16
- I THUGS
La Tigre della Malesia, udendo
quel grido che era echeggiato in direzione del fiumicello, si era slanciato
verso quella parte con velocità fulminea, seguito tosto da Yanez e da
Tremal-Naik. Un sospetto era balenato nella mente di tutt'e
tre: che gli strangolatori di Rajmangal avessero sorpreso uno dei loro uomini,
parlando tutti benissimo l'inglese, e lo stessero strozzando.
Lo slancio del formidabile pirata
era tale da poter gareggiare con quello delle tigri di cui portava il nome,
sicché in pochi secondi attraversò gli ultimi gruppi di pipal, che lo
dividevano dal canale, distanziando i compagni, assai meno agili, di alcune
centinaia di metri.
Presso la riva cinque uomini
semi-nudi, colla testa coperta da un piccolo turbante
giallo, stavano trascinando fra le erbe, mediante una corda, qualche cosa che
si dibatteva e che Sandokan sul colpo non poté comprendere che cosa potesse
essere, essendo i kalam piuttosto alti.
Avendo però poco prima udito quel
grido: «Aiuto, mi strozzano!», era più probabile che si trattasse d'una povera
creatura umana che d'un capo di selvaggina preso al laccio.
Senza esitare un solo istante, il
coraggioso pirata, con un ultimo balzo, si scagliò verso quegli uomini,
gridando con voce minacciosa.
- Fermi, bricconi, o vi fucilo
come cani rabbiosi!
I cinque indiani, vedendo
piombarsi addosso quello sconosciuto, avevano abbandonata precipitosamente la
corda levando dalla fascia che cingeva i loro fianchi dei lunghi coltelli
simili a pugnali e colla lama un po' curva.
Senza pronunciare una parola, con
una mossa fulminea si erano disposti in semicerchio come se avessero avuto
l'intenzione di chiudervi dentro Sandokan, poi uno di loro aveva svolto
rapidamente una specie di fazzoletto nero, lungo un buon metro, che pareva
avesse ad una delle estremità una palla od un sasso, facendolo volteggiare in
aria. Sandokan non era certamente l'uomo da lasciarsi accerchiare, né
intimorire.
Con un salto si sottrasse a
quella pericolosa manovra, puntò la carabina e fece fuoco sull'indiano del
fazzoletto, gridando contemporaneamente:
- A me,Yanez!
Il thug, colpito in pieno petto,
allargò le braccia e cadde col viso contro terra senza mandare un grido.
Gli altri quattro, punto
spaventati da quel colpo maestro, stavano per scagliarsi risolutamente su
Sandokan, quando udirono dietro le loro spalle un hu auh spaventevole, che
arrestò di colpo il loro slancio.
Era la tigre che accorreva in
aiuto dell'amico del suo padrone, facendo balzi di dieci metri.
In mezzo alle piante,
Tremal-Naik gridava:
- Prendi, Darma!
I thugs vedendo la terribile
belva, girarono sui talloni e si precipitarono nel canale che in quel luogo era
ingombro di piante acquatiche, scomparendo agli occhi di Sandokan.
Darma si era prontamente gettata
verso la riva, ma troppo tardi per poter agguantare uno di quei miserabili ai
quali la paura doveva aver dato le ali alle gambe e alle braccia.
- Sarà per un'altra volta, mia
brava Darma, - disse Sandokan. - Le occasioni non mancheranno. I bricconi ormai
avranno raggiunta la riva opposta.
In quel momento
Tremal-Naik e Yanez giungevano di corsa.
- Fuggiti? - chiesero entrambi.
- Non li vedo più, - rispose
Sandokan, che era sceso verso la riva colla tigre e che cercava invano di
scoprirli fra le folte canne e le larghe foglie di loto. - L'oscurità è troppo
fitta per poter discernere qualche cosa fra quei vegetali.
La comparsa fulminea di Darma è
bastata per farli scappare come lepri e rinunciare a vendicare il loro
compagno.
- Erano Thugs, è vero? - chiese
Tremal-Naik.
- Lo suppongo perché uno di loro ha
tentato di gettarmi intorno al collo il fazzoletto di seta.
- Ma l'hai ucciso.
- Giace laggiù, in mezzo alle
erbe. La mia palla deve avergli spaccato il cuore, perché è stramazzato senza
aver avuto nemmeno il tempo di mandare un grido.
