9 - Una notte d'angoscia
Quantunque l'oscurità fosse,
come abbiamo detto, profondissima, essendosi alzata anche la nebbia, compagna
fedele della grande corrente del Golfo, scorsero subito una scialuppa, la quale
seguiva esattamente la scia biancastra della fregata. Una fune lunga dodici o
quindici braccia, bene assicurata alla boma della randa della mezzana, la
tratteneva alla murata poppiera. Dentro l'imbarcazione un'ombra umana si
agitava, gettando nell'acqua, di quando in quando, qualche cosa: delle lenze o
delle reti.
«È Hulbrik!» disse Testa
di Pietra a Piccolo Flocco.
«Che cosa pesca? le
meduse o le nottiluche?»
«Credo non lo sappia
nemmeno lui. Del resto, non vi sono al mondo che due popoli veramente
pescatori: l'olandese e il bretone.»
«Và tu dunque ad
aiutarlo.»
«Ho da preparare i pugni
per l'amico!»
«Mi
sembra robusto quel timoniere.»
«Ma non resisterà al mio
colpo di bordata secca. Che ora abbiamo?»
«La
mezzanotte non deve esser lontana.»
«Ti
batte il cuore?»
«Niente
affatto: sono tranquillissimo.»
In quel momento si udì
una voce gridare nelle batterie:
«Diana!
Cambia il quarto!»
I trenta o quaranta
uomini che si trovavano dispersi per la tolda, s'affrettarono a scomparire,
mentre dalla camera comune di prora usciva la guardia franca.
«Attento, Piccolo
Flocco!» disse Testa di Pietra. «Ritira subito la corda e fà accostare la
scialuppa al Babordo della cabina della miss. Bada che se ti confondi,
ti prendo per le gambe, e ti butto giù a capofitto. E allora sarò io che
griderò: 'un uomo in mare!'
«Io nuoto come un pesce e
non ho paura nemmeno degli squali. Invece ho paura dei gronghi, perché...»
«Taci
chiacchierone.»
«A me chiacchierone? Sei
tu che non stai zitto nemmeno cinque minuti.»
«Ora non parlo più finché
non odo il grido di Wolf. Quando un uomo cade in mare, e soprattutto di notte,
l'equipaggio s'impressiona e sovente perde la testa.»
La guardia franca si era
dispersa per la tolda, la maggior parte a prora, essendo la notte nebbiosa, e
quindi una collisione con qualche nave ritardataria di lord Dunmore non era improbabile.
Gli altri, dopo aver sorseggiata una pessima tazza di caffè con fondi bolliti e
seccati sette volte, si erano sdraiati fra l'albero di maestra e quello di
trinchetto. Anche l'ufficiale di quarto passeggiava sul castello, aguzzando gli
sguardi fra il nebbione, che diventava di momento in momento più fitto, come
per favorire la fuga dei due bravi Bretoni.
In lontananza balenava,
ed il tuono brontolava propagandosi fra le nere masse di vapore che il vento di
levante cacciava novamente verso la costa americana. Di quando in quando una
grossa ondata prendeva di traverso la fregata e la sollevava violentemente con
mille scricchiolii.
«Ecco quello che
m'inquieta!» brontolò Testa di Pietra. «L'imbarco della miss può
diventare molto più difficile... Bà! Vedremo!»
Com'ebbe finito di
fumare, fece roteare le braccia per meglio sciogliere i muscoli; quindi si
avvicinò al timoniere, il quale, forse mezzo ubriaco, forse molto stanco,
pareva sonnecchiasse sulla ribolla.
D'improvviso un grido
coprì il fragore delle onde ed i brontolii della tempesta:
«Un uomo in mare!»
Nessun marinaio resta
impassibile ad un simile avviso, che può annunciare la morte d'un camerata.
La voce dell'ufficiale di
quarto echeggiò subito:
«Calate una scialuppa! In
panna la fregata!»
Quindici o venti uomini
si lanciarono a eseguire l'ordine.
Testa di Pietra aveva
fatto un salto innanzi, precipitandosi sul timoniere semiaddormentato. Il suo
pugno, grosso e duro come una mazza da fucina, piombò con sordo rumore sul
cranio del disgraziato, il quale cadde di colpo dietro l'abitacolo senza
mandare un grido.
Piccolo Flocco,
approfittando della confusione che regnava a bordo, aveva ritirata rapidamente
la fune che tratteneva la scialuppa; e Hulbrik da parte sua accostava coi remi.
Quando se la videro sotto, i due Bretoni varcarono la murata poppiera,
s'aggrapparono alla fune ed in un lampo raggiunsero l'Assiano.
«E la miss?»
chiese Testa di Pietra, guardando verso i sabordi che si spalancavano sopra il
timone.
