23 -
L'ISOLA DI RAJMANGAL
Ventiquattro ore dopo, la pinassa
lasciava la piccola cala entro cui trovavasi nascosta la Marianna, per andare a
sorprendere i Thugs nel loro covo e strappare a loro la piccola Darma.
La fuga del manti, quantunque vi
fosse molto da dubitare che egli fosse riuscito a varcare gli ampi canali delle
Sunderbunds infestati da voraci gaviali ed attraversare le isole, pullulanti di
tigri, di pantere, di formidabili boa e di velenosissimi
cobra-capello, aveva deciso Sandokan ad affrettare la
spedizione.
Tutto l'equipaggio era stato
imbarcato sul piccolo veliero, con grande scorta di armi e di munizioni e con
due spingarde di rinforzo. Solo sei uomini, quelli che la baleniera aveva
ricondotti dalla torre di Barrekporre assieme al cornac, eran stati lasciati
sul praho, il quale d'altronde non poteva correre alcun pericolo da parte dei
Thugs, nascosto come era in fondo a quella cala forse a tutti sconosciuta.
Il piccolo legno, carico quasi da
affondare, invece di scendere verso il mare e costeggiare le Teste di sabbia
che servono da argine all'irrompere delle onde del golfo bengalino, ciò che
avrebbe fatto risparmiare non poca via, si era diretto verso settentrione per
girare la laguna interna.
Tenendosi fra le isole, vi erano
meno probabilità che il veliero potesse venire segnalato e perciò i tre capi
della spedizione avevano data la preferenza alla laguna anziché al mare.
Il loro progetto era ormai stato
attentamente studiato, affidandone la parte principale a Sirdar, di cui ormai
potevano interamente fidarsi. Avevano convenuto di agire dapprima colla massima
prudenza e di giuocare d'astuzia per mettere innanzi a tutto in salvo la
piccola Darma, riservando a più tardi il colpo terribile che, se riusciva,
avrebbe dovuto distruggere totalmente quella sanguinaria setta e far scomparire
per sempre la Tigre dell'India.
Il vento, che fino dal mattino
era girato al sud, favoriva la corsa della pinassa la quale, quantunque assai
carica, si mostrava sempre assai maneggevole.
Quattro ore dopo la sua partenza
dalla cala, ossia poco prima di mezzodì, il piccolo veliero aveva già raggiunta
la punta settentrionale di Raimatla ed entrava a gonfie vele nella grande
laguna interna che si estende dalle rive della jungla gangetica alle isole che
formano le Sunderbunds.
- Se il vento non cessa, - disse
Tremal-Naik a Sandokan, che osservava con una certa
curiosità quelle terre basse coperte dagli alberi della febbre, - prima di
mezzanotte noi saremo nel cimitero galleggiante del Mangal.
- Sei certo che troveremo un buon
posto per celarvi la pinassa?
- Il Mangal lo conosco palmo a
palmo, perché era sulle sue rive che io abitavo quand'ero il «cacciatore di
tigri e di serpenti della jungla nera».
Chissà che non sussista ancora la
capanna che mi servì d'asilo per lunghi anni. La rivedrei volentieri, perché fu
in quei dintorni che vidi per la prima volta colei che doveva diventare mia
moglie.
- Ada?
- Sì, - disse Tremal-Naik
con un profondo sospiro, mentre una profonda commozione alterava il suo volto.
Era una bella sera d'estate, il sole calava lentamente dietro le canne giganti
fra un oceano di fuoco, quand'ella apparve, bella come una dea, fra un
cespuglio di mussenda. Ah! La dolce e cara visione!
- Come, i Thugs permettevano alla
«Vergine della pagoda» di passeggiare per la jungla?
- Che cosa potevano temere? Che
fuggisse forse? Sapevano che non avrebbe osato attraversare la immensa jungla e
poi ignoravano, credo, la mia presenza in quei luoghi.
- E ti appariva tutte le sere?
