CAPITOLO VI. - La
Dahabiad di Notis.
Era la mezzanotte52
, quando i superstiti della spedizione e i liberati mettevano piede sul ponte
della darnas ancorata nella piccola baia. Daùd dopo di aver fatto
trasportare i feriti sotto il capannone di poppa e adagiare sugli angareb,
e d'aver invano pregato Fathma perchè si riposasse, comandò di ultimare il più
presto possibile i preparativi di partenza.
Pel momento non vi era
pericolo, essendo certi che Notis, ubbriaco d'oppio, dormiva ancora e che i
beduini si erano smarriti nelle foreste del Bahr-el-Abiad, ma poteva darsi che
al mattino venisse preparata in Quetêna la caccia. Prima che questa si
organizzasse, premeva di essere assai lontani per potersi liberamente difendere
qualora assaliti.
I barcaiuoli al comando
del loro reis si misero febbrilmente al lavoro. I canotti in un lampo
furono issati sul ponte, le grandi vele latine furono sciolte e orizzontate e
l'àncora fu strappata dal fondo. La darnas abbandonò la baia, guadagnò
il largo e salì rapidamente e in silenzio la corrente del Nilo, sotto un vento
fresco del nord-est.
Dàud si mise in persona
alla ribolla del timone per dirigere la nave attraverso i numerosi banchi di
sabbia e ai bassifondi di cui è ingombro in quasi tutto il suo corso il
Bahr-el-Abiad. Omar e Fathma, fatte portare in coperta tutte le armi
trovate53 nella stiva, trascinare a poppa e caricare il piccolo cannone
e mandati alcuni uomini sulle cime degli alberi si affrettarono a raggiungerlo.
- Vedi nulla di
sospetto? gli chiese Omar, guardando attentamente le boscose rive del fiume e
il villaggio di Quetêna che cominciava a sfumare fra le tenebre,
- Assolutamente nulla,
rispose Dàud. Mi pare che nessun pericolo ci minacci, almeno per ora.
- Credi che verremo
inseguiti, domandò Fathma, ma senza manifestare emozione alcuna,
Il sennarese parve
indeciso.
- Non ho paura di Notis,
gli disse Fathma sorridendo. Puoi parlare liberamente.
- Temo che ci si dia la
caccia, sorellina cara, rispose il reis,
- Ma abbiamo ucciso più
che mezzi beduini, e anche lo sceicco.
- Che monta? Quando si
possiede del danaro nel Sudan si trovano sempre dei soldati. Ti sembra che
Notis ti amasse molto?
- Alla pazzia.
- Allora ci inseguirà,
ne son sicurissimo. Il maledetto si recherà dal mudir (governatore) di
Quetêna, gli farà brillare dinanzi agli occhi un bel gruzzolo di talleri e gli
porterà via i dieci o dodici soldati egiziani che formano la guarnigione del
villaggio. Delle darnas o delle dahabiad ve ne saranno sempre per
imbarcarli.
- Corriamo un serio
pericolo, adunque?
- Non quanto tu credi,
Fathma. La mia darnas è una delle più veloci che solchino il
Bahr-el-Abiad, e prima di domani avremo passato anche il villaggio di Mahawir.
- E se ci raggiungono?
chiese Omar.
- Finchè avremo polvere
e palle a bordo ci batteremo, poi sbarcheremo sull'una o sull'altra riva e ci
salveremo nelle boscaglie. Però, sono persuaso che gli Egiziani non
azzarderanno darci l'abbordaggio se noi ci difendiamo gagliardamente. Quegli
uomini del nord non hanno fama di essere coraggiosi quanto noi sennaresi, disse
con un certo orgoglio il reis.
- Credi tu, Daùd, che
troveremo ancora Dhafar pascià accampato a Gez-Hagiba?
- Non lo credo, Omar.
Quando noi lasciammo l'isola, mi dissero che fra qualche giorno sarebbe partito
per Om-Qenênak.
- E allora, dove
ritroveremo Abd-el-Kerim? chiese Fathma con viva emozione. Gran Dio! Se noi non
lo ritrovassimo più?
