11
IL
BRETONE ALL'ABBORDAGGIO D'UNA CAMERIERA
Testa di Pietra
ricaricò la pipa con molta flemma. dopo d'aver battuto più di venti volte
l'acciarino, tirò due o tre boccate di fumo, poi cominciò:
- Vedi quella
cameriera, la incontrai per la prima volta in un porto gallese. Allora era una
bellissima bionda...
- No, patre, è
nera di capelli - disse il soldato.
- Hai ragione,
sono una gran bestia. L'amore mi fa dire sciocchezze. Bene: l'ho amata come
sanno amare i marinai: poi la ritrovai nelle isole Scozzesi, dove gli Halifax
posseggono molti castelli e vaste tenute da caccia, poi... l'hai più veduta?
- Ieri sera,
patre.
- Ma io no; e
sono trascorsi dall'ultimo nostro incontro, ben tre anni.
- Penissimo,
patre. Tu volere vederla?
- Sì figliuolo.
- Facilissimo.
Signora bionda trovasi nell'ultima stanza della torre e non esservi abbasso che
una sola sentinella. Mettere questa sera mio fratello Wolf, e noi passare
tranquilli.
- Ed io domani
offrirò a te e a tuo fratello un'altra colazione.
- E pacarla tu,
patre.
- Sempre pagare
io! - rispose Testa di Pietra.
Poi brontolò
fra sé:
- Che paura ha questo
tedesco di metter fuori un dollaro! Figuriamoci se si trattasse di sterline!...
Tirò in fretta
quattro o cinque colpi di pipa, poi riprese:
- A che ora
potrò entrare nel castello?
- Soffiare
ritirata a nove ore - rispose il soldato. - Tu entrare con me.
- Soffiano
vento le trombe - disse il mastro ridendo. - Dove ti troverò?
- Sotto la
torre.
- A
nove ore?
- Ja, ja!
- Vederla! Rivederla dopo tanto tempo! - esclamò Testa
ai Pietra, fingendo di asciugarsi una lagrima coi dorso della mano. Stasera
sarò l'uomo più felice di questo mondo, e questa felicità la dovrò a te,
figliuolo.
- Oh, patre?...
- Nostro che
sei in cielo. Toccherò il cielo stasera anche senza il pater.
Affondò una
mano nella larga fusciacca di lana rossa, e levò due dollari che mise, con
grande sussiego, dinanzi al soldato stupito.
- Nel mio
paese, - disse, fingendosi commosso - v'è l'abitudine di pagare il tabacco ai
figli che sono in guerra. Prendi e insacca senza dir grazie.
- Tu troppo
pono, patre.
- Non ci
badare. Ti considero ormai mio figlio. Quando non avrai più da fumare, vieni
liberamente da me.
- Grazie,
patre.
- Ti ho detto
di non ringraziarmi. Alle nove dinanzi alla torre del castello.
- Io non
mancare appuntamento.
- Se per caso
vedi la cameriera della miss bionda, dille che muoio sempre d'amore per lei.
- Sì, patre.
- Ora va pure a
portare le candele di sego ai tuoi camerati. Hanno diritto anche loro di bere
un po' di brodo buono.
- Vado, patre.
Il soldato
bevve un ultimo bicchiere poi si alzò traballando sulle malferme gambe, sorrise
al suo generoso padre adottivo e se ne andò, facendo risonare nelle mani i due
dollari.
- Crepa,
canaglia - borbottò il bretone. - Mi sei costato più d'un luigi.
Si alzò a sua volta
e andò a sedersi alla tavola occupata dal Corsaro e da Piccolo Flocco.
- Ho ben
recitata la mia parte, comandante? - chiese.
- Un galeotto
come te non si trova in nessun luogo della Bretagna - rispose sir William,
scoppiando in una risata.
- Quelli di
Batz sono più furbi di quelli di Pulignen - disse Piccolo Flocco. - Non l'avrei
mai creduto; eppure è proprio così.
- Ti pare? -
chiese il bretone.
- Sono
costretto a confessarlo apertamente.
- Allora sotto
di me farai molta strada, monello.
- Lo spero.
- E come te la
caverai ora con quella cameriera? - chiese sir William.
- Lasciate fare
a me, signore, - rispose il bretone. - Ho certe idee nella testa. che vi
faranno stupire. Ci chiamano teste dure; ma quanto cervello abbiamo!
- Ne sono ormai
convinto - rispose sir William.
- Ecco una
frase che mi onora assai, comandante.
- Dunque a
questa sera.
- Mio
comandante, - disse Testa di Pietra - volete che facciamo una, passeggiata?
