PARTE
SECONDA
L'Insurrezione del
Sudan
CAPITOLO I. - Omar
La mattina del 2 Ottobre
1883, vale a dire venti giorni dopo gli avvenimenti precedentemente narrati,
una darnas scendeva a vele spiegate la maestosa corrente del
Bahr-el-Abiad in quel tratto che è compreso fra Mahawir al sud e Quetêna al
nord.
Questa darnas era
una delle più grandi e delle più magnifiche barche che solcassero il Nilo,
lungo oltre venti metri e larga otto, piatta, con due alberi, l'uno a prua e
l'altro al centro, fatti di più pezzi e riuniti con rilegature di pelle di bue
cucita fresca, sostenenti due vele latine altissime che si manovravano con un
congegno primitivo di corde. Costrutta tutta in durissimo sund dell'alto
Nilo, tagliato in grossissime tavole, ricongiunte, anziché come tutte le barche
in linea perpendicolare, in linea orizzontale, aveva la prua scolpita
rozzamente a guisa di coccodrillo, un timone di dimensioni veramente
gigantesche colla ribolla pure foggiata a coccodrillo e a poppa una grande e
solida tettoia, una specie di rekuba, sulla quale salivasi con scale
laterali.
Sul ponte gironzava una
quindicina di barcaiuoli sennaresi, unti di fresco con burro o con grasso,
quasi interamente nudi, alcuni affaccendati a tirar le corde, altri a far
bollire il caffè sul cassone di legno che serve di fornello e altri ancora a
disporre in buon ordine gli attrezzi di bordo.
A prua, seduti sulle
murate, colle gambe penzolanti lungo il bordo, fumavano due uomini
accuratamente ammantellati in candidi taub infioccati.
Il primo di essi era un
bel negro di mezzana statura, con muscoli sviluppatissimi che indicavano in lui
una forza non comune, e una faccia maschia energica, con fronte alta, occhi
nerissimi e grandi, naso dritto e profilato come i nubiani, una capigliatura
nera e ondata anzichè crespa e la tinta della pelle cupa ma con riflessi
rossigni.
Il secondo invece era
alto, scarno, di colorito bruno occhi grandi ma stupidi, lineamenti
insignificanti colle labbra, le palpebre e le sopracciglie tinte d'azzurro, le
unghie delle mani tinte di zafferano e la pelle unta di grasso di cammello
mescolato a zibetto che tramandava un profumo fortissimo.
Fumavano da un bel pezzo
in silenzio, cogli occhi fissi sulle acque in mezzo alle quali nuotavano
furiosamente enormi coccodrilli sollevando colle possenti37 loro
code delle vere ondate, quando il bel negro chiese al compagno:
- Quanto ci manca ad
arrivare a Quetèna?
- Una dozzina di miglia,
Omar, rispose l'interrogato, nella cui pronuncia si capiva il sennarese. Ci
arresteremo in quella cittadella?
- Puoi immaginartelo,
Dàud. Visiteremo tutti i villaggi delle rive del Bahr-el-Abiad fino a Chartum.
- Speri di trovarla?
- Sempre, anzi più oggi
che ieri. L'una e l'altro, te lo giuro, li scoprirò.
- È adunque molto bella
questa donna che ha tanti amanti?
- Tanto bella da mettere
il fuoco nelle vene del Profeta se potesse vederla per cinque soli minuti.
- E si chiama?
- Fathma.
- Bel nome! esclamò
Dàud, E chi fu a portarla via?
- Dhafar pascià l'aveva
fatta arrestare malgrado le proteste del mio padrone Abd-el-Kerim e del
capitano Hassarn, ordinando che fosse condotta a Chartum sotto buona scorta, ma
io dubito che vi sia giunta. Temo che Notis siasi slanciato sulle sue traccie e
che l'abbia presa dopo di aver macellato gli egiziani che l'accompagnavano.
- Chi è questo Notis?
- Un greco che amava
alla follìa Fathma38 e la sorella che amava invece alla follìa il mio
padrone.
- Sicchè questo Notis e
il tuo padrone erano rivali.
- Sicuro, e rivali
accaniti.
- E la sorella del greco
dove trovasi?
- Segue l'armata di
Dhafar pascià, rispose Omar colla speranza che Abd-el-Kerim dimentichi Fathma e
finisca coll'amare lei.
- E il tuo padrone
invece?...
- La esecra, la odia, la
disprezza. Non respira che per la sua Fathma.
- E tu adunque, Omar,
vuoi trovare questa donna?
- Sì, bisogna che la trovi.
