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NELLE JUNGLE
La Marianna, quantunque due volte
più piccola delle grab e con un equipaggio di molto inferiore, ma assai più
agguerrito dei bengalesi, se l'era cavata veramente a buon mercato, come aveva
detto la Tigre della Malesia.
Nonostante il furioso
cannoneggiamento dei miriam, aveva subito dei danni facilmente riparabili,
senza costringerla a recarsi in qualche cantiere di raddobbo.
Tutto si riduceva a poche corde
spezzate, a pochi buchi nella velatura e a un pennone smussato.
Il blindaggio dello scafo,
quantunque di poco spessore, era stato sufficiente ad arrestare le palle d'una
libbra dei piccoli cannoni d'ottone e di rame.
Sette uomini però erano rimasti
uccisi dal fuoco delle carabine, e altri dieci erano stati portati
nell'infermeria più o meno feriti. Perdite piccole in paragone a quelle subìte
dagli equipaggi delle grab, che le spingarde, abilmente manovrate da Yanez e
dai suoi uomini, avevano più che decimato.
La vittoria d'altronde era stata
completa. Una delle due navi, dopo essersi capovolta, erasi affondata: l'altra
invece era stata ridotta in tale stato da non poter più tentare l'inseguimento
e per di più si era arenata.
I crudeli settari della
sanguinosa divinità non potevano certo essere soddisfatti dell'esito della loro
prima battaglia data alle terribili tigri di Mompracem, che credevano di
schiacciare così facilmente prima che uscissero dalll'Hugly.
La Marianna, guidata da
Sambigliong, un timoniere che aveva ben pochi rivali, con poche bordate
raggiunse l'estremità settentrionale dell'isolotto e rientrò nel fiume, nel
momento in cui la seconda grab scompariva sotto le acque del canale.
L'incendio era stato ormai
completamente spento da Tremal-Naik e dai suoi uomini, e
più nessun pericolo minacciava il praho, il quale poteva scendere
tranquillamente il fiume senza temere di venire inseguito.
Sospettando però che i Thugs si
fossero rifugiati sull'isolotto e che li aspettassero al varco per salutarli
con qualche scarica di carabine, Sandokan fece spingere la Marianna verso la
riva opposta.
Essendo l'Hugly in quel luogo
largo oltre due chilometri, non vi era pericolo che le palle dei settari
potessero giungere fino al veliero.
‑ Dove prenderemo
terra? ‑ chiese Yanez a Sandokan che stava osservando le rive.
‑ Scendiamo il fiume
per qualche dozzina di miglia, ‑ rispose la Tigre della Malesia. ‑ Non
voglio che i Thugs ci vedano a sbarcare.
‑ È lontano il
villaggio?
‑ Pochi chilometri, mi
ha detto Tremal-Naik. Saremo però costretti ad attraversare
la jungla.
‑ Non sarà così
difficile come le nostre foreste vergini del Borneo.
‑ Le tigri abbondano
fra quei canneti giganteschi.
‑ Bah! Le conosciamo
da lunga pezza quelle signore. E poi, non ci rechiamo forse nelle Sunderbunds a
fare la loro conoscenza?
‑ È vero, Yanez, ‑
rispose Sandokan, sorridendo.
‑ Credi tu che i Thugs
avessero indovinato i nostri progetti?
‑ In parte, forse.
Probabilmente sospettavano che noi assalissimo il loro rifugio dalla parte del
Mangal.
Che tentino la rivincita?.
‑ È possibile, Yanez,
ma giungeranno troppo tardi. Ho dato già a Sambigliong le mie istruzioni onde
non si faccia sorprendere entro le Sunderbunds.
Andrà a nascondere il praho nel
canale di Raimatla e smonterà l'alberatura, coprendo lo scafo con canne ed
erbe, onde i Thugs non s'accorgano della presenza dei nostri uomini.
‑ E come ci terremo in
relazione con loro? Noi possiamo aver bisogno di aiuti.
