17 - Sotto la foresta
La svelta scialuppa aveva
ripresa la corsa, rasentando audacemente la scogliera, la quale spiccava
benissimo, essendo il mare intorno fosforescente. Banchi di nottiluche e
gigantesche meduse si lasciavano andare alla deriva, sprizzando mille luci.
Testa di Pietra, che non
desiderava affatto di venire scoperto dalla fregata, per tema di buscarsi
qualche cannonata, si gettò novamente verso la costa, la quale presentava di
quando in quando degli squarci che potevano diventare ottimi rifugi in caso di
pericolo, ché la grande foresta distava pochi passi. E dopo aver seguiti i
banchi e gli scogli, che si stendevano senza interruzione per un paio di miglia
ancora, si spinse al largo. La fregata non doveva essere lontana: così
supponeva Testa di Pietra, e non s'ingannava. Infatti dopo alcune bordate per
evitare le curve della costa, un grido sfuggì dal petto dei tre naufraghi:
«Gl'Inglesi!...
Finalmente!...»
Sullo sfondo del cielo
illuminato da un gran numero di fuochi, che parevano accesi sulla spiaggia, si
era delineata la fregata. La grossa nave non aveva avuta completa fortuna ed
era andata ad arenarsi in mezzo a quella moltitudine di banchi, piegandosi
fortemente sul tribordo. Pareva che l'equipaggio lavorasse attivamente per
rimetterla in acqua, poiché delle vele erano ancora stese e delle scialuppe
andavano e venivano.
Il mastro virò di bordo,
e avendo scorto, a meno di mezzo miglio dalla nave, un altro squarcio, vi si
cacciò audacemente, accostando con precauzione l'alta spiaggia coperta di
grossi pini, i quali proiettavano sulle acque una cupa ombra.
«A terra e Consiglio di
guerra!» disse Testa di Pietra. «Prendete le armi.»
«E la
scialuppa?» chiese Piccolo Flocco.
«Chi vuoi che venga a
cercarla qui? Gl'Inglesi hanno ben altro da fare che darsi il lusso di
esplorare le coste.»
La legarono saldamente ad
un gruppo di paletuvieri trasudanti la febbre gialla, poi guadagnarono il
margine della grande foresta. Testa di Pietra aspirò prima con vivo piacere due
boccate d'aria impregnata di resina, poi sedutosi a piè d'un enorme pino, che
lanciava la sua vetta a settanta e fors'anche a ottanta metri, disse:
«Formiamo il nostro piano
di battaglia.»
«Non si corre
all'abbordaggio?» chiese Piccolo Flocco.
«Non è il momento di
scherzare questo, monello. Si tratta di salvare la fidanzata del nostro
capitano. A quanto mi è sembrato, parte dell'equipaggio si è accampato sulla costa
per alleggerire la fregata, e noi dobbiamo andare a pescare qualcuno di quei
gamberi cotti, prima di tutto.»
«Mio fratello Wolf,
patre,» disse il Tedesco.
«Ci ho pensato anch'io a
lui, ma sapremo trovarlo senza venire scoperti? Il marchese d'Halifax questa
volta non ci regalerebbe la pelle, ve l'assicuro, se riuscisse a riprenderci.»
«Lo credo anch'io,» disse
Piccolo Flocco, passandosi le mani attorno al collo come per assicurarsi che
non vi aveva una corda. «Infine si tratta di andare a rapire bionda miss.»
«No, no: per ora voglio
soltanto un uomo per interrogarlo sui progetti del Marchese. Gli ufficiali non
rimarranno inoperosi all'accampamento, mentre la foresta è piena di selvaggina
e la fregata è a corto di viveri.»
«Allora, se non potremo
trovare Wolf,» disse il giovane gabbiere, «cercheremo di far prigioniero
qualche altro della Marina per farlo cantare. »
«Non vi nascondo che la
spedizione è arrischiata, ma noi siamo uomini ormai rotti a tutte le avventure.
Tu, Hulbrik, prendi lo zampone d'orso, che io ho avuto la precauzione
d'arrostire prima di abbandonare il brick-goletta, e mettiamoci in marcia.»
«Un'ultima parola,» disse
il giovane gabbiere, mentre il buon Tedesco tornava coll'arrosto che già
puzzava assai.
«Parla pure, monello.»
«E sir William?»
«Non ostinarti a pensare
a lui per ora. Il mare è vasto, ma io sono certo d'incontrarlo da un momento
all'altro. Ora mi occorre un prigioniero. Sai tu dove andrà il marchese
d'Halifax, dopo rimessa a galla la fregata? Andrà verso le Antille, o tornerà
al nord? La guerra infuria intorno a New York, ed il Marchese non vorrà mancare
agli ultimi combattimenti. Sei soddisfatto, grande curioso?»
