2 - IL
RAPIMENTO DI DARMA
Se quel praho si presentava
splendido al di fuori, nel quadro di poppa lo era ancora di più e si capiva
subito che il suo proprietario non aveva certo lesinate le spese nella
costruzione e negli addobbi.
La saletta entro cui i tre uomini
erano entrati, occupava buona parte del quadro. Le sue pareti erano tappezzate
di seta rossa cinese con fiori trapunti in filo d'oro e ornate di gruppi d'armi
disposte artisticamente: kriss malesi dalla lama serpeggiante e colla punta
probabilmente avvelenata col terribile succo dell'upas; kampilang e parang
dayachi, dalla lama larga e pesante soprattutto verso la punta; pistole e
pistoloni con le canne arabescate ed i calci d'ebano con intarsi di madreperla;
carabine indiane con incrostazioni meravigliose e non mancavano nemmeno i
vecchi tromboni dalla bocca larghissima usati un tempo dalle bellicose tribù
dei bughisi e dei mindanesi.
Tutto all'intorno correvano dei
divani bassi, di seta bianca a fiorami: nel mezzo una tavola di ebano con
intarsi di madreperla, in alto una gran lampada di Venezia, con un globo color
rosa e già accesa, spandeva una luce dolcissima.
Yanez prese da una mensola una
bottiglia e tre bicchieri, che riempì d'un liquore color del topazio, poi disse
al maharatto, che si era seduto presso Sandokan:
‑ Ora puoi parlare,
senza timore che alcuno oda i nostri discorsi. I Thugs non sono già pesci per
sorgere dal fondo del fiume.
‑ Se non sono pesci
sono diavoli di certo, ‑ rispose il maharatto, con un sospiro.
‑ Bevi e sciogli la
lingua, mio bravo Kammamuri, ‑ disse Sandokan ‑ la Tigre
della Malesia ha lasciato Mompracem per dichiarare la guerra alla Tigre
dell'India, ma prima desidero conoscere tutti i particolari del rapimento.
‑ Sono ventiquattro
giorni signore, che la piccola Darma è stata rapita da emissari mandati da
Suyodhana e sono ventiquattro giorni che il mio padrone la piange senza un
momento di tregua. Se non fosse giunto il vostro dispaccio che annunciava la
vostra partenza da Mompracem, a quest'ora sarebbe certamente impazzito.
‑ Temeva che noi non
giungessimo in suo aiuto? ‑ chiese Yanez.
‑ Sì, per un momento
lo ha creduto, supponendovi impegnati in qualche impresa.
‑ I pirati della
Malesia da qualche tempo dormono e non vi è più nulla da fare ormai laggiù. I
tempi sono mutati e i bei giorni di Labuan e di Sarawak sono ormai lontani.
‑ Narra,
Kammamuri, ‑ disse Sandokan. ‑ Come fu rapita la piccola
Darma?
‑ Con un colpo di mano
veramente diabolico, che dimostra quale genio infernale abbia Suyodhana.
Il mio disgraziato padrone,
dacché Ada era morta, dando alla luce la piccola Darma, aveva concentrato sulla
bambina tutta l'affezione che nutriva verso la moglie e vegliava rigorosamente
onde i Thugs non tentassero qualche cosa contro la debole creatura.
Vaghe voci giunte ai nostri
orecchi ci avevano messo in guardia sulle mire dei settari di Kalì. Si diceva
che i Thugs, dopo essersi per qualche tempo dispersi onde sfuggire alle giuste
rappresaglie dei cipayes del capitano Macpherson, erano tornati ad abitare le
immense caverne che si estendono sotto l'isola di Rajmangal e che Suyodhana
pensava a procurarsi un'altra «Vergine della pagoda».
Quelle voci avevano gettato un
vivo turbamento nel cuore del mio padrone. Egli temeva che quei miserabili, che
già per tanti anni avevano tenuto prigioniera sua moglie, adorandola come la
rappresentante della dea Kalì sulla terra, tramassero per rapirgli la figlia.
I suoi timori, pur troppo,
dovevano avere una terribile e dolorosa conferma.
Conoscendo le astuzie e l'audacia
dei Thugs, avevamo prese grandi precauzioni onde non potessero giungere nella
stanza della piccina.
