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NELLA
CAMERA DELLA MINA
Quel
passaggio,era stato aperto con incredibili fatiche; ma essendo scavato nella
massa rocciosa, era perfettamente asciutto, sicché i tre Corsari potevano
sperare di entrare in Boston con abiti in buono stato.
- Non potevano
allargarlo un po' di più quei maldestri minatori? Corro il pericolo di rompere
la mia preziosa pipa - disse Testa di Pietra.
- Mettila in
bocca, - disse il baronetto, che era in testa, tenendo l'occhio di bue.
- Forse sarà meglio.
Sono troppo grosso per questa strettoia e non potrò avanzare che con grande
fatica e rimettendoci un po' della mia vecchia pelle.
- Da un po'
della tua carne a me, Testa di Pietra, - disse Piccolo Flocco.
- La carne dei
vecchi bretoni di Batz non si vende nemmeno a prezzo d'oro, ricorrdatelo,
piccolo squalo d'acqua dolce.
- Ah, non
d'acqua dolce! - protestò il giovane gabbiere.
- Se ti ho
offeso, sfidami ad una partita d'armi e vedrai come ci batteremo bene in questa
strettoia.
- Avrei subito
la peggio io, perché i tuoi stivali toccano la mia faccia e me la romperesti
facilmente.
- Allora
lasciami dire.
- Là,
chiacchieroni! - esclamò il Corsaro, il quale però si divertiva a quelle
dispute, che scoppiavano ogni dieci minuti fra quei due bei tipi che si amavano
come padre e figlio - Procurate invece di far presto.
- Si fa presto
a dirlo, capitano, - disse Testa di Pietra - ma non è facile obbedire, almeno
per me. Gli americani non hanno certamente pensato che i bretoni di Batz sono i
più grossi uomini della Francia settentrionale.
- Ed anche i
più belli, - soggiunse Piccolo Flocco, sorridendo
- Tacete,
pappagalli! Vi sono gl'inglesi lassù, - il disse il Corsaro.
- Hanno gli
orecchi duri quei beoni di gin e di brandy - borbottò il
bretone. - E poi chi sa per quanto ne avremo ancora!
Il passaggio
saliva, ma dappertutto era sempre così stretto che, se i tre uomini avessero
voluto allungare un braccio per estrarre la spada o le sciabole non avrebbero
potuto farlo. Contorcendosi come serpenti, i tre corsari continuavano a
risalire quell'interminabile budello aperto nell'enorme massa rocciosa. Di
tratto in tratto si fermavano per immagazzinare un po' d'aria. Più avanzavano e
più l'atmosfera si faceva pesante, opprimente: i loro corpi erano inondati di
sudore.
Avevano già
percorso più di duecento metri, quando il Corsaro si fermò, mandando un
profondo sospiro e deponendo dinanzi a sé l'occhio di bue. Le sue orecchie
fischiavano, gli occhi si velavano, le forze gli venivano rapidamente meno. I
suoi due compagni non si trovavano in migliori condizioni. L'ossigeno veniva
meno e la sua mancanza atterriva quei tre valorosi che non avevano mai avuto
paura.
- Capitano, -
disse il bretone con voce fioca - mi sento soffocare.
- Ed io non
meno di te - rispose il Corsaro con voce affannosa.
- Morremo qui
dentro come topi dentro una fogna! Se tornassimo indietro?...
- Bisognerebbe
prima raggiungere la camera della mina per poterci voltare; e poi voglio
entrare in Boston prima che sorga l'alba, accada quel che accada.
- Per il borgo
di Batz! Che polmoni avevano i minatori che hanno aperto questo passaggio?
- Quelli dei
pulcini - disse Piccolo Flocco, il quale pareva non si trovasse troppo a
disagio.
- Respiri?
- Mi pare.
- Sfido io! Hai
i polmoni d'un tisicuzzo, mentre io ed il comandante li abbiamo tanto larghi da
regalarne anche ai gatti. Si va, sir William?
Il baronetto,
invece di rispondere, aveva prontamente spento l'occhio di bue.
- Buona notte,
- disse Piccolo Flocco.
- Che cosa
avete fatto, comandante? - chiese. Testa di Pietra. Non ci vedo più.
- Guarda
dinanzi a te.
- È
impossibile: ho voi dinanzi.
- Qualcuno
avanza verso di noi con una lanterna.
- Corpo d'una
granata! Chi è?