- Ti occorre
qualche altro soldato?
- No,
comandante; vado in cerca d'un cordaio. Spero di trovarne qualcuno.
- Chi vuoi
impiccare?
- La torre del
castello d'Oxford - rispose il bretone.
- La torre? -
interrogò il Corsaro.
-
Lasciate fare a me, comandante. La corda che andrò a comprare avrà una stretta
relazione con me, voi, Piccolo Flocco, la cameriera e la bionda miss.
- Sei un
diavolo!
- No, signore,
siamo tutti figli dei nostri curati.
- Come?
- Cioè delle
nostre chiese. Ah, i nostri curati, che guidano le nostre donne ed i nostri
figli, sono brava gente!
- Hai finito?
- Non mi manca
che di trovare un cordaio e più tardi il mio soldato. Ma penso che abbiamo
tempo e si potrebbe andare a dormire. Sono due notti che non chiudiamo occhio.
- Hai imitato
un po' troppo il soldato.
- Può darsi, mio
comandante. D'altronde dovevo ben farlo parlare e svelargli i miei amori colla
cameriera di Mary di Wentwort.
- Bada di non
annegarci tutti in un mare d'inchiostro. Mi fido poco dei tuoi pasticci! -
disse il Corsaro.
- Niente
affatto, mio comandante, ve ne darò una prova questa sera col farvi scalare la
torre dei castello.
- Allora
andiamo a riposarci un po'. Il cordaio andrai a cercarlo più tardi.
Mastro Taverna
li condusse in uno stanzone, malamente arredato, ma con due letti passabilmente
soffici e puliti.
I tre corsari
vi si gettarono sopra senza spogliarsi: sir William solo, e i due marinai
insieme, e non tardarono a russare.
Quando si
svegliarono, con loro stupore, cominciava ad annottare.
- Tutti in
coperta! - gridò Testa di Pietra, che era stato il primo a gettarsi giù dal
letto. - A terra diventiamo vere marmotte.
- Credo invece
che dipenda dal vino scorpionato di quella canaglia di mastro Taverna! - disse
Piccolo Flocco.
- Troverò
ancora un cordaio che abbia il negozio aperto?
- Va' a
chiedere a mastro Taverna se può procurarti quanto ti occorre - disse il
Corsaro. - Agli albergatori non mancano mai le funi.
- Bestia che
sono! Non ci avevo pensato.
Il bretone si
era slanciato fuori dalla stanza, e dopo pochi minuti, mentre sir William stava
lavandosi, rientrava gridando:
- Eccola,
eccola! Trentacinque metri ed un piede, solida come un gherlino e nuova del
tutto. Come questa non l'avrei forse trovata nemmeno da un cordaio.
- Quanto hai
stimata l'altezza della torre?
- Non più di
trenta metri, mio comandante, - rispose il bretone.
- Dei cinque
che avanzano te ne servirai per fare nodi alla distanza di due piedi l'uno
dall'altro.
- L'avevo già
pensato, mio comandante.
- Va' a imbottirti, mentre noi andiamo a prendere
un buon thè.
Si fecero
servire alla lesta temendo di giungere tardi all'appuntamento di quel bravo ed
ingenuo soldato.
Avevano appena
vuotate le tazze quando comparve il bretone straordinariamente ingrassato e
sbuffante come un toro inferocito.
- Ehi, mastro,
metti su pancia? - chiese scherzando Piccolo Flocco.
- Si, una
pancia piena di canapa. Trentacinque metri e un piede! Ho sudato a mettermela
intorno, e sì, che ho stretto assai, tanto che mi par di scoppiare - disse
Testa di Pietra.
- Meno male che
la tua casacca è larga quanto una coffa! - rispose il Corsaro. - Orsù, vuota la
tazza e poi al largo. Fra poco le trombe suoneranno la ritirata.
In tre colpi il
bretone vuotò la sua tazza, poi il Corsaro gettò sulla tavola un'altra
sterlina, dicendo a mastro Taverna:
- Dobbiamo
partire per un'arrischiata spedizione contro quei maledetti americani. Forse
torneremo con una donna, la fidanzata d'un mio carissimo amico. Avresti
un'altra stanza?
- Vi offro
quella di mia moglie, mio gentleman.
- Sarà migliore
di quella che hai offerta a noi?
- Oh, sì, mio gentleman.
Tutta la mobilia l'ho fatta venire dalla mia città natia, da Dublino.
- Ah, sei
irlandese tu?
- Sì, signore.
- Tanto meglio:
ci aspetterai?
- Dormirò su
una sedia presso la porta per essere più pronto ad aprirvi.