- Non metterti in capo
simili idee, Fathma, rispose il reis. A Gez-Hagiba io ho alcuni amici
pescatori ed essi mi sapranno dire quale via avrà preso Dhafar pascià. Se si sarà
diretto al sud, noi saliremo il Bahr-el-Abiad fino a Duêm o meglio ancora fino
a Hellet-ed-Danàqla e là noi troveremo i cammelli necessari per dirigerci a
El-Obeid. Se vuoi, io ti fornirò di una scorta di uomini fidati che ti faranno
raggiungere Hicks pascià. Fra dieci o dodici giorni, ti assicuro che vedrai
l'arabo ed Elenka.
L'almea,
nell'udire il nome della greca, fremette il volto le si infiammò e strinse
convulsamente le pugna.
- Ah! esclamò ella con
impeto selvaggio. Potessi alla fine trovarmi di fronte a quella iena.
- Che le faresti?
- L'annienterei, la
farei a brani, in modo da non lasciarle un pezzo di carne attorno alle ossa,
- La odii immensamente
adunque?
- Come un'araba può odiare
la sua rivale; come un'araba che fu sferzata dalla sua rivale; come
una54 araba che fu resa infelice dalla sua rivale. Puoi indovinare ora
fino a qual punto io odio Elenka.
- Olà! gridò in quel
mentre un barcaiuolo. Guarda a prua!
Daùd55 alzò gli
occhi e vide una gran barca che scendeva silenziosamente la corrente, tenendovi
vicina alla riva destra. Gli parve di conoscerla.
- Se non m'inganno,
diss'egli ai suoi compagni, quella darnas appartiene al reis Abu
Scioqah mio amico. Sarebbe una bella occasione per avere qualche notizia sugli
avvenimenti che accadono nell'alto Nilo,
- Che venga da
Gez-Hagiba? chiese Omar.
- Potrebbe darsi.
- Interrogalo, disse
Fathma. Potremo avere notizie di Dhafar pascià.
- Olà, Abu Scioqah!
gridò Daùd56 facendo portavoce delle mani.
A prua della darnas
apparve un'ombra biancastra.
- Chi chiama? domandò
raucamente.
- Daùd57.
Da dove venite?
- Ah! sei tu, amico!
esclamò quell'uomo con un tono di voce meno brusco. Dove ti rechi? Se
oltrepassi Woad-Scelai e l'isola di Gez apri bene gli occhi.
- Perchè? Vi sono degli
egiziani?
- Altro che egiziani! La
riva sinistra è occupata da una banda di maledetti Abù-Rof. Ti bombarderanno
per tre o quattro miglia.
- Hai veduto Dhafar
pascià e la sua armata a Gez-Hagiba?
- Sono partiti da una
settimana pei monti d'Arax-Kol, Buona fortuna, Daùd, e guardati dagli Abù Rof.
- Grazie, Abu Scioqah,
sarò prudente.
La darnas di Abu
scomparve poco dopo nelle tenebre.
Daùd per ogni
precauzione, spinse la sua sotto la riva destra.
- Avete capito, amici
miei? chiese egli, dopo qualche istante di silenzio.
- Ho udito, rispose
Omar, ma noi passeremo anche sotto il naso degli Abù-Rof. Per raggiungere
Dhafar pascià bisogna che noi approdiamo a Hellet-ed-Danàqla. È là che noi sapremo
qualche cosa di giusto.
- È quello che penso pur
io. Orsù, silenzio adesso e teniamo gli occhi bene aperti e gli orecchi ben
tesi. Non dimentichiamo che abbiamo Notis a Quetêna. Tu, Fathma, puoi andare a
dormire che ne hai bisogno.
- Ho sempre paura che
accada qualche disgrazia.
- Non succederà nulla,
sorellina, eppoi, se veniamo inseguiti, ti chiameremo. Va a coricarti nel
casotto.
L'almea ubbidì e
si sdrajò su di un angareb sotto la tettoia; Daùd e Omar si
arrampicarono invece sugli alberi cogli occhi volti verso il nord per vedere se
le barche di Quetêna li inseguivano.
La darnas, grazie
al vento che si manteneva assai fresco, continuò a salire la corrente del Nilo
cosparsa d'una moltitudine d'isole, isolotti e bassifondi formanti una rete
inestricabile di canali e canaletti, fugando i coccodrilli e gli ippopotami che
guazzavano rumorosamente fra le acque.