- Non mi ha
ancora detto il suo nome e non ho ancora potuto vederlo, ma è facile indovinare
chi può essere.
- Per il borgo
di Batz! Che gl'inglesi abbiano scoperto questo passaggio?
- Allora siamo
fritti! Andare indietro, stretti come siamo, non è possibile.
- E perciò
andremo innanzi - rispose il Corsaro.
- Che terribile
incontro! E non poter menar le mani! Corpo d'una fregata, chi vuol comperare la
mia pelle, per un luigi gliela dò.
- La prendo io,
- disse Piccolo Flocco.
- Dammi subito
il luigi: morirò almeno con venti franchi in tasca.
- Quando saremo
ritornati a bordo della corvetta, perché qui non l'ho. E poi se anche l'avessi,
sono talmente imprigionato fra queste dannate pietre, che non potrei mettere
una mano in tasca.
- Ah! tu speri
di rivedere il Tuonante?
- Certo.
- Hai ragione.
Non cedo più la mia pelle nemmeno per mille luigi.
- Zitti! -
comandò in quel momento il Corsaro.
- È proprio
vero che un uomo avanza? - chiese invece Testa di Pietra.
- Sì.
- Che cosa ne
faremo di quello stupido? Se lo uccidete con un colpo di pistola, ingombrerà il
passaggio e saremo costretti, se riusciremo, a tornare indietro.
- Lo so.
- Che cosa
decidete, capitano?
Il Corsaro,
invece di rispondere, dopo non pochi sforzi riuscì a togliersi dalla cintura
una pistola a due canne.
- Aspettiamo -
disse poi. - Sarà un incontro emozionante. Non parlate, e, se potete, armate
anche voi qualche pistola e fate fuoco rasente al mio corpo.
- Non oserò
mai! - affermò Testa di Pietra. - Non vorrei uccidere il mio comandante che
adoro più della punta del campanile di Batz.
- Vattene
all'inferno! - rispose il Corsaro ridendo. - Sbrigherò la faccenda da solo.
La lampada
intanto avanzava dondolando e mandando sprazzi di luce rossastra.
Il Corsaro,
sdraiato, colla pistola impugnata, attendeva senza sapere che cosa avrebbe
potuto fare, poiché anche uccidendo il suo avversario, la galleria sarebbe
stata irrimediabilmente ostruita. Doveva avere nervi ben saldi il giovane
baronetto per attendere, tranquillo, almeno in apparenza quel terribile
incontro.
La lanterna
avanzava sempre a piccole scosse e finalmente una testa si delineò a tre passi
dal Corsaro, una testa dai capelli arruffati ed una faccia rossa come quella
d'un ubriacone impenitente, con due occhi resi febbrili probabilmente dalla
scarsità dell'ossigeno.
Lo sconosciuto,
accortosi di aver dinanzi un uomo, si era fermato alzando un po' la lampada,
poi aveva mandato un urlo rauco.
- Ah, cane! Ci
sono caduto! Sono uno stupido.
- Che cosa dite
mister? - chiese il Corsaro gentilmente.
Che sono stato
un vero stupido - rispose lo sconosciuto. - Noi irlandesi siamo fanciulloni, e null'altro.
- Tirate,
comandante, e mandate al diavolo quella testa rossa sussurrò il bretone.
Il Corsaro, che
non aveva nessuna intenzione d'ingombrare il passaggio, allungò la destra
armata della pistola a due colpi contro l'irlandese e disse:
- Vi potrei
uccidere come un cane, senza che voi potreste opporre alcuna difesa, perché il
passaggio è troppo stretto per venire ad un corpo a corpo. Volete trattare?
- Mondo cane!
- Lasciate le bestemmie o vi caccio in corpo due palle
che non vi leverà nemmeno il diavolo!
L'irlandese non
rispose. Col volto livido, convulso, gli occhi che lanciavano lampi sinistri,
stava zitto, sporgendo solamente innanzi la lanterna per osservare meglio il
suo avversario.
- Volete
trattare? - ripeté il Corsaro. - Tengo la vostra vita fra le mie mani. La
vostra testa non si trova che a due o tre passi e potrei farvela scoppiare come
una zucca.
- Se potessi
allungare una mano dietro di me, prenderei la pistola e vi fulminerei,
canaglia!
- Ma non sono
solo, amico, - rispose il Corsaro. - Due palle possono scivolare benissimo
sopra il corpo d'un morto e raggiungervi ancora.
