CAPITOLO XI. - O'Donovan
O'Donovan era un uomo
sui cinquant'anni, alto di statura, di membra vigorose, con un volto simpatico,
alquanto abbronzato dal sole dei paesi tropicali, con barba e due occhi
intelligenti e penetranti.
La vita di quest'uomo,
che è veramente straordinaria e romanzesca, merita qualche cenno.
Nato in Irlanda,
irrequieto di temperamento, coraggioso, fu dapprima feniano e si compromise
nelle congiure a segno che dovette rifugiarsi in Germania per non cadere nelle
mani della polizia inglese.
Scoppiata la guerra
franco-prussiana del 1870, corse ad arruolarsi nell'esercito della Loira e
cadde gravemente ferito sul campo di battaglia. Appena guarito si mise ai
servigi del giornale londinese Daily News, il cui direttore gli assegnò
il dipartimento dell'Asia.
Il reporter
viaggiò tutta l'India, poi trovandola piccina, passò i monti e visitò
l'Afganistan. Ritornò più volte in Inghilterra ma non vi rimaneva che il tempo
necessario per abbracciare i suoi e per rinnovare i patti col Daily News
e cogli editori che si contendevano le relazioni dei suoi viaggi.
Stanco di visitare gli
Afgani e i Ghirghisi, un giorno s'incamminò con qualche servo verso la Persia,
ma i persiani lo presero per una spia russa e lo imprigionarono, O'Donovan
dovette sudare per salvarsi dal supplizio del palo e quando i persiani si
persuasero che era un giornalista, non solo lo liberarono, ma lo colmarono di
favori, di cortesie, gli conferirono dignità eccezionali e gli diedero delle
guide per ritornare in Europa per la via della Russia.
In Inghilterra pubblicò
allora il suo viaggio sotto il titolo di Viaggio a Merw che gli fruttò
una sostanza, poi, vero ebreo errante, andò in Armenia con Muktar pascià per
assistere alla guerra russo-turca del 1877. Ma a Batum attaccò lite con un
Francese per una bella Armena; Dervisch pascià gli ordinò di andarsene, e visto
che il testardo irlandese faceva il sordo, una bella notte lo fece rapire e
ignudo come si trovava lo fece trasportare a viva forza, ravvolto in una
coperta, su di un battello che salpava per Trebisonda.
O'Donovan che si era
fisso di viaggiare in Oriente, vi ritornò, fece delle esplorazioni importanti, poi,
nel suo ultimo viaggio si fermò a Costantinopoli, dove lo attendeva una nuova
disgrazia.
Essendo in un caffè si
mise a parlare come fosse a casa sua del Sultano e del governo criticandoli. La
Sublime Porta lo fece arrestare e lo tenne lungamente in prigione. Non lo
lasciò libero che dietro ingiunzione dell'ambasciatore inglese proibendogli
però di non porre più piede in Turchia. O'Donovan, ricco assai, credette giunta
l'ora di riposarsi alcuni anni, ma non fu così. I direttori del Daily News
vollero ampliare il «dipartimento» del loro reporter e all'Asia
aggiunsero l'Africa incaricandolo di attraversare il misterioso continente
dall'Est all'Ovest quando il generale Hicks avesse sottomesso i ribelli del
Sudan. Vi erano cinquantamila franchi all'anno di stipendio da guadagnare, gli
si faceva un credito illimitato per le spese e un editore gli pagava in
anticipazione centomila lire la relazione sulla campagna.
Il reporter,
quantunque molto inquieto, quantunque avesse funesti presentimenti, fatto per
ogni precauzione testamento, pigliò la via dell'Egitto e raggiunse l'armata di
Hicks pascià ed ecco come il reporter del Daily News lo troviamo
in fondo al Sudan.
L'ufficiale inglese,
compiuta la presentazione, fece subito avanzare tre cavalli bardati che vennero
montati da Fathma, Omar e dall'Irlandese. Egli credette di far bene aggiungervi
degli eccellenti remington ed abbondanti cartuccie.
- Non si sa mai quello
che può accadere, diss'egli, facendo cenno alla sua compagnia di fare largo ai
cavalli. Quei maledetti insorti si nascondono persino dietro ad un sasso.
