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IL
CASTELLO D'OXFORD
Il taverniere
si era precipitato nella tenebrosa cantina, e poco dopo ritornava mostrando una
terza bottiglia coperta d'incrostazioni.
- Vino del
Reno! - esclamò. - È l'ultima!
- Quando si
dice aver fortuna! - disse Testa di Pietra. - Proprio, l'ultima doveva finire
dentro le nostre pance. Che ne dici, Piccolo Flocco?
- Sono
stupefatto - rispose il giovane gabbiere.
- Stura e
cambia tazza - comandò il lupo di mare.
Mastro Taverna
(dobbiamo chiamarlo così) fu lesto a obbedire, ed uno spruzzo andò in aria
gorgogliando giocondamente.
- Capperi!
Spuma! - esclamò il mastro
L'assaggiò
avidamente e subito batté sulla tavola un pugno così formidabile, che per poco
non fece saltare in aria la bottiglia di gin che non era ancora vuota.
- Ehi, diventi
pazzo davvero? - chiese il Corsaro.
- Corpo di
centomila saette! Aspetta un momento, Piccolo Flocco; assaggia.
- È pieno di
scorpioni anche questo? - chiese il gabbiere.
- Assaggia, ti dico.
Il gabbiere
bevve e poi scoppio in una clamorosa risata.
- Questo è il
vino che da noi si vende a quattro soldi al litro, prodotto dalle belle mele
della Normandia.
- Capitano,
date il vostro giudizio
- È sidro,
bretone - rispose sir William.
- Corpo...
della tua capigliatura da leone africano! - gridò Testa di Pietra, piantando i
suoi occhi minacciosi in quelli grossi del Taverniere.
- Mio signore,
che cosa ho fatto? che cosa è accaduto? - chiese il disgraziato.
- Da chi hai
comperato questo vino?
- Non lo so...
lo comprò mio padre.
- L'hanno
truffato indegnamente. Il tuo famoso vino del Reno non è altro che succo di
mele francesi, che in Bretagna si vende a due soldi la bottiglia. Altro che due
dollari!...
- Possibile?
- Te lo dico
io.
- Ed ora?
- Tuo padre era
un asino, grosso come la rupe del leone delle Bermude - disse Testa di Pietra.
- Era sempre
ubriaco - rispose candidamente il taverniere, con un lungo sospiro.
- Eh, tuo padre
non era nato per essere un buon taverniere!
- Un buon
bevitore sì, però - disse Piccolo Flocco.
- Ne ha dato
l'esempio, figliuol mio. Orsù, il vino del Reno non lo assaggerò mai: beviamo
questo sidro, che dopo non è cattivo e fingiamo di essere a Batz. Ma bada,
mastro Taverna, che non ti pago questa bottiglia più di cinque soldi, ed è
pagata bene. Se tuo padre è stato truffato non vogliamo esserlo noi.
- La regola,
miei gentlemen.
- Tu sei un
uomo onesto, - disse il lupo di mare - ed amo gli onesti; per ciò torneremo a
far visita, alla tua taverna.
- Mi terrò
molto onorato.
- Hai una
stanza da affittarci? - chiese in quel momento il Corsaro.
- Sì, mio gentleman.
- Con un paio
di letti
- Due, sì.
- Al sicuro
dalle bombe americane? - chiese Testa di Pietra.
- Finora non ne
sono cadute sul mio albergo.
Sir William si
era alzato ed aveva gettato sulla tavola una sterlina fiammante, dicendo:
- Non occorre
che ci dia il resto. Terrai la stanza per noi.
L'oste ebbe un
moto di stupore e di gioia.
- Piacciono le sterline
a mastro Taverna, eh? - disse il bretone ironicamente. - Risparmia i tuoi
inchini e i tuoi ringraziamenti. Ci rivedremo più presto di quello che credi,
ma ricordati di guardare prima dentro le tue bottiglie, perché non vi si
trovino scorpioni.
Sir William era
già sulla porta.
Le tenebre
fuggivano rapidissime, ed una luce rosea si diffondeva per il cielo. Il
bombardamento continuava vivissimo, e si potevano distinguere, fra tanti
scoppi, i colpi formidabili dei quattro grossi mortai della corvetta.
- Guidami al
castello - disse il Corsaro a Testa di Pietra.
- Sempre ai
vostri ordini, mio comandante.
Si posero in
cammino senza curarsi delle schegge di bombe che di quando in quando rotolavano
giù dai tetti.
Dieci minuti
dopo sbucavano in un'ampia via ingombra di soldati e di carriaggi carichi di
munizioni che venivano portate alle batterie dei bastioni.
