7 - L'abbordaggio
Una raffica impetuosa
aveva aperto un grande squarcio fra le nubi addensate verso oriente, ed un gran
fascio di luce biancastra si era proiettata sull'oceano, mostrando d'un colpo solo
tutta la squadra inglese che l'uragano spingeva verso sud. Le onde cominciavano
a spianarsi, pur mantenendosi sempre abbastanza alte, da non permettere né tiri
di bordata, né arrembaggi. Le navi inglesi fuggivano disperatamente dinanzi
all'uragano, cercando un porto qualunque ove rifugiarsi, ma era difficile
trovarlo, poiché gli Americani le inseguivano dappertutto: nella Carolina,
nella Georgia, nella Florida. Avevano giurato l'esterminio di quella flotta
fantasma, che colle sue improvvise comparse, ora su una costa, ora su un'altra,
metteva sottosopra stanziali e coloni.
Il Corsaro aveva dato
subito l'allarme, ordinando: «Tutti gli uomini ai pezzi! Fate quello che
potete.» Quindi soggiunse volgendosi al signor Howard: «Cerchiamo di separare
la fregata. Delle altre navi non m'interesso. A loro penseranno gli Americani.»
«Mi occuperò io di questo
affare, sir William,» rispose il secondo. «Prima la fregata sarà
tagliata fuori.»
«Non impegnatevi a fondo
in mezzo alla squadra. Temo il puntatore della fregata, che ci ha disalberati
così abilmente. Vorrei sapere dove l'ha scovato mio fratello!»
«Volete che ve lo dica
francamente, sir William?» disse il luogotenente. «Ho paura anch'io di
quel puntatore.»
«Ma, anche Testa di
Pietra imbrocca bene i suoi tiri. Bà! monteremo all'abbordaggio e, perdio! il
Marchese mi cederà la mia Mary... Al timone, signor Howard. Sorvegliate
attentamente gli uomini del cassero.»
«Ne rispondo io.»
La corvetta si era messa
vigorosamente in caccia, piombando addosso alla retroguardia inglese, formata
tutta di navi leggiere ed antiquate. Di là da quella barriera, fiancheggiata da
una mezza dozzina di navi d'alto bordo assai sgangherate, navigava la fregata
del Marchese.
L'allarme era stato
subito dato, ed i cannoni già facevano udire la loro possente voce, con poco
successo bensì, poiché il mare era ancora troppo mosso e impediva ai puntatori
di prendere la mira.
Le navi americane,
avvertite con segnalazioni di bandiere dell'audace progetto del Corsaro, si
erano messe animosamente dietro alla Tuonante, per essere pronte ad
aiutarla nel gran momento, ed avevano impegnato un vivace combattimento contro
cinque o sei piccoli avvisi veleggianti sui fianchi della flottiglia. Ma, come
abbiamo detto, era polvere sprecata.
Il pezzo da caccia di Testa
di Pietra tonava con intervalli di appena mezzo minuto, celerità massima per
quei tempi; eppure il Bretone arrabbiato, se la prendeva con tutti i campanili
della terra. Sempre le medesime parole uscivano dalle sue labbra contratte:
«Una vela forata! Una
sartia troncata! Uno striscio di murata! Bell'affare! Ci vuol altro, mio caro
testone!... Sei troppo vecchio ormai.»
«Ah, te ne accorgi?»
disse Piccolo Flocco, che lo aiutava nel caricamento del pezzo insieme con sei
artiglieri.
«Che il diavolo ti porti
diritto all'inferno, monellaccio!»
«A suo tempo.»
In quel momento sir
William salì sul castello di prora per animare colla sua presenza gli
artiglieri. «E dunque, vecchio mio?» disse rivolgendosi al Bretone. «Non si
disalbera?»
«Mare cattivo, mio
comandante.»
«Non sparare che sulla
fregata.»
«È quello che sto
facendo.»
«Le navi americane
s'incaricheranno delle altre. Su, Testa di Pietra, un colpo da fare stupire il
puntatore della fregata.»
«Se sapessi dove si
trova, lo truciderei.»
«Sul cassero.»
«Lo suppongo anch'io.
Piccolo Flocco, siamo pronti?»
«Sì, mastro,» rispose il
giovane gabbiere.
Il Bretone si chinò sul
pezzo tenendo in mano la miccia, rettificò due o tre volte la mira, poi scatenò
l'uragano, approfittando del momento in cui la Tuonante si librava sulla
cresta d'una mostruosa ondata, in modo da dominare tutta la squadra inglese. La
fregata veleggiava a mille e cinquecento passi e s'industriava di non mettersi
troppo allo scoperto, sapendo già il Marchese che ben poco aveva da sperare dal
bastardo.
