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UN COMBATTIMENTO
TERRIBILE
Quando il
Corsaro ed i suoi due compagni salirono in coperta, la corvetta aveva già
cambiato rotta per riprendere la sua corsa verso le coste americane. Il vento,
che accennava ad aumentare, ve la spingeva con una velocità di otto o nove nodi
all'ora.
L'equipaggio,
era tutto in coperta e discuteva animatamente.
Il Corsaro
montò sul ponte di comando, prese il cannocchiale ed esplorò attentamente in
tutte le direzioni.
- Nulla - disse
a Howard ed al colonnello. - Eppure è stato un colpo di cannone. Testa di
Pietra! - chiamò.
Il bretone, che
stava discutendo animatamente con Piccolo Flocco, il suo inseparabile compagno,
fu pronto ad accorrere. I suoi piedi da pachiderma erano diventati leggeri come
quelli d'una gazzella.
- Hai udito
quel colpo lontano? - gli chiese il Corsaro.
- Il mio
orecchio si è conservato ottimamente, sebbene ne abbia uditi frastuoni di quei
mostri di bronzo!
- Non può
essere stato un colpo di tuono?
- Ma no, sir
William. Non vi è una nube in nessun luogo.
- Che cosa ne
pensi?
- Dico,
capitano, che siamo sorvegliati.
- Dalle due
navi d'alto bordo, vero?
- Si, e
scommetterei nuovamente la mia pipa che le rivedremo ben presto. Fortunatamente
il vento aumenta e la corvetta, quando è battuta, può lasciarsi indietro anche
le fregate. Vi pare, sir William?
Il Corsaro non
rispose. Passeggiava sul ponte, a testa bassa, con le mani affondate nelle
tasche. Pareva che borbottasse qualche cosa.
Ad un tratto si
fermò e, guardando fisso il bretone, il quale stava caricando tranquillamente
la famosa pipa, gli disse:
- Che tutti gli
uomini si tengano pronti ad occupare i posti di combattimento.
- E gli
americani?
- Ammassali sul
castello di prora, dietro i due pezzi da caccia. Sono valenti archibugieri e
colle loro lunghe carabine spazzeranno per bene i ponti delle due navi inglesi.
Non sempre si può aver fortuna, ma confido nel valore del mio equipaggio e
nella velocità del mio Tuonante. Tu, che sei il miglior artigliere, mira
coi cannoni da caccia gli alberi di quelle tartarughe. Giù cinque o sei vele, e
non avremo più da temere.
- Per il borgo
di Batz! mi metterò un paio d'occhiali sul naso per vederci meglio, e che Dio
mi danni se non abbatterò un paio d'ali a quelle corridore dell'oceano.
- Conto su di
te.
- E scommetto
la mia pipa che...
- Vattene, al
diavolo, insieme a quel puzzolente ricordo di famiglia.
Testa di Pietra
rispose con una risata, discese la scala, batté l'acciarino ed accese il
vecchio ricordo facendolo funzionare a tutta lena.
Howard, un
luogotenente ammirabile, era sceso in coperta disponendo gli uomini per la
battaglia che si annunciava imminente.
Nessuna vela si
mostrava all'orizzonte, ma tutti sentivano il pericolo e si preparavano
animosamente a respingerlo.
La giornata
trascorse senza che Piccolo Flocco, sempre in alto sulle crocette della
maestra, avesse annunciato nulla di nuovo. L'orizzonte era limpido, e la brezza
aumentava sempre col calare del sole. La corvetta filava meravigliosamente, con
tutte le sue vele al vento, compresi gli scopamari, i coltellacci e i
coltellaccini. Sir William non aveva abbandonato il ponte di comando un solo
istante. Spiava attentamente il nemico, che navigava certamente di là dalla
linea visiva dell'orizzonte.
Al cadere del
sole la brezza si era tramutata in un vento così forte, che il Corsaro era
stato costretto a far ritirare gli scopamari e i coltellacci e raccogliere i
pappafichi ed i contrapappafichi
Anche
l'Atlantico era diventato irrequieto. Le onde si alzavano a poco a poco e si
distendevano, rumoreggiando e rompendosi fragorosamente contro la poppa.
Alle nove una
profonda oscurità avvolgeva mare e cielo. Solo poche meduse, naviganti quasi a
fior d'acqua e che si lasciavano trasportare dal Gulf Stream, scintillavano
come globi elettrici. Tutti erano ai loro posti, pronti a impegnare
risolutamente la lotta e tutti sentivano ormai il nemico che cercava di
sorprendere la corvetta. Sir William era sempre sul ponte a fianco di Howard.