O'Donovan, affido questa bella ragazza a te.
- Non aver timore di
nulla, Harry, rispose il reporter. Giungeremo al campo senza malanni.
- Guardati bene attorno,
O'Donovan. Questa mane ho veduto dei cavalieri correre per la pianura.
- Ho buoni occhi e
sopratutto buone braccia per difendermi. Addio, Harry.
- Una parola, disse
Fathma, porgendo la mano all'inglese. Noi ci siamo lasciati indietro dei
giallàba. Forse sono stati divorati dai leoni, ma forse qualcuno si è salvato e
potreste giungere in tempo di raccoglierlo.
- Vi comprendo, miss.
Manderò i miei uomini a cercarli. Che la fortuna sia con voi.
I tre cavalli partirono
alla carriera dirigendosi verso il sud e tenendosi tutti uniti. O'Donovan
staccò dall'arcione il remington e l'armò, invitando i suoi compagni a fare
altrettanto.
Per dieci minuti
galopparono in silenzio, guardandosi attorno per non cadere in qualche
imboscata d'insorti, poi O'Donovan che da qualche tempo osservava attentamente
Fathma, le chiese bruscamente:
- Ditemi la verità, per
quale caso vi trovate in questo paese? Sapete che noi tutti corriamo un grave
pericolo e che vi sono molte probabilità di lasciare le ossa in questi deserti?
- Voi correte un grave pericolo?
disse Fathma con qualche sorpresa.
- Sì e vi compiango di
essere giunta in questi luoghi. Dovete avere un forte motivo per arrischiarvi a
raggiungere Hicks pascià.
- Molto forte, mormorò
l'almea con un profondo sospiro.
- Cercate qualcuno
forse?
- Come lo sapete voi?
- Lo suppongo.
- Ditemi, O'Donovan, è
giunto al campo Dhafar pascià?
- Quello che conduceva i
rinforzi speditici dal governatore di Chartum?
- Sì, proprio quello.
- Giunse dodici giorni
or sono, ma è stato ucciso l'altro ieri.
- È morto! esclamarono
Omar e Fathma ad una voce.
- L'ho veduto cadere coi
miei propri occhi, assieme ad un centinaio di egiziani. Erano usciti per fare
una ricognizione, i ribelli li circondarono e li massacrarono tutti. Quando noi
giungemmo sul luogo del combattimento, Dhafar pascià, colpito da una lancia in
petto, spirava.
- Allàh lo punì, disse
sordamente Fathma. I colpevoli cadono uno ad uno.
O'Donovan la guardò con
sorpresa.
- Che dite mai? chiese
egli. Era forse un vostro nemico Dhafar?
- Mi schiantò l'anima,
involontariamente84 forse, ma me la schiantò. Uditemi, O'Donovan, avete
mai inteso parlare di un ufficiale arabo che si chiama Abd-el-Kherim?
Il reporter si
passò la mano sulla fronte parecchie volte come cercasse nella sua memoria.
- Non l'ho mai udito
nominare rispose dipoi.
- Proprio mai! esclamò
l'almea con un accento di dolore sconfinato. È impossibile!... Cercate,
cercate bene nella vostra mente!...
- Ma sì, voi dovete
averlo veduto, aggiunse Omar. È giunto con Dhafar pascià, ve lo assicuro.
- Ma io vi dico che non
l'ho mai udito quel nome.
- Gran85 Dio!
Che gli sia toccata una qualche disgrazia!... Che me l'abbiano ucciso!
- Non correte troppo,
disse O'Donovan. Capirete bene che siamo in undicimila al campo e che degli
ufficiali ve ne sono moltissimi. Forse l'avrò veduto, forse avrò anche parlato
assieme, ma non me lo rammento. Avete torto di disperarvi.
- Avete ragione,
O'Donovan, balbettò l'almea. Ditemi ora, avete mai visto nella tenda di
Hicks pascià...
- Chi?
- Una donna?
- Una donna!... Ah! sì,
mi ricordo di averla veduta parecchie volte. Era una...
- Greca! esclamò l'almea
coi denti stretti.
- Sì, proprio una greca
che si chiamava Elenka.
Fathma fremette e fece
uno sforzo violento per frenare l'ira che bolliva nel petto.