- Al largo! -
disse il Corsaro.
- E vento in
poppa! - aggiunge Piccolo Flocco.
Uscirono in
fretta, senza badare ai profondi inchini dell'irlandese, e si misero in cammino
a passi da granatiere.
La notte era
già calata, e nondimeno il bombardamento, invece di rallentare andava
diventando più intenso, così da una parte come dall'altra. I quattro grossi
mortai della corvetta dominavano le altre detonazioni, lanciando ogni due
minuti sulle case della città le loro enormi bombe che provocavano incendi.
- Si divertono
i nostri compagni - disse Testa di Pietra che seguiva il Corsaro, sempre
sbuffando - Purché non accoppino noi invece degli inglesi. Mi dispiacerebbe.
Morire per mano di camerati è una cosa che assolutamente non mi va.
- Taci, eterno
brontolone! - gli disse Piccolo Flocco. - Non vedi che la gente ti osserva?
- E sai perché?
- Perché dimeni
continuamente le labbra.
- Niente
affatto, mi guardano per invidia.
- Di che cosa?
- Ti par niente
vedere un uomo così grasso, mentre in Boston da quaranta e più giorni soffrono
la fame?
- È proprio
vero, mastro, - rispose Piccolo Flocco. E se ti domandassero come fai a
mantenerti così grasso?
- Risponderei a
quegli affamati che sono un famoso cacciatore di gatti e che perciò in casa mia
la carne abbonda per me, per mia moglie e i miei quindici figliuoli, tutti
maschi.
- Trovi
risposta a tutto.
- Sfido io!
sono di Batz.
Piccolo Flocco
credette fosse meglio allungare il passo e raggiungere sir William sapendo già
per esperienza, che non avrebbe mai avuto il sopravvento sul lupo di mare.
Le trombe
cominciavano a squillare, segnando la ritirata, quando i tre uomini giunsero
dinanzi al castello d'Oxford.
Il bretone,
dopo un rapido sguardo, si staccò dai compagni dirigendosi verso la torre.
Aveva scorto il suo soldato, che fumava un grosso sigaro, pagato certamente coi
due dollari regalatigli.
- Bravo
figliuolo! - gli disse, battendogli familiarmente una spalla. - Voi tedeschi
siete gente di parola.
- Foi, patre,
dubitare di me? - rispose il giovane.
- Hai veduta la
cameriera della bionda miss?
- Non afer
potuto, patre. Tutto giorno portare candele.
- Allora i tuoi
camerati devono aver bevuto oggi una broda magnifica. Tu invece preferisci i
salsicciotti col vino scorpionato, non è vero? figliuolo?
- Oh, ja, ja,
- rispose il tedesco. - Io afere crande amore per salsicce al fumo.
- Ed anche per
formaggio canadese, a quanto pare.
- Molto pono
anche quello. Ah, se vi fosse pirra!...
Ad un tratto il
soldato fece due passi indietro e guardò con stupore Testa di Pietra.
- Patre, -
disse poi - tu essere molto ingrassato.
- È vero
figliuolo. Ho divorato questa sera ventiquattro salsicciotti affumicati con
krauti, ultimo barile di mastro Taverna, che poi ho annaffiato con quattro
bottiglie di vino scorpionato. Ricordati figliuolo, che quando si devono
affrontare certe occasioni difficili, è meglio sfidare il pericolo colla pancia
piena.
- Ventiquattro?
- Salsicciotti!
- Herry
gott! Che appetito, patre!
- Mangio come
un leone, quando mi ci metto; anzi, come una tigre.
- Dodici aferlì
manciati volentieri anche io.
- Domani, se
vorrai, ne offrirò a te e a tuo fratello anche cento. Ho cinquanta dollari, e
prima di ripartire voglio spenderli tutti.
- Penissimo,
patre.
- E regalarne
anche.
- La ritirata
essere finita.
- Si può andare?
- Tu, patre,
fenire con me. Mio fratello Wolf a guardia della scala.
- Gli hai
pagato da fumare a quel bravo ragazzo?
- Prendi questo
dollaro e passalo a lui di sottomano.
- Tu seminare
troppo denaro, patre, - rispose il tedesco, allungando tuttavia lestamente la
mano.
- La marina
getta via - rispose gravemente Testa di Pietra. - Quando ha le tasche vuote, le
rovescia al di fuori, in attesa che tornino a riempirsi; e si riempiono, mio
caro, molto più rapidamente di quelle dei soldati di terra.
- Io afere
sbagliato mestiere - disse il soldato con un sospiro.