«Sì, Testa di Pietra,»
rispose il giovane gabbiere.
«Allora, corpo di cento
campanili! Prendiamo lo slancio e andiamo a scovare il nostro uomo.»
«Lontano campo?» chiese
il Tedesco.
«Nemmeno un miglio,»
rispose il vecchio Bretone. «Faremo una splendida passeggiata sotto quei
pini... Ma si va o non si va, corpo d'una balena? Se continuate a domandare,
accendo la mia pipa e mi accampo qui.»
Stavano per mettersi
finalmente in marcia attraverso la magnifica foresta, quando con loro grande
stupore e, diciamolo, non senza paura, udirono rullare a breve distanza un
tamburo.
«Inglesi!» esclamò il
Tedesco, facendo fatto di volgersi.
Ma Testa di Pietra fu
pronto a fermarlo, dicendo:. «So di che si tratta. Gl'Inglesi non c'entrano
affatto.»
«Eppure questo è il rullo
d'un tamburo!» disse il gabbiere.
«E sai chi è il
sonatore?»
«Un tamburino, si
capisce.»
«Invece è un pesce che si
chiama appunto tamburo, il quale si trova in abbondanza in queste riviere.
Somiglia ad una gigantesca anguilla, pesando talvolta fino a trenta
chilogrammi. Mi ricordo d'averne veduti parecchi.»
«Quel furfante mi ha
fatto provare, non ho vergogna a confessarlo, un certo spavento. Credevo
proprio che gl'Inglesi fossero qui,» disse Piccolo Flocco.
«Oh, ne udrete ben altri
dei rumori strani,» soggiunse il mastro, «sotto queste foreste, ma non dovete
spaventarvi affatto. Per lo più sono gli uccelli che fanno il maggior chiasso.»
Per la seconda volta
ripresero le mosse su un terreno stranamente elastico, che li faceva saltellare
invece che camminare.
«Ehi, Testa di Pietra, ma
che c'è qui sotto?»
«Migliaia e migliaia di
tonnellate di frutti di pino, accumulatisi da secoli, e nient'altro, rispose il
mastro.
«E non sprofonderemo
noi?»
«Non c'è pericolo.»
Mentre il pesce tamburo
continuava a rullare, i tre naufraghi camminavano di buon passo, tenendosi vicini
alla costa, volendo mantenere quasi il contatto anche con la fregata. La grande
foresta echeggiava di mille rumori strani, prodotti da bande di galli del
collare, che si divertivano quella notte a combattersi ferocemente. Sono strani
volatili, che si trovano in gran numero nelle foreste della Florida e delle
Caroline, dove vengono perseguitati dai cacciatori, perché la loro carne è
gustosissima. Formidabili cantori, perché provveduti di sacchi aerei che
pendono loro sotto il collo, si sfidano specialmente durante le notti oscure e
fanno concerti spaventosi, ché la loro voce si ode anche a tre miglia di
distanza. E quei concerti finiscono sempre in risse feroci per le gelosie dei
cantori, e molti di essi rimangono sul campo, mutilati dai robusti sproni dei
compagni.
«Che baccano!» esclamò
Piccolo Flocco. «Ma che bestie sono?»
«Volatili, ti ho detto,
chiamati galli del collare o tetraoni. Pesano anche più di due chili; sono alti
due piedi, ed hanno quattro ali, due collocate al solito posto e le altre invece
sotto il collo. Se potessi fartene assaggiare qualcuno, non ti rincrescerebbe
di certo. I grandi signori delle colonie del Nord mandano qui appositamente dei
cacciatori a farne strage. A New York costano un occhio.»
Continuando a saltellare
sul terreno elastico della foresta, verso la mezzanotte i tre naufraghi
scoprivano improvvisamente i fuochi dell'accampamento inglese.
Mentre i marinai
lavoravano sulla fregata, la fanteria di marina era passata sulla costa anche
per provvedersi di viveri e d'acqua, insieme con una parte degli ufficiali e
col Marchese. La bionda miss doveva trovarsi certamente nel campo.
«Corpo d'un campanile!»
esclamò il vecchio mastro, arrestatosi distante un trecento passi dai fuochi.
«Che idea!...»
«Un'idea proprio dei
Bretoni di Batz?» chiese Piccolo Flocco, un pò sardonicamente.
«Lasciami parlare,
monello: l'ammiraglio son io: sì o no?»
«Sì, Testa di Pietra.»