‑ S'incaricherà
Kammamuri di venirci a trovare fra le jungle delle Sunderbunds.
‑ Rimarrà con
Sambigliong?
‑ Sì, almeno fino a quando
il praho avrà raggiunto Raimatla. Egli conosce quei luoghi e saprà trovare un
ottimo nascondiglio per il nostro legno.
I Thugs hanno dato prova di
essere molto furbi, e noi lo saremo di più. Spero un giorno di poterli affogare
tutti entro i loro sotterranei.
‑ Raccomanda a
Sambigliong di non lasciarsi sfuggire il manti. Se quell'uomo riesce a evadere,
non potremo più sorprenderli.
‑ Non temere,
Yanez, ‑ disse Sandokan. ‑ Un uomo veglierà giorno e
notte dinanzi alla sua cabina.
‑ Prendiamo
terra? ‑ chiese in quel momento una voce dietro di loro. ‑ Abbiamo
già oltrepassata l'isola e non ci conviene allontanarci troppo dalla via che
conduce a Khari. La jungla è pericolosa.
Era
Tremal-Naik, il quale aveva già dato ordine a Sambigliong di
dirigersi verso la riva opposta.
‑ Siamo pronti, ‑
rispose Sandokan. ‑ Fa' preparare una scialuppa e andiamo ad
accamparci a terra.
‑ Abbiamo un ottimo
rifugio per passare la notte, ‑ disse
Tremal-Naik. ‑ Siamo di fronte a una delle torri
dei naufraghi.
Ci staremo benissimo là dentro.
‑ Quanti uomini
condurremo con noi? ‑ chiese Yanez.
‑ Basteranno i sei che
sono già stati scelti, ‑ rispose Sandokan. ‑ Un numero
maggiore potrebbe far nascere dei sospetti nei Thugs di Rajmangal!
‑ E Surama?
‑ Ci seguirà: quella
fanciulla può renderci preziosi servigi.
La Marianna si era messa in panna
a duecento passi dalla riva, mentre la baleniera era stata già calata in acqua.
Sandokan diede a Kammamuri e a
Sambigliong le sue ultime istruzioni, raccomandando loro la massima prudenza,
poi scese nella scialuppa dove già si trovavano i sei uomini scelti per
accompagnarli, Surama e la vedova del thug, che contavano di lasciare nella
possessione di Tremal-Naik.
In due minuti attraversarono il
fiume e presero terra sul margine delle immense jungle, a pochi passi dalla
torre di rifugio, che s'alzava solitaria fra le canne spinose e i folti
cespugli che coprivano la riva.
Prese le carabine e alcuni
viveri, rimandarono la scialuppa, dirigendosi poscia verso il rifugio la cui
scala mobile era appoggiata contro la parete.
Era una torre simile a quelle che
già Sandokan e Yanez avevano osservate presso l'imboccatura del fiume,
costruita in legno, alta una mezza dozzina di metri, con quattro iscrizioni in
lingua inglese, indiana, francese e tedesca, dipinte in nero a grosse lettere,
e che avvertivano i naufraghi di non fare spreco dei viveri contenuti nel piano
superiore e di attendervi il battello incaricato del rifornimento.
Sandokan appoggiò la scala alla
finestra e salì pel primo, seguìto subito da Surama e dalla vedova.
Non vi era che una stanza, appena
capace di contenere una dozzina di persone, con alcune amache sospese alle
travate, un rozzo cassettone, contenente una certa quantità di biscotto e di
carne salata ed alcuni vasi di terracotta.
Non dovevano certo farla molto
grassa i naufraghi, che la mala sorte gettava su quelle rive pericolose e
disabitate, tuttavia non potevano correre, almeno per un certo tempo, il
pericolo di morire di fame.
Quando tutti furono entrati,
Tremal-Naik fece ritirare la scala, onde le tigri, che
potevano aggirarsi nei dintorni, non ne approfittassero per inerpicarsi fino al
rifugio.