Quasi avessero indovinato
il progetto del Corsaro, i marinai si mantenevano ostinatamente in mezzo alla
squadra, temendo un abbordaggio. Delle palle di quando in quando cadevano sulla
nave maledetta, ma non erano colpi decisivi. Invano Testa di Pietra aveva fatto
tonare a volta a volta i due grossi pezzi da caccia del castello di prora.
Sempre vele forate, qualche manovra recisa, qualche palla di rimbalzo che
strepitava sulla tolda avversaria, impressionando l'equipaggio, il quale si
vedeva fatto segno a quella grandine di colpi.
Il signor Howard,
abilissimo marinaio, con una lunga bordata sfondò la retroguardia della squadra
inglese, facendo tonare tutti i pezzi delle batterie.
Nessuna nave ebbe il coraggio
di opporsi a quell'audace attacco, anche perché gli Americani giungevano bene
stretti in aiuto della Tuonante, cannoneggiando senza economia di
polveri e di proiettili.
Intanto il Corsaro si era
avvicinato a Testa di Pietra:
«Su, vecchio mio, fracassa
un'ala a quel maledetto gabbiano, e poi monteremo all'abbordaggio.»
Il Bretone si terse col
dorso della mano destra, villosa come quella d'una scimmia, il sudore che gli
inondava la fronte, poi fece un gesto di disperazione.
«Io sono invecchiato
troppo presto, mio comandante!» rispose. «Passatemi alla riserva.»
«Le tue palle cadono
sulla fregata. Che cosa vuoi di più, con questo mare così mosso?»
«Vorrei rasare quella
nave come un pontone.»
«Quando la distanza sarà
diminuita, e tu avrai l'aiuto anche delle batterie, vedremo come se la caverà
mio fratello. Non tirare nel quadro. Potresti uccidere la fanciulla per la
quale ora io giuoco la vita.»
Un lampo balenò in quel
momento sul cassero della fregata, e una palla di buon calibro passò,
fischiando sinistramente, fra la maestra e la mezzana, forando le due vele
basse.
Testa di Pietra era
diventato pallido come un morto.
«Ah!» esclamò. «Ecco il
terribile puntatore che entra in scena. Per tutti i campanili dell'universo!
credo che la finirà male, anche questa volta, per noi.»
«Che borbotti, vecchio?»
gli chiese il Corsaro. «Lascia in pace i campanili e cerca di fracassare
qualche cosa.»
Testa di Pietra diede
fuoco al suo pezzo e mandò un grido di soddisfazione. Il pennone di gabbia di
maestra della fregata era stato spaccato di netto e i rottami, precipitando
sulla tolda, avevano ucciso o storpiato non pochi fucilieri che si tenevano
dietro alle murate.
«Corpo d'un campanile!»
esclamò il Bretone. «Mi avvicino all'alberatura... Ah, potessi imbroccare quel
puntatore!... È diventato il mio incubo.»
La fregata, che era in
piena corsa, mancandole improvvisamente l'aiuto di quella vela, fece un grande
scarto, di cui il signor Howard approfittò per lanciare la corvetta
all'attacco. Le navi americane l'appoggiarono vigorosamente, disorganizzando la
retroguardia inglese che presero d'infilata.
La voce squillante di sir
William echeggiò come sempre:
«Pronti per
l'abbordaggio!»
Cinquanta uomini, armati
d'asce e di sciaboloni d'arrembaggio e di pistoloni a doppia canna, montarono
sulla coperta, preparando rapidamente i grappini. Ormai la fregata del Marchese
non poteva più sfuggire ad un furioso attacco. Ma confidando forse nella sua
velocità e nel suo famoso puntatore, si era allargata, abbandonando la squadra
di lord Dunmore al suo destino.
Il Bretone sparava senza
posa, passando da un cannone all'altro, alternando palle incatenate e
mitraglia.
Alle 11 la Tuonante non
si trovava che a trecento passi dalla nave avversaria. Il momento terribile si
avvicinava. Difatti il signor Howard con una bordata netta tagliò fuori
l'avversaria, e si precipitò all'attacco.
Le navi inglesi,
cannoneggiate dalle americane, avevano continuata la loro corsa, non osando
impegnarsi a fondo con quei corsari che godevano fama di essere più che valorosi.
«Sotto, signor Howard!»
gridò il Baronetto.