Le rive del fiume erano
sempre deserte. Da una parte e dall'altra non si scorgevano che gigantesche e
fitte foreste che venivano a curvarsi nelle acque, qualche pezzo di terreno
coltivato a durah in mezzo al quale andavano e venivano allegramente
bande d'ippopotami affaccendati a saccheggiarlo, e assai di rado qualche
capanna, e quasi sempre crollata o sfondata.
Alle due di notte sulla
riva destra apparve il villaggio di Mahawir, attruppamento di capanne coniche e
sede di una popolazione di barcaiuoli e pescatori la maggior parte dei quali si
alleano agli arabi Abù-Ròf per esercitare la tratta degli schiavi a rubare
ragazzi in questa o quella borgata. Daùd avrebbe voluto arrestarsi e confondere
la sua darnas in mezzo a molte altre ancorate dinanzi al molo, ma la
paura di venire scoperto e forse preso fra due fuochi lo decise a continuare il
cammino.
Alle quattro, nel
momento che l'alba cominciava a spuntare all'orizzonte, giunsero all'estremità
settentrionale di Gez-Hagiba58, isola assai allungata che divide il
Bahr-el-Abiad in due grandi canali navigabili.
Possiamo arrestarci,
disse Daùd a Omar. Abbiamo percorso già un bel tratto di via e sono persuaso
che nessuno ci annoierà pel rimanente della notte. Domani, se sarà possibile,
chiederò informazioni più precise sulla via presa da Dhafar pascià.
- Non temi adunque che
il greco c'insegua?
- No, per ora. Del resto
abbiamo su di lui un vantaggio di oltre quarantacinque miglia.
In quel momento si udì
in lontananza una scarica di fucili seguita da un grand'urlìo. Omar prese le
mani di Daùd stringendogliele fortemente.
- Hai udito? gli chiese
con vivacità.
- Sì, rispose il reis.
- Chi credi che siano?
- Non lo so.
- Che sia il greco?
- Non lo credo. Siamo
distanti non troppe miglia da Mahawir e potrebbe darsi che questa scarica sia
stata sparata nel villaggio.
- Ma queste grida?...
- Hai ragione, mi parvero
vicine. Forse saranno state emesse da qualche banda di Abù-Ròf. Adesso che ci
penso, potrebbe trattarsi dell'attacco di qualche carovana che costeggia il
fiume. Tu sai già che siamo in un paese di ladroni.
Omar crollò la testa.
Una seconda scarica di fucili s'udì accompagnata da grida selvagge. Fathma uscì
dalla tettoia correndo verso i due negri.
- Che succede? chiese
ella con voce visibilmente alterata. Siamo inseguiti?...
- Non ispaventarti,
sorellina, disse Daùd colla maggior calma del mondo. Tirano delle fucilate e
nulla di più.
- Non ho mai avuto
paura, Daùd, disse con fierezza l'almea. Se corriamo un pericolo puoi
parlare liberamente; non farò altro che prendere il fucile e battermi a fianco
dei tuoi uomini,
- Lo so che le arabe
sono intrepide.
- E dunque?
- Per ora non sappiamo
nulla.
- Non ti pare prudente
riprendere la navigazione?
- Se ci inseguono ci
raggiungeranno lo stesso. È meglio rimanere qui anzichè correre: il rischio di
venire assaliti nelle vicinanze di Woad-Scelai. Gli abitanti del villaggio
potrebbero moschettarci.
- Ohe! gridò un
sennarese dall'alto dell'albero di maestra.
- Guarda una dahabiad
che corre su noi!
- Per la barba di mio
padre! esclamò Daùd, saltando verso poppa. Che sia proprio il greco?
Si slanciò sul cassero, seguito
da Fathma, da Omar e da mezzo equipaggio. A seicento passi da poppa essi
scorsero una dahabiad grandissima che saliva il fiume a vele e a remi.
Sul ponte vi erano parecchi uomini vestiti di bianco e armati di fucili colla
baionetta inastata.
Daùd impallidì
leggermente e la sua destra corse all'impugnatura dell'jatagan.
- Per Allàh! mormorò
egli con ispavento. Chi sono essi?....
- Il greco! esclamò
Fathma.
- Lo vedi? chiese Omar.
- Sì, eccolo là a
prua... È lui, Omar, è lui.
- Tuoni di Dio! Come si
è svegliato?...
- Chi va là? gridò una
voce partita dalla dahabiad.
