24 - La vittoria del Corsaro
La notte era tutt'altro
che propizia per fare un ritorno alla foce del Rariton, in cerca del Corsaro, ché
nei canali la marea saliva, tumultuava fragorosamente formando una infinità di
contro ondate. La nebbia poi si scioglieva in pioggia, e l'acqua cominciava ad
allagare il battello. Testa di Pietra fece accendere a prora un fanale,
incaricando Hulbrik di segnalargli gli scogli: dei bassifondi poco si curava
poiché certo di passarli di volata con così piccolo carico.
«Badate alle vele e non
pensate ad altro,» disse il mastro. «Avremo una pessima notte, ma si tratta
della felicità del Baronetto.»
«Puoi fidarti di me!»
rispose il giovane gabbiere.
Erano entrati a grande
velocità nel canale, dove la nebbia era molto meno densa a causa del vento che
la sbatteva e la rompeva continuamente. Testa di Pietra, che aveva sempre i
suoi buoni occhi, non solo riusciva a scorgere la costa, ma anche la lunga
linea delle scogliere che l'Atlantico batteva rabbiosamente.
«Se non facciamo cattivi
incontri,» egli disse, «prima di domani sera, o sul Rariton o sull'Hudson o
altrove, noi vedremo il nostro capitano. Aprite bene gli occhi; badate alle
vele, ed io vi farò correre come i pescatori di Bretagna.»
Ed il battello volava,
volava dentro i canali, sotto la pioggia, scosso di quando in quando da grosse
ondate che entravano dagli spacchi delle scogliere, e che gli facevano fare dei
salti straordinari, i quali per altro si rompevano subito sotto il pugno di
ferro di Testa di Pietra.
Hulbrik, allungato sulla
prua, accanto al fanale, segnalava attentamente le scogliere ed anche i
bassifondi segnalati dal gran ritorcersi delle onde; Piccolo Flocco non si
occupava che delle vele e maneggiava le scotte con una precisione degna d'un
figlio dei vecchi pescatori della Terra delle Pietre.
Le ore
passavano; il battello guadagnava miglia su miglia e nessuna nave avversaria si
presentava. Probabilmente l'ammiraglio Howe aveva radunate tutte le sue forze
per tentare qualche colpo di testa, ed aveva lasciata libera la costa
meridionale dell'Isola Lunga che d'altronde era stata occupata due giorni prima
dalle truppe assiane rinforzate con alcuni reggimenti irlandesi.
Tuttavia i tre uomini
vegliavano molto attenti, temendo che qualche nave inglese fosse stata lasciata
appositamente indietro per respingere i frequenti assalti dei corsari
americani, i quali diventavano di giorno in giorno più furibondi.
Già l'alba era sorta, ed
essi correvano, sotto una pioggia dirotta, a meno di trenta miglia dal Rariton,
quando scorsero un punto oscuro avanzarsi sul canale correndo grandi bordate.
«Nave o battello?» si
chiese il mastro, il quale già si preparava a gettarsi di là da uno dei
passaggi delle scogliere.
«Battello,» risposero ad
una voce i due compagni.
«Se verrà
all'abbordaggio, non avrà da ridere. Preparate tutte le carabine, e vediamo se
sono amici o nemici.»
Il battello, che veniva
dalla foce del Rariton o dalle Terre di New York, avendo il vento alquanto
sfavorevole, avanzava piuttosto adagio, virando continuamente di bordo.
«Si direbbe che quel
legnetto somiglia al nostro!» disse Testa di Pietra, il quale si era alzato;
quindi, aguzzati gli occhi, contò: «Uno... due... tre... quattro... non ci
faranno paura. Anzi, invece di aspettare il loro attacco, li assaliremo noi.»
Cambiò rapidamente rotta,
e sotto un diluvio di pioggia andò a incrociare, presso una linea di scogli, la
scialuppa misteriosa.
«Chi vive?» gridò
Hulbrik, imbracciando la carabina.
Una voce che fece
trasalire i tre naviganti rispose, mentre le vele delle due scialuppe venivano
abbassate.
«Il carnefice di Boston!»
esclamò Testa di Pietra. «Che cosa vengono a fare qui gli amici?»
«Il Corsaro ci manda,»
rispose l'ex impiccatore. «È una grande fortuna che vi abbiamo incontrati.»
«Accosta!»
Le due scialuppe si
avvicinarono e si strinsero con una fune. Quella montata dal carnefice era
condotta da tre marinai della Tuonante, scelti certamente con cura dal
Corsaro.
«Su, parla, amico, prima
che ci piombi addosso qualche malanno,» disse Testa di Pietra.
«Ecco: a New York è corsa
la voce, portata da corrieri, che il marchese d'Halifax fra giorni sposerà la
bionda miss...»
«E noi possiamo confermarlo,»
disse il Bretone. «Se giovedì Sandy-Hook non cadrà nelle mani nostre, Mary di
Wentwort sarà per sempre perduta per il nostro comandante.»
