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IL
SIGNOR «PERÒ PAGA»
La stanza assegnata
ai tre signori di Boston, come li aveva chiamati ironicamente il timoniere
sembrava un magazzino, tanto era ingombra di sacchi di sabbia, di gabbionate,
di ruote per artiglierie fuori d'uso e di ammassi di cordami. Vi si trovavano
pure, oltre a un tavolino, una mezza dozzina di brande più o meno sgangherate.
- Per il borgo
di Batz! Con che lusso trattano gli esecutori di giustizia! - esclamò Testa di
Pietra. - Da questa trattamento immagino l'altro.
- Quale? -
chiese Piccolo Flocco.
- Intendo parlare
della cena: ci daranno croste di pane e merluzzo secco per rovinarci i denti.
Ah, pitocchi!
In quel momento
la porta fu spalancata, ed un vecchio soldato entrò, portando tre gavette ed
una bottiglia di vino.
- È questa la
cena dei tre carnefici di Boston? - chiese Testa di Pietra.
- È il rancio
dei soldati, Siamo a corto di viveri, ma...
- Ma?
- Essendo il
cantiniere del forte, potrei procurarvi qualche cosa di meglio se pagate.
- Finalmente la
bomba è scoppiata! - esclamò il bretone. Che cosa c'è in questi recipienti?
- Zuppa di
merluzzo.
- Ci sarà che
stare allegri, signor cantiniere! Avete detto che. pagando, si potrebbe aver di
meglio?
- Formaggio
d'Olanda autentico, aringhe squisitissime, prosciutto ben conservato, avendo
ammazzato il mio ultimo maiale un mese fa...
- Che lusso! E
vini?
- Niente vino:
birra nera.
- Paghiamo e
portate. Il contenuto di queste gavette donatelo pure a qualche povero soldato
affamato. Questa brodaglia non l'hanno mai mangiata i carnefici.
- Va bene,
signore. Dal momento che pagate vi porto quanto ho di meglio.
- Vi prego
solamente di sbrigarvi, perché abbiamo tanta fame. Andate.
Il cantiniere
scappò come se avesse avuto le ali ai piedi, riportando con se non solo le
gavette, ma anche la bottiglia.
- Furfante! -
esclamò Testa di Pietra. - Vorrei essere impiccato se quel briccone non va a
vendere quella detestabile zuppa e la bottiglia alla guarnigione.
Stette un
momento silenzioso, guardando il carnefice, che sembrava di cattivo umore.
- Compatriota, -
disse, - c'è burrasca nel vostro cervello.
- Perché? -
domandò il carnefice scotendosi
- Avete un
certo viso!
- Che volete?
Ogni volta che devo giustiziare un uomo provo uno sgomento che non saprei
spiegare. Non ero nato per fare il carnefice.
- Adagio, compatriota!
Qui non si tratta d'impiccare, ma di scherzare, di recitare una commedia. Mi
avete promesso che il laccio fatale si spezzerà,
- Di questo
rispondo pienamente - rispose il boia di Boston. L'ho vuotato a tre quarti
d'altezza, e si strapperà sotto il peso del gentiluomo.
- E allora, che
cosa temete?
- Se gli
americani tardassero?
- Oh no!
Rispondo di quei galantuomini e soprattutto del colonnello Moultrie - rispose
il bretone. - Domani si darà battaglia, e vedremo come gl'inglesi sapranno
tener testa. Se vi entrano i cannoni della Tuonante, sono più che certo
che con dieci sole bordate ridurranno al silenzio tutte le batterie del forte.
Ah! Ecco il signor Però Paga!
Il cantiniere,
era entrato portando grossi canestri pieni di provviste e di bottiglie di birra
doppia. Mastro Testa di Pietra ispezionò tutto, poi chiese al cantiniere:
- Quanto costa
tutto, signor Però Paga?
- I viveri
scarseggiano. e le provviste sono diventate carissime - rispose il cantiniere.
- Oh, dite
pure! I carnefici hanno sempre qualche dollaro in tasca.
- Datemene
cinque.
- Il bretone lo
guardò sotto il naso.
- Invece
d'impiccare il gentiluomo che ci aspetta, metterei volentieri il laccio intorno
al vostro collo. Ma siccome noi, signor Però Paga, siamo uomini dabbene,
anche se siamo giustizieri, e non amiamo le discussioni, ecco qua.
Affondò una
mano nella sua fusciacca rossa e ne trasse cinque dollari.
- È giusto il
conto? - chiese con voce un po' ironica.
- Giustissimo,
signore, - rispose il vivandiere, intascando le monete lestamente.
- Non avete
paura del denaro dei carnefici? - chiese il bretone.
- Io? Niente
affatto, signore. Mio nonno era un Chalkraff.
- Volete dire?
- Il carnefice
di Londra.
- Allora potete
stringere la mia mano.