- Andiamo a vederlo: mi preme
sapere se erano veramente dei Thugs o dei banditi.
Risalirono lestamente la riva, e
s'accostarono al cadavere che giaceva disteso fra le erbe, colle gambe e le
braccia allargate ed il viso contro terra.
Lo sollevarono guardandogli il
petto.
- Il serpente colla testa di
Kalì! - esclamò Tremal-Naik. - Non mi ero ingannato!
- E che bel colpo, Sandokan! -
disse Yanez. - La tua palla gli ha attraversato il petto da parte a parte,
fracassandogli la colonna vertebrale e probabilmente toccando anche il cuore.
- Non era che a cinque passi, -
rispose la Tigre della Malesia. Ad un tratto si batté la fronte, esclamando:
- E l'uomo che ha gridato? Ho
veduto quei bricconi trascinare qualche cosa fra le erbe.
Si guardarono intorno e videro a
pochi metri un uomo vestito di flanella bianca, che stava seduto fra i kalam e
che li guardava con due occhi dilatati ancora dal terrore.
Era un giovane di forse
venticinque anni, con una folta capigliatura nera ed un paio di baffetti
d'egual colore, dai lineamenti belli e regolari e la pelle appena abbronzata.
Dal collo gli pendeva ancora una sottile cordicella, senza dubbio uno di quei
lacci di seta di cui si servono i Thugs in mancanza del fazzoletto nero.
Il giovane li osservava in
silenzio, come se non osasse interrogarli, temendo senza dubbio di aver dinanzi
nuovi nemici.
Sandokan gli mosse incontro,
dicendogli:
- Non temete, signore: noi siamo
amici pronti a proteggervi contro i miserabili che hanno tentato di
strangolarvi.
Lo sconosciuto s'alzò lentamente
e fece qualche passo dicendo in lingua inglese, nella cui pronuncia si sentiva
però un accento straniero:
- Perdonate signori se non vi ho
subito ringraziato del vostro intervento; io ignoravo se avevo da fare con dei
salvatori o con altri nemici.
- Chi siete? - chiese Sandokan.
- Un luogotenente del 5°
Reggimento della cavalleria bengalese.
- Non vi si direbbe un inglese.
- Avete ragione: sono un francese
di nascita, ai servigi dell'Inghilterra.
- E che cosa facevate qui solo
nella jungla? - chiese Yanez.
- Un europeo! - esclamò il
luogotenente, osservandolo con una certa curiosità.
- Portoghese, signore.
- Solo! - disse il giovane, dopo
essersi leggermente inchinato. - No, non sono solo perché ho due uomini con me
o almeno fino a poche ore or sono li avevo nel mio accampamento.
- Temete che siano stati
strangolati? - chiese Sandokan.
- Non ne so nulla, tuttavia
dubito che quei rettili che hanno tentato di strangolarmi, li abbiano
risparmiati.
- Sono dei molanghi i vostri
uomini?
- No, due cipayes.
- Chi ha sparato quel colpo di
fucile che ci ha fatti accorrere?
- Io signor...
- Chiamatemi semplicemente
capitano, per ora, se non vi spiace signor...
- Remy de Lussac, - disse il
giovane. - Ho fatto fuoco contro quei cinque furfanti che mi erano piombati
addosso, mentre io stavo coricato fra le erbe spiando le mosse di una axis che
desideravo abbattere per la colazione di domani.
- E li avete mancati?
- Pur troppo, quantunque io sia
un buon cacciatore.
- Siete dunque venuto qui per
cacciare?
- Sì, capitano, - rispose de
Lussac. - Ho un permesso di tre mesi e da due settimane percorro le jungle
fucilando uccelli e quadrupedi.
Ad un tratto fece un balzo
indietro, gridando:
- Fate fuoco!
Darma risaliva la riva e
s'avvicinava al suo padrone.
- È nostra amica, non
spaventatevi, signor luogotenente - disse Tremal-Naik.
- È essa anzi che ha messo in
fuga gli strangolatori, che stavano dare addosso al nostro capitano.
- Una bestia prodigiosa.
- Che obbedisce meglio d'un cane.
- Signor de Lussac, - disse
Sandokan. - Dove si trova il vostro accampamento?
- Ad un chilometro da qui, sulla
riva del canale.
- Desiderate che vi conduciamo?
La nostra caccia per questa notte è finita.