Le due donne e i capi presero
posto nelle amache; i sei malesi si stesero a terra mettendosi a fianco le
armi, quantunque nessun pericolo potesse minacciarli.
La notte passò tranquilla non
essendo stata turbata che dall'urlo lamentevole di qualche sciacallo affamato.
Quando si risvegliarono, la
Marianna non era più in vista. A quell'ora doveva aver già raggiunta la foce
dell'Hugly e costeggiare già le Teste di Sabbia che si protendono dinanzi ai
melmosi terreni delle Sunderbunds e che servono d'argine alle grosse ondate del
golfo del Bengala.
Una sola barca, munita d'una
tettoia, risaliva il fiume radendo la riva, spinta da quattro remiganti
semi-nudi.
Sulla jungla invece nessun essere
umano appariva. Volteggiavano invece un gran numero d'uccelli acquatici,
specialmente d'anitre bramine e di martini pescatori.
‑ Siamo in pieno
deserto, ‑ disse Sandokan che dall'alto della torre guardava ora il
fiume ed ora l'immensa distesa di bambù, sui quali giganteggiava superbamente
qualche raro tara e qualche colossale nim dal tronco enorme.
‑ E questo non è che
il principio del delta del Gange, ‑ rispose
Tremal-Naik. ‑ Più innanzi vedrai ben altre cose
e ti farai un concetto più esatto di questo immenso pantano che si estende fra
i due rami principali del sacro fiume.
‑ Non comprendo come i
Thugs abbiano scelto un così brutto paese pel loro soggiorno. Qui le febbri
devono regnare tutto l'anno.
‑ E anche il cholera,
il quale fa di frequente dei grandi vuoti fra i molanghi. Ma qui si sentono più
sicuri che altrove; poiché nessuno oserebbe tentare una spedizione attraverso
questi pantani che esalano miasmi mortali.
‑ Che a noi non fanno
né freddo, né caldo, ‑ rispose Sandokan. ‑ Le febbri non
ci fanno più paura: ci siamo abituati.
‑ E con chi se la
prendono i Thugs di Suyodhana, se queste terre sono quasi spopolate? Kalì non
deve avere troppe vittime di olocausto.
‑ Qualche molango che
viene sorpreso lontano dal suo villaggio, paga per gli altri. E poi se non si
strangola molto nelle Sunderbunds, non credere che a Kalì manchino vittime: i
Thugs hanno emissari in quasi tutte le province settentrionali dell'India. Dove
vi è un pellegrinaggio, i settari della dea accorrono e un bel numero di
persone non tornano più alle loro case. A Rajmangal io ne ho conosciuto uno che
operava appunto sui pellegrini che si recavano alle grandi funzioni religiose
di Benares, che aveva strangolato settecento e diciannove persone e quel
miserabile, allorché venne arrestato, non manifestò che un solo dispiacere:
quello di non aver potuto raggiungere il migliaio4
‑ Quello era una
belva! ‑ esclamò Yanez, che li aveva raggiunti.
‑ Le stragi che quei
miserabili commettevano ancora alcuni anni or sono, non si possono immaginare.
‑ Vi basti sapere che
alcune regioni dell'India centrale furono quasi spopolate da quei feroci
assassini, ‑ disse Tremal-Naik.
‑ Ma che piacere ci
trovano a strozzare tante persone?
‑ Quale piacere!
Bisogna udire un thug per farsene un'idea.
«Voi trovate un grande diletto -
disse un giorno uno di quei mostri, da me interrogato - nell'assalire una belva
feroce nella sua tana, nel macchinare e ottenere la morte d'una tigre o d'una
pantera, senza che in tutto ciò vi siano gravi pericoli da sfidare e coraggio
soverchio da spiegare. Pensa adunque quanto questa attrattiva debba aumentare
allorché la lotta è impegnata coll'uomo, allorché è un essere umano che bisogna
distruggere! In luogo d'una sola facoltà, il coraggio, abbisognano l'astuzia,
la prudenza, la diplomazia. Operare con tutte le passioni, far vibrare anche le
corde dell'amore e dell'amicizia per indurre la preda nelle reti è una cosa
sublime, inebriante, un delirio.»