- Sì, verso l'ora del tramonto e
ci guardavamo a lungo, senza parlare. Io la credevo una divinità e non osavo
interrogarla, poi una sera non ricomparve e la stessa notte i Thugs mi
assassinavano un servo che avevo mandato sulle rive del Mangal per tendere un
laccio ad una tigre.
- E tu andasti a cercarla nella
pagoda?
- Sì e fu là che la vidi versare
del sangue umano dinanzi alla mostruosa statua di Kalì e che la udii a singhiozzare
ed imprecare contro i miserabili che l'avevano rapita e contro il destino.
- E che i Thugs ti sorpresero e
che Suyodhana, il loro capo, ti cacciò un pugnale nel petto.
- Sì, Sandokan, - disse
Tremal-Naik. - Se la sua mano in quel momento non avesse
tremato, io non sarei più qui a raccontart questa terribile istoria e del
«cacciatore di serpenti della jungla nera» più mai nessuno avrebbe parlato. Ne
ho uccisi però prima e molti di quei miserabili e non sono caduto nelle loro mani
che dopo una lotta disperata.
- Ti eri calato nella pagoda
scendendo lungo una fune sostenente una lampada, è vero?
- Sì.
- Che esista ancora?
- Sirdar me l'ha confermato.
- Ebbene scenderemo anche noi con
quella, - disse Sandokan. - Se Darma si mostrerà noi la rapiremo.
- Aspettiamo prima che Sirdar ci
avverta.
- Hai fiducia in lui?
- Assoluta, - rispose
Tremal-Naik. - Ora odia i Thugs al pari e forse più di noi.
- Se non ci tradisce sarà un
prezioso alleato. Gli ho offerto una fortuna se riesce a farci ricuperare la
piccola Darma.
- Manterrà la promessa, ne sono
sicuro e ci darà nelle mani anche la bajadera.
- Che Surama sia già stata
condotta nei sotterranei?
- Lo suppongo.
- Salveremo anche quella. Agiamo
però con prudenza onde Suyodhana non ci sfugga. A te Darma; a Yanez Surama, ed
a me la pelle della Tigre dell'India, - disse Sandokan con un crudele sorriso.
E l'avrò o non tornerò più a Mompracem.
- Rima, - disse in quel momento
Sirdar, avvicinandosi a loro e mostrando un'isola che si delineava dinanzi la
prora della pinassa, - è la prima delle quattro isole che coprono Rajmangal
verso occidente.
Rimontiamo al nord, sahib: la
nostra rotta è quella.
- Evitiamo
Port-Canning, - disse Tremal-Naik. - Vi
può essere in quella stazione qualche spia di Suyodhana.
- Passeremo pel canale interno, -
rispose Sirdar. - Nessuno ci vedrà.
- Mettiti al timone.
- Sì, sahib: guiderò la pinassa.
Il piccolo veliero pochi momenti
dopo virava di bordo attorno alla punta settentrionale di Rima, imboccando un
nuovo canale, anche quello assai ampio e sulle cui acque si vedeva a
galleggiare un gran numero di avanzi umani che spandevano un odore così
asfissiante da far arricciare il naso perfino a Darma ed a Punthy, che si
trovavano in coperta, l'una coricata a fianco dell'altro.
Alle sei di sera anche quel
canale era superato e la pinassa s'impegnava fra una serie di bassifondi e
d'isolotti che dovevano formare l'estuario del Mangal.
Il cimitero galleggiante, accennato
da Tremal-Naik, s'annunciava.
Centinaia e centinaia di cadaveri
che dovevano provenire dal Gange, essendo il Mangal un braccio di quell'immenso
fiume, galleggiavano sulle acque nerastre e untuose, montati ognuno da una e
anche due coppie di marabù.
Teste, dorsi, femori e braccia si
urtavano insieme, sballonzolati dalle onde prodotte dallo scafo della pinassa.
Le terre a poco a poco si
restringevano. Rajmangal si univa alla jungla del continente.
