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I
TERRIBILI EFFETTI DELL'«AGUARDIENTE» SCORPIONATA
L'albergatore
si era addormentato su una sedia sicché fu pronto ad aprire. Nel vedere i tre
personaggi insieme con una bellissima fanciulla, fece un gesto di sorpresa, ma
da uomo prudente non si permise nessuna domanda.
- Desiderate,
miei gentlemen? - chiese stropicciandosi i grossi occhi.
- È pronta la
stanza per la signora? - chiese sir William.
- Anche.
- Vieni, Mary: qui
sei al sicuro, perché la mia spada e le sciabole dei miei marinai saranno
sempre pronte a difenderti. Mi dispiace che sia un albergo d'infimo ordine, ma
prima di tutto dovevo pensare alla tua sicurezza. Nessuno verrà certamente a
cercati qui.
- E Diana?
- Se ne
incaricherà domani Testa di Pietra. Lascia fare a lui. Albergatore fateci lume.
- Comandante,
sareste per caso scontento del vostro vecchio mastro?
- Perché dici
così, Testa di Pietra? - chiese sir William, sedendosi al tavolino.
- Pel borgo di
Batz! Quando il Leicester, c'inseguiva non avevate un viso così triste.
Eppure dovreste essere allegro, perché il vostro piano è riuscito e la vezzosa
miss si trova ormai sotto la protezione dei cannoni della corvetta, dei vostri
fedelissimi marinai e degli americani.
- Avrei voluto
evitare quel colpo di spada, - rispose il baronetto.
- Capisco che
nelle vene degli Halifax e dei Mac Lellan scorre quasi il medesimo sangue, però
non potevate lasciarvi bucare. Comandante, cacciate le nuvole che coprono la
vostra fronte con un paio di bicchieri di questo Medoc.
Poi, volgendosi
verso mastro Taverna gli disse:
- Sei un
pessimo taverniere. Hai del Medoc, che forse non bevono nemmeno Luigi XVI e
Maria Antonietta, e non ce l'hai mai offerto.
- Medoc! -
esclamò mastro Taverna. - Che cos'è?
- Anche questo
l'ha comperato tuo padre?
- Sì, mio
gentleman.
- Ecco, tuo
padre in certi momenti doveva essere un gran buongustaio, ma quando non era
ubriaco. Guarda se hai ancora di queste bottiglie, e mettile tutte a nostra
disposizione, anche se sono cento.
- Ve lo
prometto.
- Va' intanto a
cercarne un'altra, poiché le bottiglie francesi sono piuttosto piccole, e
quello che contengono non basta nemmeno ad un mozzo.
L'albergatore
obbedì docilmente.
- E ora -
continuò l'eterno chiacchierone - beviamo, comandante, alla salute della vostra
graziosissima fidanzata... Giù, signore: questo Medoc scorre come
l'olio.
Il Corsaro
accettò il consiglio e vuotò il bicchiere.
- Ora che vi
siete bagnata la lingua, comandante, discorriamo. Come faremo a tornare a bordo
della corvetta, se la camera da mina è saltata? Quel passaggio ormai ci è
chiuso.
- Volevo
domandarlo a te - rispose sir William
- Si potrebbe
approfittare di qualche notte oscurissima per varcare le trincee e raggiungere
la Mistica. Io e Piccolo Flocco andremo ad esplorare intorno alle
fortificazioni per trovare il passaggio, senza correre il pericolo di farci
fucilare.
- Bisognerebbe
andarsene al più presto - disse sir William. - Non mi sento affatto sicuro
nemmeno qui.
- Dubitereste di
mastro Taverna? Se è così, scendo subito in cantina e gli taglio la lingua.
- Non è di lui
che temo. È del soldato.
- Di quel
ragazzone?
- Egli ti ha
introdotto nella torre e ha bevuto con te. Se parlasse?
- Corpo d'una bomba!
- esclamò il bretone. - Lì infatti sta il pericolo.
Il brav'uomo,
che contava sempre sulla sua buona stella, si riprese subito ed aggiunse:
- È impossibile
che quel pappagallo parli, perché se i suoi superiori sapessero che è stato lui
ad introdurmi nel castello, lo fucilerebbero insieme col fratello.