- Siete anche voi cacciatori?
- Per ora riteneteci tali.
Andiamo a vedere se i Thugs hanno risparmiato i vostri uomini.
Il francese frugò qualche po' fra
le erbe, finché ebbe trovata la propria carabina, una bellissima arma a due
canne, di fabbrica inglese, a canne brunite, poi disse:
- Sono ai vostri ordini.
Sandokan fece cenno a
Tremal-Naik di mettersi a fianco del luogotenente, dicendo
poi:
- Io e Yanez rimarremo alla
retroguardia con Darma. Tenetevi un po' discosti dalla riva; i Thugs possono
avere dei fucili oltre i lacci.
Si misero in marcia, radendo il
bosco di pipal il quale non accennava a finire, tenendo le carabine sotto il
braccio per essere più pronti a servirsene in caso d'un attacco.
Sembrava però che i Thugs si
fossero allontanati, perché Darma non dava alcun segno d'inquietudine.
- Che cosa ne pensi di questa
avventura? - chiese Sandokan a Yanez, - che ci possa essere d'impiccio o
d'utilità quest'ufficiale pei nostri progetti?
- Se quell'uomo ha osato
spingersi quasi solo nella jungla, deve possedere del coraggio e gli uomini
coraggiosi non sono mai troppi nelle spedizioni arrischiate. Se ci facesse la
proposta di unirsi a noi?
- Lo accetterei, - rispose Yanez.
- Andiamo a lottare contro gli uomini che il governo del Bengala sarebbe ben
lieto di veder distrutti.
- E lo metteremo a parte dei nostri
progetti?
- Non ci vedo, per mio conto,
alcun inconveniente. Io credo anzi che sarebbe ben lieto di unirsi a noi: è un
uomo di guerra al par di noi ed un giovane vigoroso che non ci sarà certo
d'impiccio quando verremo ai ferri corti con Suyodhana.
E poi, nella sua qualità
d'ufficiale, potrebbe fornirci dei preziosi appoggi da parte del suo governo.
- T'incaricherai tu di metterlo
al corrente dei nostri affari, se si deciderà a unirsi a noi.
Tutto considerato non mi
rincrescerebbe avere un rappresentante dell'esercito
anglo-indiano. Non si sa mai quello che può accadere e di
chi si può avere bisogno.
Ah! Mi viene un sospetto.
- Quale, Sandokan?
- Che quei Thugs, invece di
spiare il francese, seguissero noi.
- Anche a me è venuto il medesimo
sospetto. Fortunatamente siamo in buon numero e nel canale di Raimatla
troveremo la Marianna.
- A quest'ora ci sarà già, -
disse Sandokan.
In quell'istante udì l'ufficiale
a mandare un grido.
- Che cosa avete signor de
Lussac? - chiese Yanez, raggiungendolo.
- Nel mio accampamento non ardono
più i fuochi che avevo raccomandato ai miei due cipayes di mantenere accesi.
Ciò indica una sciagura, signore.
- Dov'è il vostro accampamento? -
chiese Sandokan.
- Laggiù, sotto quel nim
colossale, che s'innalza isolato presso la riva del canale.
- Brutto segno se i fuochi non
ardono più, - mormorò Sandokan, aggrottando la fronte.
Stette un momento immobile,
tenendo gli occhi fissi sull'albero, poi disse con voce risoluta:
- Avanti: in testa, Darma!
La tigre, ad un cenno di
Tremal-Naik, si spinse innanzi, ma percorsi cinquanta passi
si fermò guardando il bengalese.
- Ha fiutato qualche cosa, -
disse Tremal-Naik. - Stiamo in guardia.
Continuarono ad avanzarsi
cautamente colle dita sul grilletto dei fucili, finché giunsero a cento passi
dall'albero, sotto cui si vedevano confusamente alzarsi due piccole tende da
campo.
Il signor de Lussac si mise a
gridare:
- Rankar!
Nessuno rispose dapprima a quella
chiamata, poi fra le tenebre s'alzarono improvvisamente delle urla, e delle
ombre balzarono attraverso le erbe fuggendo a tutte gambe.
- Sciacalli che fuggono! -
esclamò Tremal-Naik. - Signor de Lussac, i vostri uomini
sono morti e fors'anche a quest'ora sono stati già spolpati.
- Sì, - disse il francese con
voce profondamente commossa. - I settari della sanguinosa dea me li hanno
assassinati.