Aveva riacquistato il suo sangue freddo e pareva che, per un momento, avesse
dimenticato Mary di Wentwort ed il marchese d'Halifax. Il suo sguardo solo era
irrequieto e spaziava continuamente sull'orizzonte ormai tenebroso. Una altra
ora era trascorsa, quando la voce di Piccolo Flocco, il quale non viveva che
fra le coffe e le crocette, gridò:
- Badate!...
Corriamo fra due ombre! Sono le navi d'alto bordo!
Dopo un breve
silenzio, il Corsaro interrogò:
- A dritta
l'una ed a sinistra l'altra?
- Si, capitano.
- Per San
Patrick, - esclamò sir William, - Che occhi hanno i due comandanti inglesi!
Come hanno fatto a scoprirci con questa oscurità? Ah! ci vogliono prendere? La
vedremo, signori miei! - Poi, alzando la voce gridò:
- Dieci uomini
nella stiva a guardia degli stoppacci. Se ci foreranno, chiudere subito le
ferite.
Si volse verso
il luogotenente:
- Vi affido il
servizio dei pezzi del cassero. Per quelli del castello ci penserà Testa di
Pietra.
In quel momento
un lampo ruppe la profonda oscurità a meno di sei gomere da sinistra, seguito
da un rombo non intimavano più il «ferma» con un colpo in bianco, bensì con una
palla di cannone e probabilmente di buon calibro.
Il Corsaro si
era curvato tendendo l'orecchio.
Si udì come un
laceramento.
- Strappo alla
gabbia di trinchetto - disse. - Che pessimi artiglieri! Ci volevano due palle
incatenate, miei cari, per prendere in mezzo l'albero.
Fra il silenzio
che regnava sulla corvetta, si udì la voce del luogotenente prima e poi quella
di Testa di Pietra.
- Dobbiamo
rispondere.
- No - rispose
sir William, il quale aveva imboccato il portavoce. - Non c'è premura.
Timonieri!
- Signore!
- Poggia sempre
al nord. Vedi quell'ombra enorme?
- Sì, capitano.
- Attacca su quella.
Pronti i gabbieri! Fuori i grappini d'abbordaggio!
Un altro lampo
balenò e questa volta a dritta, alla medesima distanza, ed un altro proiettile
fischiò sulla coperta della corvetta, colpendo la testa di un gabbiere che
stava salendo le griselle di trinchetto con un carico di grappini
d'abbordaggio. Il disgraziato non ebbe nemmeno il tempo di mandare un ah! e
precipitò in mare.
- Per San
Patrik! - esclamò il Corsaro. - Si massacra la mia gente! Ecco il buon momento
per passare a colpi di bordate.
Imboccò di
nuovo il portavoce e gridò con voce tonante:
- Non vi
trattengo più, ragazzi! Coprite le inglesi di ferro e di piombo!
La corvetta
che, più rapida delle due pesantissime navi d'alto bordo ed infinitamente più
maneggevole, stava per oltrepassare le due poderose avversarie, si coprì di
fiamma e di fumo.
Sparavano le
batterie di dritta e di sinistra ed i quattro grossi pezzi da caccia. Appena
cessato quel frastuono, seguì una terribile scarica di moschetteria. I
cinquanta americani della giunca, ammassati sul castello di prora saettavano
con una tempesta di palle le due navi inglesi, spazzandone gli altissimi ponti.
Le due navi
d'alto bordo non indugiarono a rispondere.
Quella che si
trovava sopravvento fu la prima a scatenare tutti i suoi pezzi di dritta; ma
sia che in quel momento gli artiglieri si fossero ingannati sulla velocità
della corvetta, o che qualche improvvisa ondata avesse fatto perdere loro le
mire, la bordata passò a venti passi dalla poppa della fuggitiva senza recarle
nessun danno.
L'altra però,
che si trovava a miglior portata, essendo più avanti, fu pronta ad imitare la
consorella. Un uragano di ferro e di ghisa passò sulla tolda della corvetta,
massacrando o storpiando una diecina d'uomini.
Una palla passò
vicinissima al viso del Corsaro, mozzandogli per un istante il respiro.
L'alberatura per altro non aveva subito danno alcuno, sicché la nave aveva
potuto continuare la sua velocissima marcia.
- Per San
Patrick! - esclamò il Corsaro. - Tirano come novizi! Signor Howard! Testa di
Pietra! Sotto, a palle incatenate!
Per la seconda
volta la corvetta si coprì di fuoco e di fumo.
Per cinque o
sei minuti un frastuono orrendo coprì i muggiti delle onde. Le tre navi si
scambiavano, incessantemente, palle incatenate, bordate di mitraglia, nembi di
piombo, sparati però alla cieca, poiché la notte era oscurissima e la corvetta
filava rapida, cambiando spesso di rotta con brevi bordate, per far perdere
agli avversari il punto di mira.