Sandokan aveva fatto chiudere le
due grandi vele, non conservando che un fiocco e faceva sondare il fondo ad
ogni momento, onde la pinassa non si arenasse.
Tremal-Naik
si era messo vicino al timoniere per indicargli la via da tenere.
Per venti minuti il veliero salì
il fiume poi, dietro ordine di Tremal-Naik, s'accostò alla
riva sinistra cacciandosi entro una piccola cala che era ombreggiata da immensi
alberi, i quali intercettavano quasi completamente la luce.
- Ci fermeremo qui, - disse il
bengalese a Sandokan. - Ci è facile nascondere la pinassa in mezzo ai
paletuvieri dopo d'averla privata della sua alberatura e la jungla foltissima
non è che due passi.
Nessuno potrà scoprirci.
- E la pagoda dei Thugs è
lontana?
- Si trova a meno di un miglio.
- Sorge in mezzo alla jungla?
- Sulle rive d'uno stagno.
- Sirdar!
Il giovane si era affrettato ad
avvicinarsi.
- È giunto il momento di agire, -
disse Sandokan.
- Sono pronto, sahib.
- Noi abbiamo udito il tuo
giuramento.
- Sirdar può essere diventato un
miserabile, ma non mancherà alle promesse fatte.
- Qual è adunque il tuo piano?
- Io andrò da Suyodhana e gli
narrerò che la pinassa è stata catturata da una banda d'uomini, che tutto
l'equipaggio è stato distrutto e che io sono riuscito a salvarmi con infiniti
stenti.
- Ti crederà?
- E perché no? Ha sempre avuto
fiducia in me.
- E poi?
- M'informerò se Darma si trova
ancora nei sotterranei e vi farò avvertire la sera in cui la bambina andrà a
fare l'offerta del sangue dinanzi alla statua della dea. Siate pronti a
piombare nella pagoda, e badate di non farvi scorgere.
- Come ci avvertirai?
- Se Surama è già giunta, ve la
manderò.
- La conosci tu?
- Sì, sahib.
- E se non l'avessero ancora
ricondotta a Rajmangal?
- Verrò io, sahib.
- Ordinariamente a che ora si fa
l'offerta del sangue?
- Alla mezzanotte.
- È vero, - disse
Tremal-Naik.
- Come potremo entrare
inosservati nella pagoda? - chiese Sandokan.
- Scalando la cupola e scendendo
per la fune che sostiene la grossa lampada, - disse
Tremal-Naik. - Sussiste ancora quella fune, è vero, Sirdar?
- Sì, sahib. Sarà però cosa
prudente che non entriate in troppi nella pagoda, - disse il giovane. -
Lasciate il grosso della banda nascosto nella jungla e avvertite i vostri
uomini di accorrere solamente quando udranno il suono del ramsinga.
- Chi lo darà lo squillo?
- Io, signore, perché ci sarò
anch'io nella pagoda, quando voi piomberete su Suyodhana.
- Sarà lui che condurrà Darma a
fare l'offerta del sangue? - chiese Yanez che si era unito a loro.
- Sì, è sempre lui che presenzia
quell'offerta.
- Va', dunque - disse Sandokan. -
Ricordati che se tu riuscirai a darci nelle nostre mani Darma e anche Surama,
la tua fortuna è fatta e che se invece ci tradisci, noi non lasceremo le
Sunderbunds senza avere la tua testa.
- Manterrò il giuramento che ho
fatto, - disse Sirdar con voce solenne. - Io non sono più thug; torno bramino.
Prese una carabina che Kammamuri
aveva portata, fece un gesto d'addio e balzò agilmente sulla riva, scomparendo
ben presto fra le tenebre.
- Che riesca a farmi riavere la
mia piccola Darma? - chiese Tremal-Naik con ansietà. - Che
cosa ne dici Sandokan?
- Il giovane mi sembra non solo
audace, bensì anche leale e credo che compirà la sua pericolosa missione senza
esitare. Armiamoci di pazienza e disponiamo il campo.