«Ma il Corsaro non ha
perduto il suo tempo, aiutato da tutti gli Americani, quantunque in questi
giorni le battaglie succedano alle battaglie. Nel porto di New York si è
radunata l'intera flottiglia americana rafforzata da tre bricks corsari.
Settecento uomini e ottanta cannoni son pronti ad attaccare la fortezza e dare
una terribile lezione al Marchese.»
«Sette navi!» mormorò il
Bretone, accarezzandosi la barba e come parlando a se stesso. «Con tutta quella
forza metteremo a posto anche i soldati che hanno lasciato a Sandy-Hook...
Allentate le funi e riprendiamo la corsa. Voi altri mi seguirete.»
E le due scialuppe,
spinte da un vento quasi burrascoso, ripresero la corsa sfrenata.
Testa di Pietra aveva
fatto subito il suo progetto. Sapendo che la foce del Rariton era ormai
guardata dalle navi dell'ammiraglio Howe, cercava di regolarsi in modo da
guadagnare la foce dell'Hudson senza farsi scoprire. Era vero che i corsari
americani battevano le acque della baia di New York sempre in buon numero, e
ciò dava da pensare agli Inglesi che temevano gli assalti improvvisi. Per di
più Washington aveva gettato dentro la città parecchie migliaia di stanziali, e
malgrado la recente sconfitta, la teneva ancora fortemente con numerose
artiglierie.
Alle sei di sera Testa di
Pietra, avvedutosi di alcuni punti neri rasenti le coste occidentali dell'Isola
Lunga, lasciò i canali e si gettò nell'Atlantico, impegnando risolutamente la
lotta colle onde.
«Tenete fermo!» gridava.
«Con questi battelli possiamo compiere il giro del mondo.»
Gli attacchi delle onde
si succedevano senza tregua, avvolgendo talvolta interamente le due scialuppe,
tuttavia i sette uomini resistevano accanitamente, sicché alle sette, in mezzo
ad un mare spaventoso, che non dava loro alcuna tregua, gettavano le ancore
dinanzi a Brooklyn, a sole due miglia da New York.
«La squadra del
Baronetto!» gridò tutt'a un tratto con viva gioia il mastro.
Infatti settecento passi
più a ponente si trovavano radunate le quattro navi americane e le tre corsare,
pronte a spiegare le vele anche col mare pessimo. Testa di Pietra fece levare
il ferro e spinse la sua scialuppa verso il Caboto, il quale inalberava
sul picco i colori dei Mac-Lellan. In un lampo salì la scala di corda e balzò
in coperta dinanzi al Baronetto ed al signor Howard, i quali non si erano
accorti della sua venuta, tutti affaccendati com'erano a far armare la nave.
«Tu!» esclamò sir William,
andandogli incontro colle braccia tese. «Torni da Sandy-Hook?»
«Insieme alla scialuppa
che mi avete mandato incontro, mio comandante,» rispose il bravo Bretone.
«E vieni?...» chiese il
Baronetto impallidendo.
«A confermarvi la triste
notizia che fra cinque giorni, anzi, fra quattro, perché ormai uno è trascorso,
vostro fratello sposerà la vostra fidanzata. Forte della vittoria che
gl'Inglesi hanno riportato sugli Americani, ne approfitta, sicuro di non essere
disturbato.»
«Ma non contava sulla
flottiglia?» esclamò il Corsaro.
«Pare di no, comandante,»
rispose Testa di Pietra.
«E dimmi: l'hai veduta?»
Mi è stato impossibile,
signore, poiché siamo stati subito sorpresi ed abbiamo dovuto fuggire. Ma vi
porto, mio comandante, delle preziose informazioni.»
«Quali?»
«Che il matrimonio avrà
luogo nella cappella di San Giacomo fuori dalla fortezza, e quel giorno noi
saremo padroni dei sotterranei... di quella cappella.»
«Come hai potuto ottenere
ciò?» chiese il Corsaro al colmo dello stupore.
«Veramente è stato Wolf,
il quale si è accordato con un Boemo suo amico per farvi aprire quei
sotterranei, e sorprendere il Marchese prima che pronunzi il sì.»
«Non potrebbe essere un
tradimento abilmente ordito?» chiese il signor Howard sempre sospettoso.
«È con me il fratello di
Wolf, quel bravo Hulbrik. Potrebbero tradirsi anche fra di loro? No, signor
Howard,» disse Testa di Pietra. «Io rispondo pienamente della fedeltà di questi
due Assiani ed anche del loro amico che sta a Sandy-Hook.»
«Quanti uomini ci sono
nella fortezza?» chiese il Corsaro.
«Un mezzo migliaio fra
Inglesi ed Irlandesi: così mi ha detto il Boemo, ed infatti non ho visto che le
fortezze riboccassero di soldati.»
