CAPITOLO V. - Il Rapitore.
Nel vedersi dinanzi
Abd-el-Kerim, immobile come una statua, coi lineamenti sconvolti e le mani tese
con gesto supplichevole, Fathma non potè trattenere un movimento di sorpresa.
Ella lo guardò fisso coi suoi grandi e neri occhioni, che magnetizzavano e che
penetravano fino al fondo dei cuori, senza dir sillaba.
- Fathma, ripetè
l'arabo, scuotendosi e dando alla sua voce un tono commosso.
L'almea gli si
avvicinò, guardandolo come con curiosità.
- Che fai tu qui?
diss'ella di poi,
- Mi riconosci bella
fanciulla?
- Non dimentico mai chi
mi salvò con pericolo della propria vita. Non sei tu quell'arabo che mi
raccolse nella8 pianura dopo aver ucciso il leone che mi assaliva?
- Quello stesso, Fathma.
Fra loro due successe un
breve silenzio, durante il quale si guardarono ancor più fissamente.
- Che vuoi da me? chiese
alfin l'almea, rompendo quel silenzio che diventava imbarazzante.
- Sai dove ti trovi?
- Nelle foreste del
Bahr-el-Abiad. E che vuol dir ciò?
- Sai che vi sono dei
ribelli nascosti in questi dintorni?
Fathma sorrise
sdegnosamente e mostrandogli un pugnaletto che teneva infisso nella sua râhad
(cintura) dorata:
- Non ho paura, gli
disse con fierezza.
- Ti potrebbero rapire.
- E che male ci sarebbe?
Rapirebbero una povera almea.
- Ma io piangerei la tua
perdita, disse l'arabo con iscoppio appassionato.
- I grandi occhi di
Fathma si dilatarono e le sue labbra s'apersero ad un sorriso indefinibile.
Ella si avvicinò vieppiù all'arabo, tanto che l'ardente suo alito gli sfiorò il
volto. Abd-el-Kerim tese le braccia innanzi come per afferrarla, ma si frenò e
senza volerlo fece un passo indietro.
- Ah! diss'ella, quasi
ironicamente, ti dorrebbe il non vedermi più?
- Sì, Fathma, te lo
giuro!.... Proverei del dolore e più di quello che tu credi!...
- E perchè? chiese l'almea
freddamente.
- L'arabo ammutolì e la
sua fronte s'abbuiò. Non seppe cosa rispondere.
- Che t'importa se io
avessi a scomparire? continuò Fathma. E poi, credi tu che io rimanga sempre in
Hossanieh? Mi libro come l'aquila e mi poso or qua or là a seconda che mi
spinge o il capriccio o la follìa.
- Ma tu non puoi
lasciare così Hossanieh, dopo esserti fatta vedere.
- E chi me lo
impedirebbe?...
- Fathma!... Fathma! esclamò Abd-el-Kerim. Tu sei bella, più bella di El....
L'imprudente rattenne a
tempo il nome di Elenka che stava per uscirgli dalle labbra. L'almea
aggrottò la fronte e le sue mani si contrassero, chiudendosi: un lampo cupo
balenò nei suoi occhi, un vero lampo d'ira.
- Di chi?... chiese ella
vivamente. Di chi?...
- Di tutte le donne che
io vidi in vita mia, si affrettò a soggiungere l'arabo. Sì, tu sei bella
Fathma, e tanto bella che mi riesce impossibile cancellarti dal mio cuore,
tanto bella che ne sono affascinato.
- Follie, amico mio,
follie.
- Fathma, ti giuro su
Allàh che tu mi hai toccato il cuore, continuò Abd-el-Kerim con crescente
passione. Io ti ho veduta e mi sono sentito scuotere tutte le fibre dell'anima;
ti ho sostenuta fra le mie braccia, e ho sentito il sangue accendersi nelle mie
vene. Ovunque volga lo sguardo non vedo che i tuoi occhi più fulgidi delle
stelle e il tuo volto più bello delle urì del paradiso del Profeta; ovunque
tenda l'orecchio non odo che la tua voce incantevole, quella che udii laggiù, a
Machmudiech, la prima volta che ebbi la fortuna d'incontrarti! Fathma, tu sei
bella, tu sei sublime e io ti amo!... ti amo!... sono tuo schiavo!...
Abd-el-Kerim era caduto
in ginocchio e la guardava con due occhi che mandavano fiamme. Un urlo
strozzato, furioso, partito fra gli alberi, lo fece saltar in piedi. Un freddo
sudore gli bagnò la fronte.