«Ebbene, ti confesso che
sono stato fino ad ora un vero asino.»
«Malgrado la storica pipa
del tuo famoso nonno?»
«Tuoni di Batz! Mi lasci
finire?» esclamò il mastro alzando il pugno.
«Continua, patre,» disse
il Tedesco.
«La fregata è arenata, e
per alcuni giorni non riprenderà il mare. Perché non andiamo noi ad
incendiarla?»
«Che hai detto?» chiese
il giovane gabbiere.
«D'andare a bruciar la
fregata. Sei diventato sordo?»
«E perché distruggerla?»
«Il Marchese e tutti i
suoi uomini allora rimangono qui, insieme con la bionda miss, senza
poter riprendere il mare, mentre noi montiamo sulla nostra scialuppa e andiamo
a trovare il Baronetto.»
«Ma dove?»
«In qualche luogo lo
troveremo: il cuore me lo dice.»
«Non s'inganna mai?»
«Mai!» rispose gravemente
il vecchio mastro. «Lo conosco bene, io. Mi affido più volentieri al cuore che
al cervello... Scomparsa la fregata, il Baronetto potrebbe venir qui ed
impegnare un disperato combattimento.»
«E chi andrà a bruciare
la nave?»
«Chi? chi? Io, per
centomila campanili!»
«No, mastro: questa volta
lascerai a me l'impresa.»
«A un ragazzo!...»
«Saldo come un Bretone.»
«Patre,» disse l'Assiano,
«io contare nulla? Tu avermi salvata la vita, e mia vita essere tua.»
«Che bravi compagni!»
esclamò il mastro con voce commossa. «Se fossi una donna piangerei come una
fontana... L'occasione è propizia. I marinai vanno e vengono e non faranno
attenzione se un altro monterà sulla fregata. Credo che ormai ci abbiano
dimenticati e non ci riconoscano più.»
«E poi tutti i marinai si
rassomigliano,» disse Piccolo Flocco, levandosi la giacca.
«Che cosa fai?»
«Vado a bruciare la nave
maledetta che ha dato al nostro comandante tante noie.»
«E se ti prendono?»
«Mi appicchino: un buon
corsaro non ha mai avuto paura della morte.»
«Non sei nato a Batz, ma
ti ammiro egualmente!» disse il vecchio Bretone. «Che fegato hanno questi
giovani marinai!.... Mio caro, tu non calzerai le scarpe dei vecchi, perché sei
troppo imprudente.»
«Io afere, patre, su
fregata mio fratello. Io andarlo a trovare e bruciare tutto,» disse l'Assiano.
«Ma tu non sei sicuro se
si trova sulla nave o al campo,» rispose Testa di Pietra. E soggiunse dopo un
breve silenzio, con accento risoluto: «Andremo tutti, accada quello che il
destino ha fissato. Abborderemo la fregata da poppa, entreremo pei larghi
sabordi, servendoci delle catene del timone, poi vedremo. Chi sa che non si
presenti l'occasione di rapire la bionda miss!... Nascondete le carabine
e le munizioni, che già non ci servirebbero a niente in una simile impresa, e
basta colle chiacchiere.»
«Sarebbe tempo!» disse il
giovane gabbiere.
«Andiamo dunque incontro
alla morte!»
Nascosero le carabine e le
munizioni in mezzo ad una pianta di passiflore, poi i tre valorosi, decisi a
tutto, scesero la costa per attraversare il canale che li separava
dall'accampamento e dalla fregata. Non si trattava che di fare una nuotata di
appena cinquecento passi, un vero giuoco pei Bretoni ed anche per il Tedesco.
Già erano giunti alla
riva e si preparavano a gettarsi in acqua, quando una forma umana, che teneva
imbracciata una carabina, si alzò improvvisamente dinanzi a loro.
«Chi passa?» gridò.
Testa di Pietra, sempre
pronto e sempre audace, prima aperse il suo coltellaccio, poi rispose in un
inglese passabile:
«Asino! Non vedi che
siamo cacciatori che torniamo da una battuta? Vuoi che mangiamo sempre vermi
sulla fregata?»
«La parola d'ordine!»
«Marchese d'Halifax.»
L'Inglese fece un salto
indietro e mise la baionetta in canna.
«Che cosa vuol dire ciò?»
chiese Testa di Pietra, il quale cominciava a perdere il suo solito sangue
freddo. «Hai bevuto troppo, camerata, oggi?»
«Tu non conosci la parola
d'ordine, e perciò non puoi accostarti all'accampamento.»
«Allora me la dirai tu.»
«Sì, piantandoti la
baionetta nel petto!» rispose pronto il marinaio inglese.