- Quanti siete?
- Cento.
- Allora sono
un uomo morto.
- Al vostro
posto reciterei un De Profundis.
- Lo farei se
avessi una bottiglia di arrak da berci dietro - rispose
- Andrete a
farvela pagare da messer Diavolo.
- C'è tempo
ancora, poiché, se mi uccidete, non potete avanzare.
- Lo so, e
perciò vi offro di scendere a patti. Eh, là, badate, non cercate di allungare
la mano nella speranza di impugnare la pistola, perché lascio subito andare i
miei due colpi proprio dentro il vostro cranio.
L'irlandese
lanciò una bestemmia poi disse irato:
- Siete, per il
momento, il più forte e mi converrà cedere: che cosa volete.?
- Che
retrocediate fino alla camera della mina.
- Sarà una
faccenda un po' seria. Andare innanzi, meno male, ma indietro!
- Non abbiamo
nessuna fretta, - rispose il Corsaro. - Su tornate là donde siete venuto, se vi
preme la pelle.
- Vi ripeto che
mi sarà impossibile.
Sir William gli
strappò di mano la lampada, accese l'occhio di bue, sempre senza perdere di
vista l'irlandese, poi, appoggiandogli sulla fronte la canna della pistola,
disse con voce minacciosa:
- O
retrocedi, o ti faccio saltare le cervella.
Il soldato capì
che ormai non era più possibile insistere e, con un sforzo fece la sua prima
mossa indietro, accompagnato da una lunga sequela di bestemmie.
- Vedi che
puoi? - disse il Corsaro.
- Ma giungerò
lassù colle reni fracassate, - rispose l'irlandese.
- Su, indietro!
- Corpo d'una
granata! - gridò Testa di Pietra, che cominciava a perdere la pazienza. -
Piantategli due pugni sul muso, mio comandante, se si ostina a non retrocedere.
Vuol farci crepare asfissiati? Io non ne posso più.
- Indietro
canaglia! - gli ripeté il Corsaro.
L'irlandese
riprese a indietreggiare, dimenandosi disperatamente, soffiando e sbuffando. Il
disgraziato, che si vedeva sempre dinanzi agli occhi la pistola del Corsaro,
faceva sforzi disperati per riguadagnare la camera della mina che doveva trovarsi
sotto le casematte del bastione.
Trascorsero più
di cinque minuti, lunghi come cinque secoli; poi l'irlandese cominciò a
muoversi meglio. Aveva raggiunto la bocca della camera da mina.
Il Corsaro
accortosi che indietreggiava più liberamente gli si strinse addosso,
dicendogli:
- Non ti
alzerai se non quando te lo dirò, né muoverai le braccia all'indietro. Non
voglio sgradite sorprese. Bada che alla prima mossa sospetta sparo!
- Vi prometto
di non tentare nulla contro di voi, - rispose l’irlandese.
- Non ti credo.
- Lo giuro su
San Patrick protettore dell'Irlanda.
- Ed anche sul
Papa! Voi irlandesi siete tutti papisti, è vero?
- Mettici
dunque dentro anche il Papa e finiscila! - urlò Testa di Pietra
- Avete udito che cosa dice il mio tenente che ha dietro
di sé cento uomini impazienti di uscire da questo strettoio? - disse il
Corsaro.
- Se volete
giuro anche sulla coda del diavolo.
- E sarà
meglio, - brontolò il bretone. - Sono più cristiano di quel bevitore d'arrak,
perché i nostri curati di Bretagna sono i nostri veri pastori. Si va? Giù un
buon pugno comandante.
Il
Corsaro non era affatto della sua opinione, ma spiava ogni mossa
dell'irlandese, pronto a bruciargli le cervella al minimo movimento sospetto.
Il soldato, con
un ultimo sforzo, si levò dalla strettoia di quell'interminabile corridoio e
con uno scatto improvviso si rizzò nella camera da mina, abbastanza vasta
perché un uomo potesse starvi ritto ed agire liberamente.
Sir William,
più lesto di uno pantera, lasciò andare l'occhio di bue, afferrandolo
strettamente per il collo.
- No, amico, -
gli disse - questi scherzi non sono tollerati dai corsari delle Bermude. Alza
le braccia o ti ammazzo.