Avevamo fatto mettere delle
sbarre di ferro alle sue finestre, corazzare la porta, visitare minutamente le
pareti per timore che esistesse qualche passaggio segreto, come ve ne sono
tanti negli antichi palazzi indiani.
Per di più io dormivo nel
corridoio che conduceva alla stanza, assieme alla tigre addomesticata ed a
Punthy, il feroce cane nero, animali che come sapete, i Thugs conoscevano.
Passammo sei mesi fra continue
ansie e continue vigilanze, senza però che i Thugs dessero segno di vita.
Un mattino
Tremal-Naik ricevette un dispaccio da Chandernagor firmato
da un suo amico, un piccolo rajah spodestato, compromesso nell'ultima
insurrezione che aveva trovato sicuro asilo nella piccola colonia francese.
‑ Che cosa diceva quel
dispaccio?‑ chiesero ad una voce Yanez e Sandokan, che non perdevano una
sola parola del maharatto.
‑ Non conteneva che
quattro sole parole: «Vieni, urgemi parlarti. Mucdar.»
Il mio padrone, che si era
stretto di profonda amicizia con quell'ex principotto da cui aveva ricevuto non
pochi favori quando noi tornammo in India, credendolo minacciato dalle autorità
inglesi, partì senza indugio dopo avermi raccomandato di vigilare sulla piccola
Darma.
Durante il giorno nulla accadde
che potesse mettermi in sospetto, sul colpo che forse dal lungo meditavano i
settari di Kalì, per avere la figlia della loro «ex-Vergine
della pagoda».
Era già giunta la sera, quando
ricevetti anch'io un telegramma da Chandernagor e che portava la firma del mio
padrone.
Mi rammento ancora parola per
parola ciò che diceva:
«Parti immediatamente con Darma,
la quale corre un grave pericolo da parte dei nostri nemici.»
Spaventato assai, mi recai alla
stazione senza perdere un solo minuto assieme alla piccola Darma e alla sua
nutrice.
Il dispaccio mi era giunto alle 6
e 34, e un treno partiva per Chandernagor e Houghy alle 7 e 28.
Salii in uno scompartimento che
era vuoto, ma alcuni istanti prima che il treno partisse, due bramini salirono
pure, sedendosi di fronte a me.
Erano due personaggi dalle lunghe
barbe bianche, dall'aspetto grave ed imponente, che avrebbe rassicurato l'uomo
più sospettoso.
Partimmo senza che alcun che di
straordinario fosse accaduto, quando un'ora dopo, appena oltrepassata la
stazione di Sirampur, accadde un fatto semplicissimo in apparenza e che doveva
avere invece terribili conseguenze.
La valigia d'uno dei due bramini
era caduta e nell'aprirsi era sfuggito un globo di sottilissimo cristallo che
nell'interno conteneva dei fiori.
Dall'urto fu spezzato e quei
fiori si sparsero per lo scompartimento senza che i due bramini si curassero di
raccoglierli.
Vidi però che entrambi avevano
subito estratto un fazzoletto, accostandoselo alla bocca e al naso come se il
profumo di quei fiori, che era acutissimo, avesse dato loro noia.
‑ Ah! ‑
esclamò Sandokan, che s'interessava assai di quello strano racconto. ‑ Continua,
Kammamuri.
‑ Che cosa successe
poi? ‑ disse il maharatto la cui voce era diventata tremante. ‑ Io
non ve lo saprei dire.
Mi ricordo solo d'aver sentito la
mia testa diventare a poco a poco pesante... poi più nulla.
Quando mi svegliai un profondo
silenzio regnava attorno a me ed ero al buio. Il treno non correva più, in
lontananza udii invece un fischio prolungato.
Balzai in piedi chiamando la
nutrice e Darma e nessuno mi rispose. Credetti per un momento di essere
diventato pazzo o di essere in preda a uno spaventevole sogno.
Mi precipitai verso lo sportello:
era chiuso.
Completamente fuori di me, con un
pugno sfondai il vetro tagliandomi la mano, aprii lo sportello e mi slanciai
fuori.
Il treno era fermo su un binario
morto e non vi erano più né macchinisti, né frenatori.
In lontananza vidi però dei
fanali che pareva illuminassero una stazione. Mi misi a correre gridando
sempre:
«Darma! Ketty! Aiuto! Le hanno
rapite! I Thugs! I Thugs!»