Il vivandiere
congedò con un gesto il suo aiutante, poi gliela porse. Testa di Pietra gliela
strinse fortemente e lo trasse a sé dicendogli:
- Si potrebbe
parlare un po' fra carnefici e discendenti di carnefici, ma sempre pagando? I
dollari non mancano a noi.
- Che cosa
volete dire?
- Essendo nipote
di un carnefice, v'invito a cenare in nostra compagnia. Vi dispiacerebbe?
- Oh no! La mia
cantina, coi tempi che corrono, è quasi sempre vuota. Il governo ritarda le
paghe, e questi bravi soldati non hanno nemmeno un penny per comprarsi
un po' di tabacco. Finirò per rovinarmi completamente, avendo accordato credito
a non so quanta gente.
- Vi pagheranno
quando giungeranno dall'Inghilterra le fregate cariche d'oro fin sopra i ponti.
Il vivandiere
prese una sedia sgangherata e si mise a lavorare così alacremente di denti, che
il bretone non poté trattenersi dal dire:
- Pare
impossibile! Un vivandiere che ha una cantina così ben fornita, ha una fame da
tamburino. Ma che forse risparmiate tutto pei soldati, voi?
Essendo dotati
tutti di appetito invidiabile, la cena scomparve in meno di dieci minuti,
copiosamente annaffiata di birra doppia, nera come l'inchiostro e acidissima,
ma nessuno vi fece caso. Tanto il carnefice di Boston, quanto il vivandiere, e
soprattutto i due marinai, davano prova di possedere stomachi di struzzo.
- Ora, signor
nipote del carnefice di Londra, - disse Testa di Pietra, caricando la pipa -
dovreste compensarci di questa cena gratuita con una piccola informazione.
- Dite pure -
rispose il vivandiere, il quale aveva bevuto più dei tre carnefici.
- Vorremmo
sapere dove si trova il gentiluomo che domani impiccheremo.
- È più vicino
a voi di quello che credete.
- Oh!
Il vivandiere
gli mostrò una porta, che prima il bretone non aveva osservata.
- È là - disse.
- Vi è una specie di cappella, e lì è stato condotto.
- Si trova
solo?
- Credo si
trovi con lui il cappellano del reggimento.
- E guardie ve
ne sono?
Il vivandiere
lo guardò sospettoso.
- Perché mi
fate queste domande? - chiese.
- Perché
vorremmo vedere quel gentiluomo prima di impiccarlo. Vi avverto per altro,
signor Però Paga, che sono disposto a regalarvi un paio di dollari.
- Siete ricchi,
voi carnefici?
- Guadagniamo
abbastanza bene per permetterci, qualche volta, dei capricci. Vi dispiace?
- Niente
affatto.
- Allora se si
aprisse un buco attraverso quella porta si potrebbe vedere la nostra vittima?
- Certamente.
- Sono tanto
curioso di sapere come passa il suo tempo. L'avete veduto?
- Io no.
- Lo vedrete
allora domani con un palmo di lingua fuori. Signor Però Paga, ecco i due
dollari promessi e andate pure a dormire. Non abbiamo più bisogno di voi.
Il cantiniere
salutò, facendo risuonare i pezzi d'argento guadagnati così facilmente.
Testa di Pietra
andò a chiudere la porta, si sedette, poi disse:
- Ora
decidiamo.
- Che cosa vorreste
fare? - chiese il boia.
- Vedere il mio
comandante.
- E se vi è il
cappellano?
- Che cosa
importa? Non siamo noi i carnefici? Diremo che siamo stati mandati dal
comandante del forte per preparare la sua funebre toeletta. Lasciate fare a me.
- E vorreste,
poi...?
- Rapirlo!
- E come
fareste a uscire dal forte?
- Ah! Ecco il
guaio! Intanto andiamo a visitarlo. Al resto penseremo. Voi rimanete pur qui e
vuotate questa bottiglia di pessima birra.
Estrasse il suo
coltello da manovra e si avvicinò alla porta indicatagli da Però Paga, munita
di vecchia serratura e che non avrebbe resistito ad un colpo di spalla del
robusto marinaio. Si mise in ascolto e non udì nulla.
- Che quel
birbante ci abbia ingannato? - si chiese il bretone, digrignando i denti. - Se
mi ha rubato i due dollari, parola d'onore, lo strozzo e senza adoperare il
laccio del mio compatriota.
Impugnò il
coltello e fece saltare i chiodi, poi sollevò la serratura e tirò il
chiavistello. La porta si aprì. Fece segno ai suoi due compagni di non muoversi
poi aprì così dolcemente la porta, che i cardini non cigolarono.
Dinanzi agli
sguardi del bretone apparve una specie di cappella illuminata da un paio di
candele posate su un tavolino, in mezzo alle quali si alzava un crocefisso di
metallo. Un uomo stava seduto presso il tavolino, colla testa fra le mani. Il
bretone aveva frenato a stento un grido di gioia. Aveva riconosciuto il suo
comandante, sebbene gli volgesse le spalle.
