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Antonio Balsemin
Vèneto mio

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L’APOSTROFO, l’ELISIONE, il TRONCAMENTO (scheda 8)

DEFINIZIONI, CHIARIMENTI, USI, ANNOTAZIONI INERENTI

 

DEFINIZIONE

L’apostrofo è un piccolo segno grafico, che indica la caduta di una vocale. È una parola di derivazione greca. Esso, come segno grafico, è identico al segno dell’elisione e al segno del troncamento di un termine.

 

CHIARIMENTO

Innanzitutto, per quanto riguarda l’apostrofo, l’elisione e il trocamento, mi sembra sia utile specificare che, anche se essi usufruiscono dell’identico piccolo segno grafico e segnalano la caduta o la mancanza di un qualcosa, non sono la medesima avvertenza e non hanno l’identica funzione. Infatti, è corretto scrivereel xe ndà”, com’è correttoel xe andà”. Il lettore, nel primo esempio, capisce che a quella parola manca un qualcosa, nel secondo esempio, tutto è chiaro per se stesso. L’elisione può segnalare, anche, la caduta di un qualcosa in finale di parola: de = de i = dei. Infatti. È esatto se si scriverecòrdate de’ me fioi”, come, “recòrdate de i me fioi”. Nel primo esempio si fa uso dell’elisione, nel secondo della prep. articolata, scritta per esteso e staccata. È corretto scrivere “mi no’ vegno co ti” come “mi no vegno co ti”. Nel primo esempio si fa uso dell’elisione, nel secondo del troncamento. Il primo caso, si rifà al latino cum, il secondo caso, all’italiano con. ecc.

Mi sembra importante puntualizzare che, mentre l’uso dell’elisione riguarda una singola ed unica parola: talian, conomica ecc., l’apostrofo, invece, si usa solamente con l’incontro di due parole, una delle quali va modificata: n’àsola, n’ànema ecc. La sparizione di un qualcosa, a motivo del troncamento: pa i, ecc., è segnalata, anch’essa, dal medesimo ‘poliedricopiccolo segno ( ), che, ripeto, è valevole per l’apostrofo, per l’elisione e per il troncamrento.


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Mi sembra utile, inoltre, segnalare che questo versatile segno grafico ( ), se usato in coppia ( ‘.....’ ), serve per introdurre una frase o per riportare una parola bla, bla, bla oppure bla.

No xe ca vojo far elfrancese’ e puntarme sul puntin de la vocale i, parò, visti i tanti scriti, scriti sbalià, mi sembra conveniente richiamare il ‘pigroscrittore usufruente del computer. Non si scrive: ndà, talian, nemo ecc., ma si scrive: ndà, talian, nemo ecc., strucando do volte l’istesso boton del ( ‘/ ’ ) e, dopo, tornando indrìo par scancelar el primo segneto ( ) sbalià, parché roverso.

 

SPECIFICAZIONE DELL’APOSTROFO

L’apostrofo ( ), come suddetto, lo troviamo quando usiamo due termini: nànema, nàsola ecc.  Questo piccolo segno convenzionale, a secoda del suo uso, è dettoapostrofo’, in altre occasioni, è dettoelisione’ e, alle volte, serve per segnalare il ‘troncamento’ di un termine. Tale piccolo, ma importante segno grafico, essendo plurivalente, può creare delle confusioni. Basta, però, un po’ d’attenzione e di ragionamento logico e tutto diventa chiaro.

 

IL ‘MIO’ USO DELL’ELISIONE E DELL’ACCENTO (chiarisco, ma non impongo)

Nei miei scritti, [per indicare la caduta di una vocale mediante il piccolo segno grafico ( ) ], preferisco usare più l’accento che l’elisione perché mi sembra che, talvolta, l’elisione fomenti inutili problematiche. Per tale motivo, di solito, tralascio di apporre l’elisione, oppure, riporto i termini con l’accento o per esteso augurandomi, in tal modo, di interpretare meglio la parlata la quale ha, di fatto, già attuato l’elisione (Candiago-Romanato, pag. 9).  Es.: Jeri a andà, (ndà) a spasso; - conòmica (conòmica); - vanti (vanti); - talian (talian); - (so’, son) (verbo èssare) ecc.

 

IL TRONCAMENTO

Il troncamento è un piccolo segno grafico ( ’ ) che indica la caduta di una vocale o di una consonante o di una sillaba, sia essa iniziale o finale di una parola. Esso, normalmente non viene riportato.