Venni fermato da alcuni policeman
e da alcuni impiegati della stazione. Dapprima mi credettero pazzo tanta era la
mia esaltazione e mi ci volle non meno di un'ora per persuaderli che il mio
cervello era sano e narrare loro quanto mi era toccato.
Io mi trovavo non già nella
stazione di Chandernagor bensì in quella di Houghy, che è situata a una ventina
di miglia più al nord.
Nessuno del personale si era
accorto della mia presenza, quando il treno fu fermato nel binario morto,
sicché ero rimasto nello scompartimento fino al mio risveglio.
Dal policeman della stazione
furono fatte pronte ricerche, che lì per lì non dettero risultato.
Al mattino partii per
Chandernagor per avvertire Tremal-Naik della scomparsa di
Darma e della nutrice. Non era più là e appresi dal suo amico che non aveva
spedito al mio padrone alcun telegramma.
Nemmeno quello da me ricevuto era
stato mandato da Tremal-Naik.
‑ Quanto sono astuti
quei Thugs! ‑ esclamò Yanez. ‑ Chi avrebbe potuto
architettare un piano così infernale?
‑ Prosegui,
Kammamuri, ‑ disse Sandokan.
Il maharatto si asciugò due
lagrime, poi riprese con voce rotta:
‑ Non riuscirei mai a
descrivere il dolore del mio padrone, quando apprese la scomparsa della piccola
Darma e della nutrice.
Fu un vero miracolo se non
impazzì.
La polizia intanto continuava le
sue indagini, unitamente a quella francese di Chandernagor, per scoprire i
rapitori della bambina e di Ketty.
Fu così constatato che quei due
dispacci erano stati spediti da un indiano, che prima di allora non era mai
stato veduto dagli impiegati dell'ufficio telegrafico di Chandernagor e che
parlava malissimo il francese. Poi che i due bramini che erano saliti con me,
eran scesi alla stazione ferroviaria di quella città sorreggendo una donna che
pareva fosse stata colpita da un grave malore e portando in braccio una bambina
bionda.
Il giorno seguente la nutrice era
stata trovata morta in mezzo a un bosco di banani, con un fazzoletto di seta
nera stretto al collo.
I Thugs l'avevano strangolata!
‑ Miserabili! ‑
esclamò Yanez, stringendo i pugni.
‑ Ciò però non prova
che siano stati i Thugs di Suyodhana a rapire la piccola Darma, ‑
osservò Sandokan. ‑ Possono essere stati dei banditi volgari che...
‑ No, signore, ‑
disse il maharatto, interrompendolo. ‑ Sono i Thugs di Suyodhana che
hanno fatto il colpo perché una settimana dopo il mio padrone trovò nella sua stanza
una freccia, che doveva essere stata scagliata dalla strada, la cui punta era
formata da un piccolo serpente colla testa di donna, l'emblema dei settari
della mostruosa Kalì.
‑ Ah! ‑
esclamò Sandokan, aggrottando la fronte.
‑ E non è tutto, ‑
prosegui Kammamuri. ‑ Un mattino trovammo sulla porta della nostra
abitazione un foglietto di carta con sopra dipinto l'emblema dei Thugs,
sormontato da due pugnali incrociati fra un S.
‑ La firma di
Suyodhana? - chiese Yanez.
‑ Sì, ‑ rispose
il maharatto.
‑ La polizia inglese
non ha scoperto nulla?
‑ Ha proseguite le
indagini per qualche settimana ancora, poi lasciò morire la cosa. Sembra che
non desideri troppo imbarazzarsi coi Thugs.
‑ Non ha fatto
ricerche nelle Sunderbunds? ‑ chiese Sandokan.
‑ Si è rifiutata, col
pretesto che non poteva disporre di uomini per organizzare una spedizione
abbastanza forte per assicurare un buon successo.
‑ Non ha più soldati
dunque il governo del Bengala? ‑ chiese Sandokan.
‑ Il governo
anglo-indiano in questo momento è troppo occupato per
pensare ai Thugs. L'insurrezione si allarga sempre più, e minaccia di
travolgere tutti i possedimenti inglesi dell'India.
‑ Ah! Vi è stata
un'insurrezione in India? ‑ chiese Yanez.
‑ E diventa di giorno
in giorno più terribile, signore. I reggimenti dei cipayes si sono rivoltati in
più luoghi, a Merut, a Delhi, a Lucknow, a Cawnpore e dopo d'aver fucilato i
loro ufficiali accorrono sotto le bandiere di Tantia Topi e della bella e
coraggiosa Rani.