Ecco la risposta che ho avuto da
quel miserabile che aveva già offerta alla sua divinità qualche centinaio di
vittime umane... Pei Thugs l'assassinio è eretto a legge, l'uccidere per loro è
una gioia suprema e un dovere; l'assistere all'agonia di un uomo da essi
colpito è una felicità ineffabile.
‑ In conclusione
l'uccidere una creatura inoffensiva è un'arte, ‑ disse Yanez. ‑ Credo
che sia impossibile sognare una più perfetta apologia del delitto.
‑ Sono molti anche
oggidì i settari di Kalì? ‑ chiese Sandokan.
‑ Si calcolano a
centomila, sparsi per la maggior parte nelle jungle del Bundelkund, nell'Aude e
nel bacino del Nerbudda.
‑ E obbediscono tutti
a Suyodhana?
‑ È il loro capo
supremo, da tutti riconosciuto, ‑ rispose
Tremal-Naik.
‑ Fortunatamente che
gli altri sono lontani, ‑ disse Yanez. ‑ Se si
radunassero tutti nelle Sunderbunds non ci rimarrebbe altro che far richiamare
la Marianna e tornarcene a Mompracem.
‑ A Rajmangal non ve
ne saranno molti, né credo che Suyodhana, anche se minacciato, ne richiamerà
dall'altre regioni.
Il governo del Bengala tiene gli
occhi aperti e quando può mettere le mani sui settari di Kalì, non li
risparmia.
‑ Tuttavia non ha
nulla tentato per snidare quelli che sono tornati nelle caverne di
Rajmangal, ‑ disse Sandokan.
‑ È troppo occupato
pel momento. Come vi ho detto, l'India settentrionale minaccia una formidabile
insurrezione ed alcuni reggimenti di cipayes hanno fucilati, giorni sono, i
loro ufficiali a Merut ed a Cawnpore. Chissà che più tardi, sedata la rivolta,
non dia un colpo mortale anche ai Thugs delle Sunderbunds.
‑ Spero che per allora
non ve ne siano più, ‑ disse Sandokan. ‑ Non siamo già
venuti qui per lasciarceli scappare di mano, è vero Yanez?
‑ Vedremo in seguito, ‑
rispose il portoghese. ‑ Partiamo Sandokan: ne ho abbastanza di
questa gabbia e sono impaziente di vedere i nostri elefanti.
Surama e la vedova avevano
preparato il thè, avendone trovato una certa provvista fra i viveri destinati
ai naufraghi.
Vuotarono qualche tazza, poi
ricollocarono a posto la scala e scesero fra le alte erbe che circondavano la
torre.
Tre uomini armati di parangs si
misero alla testa del drappello, per aprire un varco attraverso l'inestricabile
caos di bambù, e di piante parassite e la marcia cominciò sotto un sole
ardentissimo. Chi non ha veduto le jungle delle Sunderbunds, non può farsi la
menoma idea del loro aspetto desolante.
Un deserto, sia pure privo del
più piccolo sterpo, è meno triste di quelle pianure fangose, coperte da una
vegetazione intensa sì, ma che non ha nulla di gaio, né di pittoresco, una
vegetazione che pur essendo lussureggiante ha un'indefinibile tinta come di
cosa malaticcia trasudante germi infettivi.
Ed infatti tutto quel mare di
canne immense e di piante parassite è giallastro. È ben raro vedere qualche
macchia d'un verde brillante perché le belle mangifere, i pipal, i nim, i tara,
dal cupo fogliame che caratterizzano le pianure del Bengala e dell'India
centrale, non sembrano trovarsi a loro agio nei pantani delle Sunderbunds.