- In fondo puoi
aver ragione - rispose sir William - ma sarei più contento se mi trovassi fuori
di Boston.
- Ci andremo,
signore; non abbiate premura. La corvetta non corre alcun pericolo; qui i
salsiciotti affumicati ed il buon vino non mancano; la miss è presso di voi, al
sicuro dagli attacchi del marchese. Che cosa vorreste desiderare di più?
- Desidererei
trovarmi sulla mia corvetta.
- Pazienza,
comandante. Lasciate fare al vostro vecchio mastro. Per questa notte non c'è
più nulla da fare, e credo che faremmo bene a chiudere nel nostro magazzino...
Mastro Taverna! Viene sì o no questo Medoc? Vogliamo andare a dormire.
L'albergatore
salì precipitosamente la scala, tutto affannato, e depose sulla tavola mezza
dozzina di bottiglie, che portavano la loro brava etichetta ammuffita con tanto
di «Medoc».
- Le ultime -
disse. - Non ne ho trovate altre.
- Uhm; esclamò
il mastro. - Sempre le ultime. Domani verrò con te in cantina, e vedremo se non
ce ne saranno altre. I tuoi occhi sono troppo grossi, perciò ti servono poco
bene. Se fossi in te, andrei a chiedere consiglio ad un oculista.
- Me l'aveva
detto anche mio padre.
- E non l'hai
obbedito: male, male. Si devono sempre ascoltare i genitori.
I tre corsari,
messi un po' di buon umore alla prima bottiglia, diedero lestamente fondo alla
seconda, poi raggiunsero mastro Taverna che stava preparando loro i letti.
- Se la signora
chiama - gli disse sir William - verrai subito ad avvertirmi. Questa notte non
devi dormire.
- No, mio gentleman;
ve lo prometto - rispose l'albergatore, prendendo al volo un'altra sterlina
che gli aveva gettato il Corsaro.
- Se poi torna
quel tedesco che ieri mattina è venuto a bere con me - aggiunse Testa di Pietra
- mi verrai a svegliare. Tieni pronta una di quelle bottiglie, dove conservi i
tuoi scorpioni.
- Vorreste
berla?
- Io no, amico:
bevo il Medoc. Sarà il soldato che manderà giù il tuo aguardiente scorpionato.
Quel bravo ragazzo non ci farà caso.
Preceduti
dall'albergatore, passarono nella loro stanza-magazzino, posate le pistole sui
tavolini da notte, messe le spade e le sciabole sguainate in fondo ai letti, si
gettarono sulle coperte, senza nemmeno togliersi i pesanti stivali, per essere
più pronti a saltare in piedi e menare le mani nel caso che qualche pattuglia
inglese fosse riuscita a scovarli.
Le bombe
cadevano sempre su Boston, poiché gli americani durante la notte scavavano
nuove parallele per ridurre al silenzio le batterie inglesi.
I corsari non
se ne preoccupavano.
- Ci sono tante
altre case da scoperchiare - aveva mormorato Testa di Pietra, girando
sull'altro fianco. - Che debba proprio cadere una sopra le nostre teste?
Non aveva
finito di parlare, che già russava come una vera marmotta.
Dormiva da
cinque o sei ore quando una mano vigorosa lo scosse. Aprì gli occhi e vide
sopra di sé mastro Taverna.
- Chi ti ha
detto di svegliarmi così presto? - chiese.
- Così presto?
Sono già le otto, gentleman.
- Potevi
lasciarmi dormire fino a mezzogiorno e prepararci una colazione abbondante a
base di salciccie affumicate.
- C'è il
tedesco.
- Perbacco! -
esclamò il bretone, slanciandosi dal letto. - Bell'affare!
Guardò il
Corsaro e Piccolo Flocco: dormivano ancora.
- Lasciamo che
si riposino - disse. - Me la caverò da solo.
Poi guardando
il taverniere, gli chiese:
- Hai preparata
la bottiglia piena di scorpioni?
- Due, mio
signore.
- E salciciotti
ne hai ancora?
- Posseggo una discreta provvista di carne di maiale,
anzi, se volete, ho ancora un prosciutto che mi sono fatto mandare da Chicago.
- Tu o tuo
padre?
- Io, io.