«Noi ne abbiamo
settecento, quindi possiamo, in caso disperato, dare l'assalto e spazzar via
per sempre mio fratello. Laggiù non ci aspettano di certo, ora che tutte le
truppe del generale Howe tentano di assalir New York: quindi giungeremo di
sorpresa.»
«Purché non diano di
cozzo nella squadra dell'ammiraglio Howe, invece!» disse il signor Howard.
«Ci passeremo in mezzo di
gran volata,» rispose sir William. «Ormai più nessun pericolo mi
tratterrà dal piombare su Sandy-Hook. Voglio la mia Mary che da tanto tempo
invano tento di strappare dalle mani di mio fratello.»
Si era messo a camminare
nervosamente per la coperta della nave, stringendo le pugna e borbottando; ma
ad un tratto si fermò dinanzi al Bretone, chiedendogli:
«Sei ben sicuro che quel
sotterraneo possa venire invaso da una banda dei nostri senza che la guarnigione
se ne accorga?»
«Tutte le notti, dinanzi
l'entrata del passaggio segreto che conduce sotto la cappella, veglieranno Wolf
ed il suo amico con uno o due fanali. Il posto è deserto e noi potremo gettare
qualche centinaio d'uomini là dentro, pronti ad interrompere le funzioni ed a
rapire la vostra fidanzata.»
«Vi sono qui a bordo
cento e venti uomini, tutti nostri corsari, gente più forte e più agguerrita
dell'americana. Tu conosci ormai i canali?»
«A menadito, comandante.»
«Prendi il comando di
questo legno, mentre io ed il signor Howard c'incaricheremo di condurre la
flottiglia nel momento opportuno. Metti nel sotterraneo cento uomini, e
rimandami subito la nave affinché mio fratello non possa avere qualche
sospetto.»
«Voi, comandante, mi
cacciate in galera per quattro giorni,» disse il Bretone ridendo. «Ma giacché
questo si deve fare, si farà... Quando devo partire?»
«Domani prima del
tramonto: intanto potremmo avere notizie della squadra di Howe che nessuno sa
finora dove si trovi.»
Allora, comandante,
permettete che coi miei due bravi ragazzi, Piccolo Flocco e Hulbrik, passi in
cucina, poiché a Sandy-Hook non ho avuto che dei colpi di mare. Gl'Inglesi non
usano regalare gallette ai marinai che approdano su quella punta di terra.»
Con un fischio fece salire
i suoi due amici grondanti acqua e quasi morenti di fame e diede l'attacco alle
cucine, mentre il Corsaro ed il suo luogotenente tornavano a sorvegliare
l'armamento della nave.
Quelle seconde
ventiquattro ore trascorsero in una intensa ansietà per gli equipaggi della
flottiglia e soprattutto pei loro comandanti, i quali temevano sempre un
improvviso colpo di testa da parte della squadra inglese, che non si era ancora
mostrata sulle coste di New York, mentre invece le truppe guidate dal fratello
dell'ammiraglio continuavano a stringere da presso il generale Washington, ma
senza riuscire mai a sorprenderlo dentro i suoi accampamenti.
Sulla sera il Corsaro
fece chiamare il suo fedele mastro, che si era ben nutrito e ben riposato, e
gli disse:
«È il momento di partire,
giacché tu devi precedermi ed invadere i sotterranei della cappella. La notte è
oscura, ma il vento è favorevole. Noi nasconderemo le nostre navi fra le
scogliere, e quando udremo le campane della cappella, risponderemo subito a
colpi di cannone. Tu attaccherai dal tempio, mentre noi spazzeremo al di fuori
le truppe che faranno guardia d'onore agli sposi. Bada di non farti sorprendere
prima del nostro arrivo e trucidare dentro il sotterraneo.»
«Prenderò le mie
precauzioni, comandante. Ho condotto a buon porto tante altre imprese sotto di
voi e ho fiducia che anche questa riesca pienamente. Volete che sgombriamo?»
«Sì, parti subito,
vecchio mio,» rispose il Corsaro. «Veglia su Mary, e rimandami la nave con una
ventina d'uomini. Tutti gli altri, con un paio di pezzi di cannone, se vorrai,
rimarranno a tua disposizione.»
«Sta
bene, comandante: vi aspetterò.»
Le vele erano state
spiegate ed il Caboto pareva impaziente di prendere il largo.
Il Corsaro ed il signor
Howard diedero al Bretone alcuni ultimi consigli, poi passarono sull'Alfredo,
la nave più grossa della squadra americana e la meglio armata, la quale poteva
disporre di trentadue bocche da fuoco.
Testa di Pietra, che era
idolatrato da tutti i corsari, con pochi ordini fece sbrigare la nave, che si
trovava stretta dalle altre, poi si slanciò risolutamente verso ponente.
Faceva molto scuro, ed il
mare era sempre di pessimo umore e brontolava dentro i canali. Al largo muggiva
cupamente e pareva che qualche tempesta infuriasse al sud.