In quello stesso momento
udirono il Marchese bestemmiare.
«Corpo d'un campanile!»
esclamò il mastro. «La miss è stata sorpresa mentre si disponeva a
fuggire. L'affare è perduto! Ai remi! ai remi!»
«C'è una vela,» disse
Piccolo Flocco.
«Issala subito, mentre io
e Hulbrik prendiamo il largo. Corpo d'una balena! Se gl'Inglesi ci scorgono, ci
mitragliano.»
La fregata si era messa
in panna ad una buona gomena di distanza, per attendere la scialuppa che era
stata calata per raccogliere l'uomo caduto in mare. Fortunatamente, come
abbiamo detto, la notte era nebbiosa ed oscurissima, quindi i fuggiaschi
potevano sperare di prendere il largo senza essere, almeno per il momento,
molestati.
Piccolo Flocco in un
batter d'occhio aveva issato un alberetto e spiegata una piccola randa.
«Al timone!» gli disse
Testa di Pietra.
«La rotta?»
«Non lo so: scappiamo,
ecco tutto!»
Un vento fresco, che
pareva provenisse da levante, soffiava, scaraventando di quando in quando
qualche raffica piuttosto impetuosa. Così la baleniera s'alzò subito sulle onde
che s'incalzavano, e scomparve presto fra il nebbione.
Ma a bordo della fregata
dovevano essersi accorti della fuga dei Bretoni, poiché si udirono per parecchi
minuti dei colpi di fucile, sparati a casaccio in tutte le direzioni, e poi
anche una cannonata.
«Troppo tardi!» disse
Testa di Pietra.
Infatti la fregata era
ormai scomparsa, e la baleniera filava rapidissima allontanandosi sempre più.
«Abbiamo salvata la
pelle, ma non la miss!» disse Piccolo Flocco, il quale teneva la barra.
«Che il Marchese l'abbia sorpresa nel momento in cui si preparava a gettare la
scala?»
«Lo suppongo.»
«E quel povero Wolf?»
«Non è un minchione, e
saprà trarsi d'impaccio. Che cosa dici tu, mastro pirra pirra?
«Io non essere inquieto,»
rispose il Tedesco, «Wolf è ben feduto dal Marchese.»
«Ehi, amico, hai
imbarcato delle armi e dei viveri?»
«Due fucili e fiferi per
due o tre ciorni.»
«Poca cosa, corpo d'un
campanile! Ma ci metteremo a stretta razione. Noi non sappiamo quanto distiamo
dalla corvetta, né dalle coste americane. Avanziamo come i ciechi...»
«Taci!»
«Un altro colpo di
cannone!»
«La fregata di certo ci
dà la caccia. Non ci lasciamo prendere, Testa di Pietra, perché questa volta il
Marchese ci farebbe fare l'ultima danza con una corda al collo.»
«Speriamo di sfuggire
alle sue ricerche. Intanto questo nebbione, alzatosi in questo momento, ci
protegge. Su un mare così ampio noi siamo meno d'un punto che i più potenti
cannocchiali difficilmente potrebbero scorgere.»
«Che rotta avrà preso la
fregata?»
«Che vuoi che sappia?
Cerca tu, che possiedi degli occhi più giovani dei miei.»
«Ma meno esperti.»
«Ah, questo è vero,»
rispose il mastro. «Diamine!... Sono di Batz io, corpo d'una foca!... Attento
al timone, monello!»
Un'ondata enorme si
avanzava rumoreggiando sinistramente, alta una diecina di metri, una di quelle
ondate poderose che di solito non si vedono che nei paraggi del capo Horn. La
baleniera fu sollevata con violenza fra una larga distesa di schiuma quasi
fosforescente, poi precipitò in un abisso che pareva non avesse fondo. Per cinque
o sei minuti i fuggiaschi furono spaventosamente sballottati e inzuppati; ma la
baleniera resse benissimo a quel tremendo urto, e nemmeno cedettero gli
stomachi dei due Bretoni e dell'Assiano. Erano tutti e tre a prova di bomba, e
il mal di mare non aveva presa su di loro.
«Ehi, mastro,» disse il
giovane gabbiere, «che si scateni un uragano?»
«Si è già scatenato
sull'Atlantico, chi sa a quale distanza? ed ora si ripercuote qui, e non credo
che tutto sia finito.»
«Tu sei come gli albatros
e le procellarie.»
«Sì, le ho sempre sentite
da lontano le tempeste, come quei maledetti uccellacci... Ehi, bada alla
barra!»