- Allora va' a
dire al tedesco che fra cinque secondi sarò da lui. Prepara intanto la tavola.
Qui, come vedi, si paga a colpi di sterline.
- Lo so bene.
- Va'.
Si ravviò
rapidamente i capelli, si lisciò alla meglio la barba ispida, ringuainò la
sciabola d'abbordaggio e si mise nella rosseggiante fusciacca la lunga pistola
a due colpi, poi uscì in punta di piedi per non svegliare sir William.
- Per il borgo
di Batz! - brontolò. - Come me la caverò con quel pappagallo?
Cacciò una mano
nella fusciacca e fece saltare parecchi dollari.
- Hulrik è più avaro del notaio di Batz - disse. - Con
questi mi prenderò non solamente la sua testa, ma anche la sua anima...
Si tirò su i
calzoni, e lasciò la stanza-magazzino senza far rumore. Il soldato stava seduto
dinanzi ad un tavolino, centellinando un miserabile bicchierino di gin
Vedendolo, si
era alzato dicendo:
- Pon giorno,
patre! Aver dormito bene?
- Io? - esclamò
Testa di Pietra. - Dormo sempre a casa mia, figliuol mio, e sempre in compagnia
del catrame, delle àncore e delle gomene.
Il tedesco fece
un gesto di stupore.
- E come? -
disse.
- Che cosa? -
chiese il mastro.
- Tu essere
uscito dalla torre, patre?
- Avevo portato
con me una solida corda, e di quella mi sono servito per calarmi giù senza che
nessuno mi vedesse.
- Allora quella corda servire ai latri!
- A quali
ladri? - chiese il mastro, fingendo di cadere dalle nuvole.
- Tu non sapere
quello che è toccato a mio colonnello?
- Al tuo
colonnello? Chi è?
- Il marchese d'Halifax.
- E dunque?
- Averlo quasi
assassinato con un colpo di spada.
- E la mia
fidanzata l'hanno pure uccisa?
- No, essere
sempre viva, ma i latri avere portata via sua patrona.
- Erano ladri
in carne ed ossa? Non ho mai udito parlare di tali individui.
- Io non sapere
- rispose il tedesco, allargando le braccia.
- Corpo d'un
albero fulminato! - esclamò Testa di Pietra, simulando il più grande stupore. -
Che storia è questa?
- Patre, quando
afere lasciata torre?
- Saranno state
circa le dieci.
- Penissimo:
altri afere subito approfittato tua fune.
- Infatti la
cosa mi pare chiara. E hanno svaligiato la torre?
- No; solo
patrona afere portato via.
- E la mia
fidanzata, la mia dolcissima Nelly? Questa è strana! È morto il tuo colonnello?
- No, ma afere perduto
molto sangue.
- Ah, se ne
rimetterà dell'altro mangiando buone bistecche e bevendo Bordeaux. C'è qui
mastro Taverna che possiede ancora qualche dozzina di bottiglie. Te ne farò
dare un paio e gliele regalerai, ma non a nome mio, vè!
- Oh, io non parlare.
- Hai fame?
- Io afere
sempre, patre: generale Howe non dare che mezza razione.
- Mentre per
voi tedeschi ce ne vorrebbero due.
Il tedesco
sorrise, facendo col capo un cenno affermativo.
- Mastro
Taverna, - disse il bretone, volgendosi verso l'albergatore - dà da mangiare a
questo bravo figliuolo; pago tutti io.
- Tu sempre
pacare, patre - disse il soldato.
Il taverniere
fu pronto a portare una libbra di prosciutto, una mezza dozzina di salciciotti,
pane duro quanto le pietre ed una bottiglia.
- Mangia,
figliuolo. - disse, il bretone.
Il tedesco,
dotato d'un appetito formidabile, compatibile d'altronde coi suoi venticinque
anni e le magre razioni che il comandante della piazza passava ai suoi soldati,
si era gettato sul prosciutto, impregnato di sale in modo detestabile e che
doveva muovergli una sete inestinguibile. Testa di Pietra sturò la bottiglia e
gli riempì il bicchiere che gli stava innanzi.
Un superbo
scorpione montò subito a galla.
Il tedesco,
occupato a far lavorare i suoi denti, non vi aveva fatto caso, ma quando prese
la tazza, fece un gesto di sorpresa.