- Che nessuno risponda,
comandò Daùd. Prendete i fucili e stendetevi sul cassero. Tre uomini al
cannone!
I barcaiuoli in men che
si dica s'impadronirono dei fucili e si sparpagliarono pel ponte e pel cassero
nascondendosi dietro a tuttociò che poteva offrire un riparo contro le palle
del nemico. Tre di loro, i più abili e i più coraggiosi si gettarono sul
cannoncino che fu puntato sulla dahabiad; la miccia venne accesa.
- Calma e coraggio, disse
Daùd. Tu, Omar, rimarrai al mio fianco pronto a comandare l'abbordaggio se il
nemico arriva fino a noi, e tu, Fathma, ritirati sotto la tettoia. Per
prenderti bisogna che passino sui nostri corpi.
L'almea si rizzò
fieramente con gli occhi accesi.
- Io qui rimango,
diss'ella. Voi vi battete per me e io mi batterò per voi.
- Ma la pugna sarà forse
tremenda. Vi saranno dei cadaveri e del sangue.
- E credi tu che la Favorita
del Mahdi abbia paura del sangue? Ho assistito senza tremare al massacro
degli 8000 egiziani di Yussif a Kadir e meno tremerò oggi che abbiamo a
massacrare un pugno d'uomini.
Strappò un fucile dalle
mani di un barcaiuolo e andò ad appostarsi dietro a una cassa, gridando:
- Tutti a posto di
combattimento. Attenti al comando!
- Brava, Fathma! gridò
Daùd entusiasmato. Noi ci batteremo al tuo fianco.
- Chi va là! chiese la
voce di poco prima.
- Fathma! rispose l'almea
senza esitare. Chi mi vuole si faccia avanti!
S'udì un urlo di gioia
feroce alzarsi sulla dahabiad. Daùd e Omar si inginocchiarono ai fianchi
dell'almea armando rapidamente i moschetti.
- Attenzione! gridò il reis.
La dahabiad di
Notis era giunta allora a cinquecento passi di distanza e continuava ad
avanzare a vela e a remi con gran furia. Una ventina di soldati egiziani
invasero il ponte affollandosi sulla murata di prua e puntando i loro remington.
- Vedete quell'uomo che
è ritto a prua? chiese Fathma alzando il moschetto verso di lui.
- Sì, dissero Omar e
Daùd. È Notis.
- Ebbene, il primo colpo
è destinato a lui. Che il Profeta mi punisca se io non l'abbatto.
- Fuoco! gridò in
quell'istante una voce.
Si videro i soldati
egiziani abbassare un dopo l'altro i remington in direzione della darnas.
Un gran lampo ruppe le tenebre seguito da numerose detonazioni e dal crepitìo
di legno che fendevasi sotto la tempesta di palle. Un barcaiuolo che trovavasi
a cavalcioni della murata di poppa occupato a caricar il suo moschetto,
precipitò nel fiume.
- Fermi tutti! urlò
Daùd, vedendo che alcuni uomini correvano alle murate per cercar di pescare il
compagno. È uomo morto. A te, Fathma!
L'almea balzò in
piedi come una tigre, colla carabina in mano, slanciandosi a poppa.
S'udì una bestemmia
alzarsi sulla dahabiad egiziana e fu visto un uomo aggrapparsi a una
corda e sollevarsi sulla prua.
- Ira di Dio, è lei!
esclamò quell'uomo.
- Sono io, Notis! gli
gridò Fathma con inesprimibile accento d'odio. Guardati che ti ammazzo!
Ella puntò verso di lui
la carabina. Il greco cercò di scendere, ma s'avvide che non era più in tempo.
- Uccidetela!
Uccidetela! urlò egli con voce spaventata.
Alcuni egiziani tirarono
su Fathma, ma senza colpirla.
Ella premette il
grilletto e Notis capitombolò sul ponte del suo legno, bestemmiando Dio e gli
uomini e dibattendosi disperatamente in un lago di sangue.
- Sono vendicata! gridò
Fathma. Fuoco sulla dahabiad. Daùd! Fuoco!
La darnas s'empì
di fumo. I sennaresi s'alzavano dietro ai ripari scaricando le loro carabine.