- Chi è la? domandò egli
con voce rotta. Fathma che aveva ascoltata la confessione dell'arabo senza
battere ciglio, nell'udire quell'urlo erasi voltata come una iena, col pugnale
in mano.
- Chi ci spia? chiese
ella rivolgendosi all'arabo.
- L'ignoro, rispose
Abd-el-Kerim, armando la carabina.
Fra i cespugli si operò
un movimento brusco, un corpo nerastro si slanciò dai rami di un gran tamarindo
e cadde in mezzo alle erbe allontanandosi con rapidità fulminea. Abd-el-Kerim
fece fuoco.
Nessun grido tenne
dietro alla rumorosa detonazione della carabina; l'arabo fece atto di
slanciarsi dietro a colui che fuggiva, ma Fathma lo arrestò.
- Era una scimmia,
diss'ella. Non ne vale la pena.
- Mi parve un uomo; una
scimmia non avrebbe gettato quel grido.
- Tanto peggio per lui.
Io l'ho veduto cadere e a quest'ora sarà morto o sul punto di morire, disse l'almea
con voce calma.
- Posso andare ad
assicurarmi.
- Farai meglio a
continuare la tua via.
- Fathma!....
- Ti comprendo tu
vorresti ripetermi quella parola che cento altri prima di te mi ripeterono.
Quella parola per me è morta; non ci credo più.
- Oh! non dire questo,
Fathma! Ti amo, ti amo, ti amo e per te darei tutto il mio sangue. Mettimi alla
prova: vuoi tu che ti porti la pelle di cento leoni? Non avrai che a
comandarmelo e io, Abd-el-Kerim, te le porterò!
L'almea lo guardò
con più dolcezza; un sospiro sollevò il suo seno.
- Ah! diss'ella con voce
cupa. Sarebbe vero che tu avessi proprio ad amarmi? Sarebbe vero che tu
parlassi col cuore? Anche un altro uomo un giorno mi ripetè le tue parole e poi
le disperse e infranse i centomila giuramenti pronunciati ai miei piedi! Non
credo più.
- Chi? Chi?... domandò
Abd-el-Kerim, che si sentì mordere il cuore della gelosia, Chi è quest'uomo?
Parla, Fathma, parla!
L'almea. chinò il
capo sul petto, poi rialzandolo bruscamente e prendendo una mano dell'arabo:
- Sai tu, innanzi a
tutto, chi io sia?
- Chi ha sollevato fino ad
ora il velo che ti copre? Molti ti conobbero, ma nessuno sa chi tu sei, qual fu
il tuo passato nè in qual paese tu sei nata. Vi sono delle tenebre attorno a
te.
- E tenebre fitte, disse
Fathma, sospirando. Sono araba, se tu nol sai, e un dì fui la favorita di un
uomo che oggi è più possente del re che ci governa, di un uomo che ha seco
migliaia d'armati, forti e coraggiosi, che nessuno sarà capace di vincerli; nè
gli infedeli che bombardarono Alessandria e che vinsero Araby pascià, nè
l'esercito che conducono Hicks e Aladin.
- Favorita!...
Favorita!... urlò Abd-el-Kerim, dando indietro con ispavento.
Le labbra di Fathma
s'incresparono ad un amaro sorriso.
- E chi credi tu che sia
un'almea? chiese ella.
- Hai ragione,
perdonami, balbettò l'arabo. E quest'uomo chi è?
- Contro chi, Dhafar
pascià conduce i suoi uomini?
- Contro il ribelle
Mohammed Ahmed.
Fathma tese il braccio
verso occidente con gesto altero.
- Chi impera laggiù nel
Kordofan?
- Il Mahdi. E che
vuoi concludere?
Guardami in faccia! Io
fui la favorita del Mahdi.!....
Abd-el-Kerim si nascose
la faccia fra le mani e cacciò fuori un urlo strozzato.
- Non è vero, non è
vero! ripetè egli. Non è possibile!
- Perchè? Il Mahdi
non può dunque amare come gli altri mortali?
- Io l'odio quest'uomo, lo
esecro!
- Hai torto Abd-el-Kerim. Quest'uomo che tu esecri è il vendicatore degli Arabi che
languono sotto il giogo e la sferza dei Turchi ed infedeli.
- Ma come tu l'hai
abbandonato? Come tu sei qui? Qual capriccio ti spinse a lasciare El-Obeid per
venire in queste terre?