- Ditemi, è ancora al
campo?
- Quando lasciai la
tenda Hicks pascià, tre giorni or sono, essa vi entrava,
- Ah!
O'Donovan si volse verso
Fathma e vedendola col volto sconvolto, gli occhi accesi, fece un gesto di
sorpresa.
- Ma sapete, diss'egli, che
voi mi mettete in curiosità.
- Lo credo, rispose
Fathma sforzandosi, ma invano, di sorridere.
Avvicinò il suo cavallo
a quello del reporter e disse a bruciapelo:
- Guardatemi bene il
volto, O'Donovan.
- Vi guardo e vi trovo
sublimemente bella. Chi siete?
- Fui la favorita di
Mohammed Ahmed, il Profeta del Sudan.
- Che!...
- Statemi ad udire. Un
dì abbandonai il mio signore e capitai a Hossanieh. Un prode mi salvò da un
leone che stava per divorarmi e questo prode l'amai come sanno amare la arabe, cioè
alla follìa.
- Comprendo.
- Egli era ufficiale del
corpo di Dhafar pascià. Un tenente greco s'innamorò di me e giurò che io sarei
stata sua. Lo disprezzai ed egli, furente, mi denunziò a Dhafar pascià per la
favorita del Mahdi, per una spia.
- Ah! il vigliacco!
- Mi separarono a forza
dal mio amante e mi trascinarono a Quetêna dove caddi nelle mani del greco.
Alcuni giorni dopo però riuscii a fuggire e mi misi subito in viaggio per
cercare Abd-el-Kerim, il prode che amavo, l'eroe che mi salvò la vita.
- È per questo adunque
che venite al campo?
- Sì, per questo.
- Ma se venite scoperta?
- Come?
- Potrebbe darsi che
qualcuno riconoscesse in voi l'ex favorita di Mohammed Ahmed che Dhafar pascià
fece arrestare. Badate a me, andate cauta e non mostratevi nella tenda di Hicks
pascià.
- È impossibile. Bisogna
che io sappia a qualsiasi costo che è accaduto di Abd-el-Kerim. Per quell'uomo
arrischierei mille volte la vita.
O'Donovan le prese una
mano e stringendola teneramente:
- Voi siete forte e
coraggiosa ed io amo i forti e i coraggiosi, le disse. Volete che io vi aiuti
nell'impresa, che io pure cerchi di Abd-el-Kerim?
La faccia dell'almea,
poco prima trucemente sconvolta, si rasserenò. Nei suoi grandi occhi
fiammeggianti, balenò un fugace lampo di tenerezza; parve anzi commossa.
- Voi avete un nobil
cuore, mormorò ella. Mi affido interamente a voi, amico mio. Che devo fare?
- Rinunciare di recarvi
da Hicks pascià. Verrete nella mia tenda, vi alloggierete e vi darò un vestito
da soldato onde non abbiano a riconoscere in voi la Favorita del Mahdi.
Al resto penserò io.
- Troverete voi
Abd-el-Kerim, adunque?
- Lo troverò, vi dò la
mia parola.
Erano allora giunti in
una gola formata da due colline tagliate a picco, tutta cosparsa di fitti
cespugli. O'Donovan arrestò il suo cavallo.
- Stiamo in guardia,
diss'egli. In questo luogo si nascondono dei ribelli. Guardate bene i cespugli.
- Siamo lontani molto
dal campo? chiese Omar.
- Un miglio e mezzo e
forse meno. Udite?
In distanza echeggiarono
alcuni squilli di tromba e s'udirono a rullare dei tamburi. Qualche detonazione
fu pure notata.
- Avanti, comandò
O'Donovan.
I tre cavalieri
s'inoltrarono nella gola tenendosi lontani dai cespugli. Avevano percorso un
centinaio di metri, quando dalle macchie si videro uscire sei o sette uomini
semi-nudi, armati di lancie e di scudi di pelle di elefante. Essi si misero a
urlare come bestie feroci, agitando minacciosamente le armi.
O'Donovan scaricò il suo
remington sul più vicino che cadde a terra, dimenando disperatamente le
braccia. Gli altri si diedero a precipitosa fuga attraverso la gola, urlando
con quanto fiato avevano in corpo e saltando a destra e a sinistra per non
offrire facile bersaglio alle palle.
