18
IL
CARNEFICE DI BOSTON
Testa di Pietra
si avvicinò risolutamente alla casetta e picchiò rumorosamente con una specie
di martello di bronzo.
Al terzo colpo
si udì una voce chiedere:
- Chi è?
- Amici! -
rispose Testa di Pietra. - Vi prego di aprirmi.
Un passo
pesante risuonò sulla scala interna, poi la porta si aprì e comparve un uomo di
bassa statura, molto largo di spalle. Aveva il viso quasi interamente coperto
da una foltissima barba rossa e teneva in mano una lanterna.
- Chi siete? -
chiese, alitando in viso - al bretone uno sgradevole odore di brandy.
- Marinai.
- E che cosa
volete da me? - chiese il carnefice, che sembrava molto brillo.
- Proporvi un
affare interessante, che potrebbe darvi la fortuna.
A queste parole
un amaro sorriso contorse il labbro del carnefice di Boston.
- A me la
fortuna! - disse con ironia. - Mi giungerà il giorno che andrò a dormire sotto
la fanghiglia.
- Avreste paura
a riceverci?
- Anzi! Nessuno
mette piede nella mia casa, come se ci regnasse la febbre gialla. Passano mesi
senza che veda un volto umano, poiché l'uscire mi è proibito.
- Ora ne
vedrete due abbastanza simpatici.
- Vedo -
rispose il carnefice, alzando la lanterna e proiettando la luce sui volti dei
due marinai. - Venite pure: la solitudine mi annoia.
Chiuse la porta
e introdusse i marinai in una stanzetta arredata con un semplice tavolo, con
poche sedie sgangherate e molte matasse di corda.
Il carnefice
stava certamente per ubriacarsi, perché sulla tavola vi erano due bottiglie che
esalavano un acuto odore di brandy.
Il carnefice
accostò alla tavola un paio di sedie e portò due bicchieri.
- Posso
offrirvi? - chiese.
- Portate pure
e versate - rispose il bretone.
Testa di Pietra
assaggiò prima il pessimo brandy del boia di Boston, poi chiese:
- È vero che le
corde degli impiccati portano fortuna?
- Così si dice;
ma la fortuna non l'ho mai saputa trovare con tante corde che ho adoperato.
Sono settantatrè, se non m'inganno.
- Settantatrè
uomini mandati all'altro mondo? - chiese Testa di Pietra, facendo un gesto di
spavento. - Senza dubbio è un bel numero.
- Non dico di
no - rispose il carnefice. - Quando il governatore mi scrive d'impiccare quello
o quell'altro individuo, devo obbedire per non perdere il pane, e impicco,
perché la giustizia ha ormai giudicato.
- Sempre
giudicato giustamente?
- Di ciò non mi
occupo. Essi condannano, e io impicco.
Il boia di
Boston, che era anche il boia di tutti gli Stati americani soggetti
all'Inghilterra, empì i tre bicchieri, poi guardando fisso il bretone coi suoi
occhi neri, che risaltavano stranamente fra il rosso della barba, gli chiese:
- Ed ora vi
domando lo scopo della vostra graziosa visita.
Il bretone
stette un momento in silenzio, poi disse:
- Doë.
- Doë! - esclamò
il carnefice, facendo un balzo dalla sedia.
- Bretone, è vero?
- Sì, di
Burgot.
- Per il borgo
di Batz! Siamo quasi fratelli.
- Voi di Batz?
- esclamò il boia.
- Sì; mi ero
già accorto che eravate un uomo della Terra delle pietre - rispose il mastro. -
I bretoni si conoscono assai facilmente dall'accento.
- Di Bazt! -
esclamò nuovamente il carnefice, il quale pareva scombussolato. - Siamo
fratelli.
- Lo credo,
amico.
- Date
dell'amico a un boia.
- Forse che non
siete un bretone come me?
A queste parole
due grosse lacrime spuntarono dagli occhi del carnefice e scesero
silenziosamente giù per il viso, perdendosi fra la foltissima barba.
Piccolo Flocco,
più sensibile di Testa di Pietra, col dorso della destra si era asciugata, di
nascosto, una lagrima.
- Doë - disse
il mastro - spiegami come va che un bretone è diventato boia! Ciò mi
stupisce, anche perché sei ai servigi degl'lnglesi che sono stati sempre i
nostri nemici.
Il carnefice
alzò la testa e disse, parlando lentamente:
- Appartenevo
anch'io alla gloriosa marina francese ed avevo raggiunto il grado di contromastro
cannoniere. Forse oggi sarei uno dei migliori artiglieri della flotta, senza la
brutalità di un ufficiale, il quale pareva nutrisse contro di me un odio che
non so nemmeno ora spiegarmi... Non bevete?