Tutte le piante sono altissime e
si sviluppano con rapidità prodigiosa perché il terreno è fertilissimo, ma come
abbiamo detto sono ammalate, e hanno un non so che d'infinitamente triste che
colpisce profondamente l'uomo che ha l'audacia d'inoltrarsi fra quel caos di
vegetali.
È l'umidità o meglio la lotta
incessante che si combatte sotto di essi, fra l'acqua che invade continuamente
quelle terre e il calore solare che le prosciuga rapidamente; lotta che si
rinnova ogni giorno da secoli e secoli senza alcun vantaggio né per l'una né
per l'altro; lotta che non fa altro che sviluppare germi infettivi e miasmi mortali
e che aiutati dal rapido corrompersi di quella vegetazione d'una ricchezza
anormale, sviluppano il cholera asiatico.
Il terribile morbo, che quasi
ogni anno fa immense stragi fra le popolazioni del mondo, ivi ha la sua sede. I
microbi si sviluppano sotto quelle piante con rapidità prodigiosa e altro non
attendono che i pellegrini indiani per espandersi in Asia, in Europa e in
Africa.
Esso regna in permanenza fra i
poveri villaggi dei molanghi, soffocati fra quelle canne smisurate; però di
rado uccide quei disgraziati. Venga però l'europeo che non è acclimatato e lo
fulmina in poche ore.
È l'alleato dei Thugs e vale
meglio di tutte le fortezze e di tutte le barriere, per tenere lontane le
truppe del governo del Bengala.
Ma non è solo il cholera che si
trova bene fra quei pantani. Anche i serpenti, le tigri, i rinoceronti e i
coccodrilli voracissimi ci stanno benissimo e si propagano meravigliosamente,
senza sentirne danno alcuno.
Se le Sunderbunds sono tristi,
sono il paradiso dei cacciatori, perché tutti i più terribili animali
dell'India vi si trovano. Vi vivono però in piena sicurezza a dispetto degli
ufficiali inglesi, quegli accaniti cacciatori, i quali non osano inoltrarsi fra
quel mare di vegetali, non ignorando che un soggiorno anche brevissimo, può essere
loro fatale.
L'europeo non può affrontare i
miasmi delle Sunderbunds: la morte lo attende, celata sotto l'ombra delle canne
e dei calamus.
Se può sfuggire agli artigli
delle tigri, al morso velenoso del cobra-capello e del
serpente del minuto o del bis-cobra e ai denti del gaviale,
cade infallantemente sotto i colpi del cholera.
Il piccolo, ma animoso drappello,
guidato da Tremal-Naik, procedeva lentamente, senza
arrestarsi fra l'intricata jungla, aprendosi il passo a colpi di parang e di
kampilang, non avendo trovato la menoma traccia di sentiero al di là dalla
torre di rifugio.
I malesi della scorta, abituati
già alla dura manovra dei parangs e dotati d'una resistenza e d'un vigore
straordinario, tagliavano senza posa, insensibili ai morsi del sole che faceva
fumare la loro pelle e anche ai miasmi che si sprigionavano da quei terreni
melmosi.
Abbattevano a grandi colpi le
mostruose canne, che parevano volessero soffocarli, facendole cadere a destra e
a sinistra, per fare largo alle due donne e ai loro capi, i quali non
s'occupavano che della sorveglianza, potendo darsi che da un istante all'altro
qualche tigre facesse improvvisamente la sua comparsa.
Già avevano fiutato per due
volte, su cinquecento passi penosamente guadagnati, l'odore caratteristico che
esalano quelle pericolose belve, ma nessuna si era fatta vedere, spaventata
forse dal numero delle persone e dal brillare delle carabine, armi che ormai
quei sanguinari carnivori hanno imparato a temere.
Se il drappello fosse stato
formato di poveri molanghi, armati d'un semplice coltellaccio o di qualche
lancia, forse non avrebbero esitato a tentare un fulmineo assalto per portarne
via qualcuno.