Quando disertai giurai ad Abd-el-Kerim di ricondurla a Chartum sana e salva,
corrompendo la scorta.
- Io sono sorpreso come
non abbia disertato anche il tuo padrone.
- È custodito più
rigorosamente di un prigioniero di guerra. Sei volte cercò di darsi alla fuga
non fosse altro per non vedersi più innanzi la sorella del greco, ma fu sempre
ripreso. La maledetta donna veglia dì e notte attentamente.
- Se questa donna è così
terribile doveva torcerle il collo.
- Se fosse stato libero
forse l'avrebbe uccisa, tanto egli la odia.
Omar si tacque e si mise
a guardare le ubertose rive del Bahr-el-Abiad coperte di magnifiche camerope a
ventaglio (camerope umilis) coronate alla sommità da magnifici ciuffi di
trenta o quaranta foglie nel mezzo delle quali apparivano bellissimi fiori
disposti a pennacchio e da foreste di sannut e di bauinie, popolate da
moltitudini di scimmie-leoni e di scimmie rubra che facevano un baccano del
diavolo,
Dàud stette alcuni minuti
al suo fianco, guardando invece i banchi di sabbia sui quali sonnecchiavano
bande di mostruosi coccodrilli, finì di fumare il suo scibouk e poi si
diresse a poppa, prendendo la ribolla del timone.
Era già un'ora che la
gran barca navigava lentamente, quando apparvero a un miglio di distanza sulla
riva destra, un gruppo di tugul e di casuccie di mattoni cotti al sole,
dominato da un minareto che slanciavasi sottile e ardito verso il cielo.
- Ecco Quetêna, disse
Dàud avvicinandosi a Omar.
- Governa dritto a quel
piccolo seno che vedi laggiù, rispose il negro.
- E perchè non
approdiamo dinanzi al villaggio?
- Non voglio che mi
vedano sbarcare. Se il greco si trova a Quetêna potrebbe venire informato del
mio arrivo e prendere il largo.
- Hai ragione, Omar,
Olà! drizzate la prua a quel seno, gridò Dàud.
La barca s'accostò alla
riva destra passando fra numerosi bassifondi semi nascosti da piante di loto
galleggianti, e andò a gettar l'ancora39 nel luogo designato, in una
insenatura contornata da grandi tamarindi che si curvavano graziosamente sulle
acque.
- Odimi bene, Dàud,
disse Omar, passandosi fra le pieghe della fascia un paio di pistole e un jatagan.
Tu rimarrai qui colla tua barca, nè ti muoverai senza mio ordine. Passeranno
due, tre, quattro o forse più giorni senza che io mi faccia vedere, ma non
dartene pensiero, Servimi bene e io pagherò da principe te e i tuoi
battellieri40.
- Sono due anni che noi
ci conosciamo e ciò basta. Mi offrissero mille talleri per noleggiare il mio
naviglio, rifiuterò sempre. Se tu, poi avrai bisogno d'aiuti, vieni da me e
metterò a tua disposizione i miei uomini e la mia scimitarra.
- Grazie, Dàud, disse il
negro, commosso. Abd-el-Kerim ti sarà riconoscente.
Fece gettare una tavola
fra la barca e la riva e discese a terra, tirandosi sugli occhi il cappuccio
Dato uno sguardo al paese circostante che appariva deserto prese un sentiero
che costeggiava il fiume, ombreggiato da una parte d'alti alberi e dall'altra
d'alte canne e si diresse a rapidi passi verso Quetêna.
Man mano che si
avanzava41, il paese cangiava aspetto e si popolava come per incanto.
Alle foreste si succedevano rigogliosi campi di durah, d'orzo e di
miglio, in mezzo ai quali andavano e venivano bande di schiavi occupati alla
raccolta o alla mietitura e che rompevano il silenzio con bizzarre e selvagge
canzoni che si ripercuotevano sulle rive opposte del fiume, sempre coperte da
boscaglie. Qua e là apparivano dei tugul di paglia dalla cui sommità o
dai fori laterali sfuggivano getti di fumo, e più lontano delle zeribak
occupate da mandrie di vacche. Di tratto in tratto piccole carovane si
mostravano fra le piantagioni, alcune in riposo coi cammelli inginocchiati che
sbadigliavan sotto i torbidi raggi solari e altre in movimento, accompagnate
dal dolce tintinnìo dei campanelli appesi al collo o alla fronte degli animali.