«La nave è leggiera e noi
passeremo,» disse il mastro. «E se ci attaccheranno, faremo cantare i nostri
quattordici pezzi. Cerchiamo solo di giungere di notte e possibilmente di non
farci vedere.»
«Sicché anche domani
rimarremo in mare?» domandò il giovane gabbiere.
Di giorno non oso
accostarmi a Sandy-Hook. Un solo sospetto, e la nostra impresa può miseramente
naufragare. Il marchese d'Halifax si terrà certamente in guardia in questi
giorni, ed il Baronetto ha non poche ragioni per temere qualche sorpresa,
poiché il grosso della squadra dell'ammiraglio Howe non è ancora comparso. Dove
si trova in questo momento? Questo vorrei sapere.»
«Anch'io, camerata.»
«Basta: lasciamo le
chiacchiere e badiamo di non finire miseramente su una scogliera o su un
bassofondo. Sarebbe l'ultima rovina del Corsaro... A te il comando di tutti i
gabbieri; a me il comando generale: vedremo che cosa sapranno fare queste due
teste della Terra delle Pietre.»
Essendo egli solo pratico
dei canali che aveva percorsi già due volte e rilevati, benché non avesse il
sestante a sua disposizione, si mise alla barra e lanciò la piccola ma rapida e
ben armata nave lungo le coste dell'Isola Lunga che supponeva sgombra di navi
nemiche.
La notte trascorse in un continuo
battagliare colle onde ed in una continua ansietà, poiché le scogliere
succedevano le une alle altre con brevi intervalli. Il domani Testa di Pietra,
dopo aver esplorato attentamente il mare e rilevato non esservi nulla di
pericoloso, cacciò il Caboto dentro un gruppo di alte scogliere, le
quali formavano una specie di piccola baia, abbastanza riparata dagli attacchi
delle onde.
Durante la giornata
stettero i corsari sempre all'ancora, spiando i dintorni del canale, poi,
discese novamente le tenebre, si rimisero alla vela, puntando risolutamente su
Sandy-Hook. Tutti gli uomini erano al loro posto di combattimento od ai loro
posti di manovra; le artiglierie erano state caricate parte a palla, parte a
scaglia; i fanali lasciati spenti, quantunque potessero molto giovare fra i
mille ostacoli che ingombravano i canali. Tutti aguzzavano gli occhi, specie
Testa di Pietra, il quale era ansioso di rilevare il faro della fortezza per
potersi poi regolare col segnale promesso da Wolf e dal Boemo.
Di navi nemmeno l'ombra.
Dov'erano dunque andate le grosse fregate che non si erano ancora mostrate
nelle acque della baia di New York?
«Uhm!» continuava a
brontolare il mastro, al quale dava inquietudine quella strana scomparsa. «Che
il Marchese le abbia tenute per sé perché lo proteggano almeno fino alla fine
della cerimonia? Che capitombolo per noi!»
A mezzanotte il Caboto,
dopo aver superato brillantemente altri ostacoli, scopriva il piccolo faro di
Sandy-Hook luccicante sul tenebroso orizzonte. Allora Testa di Pietra fece
ammainare parte delle vele alte, poi manovrò in modo da accostarsi a quella
piccola punta di terra prolungantesi sul mare per un paio di miglia, alla cui
estremità sorgeva la cappella descrittagli dal Boemo.
«Vedremo se avranno
mantenuto la promessa,» disse. «Stiamo in guardia, che una sorpresa può
rovinarci addosso.»
Ad un tratto si sentì
gelare il sangue.
L'ombra d'una grande
nave, che vogava senza fanali, aveva tagliate due scogliere, che formavano il
canale di Sandy-Hook, e si dirigeva silenziosamente verso il porto.
«La si direbbe una grossa
fregata, qualche cosa come un treponti,» mormorò il Bretone a denti stretti.
«Perché naviga a fanali spenti? Non ci vedo chiaro in questo affare. Bà!
occupiamoci di Wolf e del Boemo per ora. »
Con una rapida bordata il
Caboto si era allontanato prima di essere stato scoperto, poi si diresse
con precauzione verso la costa, o, meglio, verso una penisola all'estremità
della quale, quasi a fior d'acqua, brillava un grosso fanale.
«Il segnale! il segnale!»
esclamò Piccolo Flocco, avvicinatosi di corsa a Testa di Pietra.
«Corpo d'un campanile!»
rispose il mastro. «Sono stati galantuomini.»
«Che cosa dobbiamo fare?»
«Metti in mare la
scialuppa grossa con dentro venti marinai armati, e và a vedere come stanno le
cose. Ma stà bene attento, ragazzo. Se fiuti qualche pericolo, fuggi subito e
vieni a metterti sotto la protezione dei nostri pezzi. Sbrigati, perché quel
treponti potrebbe tornare al largo.
Due minuti dopo la grossa
scialuppa, che portava a prora un petriere, si staccava dal Caboto
montata da ventidue uomini completamente armati e diretta dal bravo gabbiere.