- L'amore, rispose
Fathma con aria tetra.
- Ah! tu hai amato un
altra uomo adunque? chiese l'arabo.
- Sì, un uomo bello e
prode come te, che mi giurò eterno amore e che mi trasse sulle rive del
Bahr-el-Abiad per poi abbandonarmi.
- Ma io lo odio questo
tuo secondo amante e più ancora del Mahdi. Io ho sete del mio sangue nè
tornerò tranquillo fino a che non l'avrò ucciso. Voglio vendicarti!
- È inutile, mio eroico
amico. Egli cadde morto l'anno scorso nella battaglia di Kadir, pugnando contro
Yussif pascià. Il Profeta mi vendicò.
- Ed ora?... chiese
Abd-el-Kerim con angoscia.
- Sono libera come
l'aquila che vola negli spazi del cielo.
- Tu puoi adunque
accogliere nel tuo cuore un nuovo amore, una passione grande, gigantesca, che
non si spegnerà che colla morte. Ah! se tu lo volessi Fathma!
- Non tentarmi, vattene
Abd-el-Kerim, non mi scorderò mai di te... basta!
Ella volse altrove la
faccia e fece qualche passo. L'arabo l'afferrò per le mani e la rattenne
violentemente.
- No, Fathma, no. Ti
amo, sono tuo schiavo, fa di me quello che tu vuoi, ma non respingermi, non
parlare così.
L'arabo cadde per la
seconda alle sue ginocchia.
Una fiamma umida passò
sugli occhi dell'almea,
- È proprio vero adunque
che tu mi ami? chiese ella, quasi con ferocia.
- Sì, ti amo, ti adoro.
- Giuralo su Allàh!
- Lo giuro su Allàh, sul
Profeta e sul Corano.
- Vattene ora, ma
guardati bene da me, Abd-el-Kerim! Se venissi a sapere che tu ami un'altra
donna, se avessi una rivale guai a te e guai a lei! Vi infrangerei entrambi
come due lastre di vetro!
Raccolse i lembi della
farda, s'avvolse il corpo e si allontanò lentamente con calma maestosa. L'arabo
le si slanciò dietro per seguirla.
- Sola venni e sola
ritorno, diss'ella arrestandolo con un gesto, Vattene: io te lo comando, io lo
voglio!
Abd-el-Kerim chinò il
capo e si cacciò sotto gli alberi. Fathma rimase lì a guardare il luogo ove era
scomparso, poi si ripose in cammino colle labbre strette ma la fronte spianata
e gli occhi che brillavano d'un raggio di gioia.
- È bello, prode,
ardente, mormorò ella. Il Mahdi non mi rivedrà più mai!
Costeggiò lo stagno e si
inoltrò sotto le grandi vôlte verdi formate dalle palme deleb, dai tamarindi e
dalle acacie gommifere, guardando a destra e a manca e con una mano
sull'impugnatura del pugnale. Dieci minuti dopo, nel mentre che il sole si
nascondeva dietro le foreste e che gli uccelli e le scimmie cominciavano a
tacersi guadagnando i loro nidi o i loro covi, giunse su di un sentiero. Ella
si fermò incerta nello scorgere un uomo appoggiato ad una carabina in
attitudine sospetta. Impallidì leggermente nel riconoscere in quell'individuo
il greco Notis.
Volle tornare indietro
ma il greco che pareva si fosse appostato lì appositamente per aspettarla, non
gliene lasciò il tempo. Egli si fece lentamente innanzi con un sorriso ironico
sulle labbra e senza preamboli disse:
- A noi due Fathma!
- Che vuoi dire? chiese
ella seccamente.
- Mi riconosci?
- Se non m'inganno tu
sei quello che seguiva Abd-el-Kerim da Machmudiech a Hossanieh.
- Sono il greco Notis.
- Tanto peggio per te,
io odio gl'infedeli e più di tutto i Greci.
- Non monta, disse Notis
freddamente. Che avete detto all'arabo poco fa, che scorsi inginocchiato
dinanzi a voi?
- Ah! fe' Fathma con mal
celata collera. Sei stato tu a gettare quel grido?
- Potrebbe darsi. E che,
ti sorprende?
- Io disprezzo gli
uomini che si nascondono per spiare.
- Ira di Dio!.... gridò
il greco.
Si scambiarono uno
sguardo provocante. Il greco cedette dinanzi agli occhi scintillanti dell'almea
che schizzavano fuoco.
- Sai chi era quell'uomo
che ti giurava eterno amore? chiese egli, affettando la massima calma.