- Sì, beviamo -
rispose Testa di Pietra, - continuate.
Il carnefice si
passò una mano sulla fronte madida di sudore e riprese:
- Una sera,
mentre ero di guardia a bordo della Bellona, vedendolo, mi passò davanti
agli occhi come una nube sanguigna, e il mio coltello di manovra bevette il suo
sangue.
- L'uccideste?
- Gli spaccai
la gola.
- Faceste
benissimo! - rispose Testa di Pietra.
- Se non fossi
stato lesto a fuggire e a rimpatriare, mi avrebbero fucilato.
Vuotò il
bicchiere che gli stava dinanzi, con una specie di folle rabbia, poi disse:
- Forse sarebbe
stato meglio. Non sarei diventato un infame carnefice, un essere disprezzato,
che non può lasciare la sua casa se non protetto da una mezza compagnia di
granatieri, perché la folla minaccia di lapidarmi.
Si era
interrotto per caricare la pipa, che stava presso il bicchiere.
- Avanti,
compatriota, - disse Testa di Pietra.
Il carnefice
accese la pipa, gettò in aria una nuvola di fumo acre, intensissimo, poi
riprese:
- Un destino
avverso mi perseguitava. Devo essere nato sotto una sinistra stella. Fuggii in
Inghilterra e mi arruolai nella flotta di Re Giorgio. Gli Inglesi avevano
allora estremo bisogno di marinai e non badavano né da qual parte provenissero,
né chi fossero. Il triste destino mi perseguitò anche sulle navi inglesi, ed
una notte di sull'albero di trinchetto dell'Essex, durante la tempesta,
gettai in mare un mastro gabbiere. Anche quello mi aveva preso di mira,
torturandomi. Fui arrestato e condannato a vent'anni di lavori forzati nelle
colonie inglesi. E qui ho accettato il triste compito d'impiccare la gente.
Guardate: mentre venivate da me, stavo preparando un laccio destinato a
togliere la vita a un gentiluomo inglese.
- Chi? -
domandarono ad una voce i due bretoni, balzando in piedi.
- Un certo
baronetto Mac Lellan. Ho ricevuto l'avviso oggi.
- Il baronetto
Mac Lellan! - urlò Testa di Pietra. - II nostro comandante!
- Che cosa
dite?
- Che quel
signore che dovrete impiccare è il nostro capitano.
- Capitano
d'una nave?
In
quell'istesso momento i quattro grossi mortai della corvetta tuonarono con
grande fracasso, soffocando le detonazioni di tutte le altre artiglierie.
- Udite questi
colpi? - chiese Testa di Pietra.
- Gli orecchi
miei sono ancora in buone condizioni - rispose con un sorriso.
- Sono i
cannoni della nave di sir Mac Lellan. La sua corvetta ha forzato felicemente il
blocco ed ha gettato le àncore nelle acque della Mistica.
- Comprendo, ma
non so spiegarmi una cosa.
- Quale?
- Perché mi
mandino a giustiziare quel brav'uomo nel forte Johnson.
- Dov'è quel
forte?
- Di fronte al
porto di Charlestown.
- E dove si
trova ora il mio comandante?
- Lo hanno già
condotto nel forte, eludendo la sorveglianza degli americani.
- Il nostro
comandante non è più qui! - esclamarono ad una voce i due marinai in preda ad
un vero sbigottimento.
- Ed andrò al
forte per impiccarlo.
- E quando? -
chiese Testa di Pietra con estrema ansietà.
- Posdomani
mattina: questo è l'ordine che mi è stato comunicato.
- Testa di Pietra - disse il giovane gabbiere - sapresti
dirmi perché lo fanno impiccare al forte Johnson, mentre sarebbe così facile
farlo qui?
- Perchè non si
osa ucciderlo sotto gli occhi della miss. Credi che tutti ignorino che il
nostro comandante è stretto parente del marchese d'Halifax?
- Dunque è vero
quello che si sussurra al castello? - chiese il boia.
- Che cosa si
dice?
- Che il
gentiluomo che dovrò impiccare è fratello del marchese d'Halifax.
- Non vi è che
una lieve differenza: il marchese è nato in Inghilterra da una donna inglese,
il baronetto in Francia da una donna francese.
- E quel
furfante osa mandarlo sul patibolo?
- Sì, dopo
avergli portato via la fidanzata.
- È un'infamia!
- La credo
anch'io.
- E perché lo
vogliono ammazzare?