L'assenza fu brevissima. L'equipaggio vide i ventitré uomini tornare di gran
furia ma senza manifestare alcuno sgomento.
Piccolo Flocco solo salì
a bordo, dove lo aspettavano ansiosamente Testa di Pietra, Hulbrik e mastro
Horse, che funzionava da secondo.
«Tutte le scialuppe in
mare!» disse subito il giovane gabbiere. «Il sotterraneo è a nostra
disposizione.»
«E Wolf?» chiese Testa di
Pietra.
«Ci aspetta col Boemo e
con un cognato di questo, che pare sia il sagrestano della cappella.»
«Hai notato nulla di
sospetto?»
«Assolutamente nulla.»
«A quando il matrimonio?»
«Giovedì sera alle sei.»
«Hai udito, mastro
Horse?» disse il Bretone al secondo di bordo. «È necessario che la flottiglia
giunga qui qualche ora prima, per essere pronta a prestarci man forte. Ma bada
che non si accosti, se non ode la moschetteria rombare. E prima gli uomini e
poi i viveri, poiché non potremmo accontentarci delle ossa racchiuse nelle
tombe.»
Lo sbarco era già
cominciato con gran fretta, poiché tutti temevano una sorpresa da parte del
misterioso treponti; sicché in meno di mezz'ora i cento uomini, guidati da
Piccolo Flocco, si trovarono radunati sulla punta estrema della penisola, la quale
si alzava maestosamente fra le tenebre.
Testa di Pietra,
imbarcatosi con quattro marinai sulla piccola Yole, fu l'ultimo a lasciare il
veliero. Wolf ed il Boemo lo aspettavano dinanzi ad una specie di caverna,
dentro la quale brillava il fanale.
«Tutto bene?» chiese il
mastro.
«Siamo patroni noi del
sotterraneo, patre,» rispose Wolf.
«Nessun sospetto?»
«Assolutamente nessuno
finora, poiché il cognato di questo mio fedele amico esercita una sorveglianza
estrema intorno alla cappella.»
«Che cosa si dice della
bionda miss?»
«Che piange giorno e
notte, invocando il Baronetto. »
«Per tutti i campanili
della terra! piangerà ancora per poco,» disse Testa di Pietra. «Il Corsaro ha
radunato sette navi le quali saranno qui al momento opportuno. Questa volta il
Marchese avrà la sua.»
Mentre parlavano, i
marinai entravano a quattro a quattro nella caverna, la quale comunicava,
mediante una galleria scavata nella roccia, col sotterraneo della cappella.
Quando tutti furono entrati cogli ultimi carichi di viveri e di munizioni,
anche Testa di Pietra si cacciò, guidato dal Boemo, nel passaggio, giungendo
facilmente là dove i suoi uomini si erano accampati, avendo portato seco le
coperte da sbarco.
Il sotterraneo,
illuminato solamente da tre grosse lanterne di marina, era tanto vasto, da
poter contenere comodamente perfino quattrocento uomini. Vi erano delle arcate
robustissime che parevano scavate nella roccia, e lungo le pareti apparivano
numerose tombe, le quali probabilmente racchiudevano le salme dei sacerdoti che
un tempo avevano ufficiato la cappella, ma che poi, per causa della guerra, non
erano stati surrogati dai presbiteriani della Scozia.
«Questa è una vera
fortezza!» disse Testa di Pietra. «Non ci prenderanno né col cannone, né col
fuoco. Inoltre abbiamo una comoda uscita sul mare che forse gl'Inglesi
ignorano.»
«Non la conosce che mio
cognato,» rispose il Boemo.
«Andiamo a vedere il
tempio ora.»
Salirono una vasta
scalinata di pietra ed entrarono nella cappella, dove il cognato del Boemo li
aspettava con un grosso fanale. Era anche lui uno zingaro dell'Europa centrale,
il quale, colla sua folta barba e gli occhi nerissimi e mobilissimi, aveva più
l'aspetto d'un brigante che d'un sagrestano.
Tre grandi arcate nude
reggevano il tetto della cappella, in mezzo alla quale era già stato preparato
un altare coperto da una bandiera che portava i colori dei marchesi d'Halifax.
Anche lungo le pareti pendevano qua e là delle orifiamme coi medesimi colori,
ma di meno lusso. A Sandy-Hook si potevano trovare armi, munizioni e soldati,
ma niente di più.
«Anche qui ci possono
stare benissimo tre o quattrocento uomini, disse Testa di Pietra, «quantunque
vi siano sette od otto file di banchi. Ma questi serviranno a noi, molto
opportunamente, per improvvisare delle barricate. Nulla di nuovo?»
«Nulla, signore,» rispose
il sagrestano.
«Allora andiamo a
riposarci.»
Quando discesero, i
marinai già russavano della grossa, ma sei facevano il loro quarto di guardia
fuori dalla caverna per evitare qualche improvvisa sorpresa.