Nessuno aveva
fatto loro caso, poiché in quei giorni gli ufficiali di marina ed i marinai
pullulavano in Boston, potendo ancora accedervi dalla parte della baia, se non
dalla parte di terra.
Testa di Pietra
si orientò rapidamente, riaccese la sua pipa e si rimise in cammino, guardando
in aria.
- Che cosa
cerchi nel cielo? - gli chiese Piccolo Flocco che gli camminava a fianco.
- La torre del
castello.
- Ah, c'è una
torre?
- In pessimo
stato; tanto che gl'Inglesi non hanno osato di collocare dietro i suoi merli
nemmeno un pezzo di medio calibro; infatti in quella direzione non odo nessun
colpo.
Percorsero
parecchie altre vie e finalmente si trovarono presso i bastioni settentrionali,
dove s'alzava una costruzione piuttosto informe, che aveva un po' del castello
e un po' della fortezza, e che si appoggiava da un lato ad una torre
pentagonale alta una ventina di metri e tutta traforata da ferritoie e da cannoniere.
- Ecco il
castello d'Oxford! - disse Testa di Pietra fermandosi. - Dobbiamo attaccarlo
subito, mio comandante.?
Il Corsaro si
era messo ad osservare il castello passeggiando sotto la torre, come se avesse
intuito che Mary di Wentwort si trovasse imprigionata lassù.
- Testa dì
Pietra, - disse ad un tratto - dovresti portare un soldato del castello a bere...
- Da mastro
Taverna? Subito fatto, mio comandante, - rispose il bretone. - La gente di
terra e quella di mare fraternizzano facilmente, soprattutto quando è la gente
di mare che paga.
- Prendimene
dunque uno, e portalo pure da mastro Taverna.
- A fare
colazione?
- Anche due
pranzi se vuoi: prendi quattro sterline.
- Scusate, mio
comandante, ma sono ben provvisto.
- Metti in
tasca e chiudi il becco.
- Se questo è
l'ordine, obbedisco - rispose il bretone allungando una mano. - Prendere un
soldato! Gran che per un marinaio, che è sempre pronto a montare
all'abbordaggio! Si lanciano i grappini, si piglia al volo, e si porta via come
un pezzo di paterazzo. Lasciate fare a me, sir William. Tu, Piccolo Flocco,
gira di bordo, e viene a raggiungermi più tardi con un'altra bordata di
sopravvento.
- Ho capito -
rispose il giovane gabbiere.
- Sii pronto a
ordinare una buona colazione da quell'imbecille che ha gli occhi di bue.
- Capito,
comandante.
- Come,
comandante?
- Per tutti i
merli della Bretagna! comandi come un ammiraglio.
- Fa lo stesso.
Andiamo alla pesca. L'amo sarà dolcissimo.
- Con bottiglie
ed una colazione sulla punta - disse Piccolo Flocco
- Che assaggerai
anche tu, briccone.
- Certo.
Testa di Pietra
ricaricò la sua veneranda pipa sprofondò le mani nelle tasche, e andò a
passeggiare dinanzi al ponte levatoio del castello, mentre sir William e
Piccolo Flocco si aggiravano nei dintorni della torre.
Proprio in quel
momento un caporale del 5° Reggimento Assiano attraversava il ponte, portando
un piccolo sacco di tela.
Testa di
Pietra, che fingeva di guardare in alto, lo urtò in così malo modo, da
spingerlo contro il parapetto.
- Herr gott!
- esclamò il tedesco.
- Dite? -
chiese Testa di Pietra, lanciandogli in faccia una boccata di fumo.
- Siete
ubriaco?
- La marina
ubriaca? Eh, mio caro, un marinaio vuota la stiva d'un bastimento pieno di gin,
e poi sale ancora fino ai contrapappafichi.
L'assiano lo guardò
con una certo stupore.
- Volete
provarmi? - chiese il bretone. - Sarò io che farò le spese della bevuta.
- Herr gott!
volete pagare?
- La marina è
sempre stata più ricca dei soldati di terra.
- Tu, camerata,
pagare da pere a me?
- Sì, camerata.
- Ma tu non
essere tedesco.
- Sono un
prossimo parente dei Tedeschi, quindi posso permettermi il lusso d'offrirti da
bere. Non è vero, mio buon fratello?
- Ja, ja: puon
fratello. Dove condurmi?
- Come? non
conosci mastro Taverna, quello che ha per insegna trenta corna?
- Trenta
corna?...
- Di bisonte.
- Ah, ja,
ja.. Corna!
- Vieni,
camerata.
Testa di Pietra
gli gettò in viso un'altra boccata di fumo che non fece affatto arricciare il
naso al tedesco; lo prese sotto il braccio dicendo:
- Cadano pure
le bombe di quei birbanti americani; li sfido a fracassare le nostre bottiglie!