- Perché poche
sere fa, nella torre del castello, il baronetto, in un duello leale, dette al
marchese una stoccata per punirlo di avergli rapita la fidanzata.
Il boia si alzò
e andò a prendere una fune.
- Di questa mi
servirò per provarmi a impiccare il vostro gentiluomo; provarmi, ho detto,
perché son certo di non riuscirvi.
I due marinai
avevano guardato con terrore il laccio fatale.
- Mi avete
capito bene? - chiese il boia, vedendo che non rispondevano.
Poi, dopo una
breve pausa, riprese con voce lenta:
- Quando
vogliamo salvare o, meglio, ritardare la morte d'un uomo per ventiquattro o
quarant'otto ore, con una lama solidissima tagliamo interamente la fune, sicché
il peso dell'impiccato la spezza subito.
- E non lo
impiccano? - chiese il mastro.
- No - rispose
il boia. - Si riconduce in prigione, in attesa d'un nuovo laccio.
- Parlate sul
serio, compatriota?
- Sono un
bretone! - rispose il carnefice - Posso avere errato nella mia vita, è vero; ma
non sarei capace d'ingannare un uomo che ha bevuto l'aria della Bretagna e che
si è riscaldato al suo sole. Sono molti anni che non ritorno laggiù! Da quanto
tempo non vedo più i gloriosi colori della grande e generosa Francia!
Maledizione eterna sull'uomo che mi rovinò la vita e mi esiliò per sempre dal
mio paese!
Il boia si era
alzato stringendo i pugni, cogli occhi schizzanti fuoco, la barba arruffata.
Fece un gesto terribile, come se volesse abbattere qualcuno, poi scoppiò in un
pianto dirotto.
Testa di
Pietra, assai commosso, gli si era avvicinato e battendogli familiarmente una
spalla gli disse:
- Orsù;
dimenticate il passato, compatriota; vi prometto di farvi rivedere la nostra
cara Bretagna.
- Ho laggiù mio
padre e due sorelle che non vedo da sette anni.
- Li rivedrete;
ci penso io. La Francia molto deve al mio comandante, ed una grazia chiesta da lui
al re Luigi XVI non sarebbe rifiutata.
Il carnefice si
asciugò le lacrime col rovescio delle maniche, poi guardò una vecchia pendola
che faceva udire il suo monotono tic tac.
- Le dieci -
disse. - Abbiamo tempo.
Poi fissando
Testa di Pietra. gli chiese:
- Vorreste
lasciare Boston ora che il vostro comandante non si trova più qui?
- Avevamo già
divisato di fuggire questa notte.
- Vi faccio una
proposta: ho un lasciapassare, ed una scialuppa mi attende alla foce della
Mistica per condurmi a Charlestown. Ne volete approfittare? Passerete per i
miei aiutanti.
- Ma dobbiamo
prima abboccarci col secondo della corvetta. Dobbiamo informarlo di quanto è
accaduto e prendere accordi per salvare il baronetto.
- La scialuppa
ha l'ordine di attendermi fino alle quattro del mattino - rispose il boia. -
Avrete tutto il tempo per rivedere i vostri amici. Non vi domando che un quarto
d'ora per preparare il mio laccio. Intanto voi accendete una candela e passate
nella stanza attigua per vestirvi di rosso come devono essere gli aiutanti di
un boia. Vi sono molti abiti; non avete che da scegliere.
Prese il laccio
che aveva poco prima mostrato ai due marinai, lo stese sulla tavola, e con un
coltello solidissimo, simile ad un bisturi cominciò uno strano lavoro, che egli
solo, marinaio prima e poi carnefice, avrebbe potuto eseguire.
Quando i due
marinai della Tuonante, vestiti completamente di rosso come usavano
allora i boia inglesi, ricomparvero, il lavoro era già finito.
- È quello il
laccio fatale che dovrebbe impiccare il nostro comandante? - chiese Testa di
Pietra non senza una certa emozione.
- Si, ma l'ho
sventrato così bene in un certo punto, che la fune si spezzerà subito, senza
far subire al vostro comandante nemmeno un principio di asfissia.
- E poi come lo
salveremo?
- Questo è un
affare che riguarda voi. Volete un consiglio?
- Dite pure,
compatriota.
- Giacché gli
americani ormai sono così forti, possono attaccare domani sera il forte,
trucidare la guarnigione e salvare il vostro capitano. Ci saremo noi a
proteggerlo, e tre bretoni possono tenere testa a sei inglesi. Vi pare?
- Giustissimo -
rispose senza esitare Testa di Pietra.