Il giorno seguente i due
Boemi si recarono in città ad assumere notizie e non tornarono che verso
mezzogiorno con due ceste piene di bottiglie.
«E quella nave che
incontrammo ieri sera?» chiese subito a loro Testa di Pietra con qualche
ansietà.
«Vi è ancora; anzi, ha
chiuse le sue vele.»
«È un treponti; è vero?»
«Di quaranta cannoni.»
«Che è venuta a fare qui
quella nave del malanno?» gridò il Bretone divenuto pallido.
«Si dice che servirà a
trasportare in Scozia il marchese d'Halifax e la sua sposa.»
«Se la squadriglia dei
corsari non giunge a tempo, anche questa volta il Baronetto perde la bionda miss
e, quello che è peggio, per sempre... Ma non disperiamo! Siamo in buon numero e
credo che a Sandy-Hook in questi momenti non si trovino molte truppe.»
«Appena trecento inglesi
con una cinquantina di lanzi,» rispose il Boemo. «Tutti gli altri sono partiti
per la provincia di New York dove si combatte con furore.»
«Ce li mangeremo tutti;
non è vero, Piccolo Flocco?»
«No; li getteremo tutti
in mare facendoli passare attraverso il sotterraneo, camerata.»
«Armiamoci di pazienza ed
aspettiamo,» concluse il vecchio Bretone. «Combatteremo fra i banchi della
cappella.»
Un altro giorno passò,
poi un altro ancora. I corsari avevano continuato a mangiare, a bere ed a fumare
tranquillamente, in attesa del segnale per impugnare le armi e menare
gagliardamente le mani. Testa di Pietra invece era vissuto in ansie continue,
quantunque fosse un uomo poco impressionabile. Egli non aveva paura di lanciare
i suoi cento e sei uomini contro la guarnigione; era anzi sicuro di fugarla con
la sorpresa, ma lo preoccupava il treponti, il quale poteva comparire dal lato
del mare e far rovinare, coi suoi quaranta cannoni, la cappella sopra i
combattenti.
«Ed il Baronetto?» si
chiedeva continuamente con angoscia. «Era partito e si trovava colle sue navi
nascosto fra le isole e le isolette che si estendono in gran numero a ponente
di Sandy-Hook, o aveva dato dentro alla poderosa flotta dell'ammiraglio Howe?»
La mattina del quinto
giorno i corsari, i quali avevano sprangate le due porte del sotterraneo,
udirono sopra le loro teste dei passi. Degli uomini andavano, venivano,
picchiavano, spostavano i banchi. Si capiva che finivano l'addobbo della
cappella.
A mezzodì il sagrestano e
suo cognato scesero per avvertire Testa di Pietra che ormai tutto era pronto e
che erano state riempite d'olio perfino le lampade, dovendo aver luogo la
cerimonia nuziale dopo il tramonto. Aggiunsero che, se non tutta, buona parte
della guarnigione avrebbe scortato il Marchese per coprirlo da una possibile
sorpresa da parte del Baronetto.
«Bà!» rispose
tranquillamente Testa di Pietra, «o strapperemo Mary di Wentwort al Marchese, o
cadremo tutti fra le rovine della cappella, se la nostra squadriglia non
giungerà a tempo.»
Altre ore trascorsero
sempre più angosciose. I due Bretoni più di dieci volte erano usciti sulla
spiaggia, osservando attentamente le isole e le scogliere, fra le quali forse
l'audace Baronetto aveva condotto le sue navi. Verso le sei, quando già le tenebre
calavano rapidamente, il mastro attraversò un'ultima volta la caverna, e gli
sfuggì un grido.
A meno di duemila passi,
in mezzo ad un gruppo di scogliere, scintillavano distintamente sette fanali.
«Le navi! Il Corsaro!»
esclamò rientrando di corsa nel sotterraneo.
«E lassù si sposano!»
disse il Boemo. «Ecco la campana che suona. Tutti sono a posto.»
«Sangue d'una foca!»
gridò il mastro. «A me, corsari; e date dentro. Della bionda miss
c'incarichiamo io e Piccolo Flocco.»
Poi mandò sei uomini
sulla spiaggia coll'ordine di fare una scarica per segnalare al Corsaro che il
momento d'intraprendere la lotta era giunto.
Di sopra la campana
sonava, e si udiva un brusio di voci che pareva rispondessero alle preghiere di
un sacerdote.
I corsari, divisi in
cinquanta per parte, per potere entrare più facilmente per le due porte, ad un
ordine di Testa di Pietra si cacciarono sulle gradinate, impugnando le sciabole
d'abbordaggio. Levate le sbarre, i cento uomini irruppero furiosamente nella
cappella tutta illuminata e tutta piena di ufficiali e di soldati.
Proprio in quel momento
il sacerdote tentava di strappare il sì alla bellissima miss, la quale
invece si rifiutava energicamente, malgrado le ruvide minacce del lord.