La corvetta attraversò
due onde, rullando spaventosamente. Il suo bompresso andò a cacciarsi fra le
griselle di babordo del trinchetto, sfondandole e strappando sartie e
paterazzi, mentre un alto grido echeggiava a bordo:
«Sotto! All'abbordaggio!»
Tutti gli uomini delle
batterie salirono in coperta.
«A morte gl'Inglesi!»
strepitavano.
I grappini d'arrembaggio
furono lanciati; ma le ondate erano così forti, da far dubitare che i cavi
potessero resistere.
«Su, Piccolo Flocco!»
gridò il Bretone, dopo aver lanciato sul ponte della fregata un uragano di
mitraglia. «All'arma bianca, corpo d'un campanile!»
E lesto ancora come uno
scoiattolo, malgrado le molte primavere che gli pesavano sul groppone, saltò le
due murate, seguito dal giovane gabbiere e dall'Assiano, il quale, come abbiamo
detto, aveva un fratello a bordo della fregata.
Proprio in quel momento
un'ondata gigantesca si rovesciò addosso alle due navi, staccandole e
respingendole violentemente. Le funi dei grappini saltarono via, come se
fossero stati semplici fili di canapa. Quasi nel medesimo istante si udì una
fragorosa detonazione, ed una grande nuvola di fumo avvolse il cassero della
fregata.
Il terribile puntatore
del marchese d'Halifax aveva sparato il suo colpo, e, come la prima volta,
aveva mandato, con mirabile precisione, due palle incatenate sotto la coffa
della maestra abbattendo il grande albero.
L'abbordaggio per il
momento era sospeso, ma nemmeno la fregata osava assalire, poichè le quattro
navi americane accorrevano cannoneggiando fortemente.
Testa di Pietra, Piccolo
Flocco e l'Assiano, saltati sul castello di prora della nave avversaria, erano
rimasti come pietrificati da quell'inaspettato colpo di scena. E gl'Inglesi,
stupiti da tanta audacia, non avevano pensato subito ad assalirli.
«Bella figura che
facciamo qui!» disse il Bretone, lanciando uno sguardo malinconico sulla Tuonante,
la quale andava attraverso le onde coll'albero non ancora interamente
reciso.
«Pare che siamo presi; è
vero, mastro?» chiese il giovane gabbiere. «Non tentiamo la lotta?»
«Tre contro duecento e
forse più!... Sei pazzo?»
In quella, una guardia
marina, seguita da dieci fucilieri armati, si avventò contro loro, gridando:
«Arrendetevi, o siete
morti!»
«Non occorre urlare così
forte, signore!» disse Testa di Pietra. «Le nostre orecchie funzionano
benissimo.»
Arrendetevi!» replicò il
giovane ufficiale, minacciandoli con le pistole.
«A voi le nostre armi.»
Da dove venite?»
«Dal cielo non siamo
certamente caduti,» rispose Testa di Pietra. «Non siamo albatros.»
«Siete soldati della
corvetta?»
«Sì, signore.»
«Credo che non la
rivedrete.»
«Vicende della guerra,
signor mio. Mi preme per altro farvi osservare che quest'uomo non è un corsaro,
ma un soldato assiano, che si trovava prigioniero sul nostro legno.»
«È vero?» domandò
l'ufficiale a Hulbrik.
«Sì, signore; io essere
tedesco ed aver combattuto a Boston con lord Howe. Io afere qui un fratello.»
«Su questa nave?»
«Sì, mio ufficiale.»
«Come si chiama?»
«Wolf Honfurg.»
«Lo conosco.» E voltosi a
un fuciliere, gli disse: «Andate a chiamare l'assiano Wolf. Lo troverete nel
quadro: è il cane di guardia di miss Wentwort.»
Mezzo minuto dopo un
giovanottone grasso, rubicondo, biondo cogli occhi azzurri, il quale indossava
la divisa dei fucilieri da sbarco, montava sul castello di prora della fregata.
Appena vide i tre prigionieri non seppe frenare un gesto di stupore, perché
aveva pure riconosciuto i due Bretoni. a «È vero, Wolf, che quest'uomo è tuo
fratello?» gli chiese il giovane ufficiale.
«Mio buon fratello,»
rispose l'Assiano, aprendo le braccia.
«E gli altri li conosci?»
Un rapido gesto di
Hulbrik gli mozzò la parola; quindi scosse la testa, si accarezzò i baffettini
biondi, e rispose:
«Io non avere mai veduto
quella gente.»
«E questo tuo fratello
come si trovava su quella nave?»
«Io non saperlo.»
