'antica Scrittura. Pur troppo l'hanno spesso frainteso o adulterato.
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CAPO 47 -- Quello che di vero si trova detto dai filosofi, lo hanno attinto dall'antica Scrittura. Pur troppo l'hanno spesso frainteso o adulterato

[1] Più antica di ogni cosa è la verità, se non m'inganno; or ancora mi torna utile l'antichità, sopra stabilita, della divina Scrittura, affinché facilmente si creda che essa il tesoro fu per ogni sapienza venuta dopo. E se non volessi limitare ormai la mole di questo lavoro, farei una scorsa anche nel campo di codesta dimostrazione

[2] Qual dei poeti, qual dei filosofi, che alla fonte dei profeti non siasi per nulla abbeverato? Di qui pertanto i filosofi la sete della loro intelligenza irrigarono; talché è quello che hanno del nostro, che simili ci fa a loro. Perciò, penso, anche, da taluni la filosofia fu discacciata, dico da quei di Tebe e di Sparta e di Argo

[3] Mentre di arrivare alla comprensione della verità in nostro possesso uomini solo di gloria però bramosi, come ho detto, e di eloquenza, si sforzavano, se nei Libri Santi s'incontrarono in qualche cosa che il loro istinto di curiosità appagasse, lo convertirono in proprio: né abbastanza credendo che si trattasse di roba divina, così da non doverla interpolare, né sufficientemente intendendola, come tuttora alquanto velata e oscura anche per gli stessi Giudei, di cui la credevano proprietà

[4] E invero, anche se di verità semplici si trattava, tanto più l'umana sottigliezza, negandovi fede, tentennava, per cui con l'incerto mischiarono anche quello che trovato avevano di certo. 

[5] Avendovi trovato, così senz'altro, che esiste un Dio, non ne disputarono come l'avevano trovato: talché della sua qualità e natura e sede si mettono a discutere

[6] Altri incorporeo lo affermano, altri corporeo, come tanto i Platonici, quanto gli Stoici; altri da atomi costituito, altri da numeri, come Epicuro e Pitagora; altri da fuoco, come opinò Eraclito; e i Platonici pensoso dell'universo, gli Epicurei, invece, ozioso e inattivo e, per così dire; inesistente per il mondo degli uomini; [7] posto, poi, fuori del mondo gli Stoici, a far girare dal di fuori questa mole a mo' di vasaio; entro il mondo i Platonici, a mo' di pilota rimanendo in quello che egli guida

[8] Così variamente nei riguardi del mondo stesso concludono: se sia nato o non nato, se destinato a finire o a restare. Così anche della condizione dell'anima: che altri divina ed eterna, altri affermano destinata a dissolversi. Come ognuno la intese, così aggiunse o riformò

[9] Né fa meraviglia, se il vecchio strumento gl'ingegni dei filosofi snaturarono. Anche questo nostro documento alquanto recente alcuni individui, provenienti dalla semenza di quelli, hanno con le loro opinioni adulterato secondo le opinioni dei filosofi, e da una strada unica aperto molti obliqui e inestricabili sentieri. Il che per questo ho soggiunto, perché la nota varietà di questa nostra setta adeguarci anche in questo ai filosofi a qualcuno non paia, dalla varietà non concluda la deficenza di una verità

[10] Ma ai nostri adulteratori alla svelta eccepiamo che la regola della verità è quella che viene da Cristo, attraverso coloro trasmessa che gli furono compagni, parecchio posteriori ai quali si proverà essere codesti diversi interpreti

[11] Tutto ciò che contro la verità è stato ricostruito, è stato fatto valendosi della verità stessa; e quest'opera ostile gli spiriti dell'errore l'hanno compiuta. Da costoro gli adulteratori di questa salutare disciplina subornati furono; da costoro anche introdotte certe favole, che su la base della somiglianza la fede nella verità infirmassero o a se stessi piuttosto l'attirassero: talché per questo si stimi non doversi credere ai Cristiani, perché nemmeno s'ha da prestar fede néai poeti né ai filosofi; o perché piuttosto s'abbia a credere ai poeti e ai filosofi, perché prestar fede non si deve ai Cristiani

[12] Perciò veniamo derisi, quando predichiamo che Dio ci giudicherà. Allo stesso modo, infatti, e poeti e filosofi un tribunale collocano presso gl'inferi. E se la gehenna minacciamo, che è un ambiente sotterraneo di fuoco arcano, destinato alla punizione, ugualmente si sghignazza. Allo stesso modo, infatti, fra i morti c'è il fiume Piriflegetonte

[13] E se il paradiso nominiamo, luogo di divina bellezza, ad accogliere destinato gli spiriti dei Santi, dalla conoscenza dell'orbe comune separato per una specie di muro costituito dalla nota zona di fuoco, troviamo le menti occupate dalla credenza nei Campi Elisi. Onde, vi prego, tante somiglianze con i poeti e i filosofi? Non per altro se non perché derivate dai nostri misteri

[14] Se dai nostri misteri esse sono derivate, come esistiti prima, più fedeli e credibili sono dunque questi nostri, le cui imitazioni anche trovano fede. Se sono derivate dalle fantasie di quelli, allora i nostri misteri si riterranno senz'altro immagini di cose venute dopo, ciò che la natura non comporta; ch mai l'ombra la presenza del corpo precede, né l'immagine quella della realtà.




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