Gl'Inglesi, vedendo
sbucare quei cento uomini che oltre le sciabole avevano fucili a bandoliera e
pistole alla cintola, mandarono un urlo di terrore, non pensando li per li a
difendersi. Ma il Marchese non aveva perduta la testa. Comprendendo che si
trattava d'un colpo disperato di suo fratello, afferrò fra le braccia la miss
e, protetto dai suoi ufficiali, fuggì verso la porta, sordo alle intimazioni di
Testa di Pietra.
«Addosso, corsari!» gridò
il Bretone, furioso di vedersi sfuggire un'altra volta la preda riservata al
suo comandante.
Non essendovi ora più il
pericolo di ferire la miss, i corsari, imbracciate le carabine, avevano
fatto di dietro ai banchi quattro o cinque scariche, seminando la chiesa di
morti e di feriti, senza ricevere un colpo, poiché i loro avversari erano
venuti alla cerimonia privi di armi da fuoco, tanto erano sicuri del fatto
loro.
In quel momento si
udirono rimbombare parecchie cannonate: la flottiglia era giunta di volata e si
preparava a prendere d'assalto Sandy-Hook quasi indifesa.
La lotta non era ancora
finita dentro la cappella, poiché i superstiti Inglesi, una settantina in
tutto, si erano stretti contro la porta maggiore adoperando ferocemente le
spade e le sciabole per lasciare modo al Marchese di guadagnar tempo. Ma un
attacco furioso dei corsari sfondò il gruppo, costringendolo a fuggire a gambe
levate sulla via di Sandy-Hook.
«Sotto! sotto!» gridava
Testa di Pietra, mentre i suoi uomini ricaricavano rapidamente le carabine.
Anch'essi uscirono
correndo dalla cappella, e gridando ferocemente per farsi credere in numero maggiore,
ma ormai il Marchese ed i suoi ufficiali si trovavano dinanzi ai bastioni della
fortezza.
Testa di Pietra stava per
formare due colonne d'assalto, per rovesciarle dentro la piazza, prima che la
guarnigione potesse rimettersi dalla sorpresa, quando vide le alte alberature
del treponti coprirsi rapidamente di vele.
«Ah, ti ho capito, caro
Marchese!» pensò. «Cerchi di fuggire invece di difendere la fortezza; ma questa
volta sei nostro.» Poi volgendosi verso Piccolo Flocco, Wolf, il Boemo e
Hulbrik, gridò: «Conducete la carica senza fretta e state attenti, perché fra
poco i cannoni vi bersaglieranno. In caso di pericolo, rifugiatevi nel
sotterraneo. Io corro da sir William.»
Rientrò nella cappella, passando
sopra morti e feriti, scese nel sotterraneo e uscì dalla caverna.
Le sette navi del
Baronetto veleggiavano a soli duecento passi, essendo ivi l'acqua
profondissima. Saltò in una scialuppa lasciatagli dall'equipaggio del Caboto
e vedendo i colori del Baronetto sventolare sul picco dell'Alfredo, che era la
nave più grossa della squadra americana, vi si portò celermente insieme coi
suoi uomini che aveva lasciato a guardia della caverna.
«Comandante, non perdete
un minuto se volete strappare a vostro fratello la vostra fidanzata!» disse il
Bretone. «Sconfitto da noi, cerca di prendere la via del mare a bordo d'un
treponti di quaranta pezzi.»
«L'hai veduta Mary?»
gridò il Corsaro.
«E per poco non l'ho
presa; ma avevo dinanzi più di centocinquanta uomini. Avanti, signore!
Chiudiamo il passo al treponti.»
«Questa volta mio
fratello avrà la meritata punizione!» disse il Corsaro con voce rauca.
Howard aveva già
segnalato alle navi di correre dinanzi la baia di Sandy-Hook e prendere
posizione su due colonne.
Intanto sulla via della
cappella si combatteva ancora ferocemente. Le artiglierie della fortezza
avevano cominciato a far fuoco, costringendo i corsari a ritirarsi, ma non
senza che questi rispondessero con vigorose e ben dirette scariche di carabine.
Dal ponte dell'Alfredo il
Corsaro ed il Bretone vedevano distintamente i loro uomini cedere il passo
dinanzi alle grosse bocche da fuoco, ritirandosi in bell'ordine verso la
cappella, dove avrebbero potuto opporre una terribile resistenza se la
guarnigione della fortezza avesse osato uscire.
«Bà!» disse Testa di
Pietra che fissava i suoi occhi su Piccolo Flocco, «non corrono per il momento
alcun pericolo, e poi noi, comandante, sbrigheremo presto la faccenda.»
Le sette navi erano
giunte con due bordate dinanzi alla baia, proprio nel momento che il treponti
si slanciava in mare coperto di vele dal ponte ai contropappafichi.
Con una rapida mossa lo
presero in mezzo puntando su quello tutte le artiglierie che passavano i cento
pezzi, e la resa fu subito intimata ad alta voce.