Di passo in passo che
s'inoltravano, la vegetazione invece di scemare, diventava così folta, da
mettere a dura prova la pazienza e l'abilità dei malesi, quantunque non fossero
nuovi alle jungle.
Le canne si succedevano alle
canne, serrate e altissime, interrotte solo di quando in quando da ammassi di calami,
piante parassite d'una resistenza incredibile e che raggiungono spesso
lunghezze di cento e perfino centocinquanta metri e da pozzanghere ripiene
d'acqua giallastra e corrotta, che costringevano il drappello a fare dei lunghi
giri.
Un caldo soffocante regnava in
mezzo a quei vegetali, facendo sudare prodigiosamente malesi e indiani e
soprattutto Yanez che nella sua qualità d'europeo, resisteva meno degli altri
agli ardenti raggi del sole.
‑ Preferisco le nostre
foreste vergini del Borneo, ‑ diceva il povero portoghese, che
pareva uscisse da un vero bagno, tanto le sue vesti erano inzuppate di sudore. ‑ Mi
pare di essere dentro un forno.
La durerà molto? Comincio ad
averne fino ai capelli delle jungle bengalesi.
‑ Non la finiremo
prima di dieci o dodici ore, ‑ rispondeva TremalNaik, il quale
pareva invece che si trovasse benissimo fra quei vegetali e quei pantani.
‑ Giungerò al tuo
bengalow in uno stato miserando. Bei luoghi hanno scelto i Thugs! Che il
diavolo se li porti via tutti!
Potevano trovarsi un rifugio
migliore.
‑ Di questo no certo,
mio caro Yanez, perché qui si sentono pienamente sicuri. Belve e cholera;
pantani e febbri che ti portano via un uomo in poche ore: ecco i loro
guardiani! Sono stati furbi a ricollocare qui le loro tende.
‑ E dovremo girovagare
fra queste jungle per delle settimane forse? Bella prospettiva!
‑ Gli elefanti sono
alti e quando sarai accomodato sul loro dorso, l'aria non ti mancherà.
‑ Toh!
‑ Che cosa c'è? ‑
chiese Yanez, levandosi dalla spalla la carabina.
I malesi dell'avanguardia si
erano arrestati e si erano curvati verso il suolo, ascoltando attentamente.
Dinanzi a loro si apriva una
specie di sentiero abbastanza largo, per lasciare il passo a tre e anche a quattro
uomini di fronte e che pareva fosse stato fatto di recente, poiché le canne che
giacevano al suolo, avevano le foglie ancora verdi.
Sandokan che scortava Surama e la
vedova, li raggiunse.
‑ Un passaggio? ‑
chiese.
‑ Aperto or ora da
qualche grosso animale che marcia dinanzi a noi, ‑ rispose uno dei
malesi. ‑ Deve essersi levato da soli pochi minuti.
Tremal-Naik
si spinse innanzi e guardò il terreno su cui si scorgevano delle larghe tracce.
‑ Siamo preceduti da
un rinoceronte, ‑ disse. ‑ Ha udito i colpi dei parangs e
se n'è andato.
Doveva essere in uno dei suoi
rari momento di buonumore. Diversamente ci avrebbe caricati all'impazzata.
‑ Dove si
dirige? ‑ chiese Sandokan.
‑ Verso il
nord-est, ‑ rispose uno dei malesi che portava
una piccola bussola.
‑ È la nostra
direzione, ‑ disse Tremal-Naik. ‑ Giacché
ci apre la via seguiamolo: ci risparmierà della fatica. Tenete però pronte le
carabine, da un momento all'altro può tornare sui propri passi e piombarci
addosso.
‑ E noi saremo pronti
a riceverlo, ‑ concluse Sandokan. ‑ Alla retroguardia le
donne e noi in testa.
Cominceremo la nostra partita di
caccia.
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