Omar si diresse verso un
tugul sotto la cui rekùba (tettoia) stava indolentemente sdraiato
su di un angareb un giovane sennarese che dall'aspetto pareva un
barcaiuolo. Egli si sedette vicino a lui e dopo di avergli inviato, come è
l'abitudine, il saluto, gli chiese:
- Sei di Quetêna?
- Sì, rispose il
sennarese, senza muoversi. Omar estrasse un pugno di parà e glieli gettò
nella farda. Il sennarese lo guardò sorpreso, ma senza aprir bocca e li
raccolse meccanicamente.
- Parla, disse
semplicemente Omar. Hai veduto arrivare in Quetêna dei soldati egiziani, che
conducevano una bella donna?
- No.
- Nemmeno dei beduini
guidati da un greco?
- Dei beduini sì,
portavano una donna che dalle vesti mi parve un'almea,
Omar fece un soprassalto
sull'angareb, sbarrando tanto d'occhi.
- Non m'inganni tu?
chiese egli con veemenza.
- A che pro? rispose il
sennarese alzando le spalle.
- L'hai veduta coi tuoi
occhi quest'almea?
- Sì, e mi parve assai
bella, una specie d'urì del paradiso del Profeta.
- E tu dici che la
portavano?
- Sì, la portavano su di
un angareb sostenuto da due mahari.
- Era ammalata forse?
chiese Omar, che si sentì un brivido correre per le ossa.
- Mi si disse che era
pericolosamente ferita.
- Come?.... Ferita
mortalmente?.... Da chi?.... Quando?....
- Che ne so io! Non
conosco gli uomini che la conducevano, nè so da dove venissero,
- I beduini erano
guidati da un greco d'alta statura con barba nera e ispida?
- Sì, il greco era alto
e barbuto, anzi lo scorsi mezz'ora fa seduto sulla riva del Bahr-el-Abiad a
quattrocento passi da qui.
Omar saltò in piedi
colla dritta sull'impugnatura dell'jatagan. Sul suo nero volto brillava
una gioia selvaggia, feroce.
- Egli è a quattrocento
passi di qui! esclamò egli afferrando per le spalle il sennarese e ficcando i
suoi occhi in quelli di lui.
- Ti assicuro che lo
vidi e scommetterei che vi è ancora.
- E l'almea dove
fu alloggiata?
- In una palazzina della
riva sinistra ed è circondata da un palmeto.
- Grazie, giovanotto,
grazie, ripetè Omar, gettandogli nella farda un nuovo pugno di para.
Uscì dalla rekùba
come un lampo, si calò il cappuccio fino al mento, e si slanciò sul sentiero
avanzandosi a rapidi passi.
- Il greco è un uomo
morto, mormorò egli. Lo getto nel Nilo a pasto dei coccodrilli e poi salvo
Fathma. Non temere mio povero padrone, che Omar ritornerà a farti felice. Era
da prevedersi che avrebbero assalita e distrutta la scorta per avere in loro
mani l'almea, ma Omar vi punirà tutti, tutti!
Si gettò in mezzo ai
canneti, procedendo a salti, sollevando bande di pernici, di pavoncelle, di
cornacchie e di superbi fenicotteri che fuggivano gridando maledettamente, e
giunse a trecento passi dai primi tugul di Quetêna. Qui si arrestò di
botto come fosse stato d'un colpo pietrificato.
A dieci metri di
distanza, seduto su di una piccola rupe tagliata a picco sul Bahr-el-Abiad,
aveva scorto un uomo avvolto in una ricca farda, colla faccia semi-coperta da
una barba nera e ispida. Lo riconobbe subito; un tremito di collera agitò le
sue membra e i suoi lineamenti.
- Notis! esclamò.
Lo fissò attentamente,
trucemente, rattenendo il respiro. Il greco aveva gli occhi rivolti su di una
bella abitazione, piantata sulla riva opposta del fiume e che specchiavasi
nelle tranquille acque. Sulla cima di quella villetta ondeggiava la bandiera
greca, e tutto all'intorno crescevano superbe palme e grandissimi tamarindi che
deliziosamente ombreggiavano. Omar sussultò e spinse i suoi occhi verso le finestre
riparate da leggiere persiane.
- Fathma è là! mormorò
egli. Il cuore me lo dice e lo sguardo del greco fisso su quelle finestre mi
assicura che il cuore non si inganna. Sta bene: ora a noi due, Notis.
Levò dalla cintura una
pistola, l'armò silenziosamente, versò alcuni grani di polvere nello scodellino
per essere più sicuro del colpo e l'alzò, mirando la testa del greco.