Testa di Pietra non si
era ingannato. Sul ponte di comando vi era il marchese d'Halifax coi suoi
ufficiali, quindi anche Mary di Wentwort doveva essere a bordo.
L'equipaggio del
treponti, vedendosi rovinare addosso quella forte squadriglia, che disponeva di
maggiori pezzi e di maggior numero d'uomini, non aveva osato d'impegnare il
combattimento, malgrado le grida e le minacce del Marchese.
«Tenetevi pronti per
l'abbordaggio!» gridò il Corsaro ai suoi equipaggi. «Ed ora a me, fratello!»
Spinse l'Alfredo contro
il treponti, in modo da cacciargli il bompresso attraverso le sartie di
babordo, poi, impugnato pistola e spada, gridò al Marchese:
«Ti arrendi?»
«No!»
«Lascia che Mary salga
prima su una delle mie navi e poi distruggeremo da capo a fondo il tuo
treponti.»
«Non te la cedo Mary!»
urlò il Marchese furibondo. «Senza quella fanciulla io non potrei vivere.»
«E nemmeno io!» rispose
il Corsaro, «tanto più che l'ho amata prima di te... Me la cedi?»
Il Marchese si guardò
intorno, sperando un aiuto da parte del suo equipaggio, ma comprese subito che
nessun uomo avrebbe osato impegnare la lotta coi corsari. Si passò una mano
sulla fronte, tergendosi il freddo sudore che la bagnava, poi con voce rauca
disse al Baronetto:
«Disputiamocela a colpi
di spada. Rimarrà al vincitore.»
Aveva appena pronunciate
quelle parole, quando si udì il Baronetto gridare:
«Si portino dei fanali, e
che tutti gli equipaggi si tengano pronti a montare all'abbordaggio, se qui si
tenterà contro di me un tradimento.» Poi, volgendosi a Testa di Pietra,
soggiunse: «Prendi sei uomini, scendi nel quadro ed impedisci a Mary di salire.
Quando avremo sbrigata questa faccenda ti avvertirò.»
Sguainò la spada e fece
tre passi verso il Marchese. Intorno a loro quattro marinai reggevano delle grosse
lampade.
«Ai vostri ordini,
milord,» disse il Corsaro.
«Ai vostri, bastardo
degli Halifax!» rispose il Marchese.
Il Baronetto mandò un
urlo di rabbia.
«Ah, tu m'insulti qui, in
mezzo a tutta questa gente?» Ed aggiunse con voce sibilante: «La mia spada ha
già bevuto il tuo sangue ed altro ne berrà stasera!»
«Io, io ti ucciderò!»
I due fratelli si
slanciarono furiosamente l'uno contro l'altro, colla spada in pugno.
Tutti tacevano, Inglesi e
corsari, sicché il solo rumore che rompeva il silenzio era formato dal cozzare
delle armi.
Il Corsaro, che doveva
avere una grande supremazia sul fratello in fatto di scherma, dopo d'aver
parate quattro o cinque stoccate, si allungò con rapidità fulminea mandando un altissimo
grido. Il marchese d'Halifax, colpito in pieno petto, era caduto fra le braccia
del suo aiutante di campo, cercando di trattenere con una mano il sangue che
già sgorgava.
«Signor Howard,» disse il
Baronetto, «conducete Mary di Wentwort a bordo dell'Alfredo.»
«Allora finiscimi!» urlò
il Marchese, il quale era stato adagiato su una branda.
Il Baronetto non rispose.
Un momento dopo la
bellissima miss, dai lunghi capelli biondi e dai grandi occhi azzurri,
usciva dal quadro a braccio del signor Howard, scortata da sei uomini comandati
da Testa di Pietra. Il Corsaro le mosse incontro e le loro mani rimasero a
lungo strette.
«Tu, William!» esclamò
finalmente la giovane, scoppiando in singhiozzi.
Il Baronetto la condusse
dinanzi al Marchese, intorno al quale si affaccendavano i medici del treponti e
le disse:
«Gli perdoni?»
«È perdonato!» rispose la
bionda miss.
«Allora non abbiamo più
nulla da fare qui.»
Aiutò la fanciulla ad
attraversare le due murate, e quando la vide sulla tolda dell'Alfredo, si volse
a guardare il fratello. Stette un momento esitante, poi facendo un passo avanti
disse:
«Spero, milord, che
nemmeno questa volta morrete.»
Il Marchese con uno
sforzo supremo si era alzato a sedere e, sfolgorandolo con lo sguardo pieno
d'odio, gli rispose:
«Voi andate a raggiungere
Washington per continuare a combattere contro di noi, voi che avete pure del
sangue scozzese nelle vostre vene! Se non morrò, c'incontreremo ancora!»
«Come vorrete,» rispose
il Baronetto.
Con un salto fu sulla sua
nave e diede subito l'ordine di tornare a New York.
|