I ventotto
pezzi della corvetta, manovrati da abili artiglieri che stavano fermi dietro ai
sabordi, tiravano meravigliosamente, aspettando il momento opportuno per
tempestare le navi nemiche. Alternavano palle e mitraglia, fracassando pennoni
e rompendo manovre; ma forse il maggior danno lo recavano i cinquanta americani.
Dietro le murate del castello di prora sparavano senza posa colle loro lunghe e
pesanti carabine colpendo, ad ogni scarica, con precisione incredibile.
Già la corvetta
si credeva fuori di portata delle artiglierie avversarie, quando il treponti
che veleggiava sottovento, con una manovra rapidissima le attraversò il passo.
Sir William
soffocò una bestemmia, poi imboccò il portavoce e gridò:
- Timone
all'orza!... Cazza la randa! Contrabbraccio a sinistra! Pronti per
l'abbordaggio! Tuoni per San Patrik! Prenderemo il treponti, se non lo caleremo
a fondo. Testa di Pietra! Signor Howard! Palle incatenate dentro l'alberatura.
Rasatemi quel colosso come una ciabatta.
La risposta fu
pronta. La corvetta virò sulla sinistra e scaricò i suoi dodici pezzi contro i
treponti, poi virò sulla dritta e sparò una fianconata terribile. Nel medesimo
istante i quattro pezzi da caccia scagliavano le loro palle incatenate
attraverso l'alberatura dell'avversario.
Fra il tuonare
delle artiglierie si udì un crac secco, poi una voce alzarsi sul castello di
prora.
- Per il borgo
di Batz! L'ho preso il volteggiatore maledetto. Era tempo! La catena ha segato
o tagliato la maestra. Ala ferita non vola! Ci corra dietro, l'uccellaccio!
Un urrà
fragoroso salutò quel colpo maestro del vecchio.
-
All'abbordaggio! All'abbordaggio! - urlano centocinquanta e più voci.
Il treponti si
è inclinato sulla dritta, oppresso dal peso dell'altissimo albero che, troncato
quasi alla base da due palle incatenate, bagna il suo mostravento in acqua.
La gran nave è
immobile. Non può più bordare e si presenta magnificamente per una grande
bordata. Fra le urla della ciurma e degli americani che domandano di correre
all'abbordaggio, la voce metallica del Corsaro si fa udire:
- Fuoco di
bordate e filate all'ovest! Passiamo!
La corvetta,
abilmente guidata, sfugge ancora una volta alla fiancata del secondo treponti
che giunge troppo in ritardo, scaglia quattordici palle nel ventre della
immobilizzata e con una magnifica bordata sfugge alla stretta, scaricando i
suoi due pezzi da caccia di poppa, carichi a mitraglia. Qualche palla passa,
ronzando sordamente, attraverso alla sua attrezzatura, ma ormai è troppo tardi.
Fugge con pieno vento in poppa, ridendosi ormai del fuoco di quei centoventi
pezzi.
Howard continua
a sparare i due pezzi da caccia poppieri, per proteggere la ritirata. Testa di
Pietra invece ha fatto gettare in mare i morti, trasportare i feriti
all'infermeria, poi ha caricato tranquillamente la sua pipa, l'ha accesa ed è
salito sul ponte di comando, dicendo al Corsaro:
- È finita.
Gliel'abbiamo fatta a quei signori dalle giacche rosse e dalle calottine
minuscole... La rotta capitano?
- Diritti su
Boston - rispose William. - Quanti morti?
- Ne ho fatti
gettare quattordici nella grande tazza - rispose il bretone con un sospiro.
- E feriti?
- Ve ne sono
sette all'infermeria e disgraziatamente uno rimarrà storpio per tutta la sua
vita.
- Mille
sterline a sua disposizione.
- Per il borgo
di Batz! Mi sarei lasciato portare via anch'io una gamba per guadagnare una tal
somma. Anche zoppo avrei potuto comprarmi una grossa barca da pesca e guidarla
attraverso la Manica.
- Fa' sfondare
quattro barilotti di rhum, e dà da bere ai miei bravi. Bada che non si
ubriachino. Boston non è lontana e chissà che cosa ci attende dinanzi alla sua
baia. Non sarà facile forzare il blocco; tuttavia non dispero.
Le cannonate
erano cessate e le due navi di alto bordo erano scomparse nel tenebroso
orizzonte. Solamente il vento sibilava attraverso l'attrezzatura.
E la corvetta
filava sull'Atlantico colla prora verso la costa americana
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