S'avanzò sulla
punta dei piedi, guardando da tutte le parti, poi, pienamente rassicurato,
batté sulle spalle del comandante, dicendo:
- Sir William,
silenzio: non mandate nessun grido.
Il baronetto si
era alzato di scatto e aveva fatto tre o quattro passi indietro, soffregandosi
energicamente gli occhi e chiedendosi ripetutamente:
- Sogno?
- No, mio
comandante, non sognate. Sono proprio io, Testa di Pietra, nella veste del
carnefice.
- Ma come hai
potuto giungere fin qui?
- Eh, la storia
sarebbe troppo lunga a raccontarsi: ve la dirò un'altra volta.
- Sarà troppo
tardi, perché domani gl'inglesi mi impiccheranno - rispose il baronetto con un
mesto sorriso. - Howe non mi grazierà, perché mio fratello è inesorabile.
- E lo credete?
- Lo credo: mi
hanno già annunziato che il boia di Boston è giunto.
- Ma insieme
con me e con Piccolo Flocco! - rispose il bretone.
Il baronetto lo
guardò trasognato, poi disse:
- Siete due
diavoli!
- Niente
affatto comandante: due bravi marinai, che vogliono vedervi ancora sul ponte di
comando della Tuonante.
- Dimmi...
- Una domanda prima
Non c'era il cappellano della guarnigione poco fa?
- Si, è andato
a coricarsi; non tornerà prima dello spuntar del sole.
- C'è pericolo
che qualche sentinella entri improvvisamente?
- Dovrebbe fare
un baccano infernale per levare i catenacci e fare scorrere i chiavistelli -
rispose il baronetto. - Ma, dimmi...
- Domandate
pure.
- Mary? -
chiese il disgraziato con voce soffocata.
- L'hanno
rapita e riportata al marchese - rispose il bretone. - Non dovete disperare
però: col bombardamento che infuria non si penserà a fare un matrimonio. E poi
vostro fratello non è ancora guarito.
- Me lo
assicuri?
- Perché dovrei
ingannarvi, comandante?
- Oh, no! -
protestò il baronetto.
- Vi dirò
dunque che non sarete impiccato dal carnefice di Boston.
- Chi lo dice?
- Io! rispose
il bretone.
- Con quale
sicurezza?
- Con questa:
il signor boia di Boston è mio compatriota. Vorreste che i bretoni si
prestassero ai tristi giuochi degl'inglesi? Oh, no, no! Ho la sua parola, e
sono sicuro che la manterrà. Vi consiglio per altro di mostrarvi docilissimo e
dì lasciarvi impiccare.
- Che cosa
dici, Testa di Pietra? - esclamò il baronetto. - Questo non è il momento di
scherzare. Per me si tratta di morire e di morte ignominiosa.
- Comandante, -
disse il mastro - ho lavorato febbrilmente per la vostra salvezza. Vi dico di
lasciarvi impiccare; rispondo di tutto
- E come?
- La corda che
dovrebbe strozzarvi si spezzerà subito.
- Per quale
miracolo?
- Non ci
pensate comandante. Tutte le precauzioni sono state prese per salvarvi e gli americani
ci aiuteranno gagliardamente.
- Anche gli
americani! - esclamò il baronetto.
- Diamine!
Domani, quando conteranno dì impiccarvi, il colonnello Moultrie ed Ashe daranno
al forte un assalto formidabile, appoggiato dalla Tuonante.
- Dalla mia
corvetta! - esclamò il Corsaro, i cui occhi si erano illuminati d'una luce
strana.
- Sì, anche i
pezzi della corvetta prenderanno parte all'attacco, comandante.
- Così - disse,
fermandosi improvvisamente dinanzi a Testa di Pietra che lo guardava con
angoscia - dovrò lasciarmi mettere la corda al collo?
- Ve l'ho
detto: una semplice commedia, comandante, che sarà subito interrotta dalle
artiglierie della vostra Tuonante.
- La mia
corvetta! - esclamò il Corsaro. - Che possa tornare a bordo della mia nave, e sfiderò
tutta la flottiglia inglese che ingombra il porto.
- La
rimonterete, comandante; vi dò la parola d'onore d'onesto marinaio.
In quel momento
si sentì un rumore dietro la porta della cappella che metteva nel corridoio. Le
sentinelle facevano la loro visita.
- Fuggi, Testa
di Pietra, - disse il Corsaro. - Non lasciarti sorprendere.
Il bretone fece
due salti, raggiunse la porta del magazzino, e la chiuse silenziosamente,
borbottando:
- Canaglie! Non
avrete la sua pelle. Parola di bretone!
Il boia e Piccolo
Flocco, che non avevano lasciato il tavolino, lo interrogarono con lo sguardo.
- Tutto va bene
- rispose Testa di Pietra. - Possiamo prendere un po’ di riposo. Per il borgo
di Batz! La giornata è stata movimentata ed abbiamo diritto di chiudere gli occhi.
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