- So che si chiama
Abd-el-Kerim il prode, e ciò mi basta.
- Ti dirò allora che quell'uomo
è promesso a una donna, che questa donna, che trovasi presentemente a Chartum,
si chiama Elenka, e che Elenka è mia sorella!
- Tu menti! esclamò l'almea,
saltando innanzi come una leonessa ferita.
- Te lo giuro, Fathma.
Abd-el-Kerim, quando era di guarnigione a Chartum s'innamorò di mia sorella e
chiese la sua mano. Appena finita la campagna contro il Mahdi egli la
sposerà ed io diverrò suo cognato.
- Tu menti! Tu menti!
ripetè l'almea con maggior forza. Quale scopo hai per inventare simili
calunnie?
- Quello d'aprirti gli
occhi, di conservare lo sposo a mia sorella e di offrirti la mia mano poichè ti
amo Fathma, e immensamente.
L'almea fece un
gesto di disprezzo, gli volse le spalle per allontanarsi, ma il greco non era
un uomo da scoraggiarsi, nè da lasciarsi sfuggire così facilmente la preda che
con tanta impazienza aveva atteso. Gli si mise dinanzi risoluto a
impedirglielo, all'uopo di usare la forza.
- Odimi, Fathma,
diss'egli. Ho giurato di farti mia, dovessi perdere ambe le braccia e anche le
gambe, dovessi venire ucciso. Tu sei bella e mi hai affascinato; tu sei povera
e io son ricco; tu sei maomettana e io sono greco ma mi farò, se vuoi,
maomettano. Perchè non vuoi esser mia?
- Perchè amo di già un
altro uomo.
- Ma tu non puoi prestar
fede ad Abd-el-Kerim; ti tradirà, ti schianterà il cuore e più presto di quello
che tu abbi a crederlo. Bada a me, che lo conosco a fondo quell'arabo; è un
miserabile, è di più un vile!
Una fiamma di sdegno e
di collera salì in volto all'almea; tese le mani chiuse verso il greco
con gesto minaccioso.
- Taci! Taci, insensato!
esclamò ella con violenza. Abd-el-Kerim è un eroe.
- Sì, eroe, perchè ebbe
la fortuna di abbattere un povero leone, disse Notis con ironia. Bella prodezza
in fede mia!.... Fathma, è ora di finirla. Abbiamo parlato anche troppo, senza
nulla concludere.
- Ma che vuoi infine?
- Voglio portarti con
me, lontano da questo campo e farti mia, lo capisci Fathma, farti mia a
dispetto di Abd-el-Kerim. Verrai tu?
- Giammai! esclamo l'almea
con forza.
- Ira di Dio! Dimmi il
perchè? disse Notis furibondo.
- Perchè ti odio e ti
disprezzo. Vattene!....
Il greco lanciò una
bestemmia ed alzò le mani come per abbracciarla. L'almea fece un salto
indietro, ponendo la dritta sul pugnale.
- Non toccarmi,
maledetto! gli disse con voce sibilante per l'ira.
- Guarda, Fathma, noi
siamo soli, la foresta non ha abitante alcuno, e io sono risoluto a farti mia.
Non opporre resistenza veruna, se vuoi che non diventi feroce come una iena.
Egli si slanciò addosso
all'almea che tornò ad indietreggiare traendo il pugnale. I suoi occhi
si ingrandirono stranamente e il volto prese una espressione di indomita
fierezza.
- Non toccarmi! gli
disse cupamente. Se tu muovi un passo verso di me, ti assassino!
Il greco si mise a
sogghignare, ma non s'avanzò nè toccò le sue armi. Egli girò lo sguardo
attorno, tese per alcuni istanti l'orecchio, poi accostò le mani alle labbra e
mandò un acuto fischio. Un fischio eguale vi rispose quasi subito.
- A noi due, ora,
Fathma, disse poi. Per quanto tu sii forte e per quanta resistenza opporrai,
Takir ti porterà via.
- Vigliacco!
- Io ti amo e voglio
farti mia,
- Miserabile, io ti
abborro!
- E io ti amo. Avanti
Takir!
L'almea faceva un
salto da invidiare un leone e tentò fuggire, ma un negro di statura colossale,
l'ordinanza di Notis, sbucando improvvisamente dai cespugli vicini, le sbarrò
la via. Ella gettò un urlo di rabbia e indietreggiò fino al tronco di un
palmizio col pugnale alzato.