I suoi uomini si erano già messi
all'opera per nascondere la pinassa, levando le antenne, l'alberatura e tutte
le sue manovre.
Scaricate le armi, parte delle munizioni,
le casse dei viveri e le tende, scesero a terra e trascinarono il legno in
mezzo ai paletuvieri entro i quali avevano già aperto, a colpi di parangs, un
largo solco per cacciarvelo nel mezzo.
Ciò fatto, coprirono il ponte con
ammassi di canne e di rami, in modo da nasconderlo completamente.
Frattanto Sandokan, Yanez e
Tremal-Naik con un drappello di dayachi s'inoltrarono fino
sul margine della jungla che cominciava subito dietro gli alberi che coprivano
la riva, e stabilivano un posto avanzato, mentre Kammamuri e Sambigliong ne
piantavano un altro lungo la costa occidentale per sorvegliare coloro che
potevano venire dalle isole delle Sunderbunds.
Scopo principale però di
quest'ultimo posto era d'impedire l'approdo al manti, nel caso che il vecchio
fosse riuscito ad attraversare la laguna ed i canali su qualche zattera.
Alle due del mattino, disposti
parecchi uomini di guardia a varie distanze per evitare qualunque sorpresa, i
capi e buona parte dell'equipaggio s'addormentavano non ostante le urla lugubri
degli sciacalli.
Nessun avvenimento turbò il sonno
degli accampati.
Si avrebbe detto che l'isola,
invece di essere abitata da un numero considerevole di Thugs, fosse deserta.
L'indomani, dopo il mezzodì,
Tremal-Naik, Sandokan e Yanez che erano divorati da una
vivissima impazienza, fecero una esplorazione nella jungla, accompagnati da
Darma e da Punthy, spingendosi fino in vista della pagoda dei terribili seguaci
di Kalì, ma senza incontrare anima viva.
Attesero la sera sperando di
veder giungere Surama o Sirdar. Né l'una né l'altro però si fecero vivi, né il
manti fu scorto approdare.
In quella notte udirono invece, a
più riprese, echeggiare in lontananza un ramsinga.
Che cosa significavano quelle note
che erano improntate d'una profonda melanconia e che suonavano un'arietta
invernale5. Erano segnali trasmessi da uomini che sorvegliavano le
jungle del continente od annunciavano qualche cerimonia religiosa?
Sandokan ed i suoi compagni,
udendo quei suoni, avevano lasciate precipitosamente le tende, colla speranza
che annunciassero l'arrivo di Sirdar, invece fu un'altra delusione.
Verso la mezzanotte le note acute
della tromba cessarono completamente ed il silenzio tornò a piombare sulla
tenebrosa jungla.
Anche il secondo giorno trascorse
senza che nulla di nuovo fosse accaduto. Già Sandokan e
Tremal-Naik, all'estremo dell'impazienza, avevano deciso di
tentare nella notte una nuova esplorazione e di spingersi fino nell'interno
della pagoda, quando verso il tramonto videro giungere a corsa precipitosa una
delle sentinelle scaglionate nella jungla.
- Capitano, - disse il malese, -
qualcuno s'avvicina. Ho scorto i bambù oscillare come se una persona cerchi
d'aprirsi il passo.
- Sirdar forse? - chiesero ad una
voce Sandokan e TremalNaik.
- Non ho potuto vederlo.
- Guidaci, - disse Yanez.
Presero le carabine ed i kriss e
seguirono il malese insieme al signor de Lussac e a Darma.
Si erano appena inoltrati nella
jungla quando scorsero le cime d'un gruppo di bambù altissimi a oscillare.
Qualcuno, probabilmente una persona, si sforzava di aprirsi il passo.
- Circondiamola, - disse Sandokan
sotto voce.
Stavano per separarsi, quando una
voce armoniosa, a loro ben nota, disse:
- Buona sera, sahib! Sirdar mi
manda a voi.
|