‑ Ebbene, ‑
disse Sandokan, alzandosi e facendo un giro attorno alla tavola con una certa
agitazione, ‑ giacché né la polizia, né il governo del Bengala
possono occuparsi dei Thugs in questo momento, ci penseremo noi, è vero, Yanez?
Abbiamo cinquanta uomini,
cinquanta pirati, scelti fra i più valorosi di Mompracem, che non temono né i
Thugs, né Kalì, armi di buona portata, una nave che può sfidare anche le
cannoniere inglesi e dei milioni da gettar via.
Con tuttociò si può sfidare la
potenza dei Thugs e dare a quel mostro di Suyodhana un colpo mortale.
La Tigre dell'India alle prese
con la Tigre della Malesia! Ci sarà da divertirsi.
Vuotò il bicchiere colmo di quel
delizioso liquore, stette un momento immobile cogli occhi fissi sul fondo della
tazza, poi, girando bruscamente su se stesso e guardando il maharatto, chiese:
‑ Tremal-Naik
crede che i Thugs siano tornati nei loro misteriosi sotterranei di Rajmangal?
‑ Ne ha la
convinzione, ‑ rispose Kammamuri.
‑ Dunque la piccola
Darma deve essere stata condotta là?
‑ Certo, signor
Sandokan.
‑ Tu conosci
Rajmangal?
‑ E anche i
sotterranei. Vi dissi già che rimasi per sei mesi prigioniero dei Thugs.
‑ Sì, me ne ricordo.
Sono vasti quei sotterranei?
‑ Immensi, signore, e
si estendono sotto tutta l'isola.
‑ Sotto mi hai detto!
Ecco una bella occasione per affogare là dentro tutte quelle canaglie.
‑ E la piccola Darma?
‑ Li affogheremo più
tardi, quando saremo riusciti a strappare a loro la piccola, mio bravo
Kammamuri.
‑ Da quale parte si
discende in quei sotterranei?.
‑ Da un foro aperto
nel tronco principale d'un immenso banian.
‑ Ebbene, andremo a
visitare le Sunderbunds, ‑ disse Sandokan. ‑ Mio caro
Suyodhana, avrai ben presto notizie di Tremal-Naik e della
Tigre della Malesia.
In quel momento si udirono un
fragor di catene e un tonfo, poi dei comandi, quindi si sentì una scossa
piuttosto brusca.
‑ Hanno gettato le
ancore, ‑ disse Yanez, alzandosi. ‑ Saliamo, Sandokan.
Vuotarono le tazze e rimontarono
sulla tolda.
La notte era scesa già da un paio
d'ore, avvolgendo le pagode della città nera e i campanili, le cupole ed i
grandiosi palazzi della città bianca, ma miriadi di fanali e di lumi
scintillavano lungo le ampie gettate, nello Strand e nei superbi squares che
sono annoverati tra i più belli del mondo.
Sul fiume, che in quel luogo era
largo più d'un chilometro, un numero infinito di navi a vapore ed a vela,
provenienti da tutte le parti del mondo, ondulavano sulle loro ancore, coi
fanali regolamentari accesi.
La Marianna si era ancorata verso
gli ultimi bastioni del forte William, la cui massa imponente giganteggiava fra
le tenebre.
Sandokan si assicurò se le ancore
avevano preso buon fondo, fece abbassare le immense vele che sfioravano le grab
vicine poi ordinò di calare la bandiera.
‑ È quasi mezzanotte, ‑
disse a Kammamuri. ‑ Possiamo recarci dal tuo padrone?
‑ Sì, ma vi
consiglierei di indossare un costume meno vistoso per non allarmare le spie dei
Thugs. Io ed il mio padrone abbiamo la certezza di essere sorvegliati dai
banditi di Suyodhana.
‑ Ci vestiremo da
indiani, ‑ rispose Sandokan.
‑ E meglio ancora da
sudra ‑ disse Kammamuri.
‑ Che cosa sono
questi?
‑ Servi, signore.
‑ L'idea è buona. Le
vesti non mancano a bordo; vieni ad acconciarci in modo da poter ingannare le
spie e cominciamo la nostra campagna.
‑ Se la Tigre
dell'India è furba, quella della Malesia non lo sarà meno. Vieni, Yanez.
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