Si spinsero innanzi rapidamente e
giunsero ben presto presso le tende.
Un orribile spettacolo s'offerse tosto
ai loro sguardi.
Due uomini, già quasi interamente
divorati, giacevano l'uno presso l'altro, a breve distanza da alcuni tizzoni
che fumavano ancora.
La testa di uno era scomparsa e
quella dell'altro era stata rosicchiata in modo tale da non poter essere più
riconoscibile.
- Poveri uomini! - esclamò il
francese, con un singhiozzo. - E non poterli vendicare!
- Che cosa ne sapete voi? - gli
chiese Sandokan, appoggiandogli una mano sulle spalle. - Voi ignorate ancora
chi siamo noi e per quale motivo ci troviamo qui.
Il francese si era voltato
vivamente, guardando con stupore la Tigre della Malesia.
- Parleremo di ciò più tardi, -
disse Sandokan, prevenendo la domanda dell'ufficiale. - Seppelliamo per ora gli
avanzi di questi disgraziati.
- Ma... signor...
- A più tardi, signor de Lussac,
- disse Yanez. - Vi piacerebbe vendicare la morte dei vostri uomini?
- E me lo chiedete?
- Ve ne daremo il mezzo. Avete
nulla da portare con voi?
- I Thugs hanno vuotato le tende,
- disse Tremal-Naik, che le aveva già visitate.
- Assassini prima, poi ladri:
ecco gli adoratori di Kalì!
Scavarono una fossa, adoperando
le loro scimitarre e seppellirono quei miseri avanzi, onde sottrarli ai denti
degli sciacalli, accumulandovi sopra dei massi.
Terminata quella funebre
operazione, Sandokan si volse verso il luogotenente che appariva assai triste.
- Signor de Lussac, - disse, -
che cosa intendete di fare ora? Tornarvene a Calcutta o vendicare i vostri
uomini? Noi siamo venuti qui non già per dare la caccia alle tigri ed ai
rinoceronti, bensì per compiere una grande vendetta e riavere ciò che ci hanno
preso: il nostro nemico è il thug.
Il francese era rimasto
silenzioso, guardando con un profondo stupore quei tre uomini.
- Decidetevi, - disse Sandokan. -
Se preferite lasciare la jungla, metterò a vostra disposizione uno dei nostri
elefanti onde vi conduca a Diamond-Harbour od a Khari.
- Ma che cosa siete venuti a fare
qui, voi, signori? - chiese il francese.
- Io ed il mio amico Yanez de
Gomera, un nobile portoghese, abbiamo lasciata la nostra isola che sta laggiù,
in mezzo al mare della Malesia, per compiere una missione terribile che
libererà questo disgraziato paese da una setta infame, e che ridarà una
famiglia a questo indiano, uno dei più forti e dei più fieri uomini che vanti
il Bengala e che è parente stretto d'uno dei più coraggiosi ufficiali
dell'esercito anglo-indiano, il capitano Corishant.
- Corishant! Lo sterminatore dei
Thugs! - esclamò il francese.
- Sì, signor de Lussac, - disse
Tremal-Naik, facendosi innanzi. - Io ho sposato sua figlia.
- Corishant! - ripeté il
francese. - Quello che anni or sono fu assassinato nelle Sunderbunds dai
settari di Kalì?
- L'avete conosciuto?
- Era il mio capitano.
- E noi lo vendicheremo.
- Signori, ignoro ancora chi voi
siate, ma potete contare, fino da questo momento, su di me. Ho una licenza
straordinaria di tre mesi e i sessanta giorni che ancora mi rimangono li dedico
a voi. Disponete.
- Signor de Lussac, - disse
Yanez, - volete venire nel nostro accampamento?...
Là i Thugs non vi strangoleranno
più, ve l'assicuro.
- Sono ai vostri ordini, signor
Yanez de Gomera.
- Partiamo, - disse Sandokan. - I
nostri uomini possono inquietarsi di questa lunga assenza.
- Darma, in testa! - comandò
Tremal-Naik.
I quattro uomini si strinsero in
gruppo dietro la tigre e si misero in cammino, seguendo nuovamente il margine
della foresta.
Due ore dopo giungevano
all'accampamento.
I malesi ed i cornac, seduti
intorno ai fuochi, vegliavano ancora fumando e chiacchierando.