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Es.: bel (belo), quel (quelo), dotor (dotore); altre volte è riportato co, de’ ecc. La prep. par (it. = per), volendo, può subire troncamento. Es.: El xe senpre in giro pa l mondo. = È sempre in giro per il mondo. Attenzione, è esatto scrivere pal (elisione preceduta da piccolo spazio); è sbagliato scrivere pal (senza lo spazio). Tonio el stà in giro pai canpi. = Antonio sta nei campi. ecc. 

 

ANNOTAZIONI INERENTI

 - Non si apostrofano mai i maschili con l’art. ind. (un amico = on amico / un orologio = on orolojo / un uccello = on osèlo). Vanno, invece, apostrofati i femminili con l’art. ind. (un'amica = n’amica / un'anima = n’ànema / un’altra= n’altra). Non è grammaticalmente esatto riportare un altro (it.), in n’altro (dial.). Infatti, l’art. ind. uno = un o on, non si può apostrofare dal momento che nulla ha da apostrofare, in finale. È esatto scrivere: un (on) altro oppure naltro oppure  ’n altro, ma non n’altro (salvo che non si specifichi che trattasi di una regolainappellabile’ ed ‘inequivocabile’ di una ‘anomalia grammaticale’e ‘concessa’ per ‘abitudine acquisita’ o ‘altra valida motivazione’). Qualche es.: Un (on) àlbaro, un (on) omo, un (on) orco, un (on) osèlo ecc. Sono più che cconvinto che il ‘dialetto veneto’, ha, in sé e per sé, la propria dignità di ‘lingua’, ma è indispensabile che, tale ‘rango’, sia confermato da uno scrivere grammaticalmente ed ortograficamente inequivoco ed univoco!

- Anche per l’art. ind. una = na, essendo una parola completa in sé, derivante dalla riduzione dell’indefinito latino unam > na (e non dall’italiano una), non abbisogna d’essere apostrofata anteriormente. È giusto, comunque, scrivere na. Davanti a parola iniziante per vocale, nasolitamente’ non perde la sua a finale. Qualche es.: na àlbara, na erba, na òca, ecc. Eccezione. Na, davanti all’indefinito altra, preferisce l’apostrofo. Es.: El xe vegnù a catarme n’altra  volta. = È venuto a trovarmi un’altra volta.

- Non è esatto scrivere nol, come se fosse un unico termine. Infatti, trattandosi di due termini distinti, vanno tradotti in no el (due parole distinte, scritte per esteso) oppure no ’l (due parole riportate con l’elisione, preceduta da piccolo spazio). Inoltre, è


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errato scrivere no’l (perché, il piccolo segno grafico, senza lo spazio, diventa un vero apostrofo e che cosa apostrofa se non c’è nulla da apostrofare?) È evidente che si tratta di due voci distinte, una congiunzione negativa (non = no) ed un pronome personale (egli = el). Sono due termini (in lingua italiana) e due termini devono restare (in ‘dialetto veneto’! E’ esatto scrivere: Tonio no el (no ’l) vol studiare. = Antonio non vuole studiare. E’ errato scrivere: Tonio nol (no’l) vol studiare. (infatti, due termini indipendenti, non possono mai diventare un unico termine e l’apostrofo non può fondere due termini di natura diversa). (Volendo calcolare: una ciliegia + una fragola + una banana, (se vengono sommate), danno e daranno sempre: una ciliegia + una fragola + una banana. Se si fondono, ne esce un gustoso frullato di frutta, ma la ciliegia, la fragola e la banana, hanno perso la loro ‘personalità’!).

- È errato scrivere parl, (il piccolo segno grafico, così presentato è né apostrofo, né elisione, ma solo on scaraboceto), invece, è esatto scrivere par el (per esteso) o pal (troncamento).

[Suddetti ragionamenti valgono per n’altro, per nol / no’l / che’l e per parl]. (vedi paradigma)

 

On nostro vecio proverbio el consilia: ‘Pati ciari, amicissia longa!’ (Patti chiari, amicizia lunga!) e, on altro, el dise: ‘Xe difìssile sbrojar la matassa, se no se cata el cao’! difficoltoso sbrogliare la matassa, se non si trova l’nizio!). 

 

Detto latino: Diem perdidi. (Svetonio, Vita di Tito, 8). = A go perso on . = Ho perso un giorno.

 

Zonta = aggiunta. Sta frase del stòrico Svetonio, la conta che l’inperatore Tito, rivà sera, se no ’l gavéa fato calcossa de bon, el se bravava co sto dito. = Questa frase dello storico Svetonio, racconta che l’imperatore Tito, alla fine di un giorno nel quale riteneva di non avere realizzato un qualcosa di buono, si rimproverava con questa espressione

 

 




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