Gli egiziani che si erano radunati attorno al caduto, andarono sotto sopra, salvandosi
dietro alle casse e ai barili, sparando a casaccio le loro pistole. Il cannone
cominciò a tuonare schiantando l'albero di maestra che cadde con un gran
fracasso sul ponte coprendolo per intero coll'immensa sua vela.
- Bravi, così, fuoco
sull'altro albero! urlò Daùd. Ammazzatemi quelle canaglie spaventate,
fracassatemi il timone, che vadano a sfasciarsi su qualche isolotto. Fuoco,
perdio, fuoco nutrito! Evviva Fathma!
L'albero di trinchetto
precipitò come l'albero maestro, rompendosi in due pezzi. Una confusione
indescrivibile non tardò a succedere sul ponte della dahabiad che
incominciava a indietreggiare, minacciando di arenarsi sulle isole sabbiose. Si
comandava, si gridava, si bestemmiava, si sparava e gli uomini cadevano a due a
tre alla volta. Parecchi feriti urlavano di già sul ponte, contorcendosi fra i
rivi di sangue, sepolti fra i rottami dell'attrezzatura e sotto le vele.
I sennaresi, visto che i
nemici non erano più in grado di rispondere, erano saltati fuori dai
nascondigli e bersagliavano con una precisione59 terribile tutti
quelli che commettevano l'imprudenza di mostrarsi. Tre o quattro di loro si
erano messi al cannone e avventavano tremende scariche di mitraglia che
spazzavano da un capo all'altro la barca nemica aprendo larghe fessure nei
madieri e schiantando le murate.
Per dieci minuti gli
egiziani si lasciarono moschettare perdendo parecchi di loro, ma a poco a poco
la calma si ristabilì a bordo della dahabiad. Improvvisata a prua una
barricata coi rottami degli alberi e colle casse e le botti, cominciarono ad
avanzare a forza di remi rispondendo gagliardamente al fuoco dei sennaresi,
mostrando l'idea di venire ad un abbordaggio e quindi ad un combattimento a
corpo a corpo.
- Ah! razza di cani!
esclamò Daùd, afferrando una scure. Avete del sangue nelle vene! Olà, attenti
ad ammazzare il primo che dà l'abbordaggio. Se arrivano sul ponte noi siamo
perduti.
- Tutti a poppa! gridò
Fathma che caricava e scaricava la sua carabina tenendosi ritta in mezzo al
cassero. Attenti all'urto! Al cannone, al cannone!
Fra i due legni
s'impegnò una terribile pugna. I sennaresi, che avevano tutto da temere
dall'abbordaggio degli egiziani, superiori assai di numero, si precipitarono
come un sol uomo a poppa aprendo un foco infernale coi fucili e colle pistole.
Il cannone manovrato da Omar ricominciò a tuonare a mitraglia, sconquassando la
barricata degli egiziani.
Con tutto ciò la dahabiad
procedeva sempre a balzelloni, urtando spesso contro le isole sabbiose. Spinta
innanzi con tutta velocità, andò finalmente a cozzare furiosamente colla prua
contro la poppa della darnas
S'udì uno scriscio
formidabile che fu subito coperto dalle detonazioni delle armi da fuoco e dalle
grida dei combattenti. Gli egiziani incoraggiati dalla voce del loro reis,
cercarono di salire sul ponte della darnas, ma si trovarono dinanzi i
sennaresi con a capo Omar, Daùd e Fathma. I primi che salirono caddero sotto le
loro scuri e i loro jatagan; gli altri dopo di aver tentato di resistere
a colpi di baionetta, si ripiegarono in massa a poppa, dove più di un terzo
caddero sotto una scarica di mitraglia sparata a bruciapelo.
Il ponte si coprì di
cadaveri e di feriti. La dahabiad abbandonata a sè stessa, senza alberi,
senza remi, col timone fracassato e la prua tutta sconquassata e sdruscita, si
sbandò sul tribordo crepitando e si allontanò rasentando gl'isolotti e solcando
i bassi fondi ingombri di piante acquatiche.
Per qualche tratto fu
visto arrestarsi or qua e or là vibrando di bordo, poi sparve da una svolta del
fiume. S'udirono ancora in lontananza grida, comandi, bestemmie, gemiti,
detonazioni, poi il silenzio tornò, rotto appena appena dal gorgoglìo della
corrente che si rompeva sulle sabbie dei banchi.
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