- Nulla di nuovo? - chiese
Sandokan.
- Nulla capitano, - rispose uno
dei tigrotti.
- Avete notato niente di
straordinario? Degli uomini non sono venuti a ronzare attorno all'accampamento?
- Il cane se ne sarebbe accorto.
- Signor de Lussac, - disse
Sandokan, volgendosi verso il francese, che guardava con ammirazione i due
colossali elefanti che russavano beatamente a poca distanza dai fuochi. - Se
non vi spiace, dividerete con Yanez la tenda. È un europeo al pari di voi.
- Grazie della vostra ospitalità,
capitano.
- È già tardi: andiamo a dormire.
A domani, signor de Lussac.
Fece a Yanez un cenno ed entrò
nella sua tenda assieme a Tremal-Naik, mentre i malesi
riattivavano i fuochi e sceglievano gli uomini di guardia.
- Signor de Lussac, - disse
Yanez, con un sorriso. - La mia tenda vi aspetta. Se il sonno non vi tenta
discorreremo un po'.
- Preferisco qualche spiegazione
al dormire, - rispose il luogotenente.
- Vi credo, - disse Yanez,
offrendogli una sigaretta.
Si sedettero dinanzi alla tenda,
di fronte ad uno dei fuochi che illuminavano l'accampamento. Yanez fumava senza
parlare, ma dalla contrazione della fronte si poteva comprendere che stava
cercando degli antichi ricordi.
Ad un tratto gettò via la
sigaretta, dicendo:
- È una istoria un po' lunga che
forse troverete interessante e che vi spiegherà il motivo per cui noi ci
troviamo qui ed il perché noi abbiamo dichiarata una guerra mortale ai settari
di Kalì, decisi a vincere od a morire nell'impresa.
Alcuni anni or sono, fra queste
jungle, un indiano che campava la vita cacciando coraggiosamente i serpenti e
le tigri, incontrava una fanciulla dalla pelle bianca e dai capelli biondi.
Per molti giorni si videro,
finché il cuore dell'indiano arse d'affetto per quella misteriosa fanciulla che
tutte le sere, all'ora del tramonto, gli appariva.
Quel fiore, perduto nelle
pantanose jungle, era disgraziatamente la «Vergine» dei Thugs, rappresentante
sulla terra la mostruosa Kalì. Abitava allora gli ampi sotterranei di
Rajmangal, dove si tenevano celati i settari, per sfuggire alle ricerche del
governo del Bengala.
Il loro sacerdote l'aveva fatta
rapire un giorno a Calcutta, ed era la figlia d'uno dei più valorosi ufficiali
dell'esercito anglo-indiano: il capitano Corishant.
- Che ho conosciuto
personalmente, - disse il francese, che ascoltava con vivo interesse quella
narrazione. - Era noto pel suo odio implacabile verso gli strangolatori.
- L'indiano, che è l'uomo che voi
avete veduto in nostra compagnia e che doveva un giorno diventare il genero
dello sfortunato capitano, dopo incredibili avventure riusciva a penetrare nei
sotterranei dei Thugs, per rapire la fanciulla che amava.
L'audace disegno non riuscì ed il
disgraziato cadde nelle mani degli strangolatori.
Nondimeno gli fu risparmiata la
vita non solo; ma gli fu anche promessa la mano della fanciulla purché
uccidesse il capitano Corishant: la testa del valoroso ufficiale doveva essere
il regalo di nozze.
- Ah! Miserabili! - esclamò il
francese. - E ignorava l'indiano che il capitano era il padre della sua
fidanzata?
- Sì perché allora il capitano
Corishant si faceva chiamare Macpherson.
- E lo uccise?
- No, - disse Yanez. - Una
circostanza fortunata gli svelò a tempo che il capitano era il padre della
«Vergine della pagoda».
- E che cosa successe allora? -
chiese ansiosamente il francese.
- Una spedizione era stata, in
quel tempo, organizzata dal governo del Bengala contro i Thugs ed il comando
era stato affidato al capitano Corishant, loro accanito avversario.
I sotterranei furono invasi, i
loro abitatori in gran parte massacrati, ma il loro capo Suyodhana era riuscito
a sfuggire con molti settari.
I cipayes del capitano, sorpresi
nelle folte jungle, furono a loro volta distrutti, il loro comandante ucciso,
l'indiano e la sua fidanzata ripresi.