Gli faccio scoppiar il
cranio, pensò il negro. Capitombolerà nel Nilo e i coccodrilli s'incaricheranno
di far sparire il cadavere.
La canna dell'arma si
era arrestata all'altezza della fronte di Notis; già stava per far partire la
carica, quando udì sulla riva opposta un:
- Olà!
Abbassò la pistola, nel
mentre che il greco saltava in piedi. Guardò e vide staccarsi dalla villetta una
piccola barca montata da un beduino, il quale arrancando vigorosamente, fendè
la corrente del Bahr-el-Abiad
- Sei tu, Fit Debbeud?
chiese Notis.
- E chi vuoi che sia?
rispose lo sceicco.
- Fit Debbeud! mormorò
Omar, Questo è il nome dei sceicco che rapì il mio padrone e che lo chiuse nei
sotterranei di El-Gark. Che succede mai?
Si nascose meglio che
potè fra le canne colla pistola sempre impugnata. Il beduino toccò la riva, si
arrampicò sulla piccola rupe e baciò la mano che il greco gli porgeva.
- Finalmente! esclamò
Notis, mandando un sospirone. Come vanno adunque le cose laggiù? Posso o non
posso vederla e parlarle senza pericolo?
- Fathma è in piedi ed è
completamente ristabilita, rispose lo sceicco sorridendo. La ferita si è
cicatrizzata mercè le mie erbe miracolose e tu puoi parlarle d'amore senza che
abbiamo a temere una ricaduta. Quella donna bisogna che sia di ferro per
guarire da un colpo di pugnale così terribile.
Omar sentì le carni
raggrinzarsi e sul volto correre grosse gocce di sudore. Guardò lo sceicco e il
greco stupefatto.
- Guarita!... un colpo
di pugnale!... balbettò egli. Cosa è successo mai? Che l'abbiano pugnalata per
impadronirsi di lei? Ah! miserabili!...
- Sa che io sono qui?
chiese Notis dopo qualche istante di silenzio.
- Non ti ha mai nominato
ma deve saperlo. Non ha parlato altro che di Abd-el-Kerim.
Il greco fece un gesto
d'impazienza e digrignò i denti come una jena.
Sempre quell'uomo
esclamò con rabbia. Che non l'abbia a dimenticare mai adunque?
- Chissà, forse col
tempo la ferita si rimarginerà.
- Non col tempo, io ho
fretta di farla mia, capisci, Fit Debbeud. L'amo e sempre più furiosamente e
voglio che lei mi ami.
- Tenta, forse vi
riuscirai. E di Elenka sai nulla?
- Assolutamente nulla,
Eppoi, in quale modo? Ho paura di non udir parlare più mai di lei, ora che
trovasi giù nel Kordofan.
- E nemmeno del tuo
rivale?
- Nemmeno.
- Vuoi recarti dall'almea?
- Sì, ma come mi
accoglierà? chiese Notis incrociando le braccia.
- Probabilmente assai male,
ma dinanzi alle minaccie cederà, rispose lo sceicco. Le dirai, per
ispaventarla, che gl'insorti hanno ucciso Dhafar pascià e tutti gli uomini che
lo seguivano.
- Ma non vorrà credermi.
- Oggi, ma domani o
posdomani ti crederà, ne ho la certezza.
Il greco fissò i suoi
occhi sull'abitazione, esaminando le finestre e sorrise con compiacenza.
- Vieni Fit Debbeud,
disse.
Tutti e due scesero
dalla rupe e guadagnarono la barca arenata fra i canneti. Omar saltò fuori e li
vide prendere i remi, attraversare il fiume e sbarcare dinanzi all'abitazione.
Una bestemmia gli uscì dalle labbra; le sue mani tormentarono il grilletto
delle pistole.
- Che accadrà mai? si
chiese egli coi denti stretti. Ho una smania furiosa di sparare loro addosso, ma
quand'anche gli uccidessi poco guadagnerei. Orsù, siamo pazienti.
Guardò
attentamente42 la riva opposta e gli alberi che circondavano
l'abitazione. Un'improvvisa idea gli balenò in mente.
- La riva è deserta,
mormorò egli, e nessuna barca solca il fiume. Io vado là, salgo su quel
tamarindo che allunga i suoi rami fino alle finestre e udrò tutto e vedrò
tutto. Se il greco alza un dito verso Fathma, accada qualunque cosa io lo
ammazzo.
In un batter d'occhio si
spogliò, nascose le vesti in una fitta macchia di bauinie, si legò sul capo l'jatagan
e le pistole e raggiunta la riva scese risolutamente nell'acqua, nuotando
vigorosamente.
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