È vero, camerata?
- Ja, Ja!
- Benissimo:
che cos'hai in quel sacco?
- Cantele di
sego.
- Da portare a
qualche ridotto?
Il tedesco lo
guardò con stupore.
- Alle batterie?
- aggiunse Testa di Pietra.
- No, alle
cucine.
- Per far luce?
- No; nella
minestra. Cacciarle dentro, si sciolgono ed il brodo diventare
meravigliosamente custoso.
- Gustoso, vuol
dire, diavolo! Minestra al brodo di candele di sego... Dev'essere squisita.
- Mai
assaggiata, fratello?
- Mai - rispose
seriamente il bretone. - A bordo delle nostre navi, quando la carne manca,
gettiamo nelle pentole merluzzo e topi; e che brodo fanno, fratello...! ti
chiami?
- Hulrik.
- Benissimo,
camerata.
- Tu voler
provare mie cantele, fratello? Io regalare a te mezza dozzina.
- Ma che!
Abbiamo tanti topi a bordo per rinforzare il nostro brodaccio!
- Marinai
sempre allegri. Puoni fratelli.
- Padre, -
disse il bretone. - Sono vecchio tanto da poter essere tuo padre. A giudicare a
colpo d'occhio, non puoi avere più di ventiquattro anni.
- Venticinque.
- Ne ho quasi
cinquanta, quindi posso chiamarti figliuolo.
- Ja, ja.
Io tuo pon figliolo.
- Ti piacciono
i salsicciotti affumicati?
- Ponissimi con
la pirra.
- Niente pirra
- disse Testa di Pietra. - Berremo buon vino scorpionato.
- Scorpionato?
Cosa essere?
- Una
specialità di mastro Taverna.
- Penissimo.
- Vieni,
figliuolo.
- E tu pacare?
- Io
pagare tutto.
- Perché io non
avere ricevuto ancora paca.
- Dio mio come parlate
male! Mi sembra di udire ranocchi in amore.
Il soldato
scoppiò in una risata.
- Mio padre
sempre allegro.
- Sempre - rispose il bretone. - Affrettiamoci, e
non pensare alle tue candele. I tuoi camerati per oggi ne faranno senza; e poi
è male ingrassar troppo.
- Ja, ja,
pon padre.
Testa di
Pietra, seguito a breve distanza da sir William e da Piccolo Flocco, rifece la
strada percorsa mezz'ora prima, e rientrò nell'albergo delle Trenta corna di
bisonte.
Il taverniere,
che stava risciacquando bicchieri e bottiglie, nel vederlo, spalancò le braccia
e lasciò cadere a terra quanto aveva in mano.
- Che cosa
significa questo fracasso, mastro Taverna? - chiese il bretone severamente. - È
caduta una bomba sulla tua casa?
- Voi, signore?
- Non ti avevo
detto che sarei ritornato? Avresti salciciotti affumicati e formaggio piccante
di quello che domanda vino, vino, ancora vino?
- Sì, mio
signore.
- Porta e non
dubitare, che pago come un capitano di corvetta.
- E anche pirra
- disse il soldato.
Testa di Pietra
fu pronto a strizzare l'occhio al taverniere, poi disse prontamente
- Non se ne
trova più da queste parti. L'avete bevuta tutta voi, senza pensare ai vostri
camerati della marina, beoni.
- Noi pere
molta pirra.
- Ed ora
berrete vino.
- Sì, fino,
porta fino.
- Finissimo -
aggiunse il bretone, - Due, quattro, anche sei bottiglie. Ma non di quelle del
Reno, bada, mastro Taverna.
- Vini di
Francia autentici.
- Comprati da
quell'asino di tuo padre! Allora berremo certamente qualche veleno scorpionato.
- Eh, no! - protestò
il taverniere. - A voi offrirò quanto di meglio possiedo.
In quel momento
entrarono sir William e Piccolo Flocco, i quali andarono a sedersi alla tavola
più lontana. Testa di Pietra li guardò di traverso, poi curvandosi verso il
soldato, gli disse sottovoce:
- Quelle devono
essere spie.
- Uhm! Quelle
brutte facce non mi persuadono affatto.
- Non trovarsi
spie in Boston.
- Vedremo.
Mastro Taverna
risalì portando due panieri, uno pieno di bottiglie e l'altro di cibi. Vedendo anche
il Corsaro e Piccolo Flocco, per poco non lasciò cadere tutto.
- In gamba,
mastro Taverna! - fu pronto a gridargli il bretone - e non badare ai nostri
affari. Chiudi gli occhi ed anche il becco.