Un'altra montagna liquida
si precipitava all'assalto della disgraziata baleniera. Si sarebbe detto che
l'Atlantico voleva anche quella preda, come se il suo fondo non fosse seminato
abbastanza di caravelle, di galeoni, di corvette, di navi d'alto bordo,
inghiottite in tanti secoli in notti d'uragano.
Anche quell'onda passò,
scaraventando la baleniera assai alta, fra un baccano assordante, fra mille
urli e ruggiti.
«Ehi, Testa di Pietra,
questi si chiamano colpi? Pare di essere nella Manica quando la marea cambia.»
«Stavo per dirtelo io.»
«Finiremo coll'andare a
bere nella gran tazza?»
«Tu sei un asino. Io ho
esaminata la baleniera, e ti posso dire che resisterà quanto la Tuonante, anche
se non è più lunga d'una ciabatta. Gl'Inglesi sono sempre stati famosi nelle
costruzioni delle navi. I nostri carpentieri possono andare a nascondersi.»
«Non denigrare la
Bretagna.»
«La mia lingua non ha
peli e dice sempre la verità... Corpo d'una balena! Dove si troverà la
corvetta? Che non si possa proprio raggiungere? E tu, mastro pirra pirra,
non parli? Come va lo stomaco?»
«Sfondato!»
rispose l'Assiano sorridendo.
«Ci vorrebbero due dozzine
di quelle famose salsicce di mastro Taverna che tu innaffiavi con del vino
scorpionato.»
«Pono! Pono!» rispose il
Tedesco.
Una terza ondata sollevò
la baleniera, e questa volta lo stomaco del povero Assiano, già messo a dura
prova, non resse.
«Fuori! fuori!» esclamò
Testa di Pietra vedendolo vomitare. «Non sono che vermi. Devi averne mangiati
parecchi anche tu a bordo della fregata.»
«Lo credo,» rispose
Hulbrik.
«Non aver riguardi per
noi. Siamo marinai e ne abbiamo veduti de' corpi vuotarsi; è vero, Piccolo
Flocco?»
«Dei milioni.»
«Bombone! Sei troppo
giovane, tu.»
«Ne ho veduta anch'io
della gente buttar fuori quanto aveva nello stomaco; e basta, noioso! Tu senti
il tempo.»
Testa di Pietra proruppe
in una fragorosa risata, ed esclamò:
«Io sentire il tempo? Io
vecchio merluzzo pescato sui banchi di Terranova? Tu diventi matto, ragazzo!»
In quel punto si alzò di
scatto e si mise le mani agli orecchi. Pareva che ascoltasse.
«E dunque?» chiese il
gabbiere inquieto, mentre Hulbrik continuava a vuotarsi le budella con sussulti
terribili.
«Hanno sparato ancora!»
rispose il mastro.
«Io non ho udito nulla.»
«Ti dico che hanno
sparato un colpo di cannone.»
«Che sia stata la
corvetta?»
Il mastro crollò la testa
come scoraggiato e disse:
«Io non spero davvero d'incontrarla.»
«Ed allora perché siamo
fuggiti?»
«Perché non mi piaceva di
farmi impiccare. Sulla fregata non c'era mica quell'ottimo mastro Impicca, mio
caro, che sapeva fare le sue operazioni così bene!»
Una quarta ondata assalì
la scialuppa, strappando a Hulbrik una bestemmia. Un momento dopo si udirono in
lontananza i tuoni rombare furiosamente, poi due lampi squarciarono l'oscurità.
«Male!» esclamò il
mastro. «Ecco l'uragano!»
«Se sarà un male per noi,
non sarà un bene neanche per la fregata del Marchese.»
«Quella è grossa, mentre
questa scialuppa è piccina.»
«Ma tiene splendidamente
il mare.»
«Si vedrà più tardi,»
disse il mastro poco convinto.
Come tutti i pescatori
bretoni, portava appesa alla grossa catena dell'orologio una piccola bussola
che non lo abbandonava mai. Era una precauzione da vero marinaio.
Attese un lampo, si
orientò alla meglio, poi si sedette alla barra, dicendo a Piccolo Flocco e al
Tedesco:
«Voi occupatevi delle
vele: a me la direzione.»
Cercò di caricare la sua famosa
pipa, ma in quel momento un acquazzone si rovesciò sull'oceano, accompagnato da
tuoni e da fulmini.
«Diamo battaglia
all'Atlantico!» disse il mastro, rimettendosi in tasca la sua preziosa pipa.
«Forse non siamo noi due i Bretoni che affrontano e rompono le onde della
Manica? Siamo nati marinai e non ci lasceremo vincere così facilmente da
quest'uragano imbecille. Bada alle scotte, Piccolo Flocco.»
«Ed io fare qualche
cosa?» chiese l'Assiano.
«Tu và a
dormire, se potrai,» rispose il mastro.
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