L'irlandese,
mandando un ruggito, aveva tentato di liberarsi dalla stretta, ma il baronetto
aveva muscoli d'acciaio e lo teneva fermo.
Testa di Pietra
e Piccolo Flocco, usciti alla loro volta dalla strettoia, si erano scagliati
sul soldato. Il primo aveva alzato il suo pugno grosso come una, mazza da
fucina, domandando:
- Devo
accopparlo, comandante?
- Non ne vale
la pena - rispose il Corsaro. - È ormai perduto. Hai corde ed una sagola
incatramata?
- Si,
comandante.
- Legalo.
- E poi?
- Aspetta un
po'. Devo esaminare questa famosa camera da mina. Ah! non dimenticare
d'imbavagliarlo.
- Lasciate fare
a me.
Mentre il
Corsaro si cacciava in un altro passaggio molto più ampio del primo, il
bretone estrasse da una tasca un fazzoletto e Piccolo Flocco teneva
fermo l'irlandese, puntandogli una pistola sotto il mento.
- Signor arrak, - disse - permettete che vi chiuda
il becco per impedirvi di cantare. Oh, non temete. Vi lascerò libero il naso,
affinché possiate respirare.
Il soldato
rispose con un mugolio minaccioso, ma non osò muoversi.
Testa di
Pietra, il quale poteva finalmente, si affrettò a imbavagliare e poi legare per
bene il disgraziato contro la parete.
- Questo
pappagallo d'oltre oceano non canterà finché non gli leverò il mio velaccio.
Non ti sembra un vero salame, Piccolo Flocco, con quella giacca rossa e tutta
quella corda intorno?
- Peccato non
lo sia davvero! - rispose il giovane gabbiere. - Lo affetterei subito e ne
farei una buona scorpacciata.
- Se vuoi
provare i salami d'Irlanda, non sarò io ad oppormi.
- Mi prendi per
un antropofago?
- Uh! Ho
mangiato anch'io carne umana, su una zattera perduta in mezzo all'Atlantico
meridionale, e ti posso dire che non è poi tanto cattiva.
In
quell'istante rientrò sir William, che teneva in mano l'occhio di bue.
- Dunque,
capitano? - chiese il bretone.
- Fra cinque
minuti saremo dentro Boston e le casematte saranno saltate.
- Per il borgo
di Batz!
- Non abbiamo
da percorrere più di venticinque o trenta passi per giungere alle casematte. Là
dentro tutto è oscuro ed una delle pietre è stata spostata, probabilmente da
questo soldato.
- E la mina?
- Voltati, non
vedi?
Testa di Pietra
girò sui talloni e fissò i suoi sguardi sul raggio di luce che il Corsaro aveva
proiettato verso una della quattro pareti.
- Una miccia! -
esclamò.
- E dietro la
miccia sta la mina.
- E quegli
stupidi d'inglesi non l'hanno vuotata!
Forse non ne
hanno avuto il tempo. Tutto ieri hanno combattuto.
- È vero
comandante.
- Quanto credi
possa durare quella miccia?
- Dai tre ai
quattro minuti, - rispose il bretone, dopo di averla svolta.
- Abbiamo tempo
più che sufficiente per metterci in salvo - rispose il Corsaro.
- Non vi
saranno soldati nella casamatta?
- Ho udito
persone russare, ma devono essere tanto stanchi quelli che hanno preso parte al
combattimento, che non si sveglieranno nemmeno se cammineremo sopra di loro
- Umh! E di
questo pappagallo che cosa ne faremo?
- Lo lasceremo
qui a saltare insieme con la mina, - rispose freddamente sir William. - Se gli
concedessi la vita, ora che ci ha veduti in faccia, domani o posdomani potrebbe
incontrarci in una via qualunque di Boston, riconoscerci, farei arrestare e poi
impiccare. La guerra ha le sue crudeli necessità.
- Povero
diavolo! D'altronde è meglio che ci preceda lui all'altro mondo. Se lo
incontreremo, il più tardi possibile, gli faremo le nostre scuse.
- Da' fuoco e
seguimi subito.
Testa di Pietra
aperse l'occhio di bue che il Corsaro gli porgeva, diede fuoco alla miccia, poi
i tre uomini lasciarono precipitosamente la camera da mina, mentre l'irlandese
che vedeva approssimarsi la morte, mordeva rabbiosamente il fazzoletto che lo
imbagliava e si dimenava disperatamente, tentando di spezzare i legami.
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