- Alla carriera! gridò
il reporter, spronando vivamente il cavallo. Se non usciamo in fretta,
corriamo rischio di venire rinchiusi qui da un migliaio di quei furfanti.
Attenti alle imboscate!
I tre cavalli si
slanciarono nella gola che andava restringendosi a mo' d'imbuto, seminata qua e
là da cadaveri di soldati egiziani o d'insorti, imputriditi, spesso mezzo
divorati dalle fiere e che mandavano un odore nauseante. In meno di cinque
minuti giunsero a duecento passi dall'uscita. Qui i tre cavalieri arrestarono
di colpo i loro cavalli.
- By-good!
bestemmiò O'Donovan. Hanno chiusa la via!
Infatti gli insorti si
erano aggruppati dinanzi all'uscita riparandosi dietro i macigni e le macchie.
Essi accolsero la comparsa dei cavalieri con indescrivibili urla, alzando le
lancie e le scimitarre di ferro.
- Torniamo indietro,
disse Fathma. Forse non ci hanno ancora tagliata la ritirata.
- È impossibile, rispose
il reporter. Dietro a quei ladroni vi è il campo e se ritorniamo
verremmo facilmente uccisi.
- Che facciamo adunque?
chiese Fathma.
- Non trovo altro mezzo
che quello di forzare il passo. Sono sei o sette ladroni e non mi sembrano
molto coraggiosi. Tirate l'jatagan e prendete le pistole; piomberemo
loro addosso come una valanga.
I cavalli spronati a
sangue ripartirono alla carriera. I ribelli, vedendoli venire addosso,
saltarono in piedi colle lancie in aria. O'Donovan, che aveva tratto la
scimitarra, ruinò in mezzo a loro spaccando nettamente la testa al primo che
gli si parò dinanzi. Fathma e Omar scaricarono le loro pistole sugli altri, i
quali, vista la mala parata, si affrettarono a lasciare il posto.
I cavalieri uscirono in
furia dalla gola dirigendosi verso una boscaglia di palme e di mimose che
nascondeva il campo egiziano.
- Avanti! avanti! gridò
O'Donovan.
Un urlo tremendo e alcune
moschettate tennero dietro al suo comando. Dai burroni e dalle gole uscirono
varii drappelli di arabi Abù-Rof e di Baggàra slanciandosi dietro ai
fuggiaschi86, agitando freneticamente le lancie, le scimitarre e gli
scudi.
- A briglia sciolta,
Fathma, urlò il reporter. Sprona, perdio! Sprona che siamo vicini al
campo
Dietro a loro s'udì lo
scalpitìo precipitato di un cavallo. Omar volgendosi vide uno sceicco che si
avvicinava rapidamente colla scimitarra alzata nella dritta e la bandiera del Mahdi
nella sinistra.
- Guardati, Omar! disse
rapidamente Fathma, scaricando la sua pistola.
Il negro si voltò e
sparò il remington sullo sceicco, il quale lasciossi sfuggire di mano la
bandiera. Cercò di rizzarsi sulle staffe e di brandire la scimitarra, ma le
forze gli vennero meno e cadde pesantemente a terra colla testa inondata di
sangue.
I ribelli visto il loro
capo a cadere, si arrestarono titubanti. Alcuni di essi s'avanzarono però,
cercando di tagliare fuori Omar che era rimasto indietro, ma una scarica di remington
che abbattè il più vicino e i sei colpi di revolver del reporter, li
decisero a volgere le spalle e a rifugiatisi nella gola.
- Avanti, Omar, che
siamo vicini al campo! urlò O'Donovan caricando il revolver.
I tre cavalli con un
ultimo slancio guadagnarono il palmeto prendendo un largo sentiero sul quale
scorgevansi, profondamente impresse, le traccie lasciate dalle ruote dei
cannoni, e si arrestarono poco dopo dinanzi ad un gruppo di capanne attorno
alle quali bivaccavano alcune compagnie di negri d'Etiopia.
- Alto! comandò
O'Donovan. Siamo giunti a Kassegh.
I tre viaggiatori
balzarono a terra.
|