«Lo dirò al signor
Marchese.»
Poi volgendosi verso i
due Bretoni, i quali avevano gettate le armi, disse loro con voce dura:
«Voi
seguiteci.»
«Dove?» chiese Testa di
Pietra. «Io passerei volentieri in cucina, perché oggi non ho avuto tempo di
pranzare. I miei pezzi mi volevano tutto per sé.»
«Ah, in cucina? Anzi, vi
faremo passare nella cabina del comandante, signor mio... Come vi chiamate?»
«Testa di Pietra, mastro
d'equipaggio della Tuonante, nato in Bretagna... non mi ricordo quanti
anni fa; ma questo a voi deve poco interessare.»
«Punto, signor Testa
dura,» rispose l'ufficiale ridendo.
«No, signor mio: Testa di
Pietra, vi ho detto.»
«Corsaro del baronetto
Mac-Lellan.»
«Ai servigi della
Repubblica Americana.»
«Una repubblica che non
esiste ancora sulla carta geografica.»
«Un giorno avrà i suoi
colori e i suoi confini.»
«Ne siete persuaso?»
«Gli Americani ve ne
daranno ancora delle legnate.»
«Nell'attesa che ce le
diano e che voi possiate preparare degli straordinari piani di guerra, mando
voi ed il vostro giovane compagno a meditare in una cella della sentina. Dicono
che l'oscurità si presta ai grandi raccoglimenti.»
«Non siete troppo
gentile!» disse il Bretone piccato. «Siamo prigionieri di guerra.»
«Corsari.»
«Tutti sono corsari oggi,
cominciando da voi.»
La guardiamarina fece un
segno ai fucilieri, i quali si strinsero subito addosso ai due Bretoni
minacciandoli colle punte delle baionette mentre Hulbrik e Wolf, rimasti sul
castello di prora, discorrevano animatamente.
«Come ti trovi qui?»
aveva chiesto il secondo, il quale pareva non si fosse ancora rimesso dallo
stupore. «E come ti trovi con quegli uomini?...»
«Che noi, fratello,
salveremo, dovessi sfidare la forca!»
«Sei pazzo, Hulbrik?»
«Devo loro la mia vita...
Ma dimmi prima di tutto, fratello, se la giovane miss dai capelli biondi
e gli occhi azzurri è sempre a bordo.»
«Sempre, strettamente
sorvegliata da me.»
«Allora tutto andrà
bene,» esclamò Hulbrik.
«Che
cosa vorresti fare, fratello?»
«Fare scappare i
prigionieri ed anche la miss.»
«E la nostra pelle?»
«Gl'Inglesi non ce
l'hanno ancora presa, e spero che non ce la prenderanno.»
«Non ha dunque rinunciato
a lei il baronetto Mac-Lellan?»
«Tutt'altro! È più innamorato
che mai, e deciso a tutto, pur di riaverla.»
«L'affare che mi proponi
è molto serio,» disse Wolf.
«Forse meno di quanto
credi. Una scialuppa, una notte oscura, una discesa in mare senza fracassi,
quattro colpi di remo, ed ecco la libertà per tutti. Che ne dici, caro
fratello?»
«Brutto affare!»
«Hai sempre entrata
libera nel quadro?»
«A qualunque ora del
giorno e della notte, poiché, come ti ho detto, son io incaricato di
sorvegliare la miss.»
«Andrai dunque a dirle
che vi sono a bordo il mastro ed il gabbiere del Baronetto. Chi sa che qualche
buona idea non spunti anche nella sua testa?»
«Come vuoi, fratello,»
rispose Wolf.
La fregata intanto aveva
ripresa la fuga, perseguitata da lontano dai pezzi da caccia prodieri delle
navi americane ed anche della corvetta la quale era riuscita a sbarazzarsi
della sua ala ferita che il terribile puntatore del Marchese le aveva
nuovamente mozzata. Le navi di lord Dunmore non erano quasi più visibili. Erano
fuggite senza accettare il combattimento, perché avevano gli equipaggi
terribilmente ridotti a scarsissime munizioni, non avendo potuto rifornirsi in
alcun porto.
Verso il tramonto anche
la corvetta ed i quattro legni americani erano scomparsi nella foschia
dell'orizzonte. E la fregata correva, correva, allontanando sempre più dal
disgraziato Baronetto la giovane dai capelli biondi e dagli occhi azzurri. Oh,
ma vi era Testa di Pietra a bordo! Anche se sorvegliato, quell'uomo
straordinario era ancora capace di dar del filo da torcere al marchese
d'Halifax.
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