- Voi due
andrete a bordo della vostra nave, e vi abboccherete coi vostri amici; io vi
aspetterò nella cala della Morte, dove la scialuppa m'aspetta. Sapete dove si
trova?
- Alla foce
della Mistica - rispose Testa di Pietra. - La conosco.
- Vogliamo
andare?
Tutti si
alzarono. Il mastro mosse incontro al carnefice, gli stese la mano e disse:
- Doë! Conto
su di voi come se foste un fratello; ma credo utile avvertirti che sono tal
uomo, da non lasciare impunito un tradimento, perché i bretoni non sono mai
stati traditori.
Due grosse
lagrime spuntarono negli occhi del boia.
- Fratello -
disse con voce rotta dai singhiozzi - disponi della mia vita.
- Stringi
allora la mia mano, giacché siamo nati entrambi nella terra delle pietre e
delle teste dure.
- Non oso.
- Metti qui
dentro la zampa, per il borgo di Batz! Un tempo sei stato anche tu marinaio.
Allunga!
Il boia di Boston
ebbe una lunga esitazione, poi stese, non senza un fremito la sua mano.
- Doë -
disse il mastro.
- Doë! -
rispose il boia.
E la stretta fu
data fra i singhiozzi che rompevano il petto dell'antico condannato.
Piccolo Flocco
si era asciugato di nascosto un'altra lagrima. Il boia bevve un ultimo
bicchiere di brandy, poi disse:
- Possiamo
andare.
Prese un
biglietto coperto di un grosso bollo di ceralacca, che stava su un tavolino, e
se lo cacciò in seno. Testa di Pietra e Piccolo Flocco lo seguirono, dopo di
aver acceso le pipe e di essersi armati delle pistole e delle sciabole
d'abbordaggio.
I tre uomini
s'incamminarono: ma Testa di Pietra condusse la marcia in modo da passare
dinanzi all'Albergo delle trenta corna di bisonte.
Il suo stupore
fu immenso nello scorgere la taverna illuminata.
- Corpo d'un
cane strozzato! - esclamò. - Che vi siano ancora dentro i policemen in
piena baldoria? Sono disposto a dar loro una altra pestata, che se la
ricorderanno per un po'. A me, Piccolo Flocco!
Aprì
impetuosamente la porta si trovò dinanzi a mastro Taverna.
Questi stava
seduto malinconicamente dietro al suo banco, in attesa di avventori.
- Sei vivo o
sei l'ombra di mastro Taverna? - gridò il mastro, precipitandosi verso il
banco.
L'albergatore
spalancò più che poté i suoi occhi fenomenali poi allargò le braccia, e mandò
un grido altissimo:
- Voi, mio gentleman!
In quel costume? Orrore!
- E per chi mi
prendi, dunque? - rispose il bretone. - Per un boia? No; sono ancora un
marinaio, e se indosso questo costume, ho i miei buoni motivi caro mastro
Taverna!... Ma dunque, non è affatto vero che ti abbiano fucilato!
- Mi hanno arrestato, questo è vero, ma mi hanno
subito rilasciato.
- Ed i policemen,
che hanno occupato durante la tua assenza la taverna?
- So,
gentleman, che ne hanno portati via quattro terribilmente feriti, anzi,
pestati, ma niente di più. Chi sia stato poi a conciarli in quel modo non lo so
davvero.
- Chi? Eh, mastro Taverna, dovresti aver già
indovinato. Quando vedemmo che saccheggiavano le tue bottiglie, li prendemmo a
seggiolate, e i colpi, amico mio, grandinavano! parevano colpi di cannone!
Fracassammo due sedie, che per altro non ti pagheremo.
- Ah, no, no! -
protestò mastro Taverna. - Ordinate anzi, e senza pagamento.
- Una bottiglia
di Medoc, che desidero offrire al boia di Boston, mio carissimo amico. Ma bada,
che se non è proprio della qualità più fina, ti faccio impiccare subito.
L'albergatore
aveva fatto tre o quattro passi indietro, con aria smarrita, appoggiandosi al
banco. La presenza del boia lo aveva così straordinariamente atterrito, che i
suoi grandissimi occhi gli erano quasi usciti dalle orbite.
- Come sei
brutto, mastro Taverna! - disse Testa di Pietra. Non fare quegli occhiacci.
Tanto ti spaventa il boia di Boston? Hai torto, perché è un mio compatriota, e
poi è un uomo che non schiaccerebbe una mosca senza l'ordine del comandante
della piazza. Avresti forse sulla tua coscienza un gran numero di delitti!
- Io? -
balbettò il pover'uomo.
- Allora
portaci il Medoc, perché noi marinai soffriamo sempre la sete.
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