- Piccola
pestia nera - disse, prendendola fra due dita. - Scorpione?
- Ma che
scorpione d'Egitto! - rispose il mastro. - È una mosca nera della Gran Canaria.
- No,
scorpione!
- No, no!
Il tedesco
gettò via la bestiolina e vuotò il bicchiere succhiandosi le labbra.
- Ponissimo! -
disse.
- Sfido io! È
madera che costa un dollaro la bottiglia. Bevi pure figliuolo mio.
Il giovane non
si fece pregare, ed un altro scorpione galleggiò nel suo bicchiere.
- Non badarci,
figliuolo, - disse il bretone vedendolo esitare. Devi sapere che nel Madera,
che viene dalla Gran Canaria, ci mettono appositamente dentro quel genere di
mosche per dare al vino maggior forza e maggior sapore.
- Tu non pere
con me, patre?
- Presi una
volta, nella Gran Canaria, una sbornia così fenomenale, che mi ha fatto odiare
per sempre, con mio grande dispiacere, il Madera.
- Capito -
rispose il soldato, ridendo.
Levò anche il
secondo scorpione tracannò, assaltando poi subito i salsicciotti.
Testa di Pietra
si era fatto portare una bottiglia di Medoc, che aveva fatto sturare dopo l'aguardiente,
e spiava attentamente il soldato, stupito che resistesse così tenacemente a
quel liquore di nuovo genere, che doveva contenere principii tossici.
- Se mangia le
candele fuse dentro la minestra - brontolava fra sé - può bere anche quel
Madera, che viene, viceversa, dal Messico.
Il tedesco,
intanto continuava a divorare le durissime pagnotte che dovevano sembrargli
biscotti. Di quando in quando s'interrompeva, si empiva il bicchiere, e beveva
fino all'ultima stilla.
Era giunto al
quinto salsicciotto, quando Testa di Pietra lo vide rovesciarsi sulla spalliera
della sedia, colle braccia penzoloni e il viso congestionato.
- Che sia avvelenato, o colto da ubriachezza
fulminante? - si chiese Testa di Pietra un po' inquieto. - Non è la sua pelle
che voglio; bensì il suo vestito.
Prese la
bottiglia e la capovolse: era completamente vuota.
- Per il borgo
di Batz! - esclamò. - Un litro d'aguardiente in meno di venti minuti. Sfìdo io!
Nemmeno un vecchio marinaio avrebbe potuto resistere. È vero che ha in corpo
una buona
libbra
di prosciutto, quattro salsicciottì e non so quante pagnotte... Mastro Taverna,
bada che non cada.
Testa di Pietra
si slanciò nella stanza-magazzino, e trovò Piccolo Flocco seduto sulla sponda
del letto che fumava tranquillamente.
- E il
capitano? - chiese subito il bretone.
- È salito dalla miss per augurarle il buon giorno.
E tu, l'hai finita col tuo tedesco?
- Vieni a vederlo,
e aiutami.
Tornarono
insieme nella taverna. Il soldato pareva morto; non respirava nemmeno più.
- Ah, corpo
d'una bombarda! - esclamò il bretone, grattandosi la testa. - Che l'abbia
proprio avvelenato? Non dovevo giocargli questo tiro; ma anche lui poteva bere
un po' meno. Che te ne pare, mastro Taverna?
L'albergatore
scosse il capo, poi rispose
- Non so.
- E se fosse
proprio morto?
- Lo vado a
seppellire in cantina sotto l'ultima botte. Ne abbiamo abbastanza di questi
tedeschi, che ci piovono addosso da tutte le parti come lupi affamati.
- Ecco un
parlare d'oro! - disse il bretone. - Non credo però che questo bravo ragazzo
abbia già rimandata la sua anima al di là dall’Atlantico. Sono resistenti
questi giovanotti. Orsù aiutatemi a portarlo a letto. Mi occorrono le sue
vesti.
- Per farne che
cosa? - chiese Piccolo Flocco.
- Lo saprai
dopo.
Sollevarono il
soldato, che pesava quanto un giovane toro, lo portarono nella stanza
magazzino, lo spogliarono della sua divisa e lo cacciarono sotto le lenzuola.
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