«Dunque hai il fucile
scarico, amico?»
«Non importa.»
«Pezzo d'asino, non vedi
che siamo in tre? E se tu sapessi chi siamo noi, ti verrebbe la pelle d'oca.»
«Arrendetevi!
Di qui non si passa senza la parola d'ordine.»
L'Inglese spiccò un salto
innanzi, allungando un tremendo colpo di baionetta che non colpì nessuno. Testa
di Pietra, gettandosi prontamente a terra, aveva abbrancato per i piedi il
marinaio e fattolo cadere, quindi, aiutato da Piccolo Flocco e dal Tedesco, lo
aveva in un momento disarmato.
«Ah, cani!» ruggì il
caduto, dibattendosi.
«Sii tranquillo, se non
vuoi lasciar qui la pelle,» disse Testa di Pietra, minacciando d'infilarlo
colla baionetta. «Piccolo Flocco, dammi un pezzo di corda per legare per bene
questo signore. Ora non ci scappa più e, per tutti i campanili della terra! lo
faremo cantare.»
Il giovane gabbiere, da
buon marinaio, non mancava mai di qualche pezzo di gherlino, sicché l'Inglese
in un momento ebbe le mani e i piedi legati. Ma non contenti di ciò, i tre
naufraghi lo trasportarono presso il tronco d'un giovane pino e ve lo legarono
con tre o quattro robuste liane, resistenti come funi.
«Tò!» esclamò Testa di
Pietra ridendo. «Sembra un salame il nostro amico!
Il prigioniero rispose
con una filza di bestemmie, le quali non turbarono affatto né i due marinai né
il Tedesco. Lo lasciarono calmare un pò, quindi Testa di Pietra, minacciandolo
colla baionetta, disse:
«Ora apri il becco e
canta. Qual'è, innanzi tutto, la parola d'ordine per entrare nel campo o per
montare sulla fregata?»
L'Inglese strinse i denti
e le labbra, ma subito riaprì gli uni e le altre per mandare un grido di
dolore. La punta della baionetta l'aveva toccato al collo, sotto il pomo
d'Adamo.
«O parli, o affondo!»
disse il mastro. «Come vedi, qui non hai mezzo di salvarti. Sbrigati, o
t'inchiodo all'albero.»
«Scotia,» rispose il prigioniero
a denti stretti.
«La fregata è perduta o
no?»
«Domani mattina tornerà a
galleggiare e farà rotta per New York, per prendere parte alla guerra che vi si
combatte.»
Testa di Pietra si dette
due pugni sul durissimo cranio.
«Domani, hai detto?»
esclamò.
«Sì.»
«Corpo d'un campanile!
Non cerchi d'ingannarmi, tu?»
«Se sono nelle vostre
mani...»
«E rimarrai qui
prigioniero finché non avrò verificato l'esattezza delle tue informazioni. »
«E poi mi ucciderete?»
«Siamo onesti corsari
noi, e non già degli assassini. Ora dimmi un'altra cosa e dimmi la verità se ti
preme la pelle: la bionda miss si trova a bordo della fregata?»
«No: è a terra.»
«E il Marchese?»
«Anche.»
Il mastro si diede due
altri poderosi pugni nella scatola ossea.
«Io avevo sperato di
rapire, con un colpo di mano, la bionda miss; ma ormai vedo che tale
tentativo segnerebbe la nostra morte.»
«Che fare allora?» chiese
Piccolo Flocco.
«Cerchiamo
d'immobilizzare la fregata, poi fuggiamo verso il nord in cerca della Tuonante.
In qualche luogo la troveremo... Spogliatemi quest'uomo, che è alto e
grosso quanto me; datemi le sue vesti e lasciate a me l'incarico di tentare il
gran colpo.»
Il giovane gabbiere e
l'Assiano furono pronti a obbedire.
Testa di Pietra indossò le
vesti del prigioniero, che gli si adattavano abbastanza bene, prese il suo
coltellaccio e disse:
«Aspettatemi qui, e
qualunque cosa succeda non muovetevi.»
«Tu vai a farti
uccidere!» esclamò il giovane gabbiere.
«La mia pelle rimarrà
ancora un bel pò sulla mia carcassa, te lo dico io, mio caro... Orsù, ho la
parola d'ordine e sono un Inglese; quindi nessuno m'impedirà di passeggiare
sulla fregata e nelle sue batterie... Badate che quest'uomo non fugga ed
aspettate il mio ritorno.»
«Sii prudente, patre,» disse
il Tedesco.
«Non temere: fra mezz'ora
la fregata, a meno che il diavolo non ci metta la coda, brucerà allegramente...