- Mi rammento questo fatto che
produsse una immensa emozione a Calcutta, - disse il francese. - Continuate,
signor Yanez de Gomera.
- La fanciulla impazzì, il suo
fidanzato instupidito da un filtro somministratogli dai Thugs, e accusato come
loro complice venne condannato alla deportazione perpetua nell'isola di
Norfolk.
- Che istoria mi narrate voi,
signor Yanez?
- Una istoria verissima, signor
de Lussac, - rispose il portoghese.
- Accadde che per un caso
straordinario la nave che doveva condurlo in Australia, dovesse appoggiare su
Sarawak, dove allora regnava James Brooke.
- Lo sterminatore dei pirati?
- Sì, signor de Lussac e nostro
implacabile nemico.
- Nemico vostro? Per quale
motivo?
- Ma... - disse Yanez,
sorridendo. - Questione di supremazia, forse altri motivi che per ora non
voglio spiegarvi, signor de Lussac. Sono cose che riguardano esclusivamente me
e il mio amico Sandokan, ex rajah d'uno degli stati del Borneo e... Lasciamo
correre, ciò pel momento non vi può interessare ed intralcerebbe la mia
istoria.
- Rispetto i vostri segreti,
signor Yanez.
- Quasi nell'istessa epoca, -
riprese il portoghese - una nave naufragava sulle spiagge d'un'isola che si
chiama Mompracem.
A bordo vi erano la figlia del
capitano ed un fedele servo del suo fidanzato.
Quantunque la fanciulla fosse
sempre pazza, era riuscito a farla fuggire e e si era imbarcato onde
raggiungere il suo padrone.
Una tempesta invece mandò la nave
a fracassarsi sulle scogliere di Mompracem ed il servo e la figlia del capitano
caddero nelle nostre mani.
- Caddero! - esclamò il francese,
facendo un gesto di stupore.
- Cioè, furono ospitati da noi, -
disse Yanez, sorridendo. - Ci interessammo di quell'istoria drammatica e fu
deliberato, fra me e Sandokan, di liberare il povero indiano, vittima dell'odio
implacabile dei Thugs.
L'impresa non era facile perché
era prigioniero di James Brooke e in quell'epoca il rajah di Sarawak era il più
potente ed il più temuto dei sultani del Borneo.
Tuttavia, colle nostre navi ed i
nostri uomini, non solo riuscimmo a strappargli l'indiano, bensì anche a
cacciarlo per sempre dal Borneo e fargli perdere il trono.
- Voi! Ma chi siete voi dunque
per muovere guerra ad uno stato posto sotto la protezione della possente
Inghilterra?
- Due uomini che abbiamo forse un
buon fegato, molte navi, molti guerrieri, molte ricchezze e... qualche cosa
d'altro ancora. - disse Yanez. - Lasciatemi proseguire senza interrompere o l'istoria
dell'indiano non la finirò più.
- Sì, sì, continuate, signor
Yanez.
- La figlia del capitano fu
guarita mercé un certo esperimento ideato dalla fantasia del mio amico
Sandokan, ed i due fidanzati partivano due mesi dopo per l'India dove si
sposavano.
La povera figlia del capitano
Corishant non era però nata sotto una buona stella.
Due anni dopo moriva dando alla
luce una bambina: Darma.
Quattro anni dopo, la piccina,
come sua madre, scompariva, rapita dai Thugs.
La figlia della «Vergine della pagoda»
prendeva il posto della madre.
Voi volete sapere perché noi
siamo qui: siamo venuti per strappare agli strangolatori la figlia del nostro
amico e distruggere quella setta infame che disonora l'India e che ogni anno
sopprime migliaia di vite umane.
Ecco la nostra missione, signor
de Lussac; volete unire la vostra sorte alla nostra? Noi, oggi combattiamo per
l'umanità.
- Chi siete voi dunque, che dalla
lontana Malesia venite qui a sfidare la potenza dei Thugs, che ha resistito e
resiste tuttora ai colpi del governo anglo-indiano?
- Chi siamo noi? - disse Yanez,
alzandosi. - Degli uomini che un giorno hanno fatto tremare tutti i sultani del
Borneo, che hanno strappato il potere a James Brooke, lo sterminatore dei
pirati, ed hanno fatto impallidire perfino il leopardo inglese: noi siamo i
terribili pirati di Mompracem!
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