L'albergatore
rimessosi un po' dalla sorpresa, servì il bretone e il soldato, mettendo loro
dinanzi una dozzina di salsicciotti affumicati, che i topi della cantina
avevano qua e là intaccati, formaggio canadese di colore bruno, che doveva
mordere la lingua peggio della senapa, poi pane nero e quattro bottiglie di
marca.
- Bordeaux -
lesse il bretone. - Corbezzoli! Un lusso inaudito in una città assediata.
Questo mastro Taverna è un uomo veramente meraviglioso. Si direbbe che ci
aspettava per provarci che il suo defunto padre non era un asino. Stura! -
soggiunse Testa di Pietra. - E tu, figliuolo, da' l'assalto ai salciciotti e al
formaggio. Ti assicuro che non vi sono nascoste le baionette americane.
- Grazie,
padre. Tu essere pon camerata
- Mangia, e
bevi soprattutto; fammi vedere come i tedeschi sanno bere.
- Tu pacare.
- Te l'ho già
detto: io pacare anche tutta la cantina di mastro Taverna. Non ho speso un
soldo in dieci mesi di navigazione, e nella mia cintura ho tante sterline da
poter vuotare cinquecento bottiglie, fare duecento pranzi e trecento colazioni...
Pefi, figliuoli. Tutto pacato.
Il soldato
diede un formidabile attacco ai salciciotti e al formaggio, annaffiandoli
copiosamente con quel preteso Bordeaux. Testa di Pietra gli tenne valorosamente
fronte, specie nel bere.
Ad un certo
momento, quando già quasi tutto era stato divorato, Testa di, Pietra appoggiò
le braccia sul tavolino e guardando il soldato, gli chiese a bruciapelo
- Hai mai
amato, figliuolo?
Il tedesco,
prima di rispondere, tracannò un altro bicchiere, poi arrossì come una ragazza
scuotendo il capo.
- Foi, padre,
essere innamorato?
- E che cotta
ho preso!
- Foi
avere sangue caldo.
- Come le lave
d'un vulcano, figliuolo. Ma penso che potresti aiutarmi.
- Io? Come?
- Sei di
guarnigione nel castello, è vero?
- Sì, padre.
- Mangia un
altro salsicciotto e bevi un altro bicchiere di vino.
- Vi fosse
pirra...
- Oh niente
pirra! La marina beve sempre Bordeaux o del gin.
- Gin! Pono,
pono!
- Mastro
Taverna, Portaci una bottiglia di gin, di quello che tuo padre ha
comprato cent'anni fa.
Riaccese la
pipa che gli si era spenta, poi riprese:
- Tu,
figliuolo, hai visto donne nel castello?
- Sì, due.
- Belle?
- Una giovane,
pella.
- E l'altra?
- Giovane anche
quella.
Testa di Pietra
si compresse il cuore con ambo le mani, e sospirò.
- Ah, l'amore,
l'amore!... - esclamò poi. - Sono dieci mesi che navigo per cercarla
- Chi, padre?
- Sono
innamorato d'una di quelle donne.
- La fidanzata
del marchese?
- Eh! Un
marinaio non può avere tali aspirazioni. Come può osare di guardare tanto in
alto? È l'altra che amo.
- La camerera?
- Sì, la
cameriera - disse Testa di Pietra. - Ah, come l'amo! Il cuore minaccia di
scoppiare per l'intensa gioia. Vedi, siamo marinai, e Ie nostre donne non le
vediamo che dopo tanti mesi di navigazione.
- Penone!
penone!
- Sì, di maestra
- disse il bretone ridendo. - Bevi ancora, figliuolo, e spalanca gli occhi.
- Io ascoltare
mio padre!
- Ti dicevo dunque che il mio cuore si consuma d'amore
per la cameriera della fidanzata del marchese. La conosci?
- Sì.
- Bella, vero?
- Un po' vecchia.
- Sono vecchio
anch'io, perbacco!
- Avanti,
patre.
- Nostro -
disse il bretone. - Fra poco questo luterano mi recita il Pater noster.
Il Bordeaux fa talvolta di questi scherzi.
Riaccese per la
terza volta la pipa, poi disse.:
- Dunque,
figliuolo, sei di guarnigione nel castello?
- Sì, patre.
- Ascolta,
figliuolo: vorrei vedere quella cameriera. Come potrei fare?
- Condurti con
me nel castello.
- Davvero?
- Ma sì, patre.
- Allora
spalanca gli occhi ed ascoltami attentamente, buon figliuolo; e tu, mastro Taverna,
portaci quattro bottiglie di vino più generoso del tuo Bordeaux.
- Del whisky?...
- Vada per il whisky.
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