- Quando
nascerai un'altra volta, ti arruolerai in marina. Un po' di pazienza, e questa
faccenda l'accomoderai, perché non diventerai vecchio, mio povero figliuolo.
- Cattivo
augurio.
- Non badarci.
Anche noi gente di mare, tutti i giorni siamo sospesi sull'abisso, e quando un
colpo di vento od una buona bordata caccia alla malora la nave, scendiamo
tutti, vecchi e giovani, nei tenebrosi baratri del mare, dove deve fare molto
freddo!...
Erano entrati nel
castello insieme con molti soldati e marinai senza venire notati.
Il soldato fece
attraversare al bretone cinque o sei cameroni ingombri di lettucci, poi una
porticina, e scesi cinque gradini, entrarono in una specie di salotto.
- Il cabinetto del
marchese d'Halifax - disse sottovoce.
- Non si
troverà mica lassù dalla bionda miss? - disse Testa di Pietra.
- Oh. no!
manciare ora con Howe.
- Allora tutto
va bene. Dov'è tuo fratello?
- Aspettare un
momento patre.
Aprì un'altra
porta, ed il bretone scorse subito, seduto sui primi gradini d'una
interminabile scala, un altro tedesco, biondo e paffuto, che rassomigliava,
come due gocce d'acqua, a Hulrik.
- Mio fratello
Wolf, - disse il soldato.
- Dagli il
dollaro.
- No, ora; noi
peferlo insieme.
Wolf si era
alzato, appoggiandosi al fucile. Era un po' più giovane del fratello, ed aveva
una corporatura da toro.
- Ecco l'amico
- disse Hulrik.
- Passa,
fratello, - rispose Wolf.
- Camerata
sola?
- Sì, sola.
- Miss dormire?
- Non ancora.
- Tu aspettare.
- Non muovermi
- rispose Wolf.
- Poi pacarti
da pere due bottiglie di pirra.
- Accettato.
- Canaglia! -
mormorò il bretone, salendo le scale della torre. - È il terzo dollaro che mi
porta via e tutto per sé.
Salita una
scala, la quale seguiva un lato della torre, l'assiano si fermò dinanzi ad una
porta rischiarata malamente da una candela di sego, la sola cosa ormai che si
potesse trovare in Boston, e bussò discretamente.
Un momento dopo
la porta s'apriva, e sulla soglia compariva una donna fra i trentacinque e i
quarant'anni, molto asciutta, con lunghi denti e i capelli nerastri.
- Voi, Hulrik!
- esclamò. - Che cosa desiderate a quest'ora? È il marchese che vi manda?
- Dormire,
miss?
- Non ancora.
- Qui essere
vostro amico che folere parlarfì.
- Un mio amico?
- esclamò la cameriera di Mary di Wentwort. Testa di Pietra prese il coraggio a
due mani e avanzò nella stanzetta elegantemente ammobiliata, e rischiarata da
due fumose candele di sego.
- Nelly, non mi
conoscete più? - chiese fingendosi estremamente commosso.
- Nelly!... Non
ho mai portato questo nome, signore, - rispose la cameriera, squadrando il
marinaio.
- Eh, via! Non
vi burlate d'un disgraziato, che ha tanto sofferto e pianto per voi, mia buona
Nelly.
- Che cosa mi
venite a raccontare, signore?
- Storie vere
che sir William Mac Lellan potrebbe confermarvi, - disse il bretone con un
sorriso malizioso.
La cameriera
era diventata pallidissima.
- Mac Lellan,
avete detto? - esclamò indietreggiando.
- Ah, ecco, la
memoria vi torna!
La cameriera
additò all'assiano la porta, dicendo poi:
- Ora mi
ricordo, lasciateci soli, Hulrìk.
Attese che i
passi del tedesco si fossero allontanati, poi si avvicinò vivacemente al
mastro, afferrandolo per le braccia e scuotendolo.
- Ripetetemi
quel nome! - disse.
- Sir William
Mac Lellan, capitano della Tuonante. Sono miss, il suo mastro, e sono
qui per ordine suo - rispose il bretone.
- Dov'è il
baronetto?
- Più vicino di
quello che crediate, miss.
- Qui in
Boston? È impossibile!
- Per il borgo
di Batz! Se ci sono venuto, io, che non lo lascio mai, ci dev'essere anche lui.
Dubitereste di me?
- È qui?
- Proprio qui
no; ma poco lontano. Volete avvertire la vostra signora?
- Sì, sì,
subito.
La cameriera
scomparve e cinque secondi dopo rientrava, dicendo: - Venite, marinaio: Mary di
Wentwort vi aspetta.
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