- Addosso Takir, gridò
il greco, facendosi innanzi colla scimitarra in mano.
Il nubiano s'aggrappò
all'estremità d'un ramo di tamarindo, si sollevò in aria con una spinta e venne
a cadere addosso a Fathma prima che questa avesse tempo di evitarlo. Egli l'afferrò
fra le vigorose braccia alzandola da terra.
- Sta cheta, mugghiò
egli stringendola così fortemente da farle crocchiar le ossa.
- Aiuto! a me
Abd-el-Kerim! urlò la povera almea, dibattendosi disperatamente.
Ella cacciò il pugnale
in un braccio del negro che si coprì tosto di sangue, ma Notis le afferrò i
polsi e glieli torse tanto da farle abbandonar l'arma. I due uomini si misero a
trascinarla verso il folto della foresta.
L'almea gettò un
secondo grido, un grido di furore e di dolore.
- Lasciatemi maledetti!
Aiuto! Aiuto!
Si udì un calpestio
precipitato, un fragor di sciabole e uno scricchiolio di rami furiosamente
schiantati. Abd-el-Kerim rosso d'ira, con una frusta nella dritta e una pistola
nella sinistra, apparve, e dietro a lui Hassarn e l'intera compagnia dei basci-bozuk.
Egli si scagliò in un lampo sui due assalitori.
- Miserabile! ruggì
egli, sferrando Notis in faccia.
Il nubiano fu lesto a
sparire sotto gli alberi, ma il greco si volse, caricando l'arabo colla
scimitarra in pugno. Hassarn ebbe appena il tempo di arrestargli il braccio.
- Ah! esclamò Notis, con
indefinibile accento d'odio. Sei qui traditore!
Cercò una seconda volta
di gettarsi sul rivale, ma il turco lo disarmò e lo respinse violentemente,
puntandogli una pistola sul petto.
- Se tu ti muovi, gli
disse minacciosamente Hassarn, sei morto.
- Tutti contro di me,
codardi! gridò Notis fuori di se.
- Basto io solo per
punire un vigliacco tuo pari, disse l'arabo con disprezzo. Notis, qui uno dei
due vi lascierà le ossa.
Fathma, che si era
subito rizzata in piedi s'avvicinò ad Abd-el-Kerim.
- Grazie mio prode
amico, le disse con voce commossa.
- Fathma, mormoro
l'arabo non meno commosso, ringrazia Allàh che mi fece giungere in tempo per
salvarti. Ma quell'uomo là, non ti oltraggierà più mai, poichè fra pochi minuti
io l'ucciderò.
- Uccidi tuo cognato,
disse Notis sogghignando.
- Taci!...
- Ed Elenka mi
vendicherà, quando sarà diventata tua moglie.
- Non bestemmiare per
Allàh! Se v'era un filo io l'ho spezzato e per sempre.
- Fathma, guardati da
quest'uomo che tradì mia sorella.
L'arabo strinse i pugni.
L'almea lo prese per le mani e volgendosi verso Hassarn e l'intera
compagnia dei basci-bozuk.
- Io dò a quest'uomo la
mia mano, il mio sangue e la mia vita! diss'ella.
Abd-el-Kerim la strinse
fra le braccia e stettero così abbracciati per qualche minuto durante il quale
Notis continuò a sogghignare, poi si separarono.
- Fathma, disse l'arabo.
Va con questi soldati che ti accompagneranno alla tua dimora. Io e Hassarn qui restiamo
a giuocare la nostra vita contro quella di quel vigliacco. Prega Allàh e il
Profeta per noi.
L'almea non tremò
nè diede alcun indizio che dimostrasse timore. S'avvolse nella sua farda
con gesto maestoso e s'allontanò seguita dai basci-bozuk.
L'arabo la seguì cogli
occhi, poi quando sparve in mezzo agli alberi si volse contro Notis, che
digrignava i denti sotto la pistola d'Hassarn.
- E ora, diss'egli con
calma forzata, sono con te Notis. L'uno o l'altro vi lascierà la vita. Tu più
che mio nemico sei mio rivale e ciò basta.
Hai dimenticata Elenka
adunque?
- L'ho dimenticata.
- E per Fathma, per una
spregevole almea!
- Sì, per un'almea.
- A noi due, adunque.
Bada, Abd-el-Kerim, che non ti risparmierò9!
Hassarn a un cenno
dell'arabo abbassò la pistola ed andò ad appostarsi a sei passi di distanza: i
due rivali impugnarono la scimitarra.
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