Addio, amici... o, piuttosto, arrivederci.»
Scese la riva, si gettò
in acqua, dopo essersi bene assicurato che da quella parte non vi erano
sentinelle, e si mise a nuotare velocemente, non mostrando che la punta del
naso. Del resto l'oscurità era così fitta, che non si poteva scorgere un uomo
in mare; e poi i marinai che lavoravano sulla fregata non si occupavano tanto
di sorvegliare, ben sapendo che le navi corsare erano lontane.
Testa di Pietra in meno
di cinque minuti giunse sotto la poppa, si aggrappò alle catene del timone ed
entrò nel quadro che era illuminato. Si scosse di dosso l'acqua; poi, pratico
com'era di tutti i ripostigli delle navi, passò nella batteria di tribordo,
dove supponeva trovarsi uno dei depositi di legname.
Aveva staccata una
lanterna e si avanzava cautamente, ascoltando, non senza inquietudine, i
pesanti passi dei marinai echeggianti sulla coperta. La parola d'ordine non
poteva bastare a salvargli la pelle.
Già credeva di avere
scoperto uno dei depositi, quando udì in lontananza un colpo di cannone. La
lanterna gli cadde di mano.
«Il mio cannone da
caccia!» esclamò. «Ecco la Tuonante! Non può essere distante più di
sette od otto miglia.»
In quel momento udì sopra
coperta un rapido succedersi di comandi, poi un gran fracasso di passi e di
fischietti. Si ordinava di spiegare le vele e di mettere tutte le scialuppe in
acqua, per andare a raccogliere gli uomini che si trovavano a terra ed
imbarcarli prima dell'arrivo di quella nave che solo Testa di Pietra aveva
riconosciuto dal noto rombo del suo pezzo da caccia.
Il povero Bretone mandò
un vero ruggito, esclamando:
«Son giunto troppo tardi!
E poi esporrei ora la bionda miss a morire tra le fiamme.» E dopo una
lunga esitazione, pensò: «Se facessi saltare il deposito delle polveri prima
che gli accampati giungano?... Tentiamo.»
Aveva raccolta la
lanterna e si preparava a scendere nel frapponte, quando due marinai, pure
muniti di lampade e che pareva eseguissero una esplorazione nelle pareti basse
della nave, gli tagliarono il passo, urlando:
«Dove vai?»
Testa di Pietra in quel
terribile momento perdette proprio la testa. Invece di dare la parola d'ordine,
che forse non ricordava più, temendo di venire preso ed impiccato senza poter
rivedere il Corsaro, si slanciò a corsa disperata attraverso la batteria di
babordo, tentando di riguadagnare il quadro e gettarsi in mare per uno dei
numerosissimi sabordi. Ma se egli era lesto, non lo erano meno i due marinai,
assai più giovani di lui, i quali per di più avevano cominciato a urlare a
squarciagola:
«Allarmi! Tradimento!»
«Sono un soldato!» tentò
di gridare il mastro senza rallentare la corsa.
«Allora fermati!»
intimarono i due marinai.
Fermarsi? Non era quello
il momento, ed il mastro si guardò bene dall'obbedire.
Sempre impugnando il suo
terribile coltellaccio, poté finalmente raggiungere le cabine del quadro e
quindi il salone, i cui sabordi s'aprivano sulla poppa della nave.
Stava per slanciarsi in
acqua, quando si sentì afferrare da due braccia robuste.
«Arrenditi o sei morto!»
gli gridò nel medesimo tempo agli orecchi il marinaio che l'aveva ghermito.
«Un Bretone?... Mai!»
ruggì Testa di Pietra.
Si scagliò furiosamente
sui due avversari, poiché anche il secondo era giunto, tirando coltellate in
tutte le direzioni; e un momento dopo i due disgraziati, crivellati di ferite,
cadevano nel loro sangue non senza cessar di gridare:
«Tradimento! tradimento!»
Altri uomini scendevano nel
frapponte, facendo i gradini a quattro a quattro.
«Arrestatelo!» gridavano,
senza sapere ancora di cosa veramente si trattasse.
Ancora un momento di
esitazione, e Testa di Pietra lasciava per sempre la sua pelle nelle mani del
marchese d'Halifax!
Fortunatamente si era
reso subito conto del grave pericolo che correva rimanendo ancora un mezzo
minuto e forse meno sulla fregata e non tentò la lotta. Scavalcò il sabordo,
lungo il quale si trovava un grosso pezzo d'artiglieria, e balzò in mare,
scomparendo tra il fumo di due colpi di pistola sparati troppo tardi.
|