CAPITOLO VI. - Lo scièk Abù-el-Nèmr.
Era il dopo pranzo
dell'ultimo giorno di luglio. Pel cielo correvano disordinatamente densi
nuvoloni di una tinta lattea, spinti da un vento impetuosissimo e caldissimo.
Alcuni goccioloni di pioggia tiepida cadevano pesantemente sulle tende e sui tugul
del campo sudanese, e in lontananza lampeggiava e brontolava di tratto in
tratto il tuono.
Le innumerevoli orde del
Mahdi, secondo il solito, erano tutte in movimento, occupate ad esercitarsi coi
cannoni, colle mitragliatrici e coi remington, tolti agli egiziani a Kasghill,
od a destreggiarsi con finte scaramuccie, o a marciare per colonne o in
quadrato o a operare ritirate e tentare assalti, o a costruire fortini,
trincee, terrapieni o bastioni sotto la condotta dei loro sceicchi.
In mezzo al campo, sulla
cima di una collinetta, se ne stava tutto solo un individuo che pareva non si
occupasse affatto di quanto succedeva a lui d'intorno. Questo individuo era un
beduino, quello stesso che aveva tradito Abd-el-Kerim.
Ammantellato
accuratamente, egli passeggiava innanzi e indietro, colla testa china sul
petto, la fronte aggrottata e gli occhi accesi da una cupa fiamma.
Di tratto in tratto arrestavasi,
volgeva uno sguardo di fuoco verso le tempestose nubi e colla faccia alterata
si chiedeva:
- Verrà?...
Aveva di già compiuto
più di cento volte il giro della collina ripetendo altrettante volte quella
interrogazione che facevalo diventare sempre più cupo, quando un fischio
stridulo, vibrato, bizzarro, pervenne al suo orecchio. Alzò vivamente le
braccia e girò intorno un rapido sguardo; le rughe della sua fronte si
spianarono e le sue labbra si contrassero ad un sorriso.
Un negro, lo sceicco El-Mactud,
era sbucato improvvisamente da una macchia e saliva rapidamente la collina. Il
beduino s'affrettò a muovergli incontro.
- Ebbene? gli domandò
con ansietà che invano cercava di nascondere.
- La va male, rispose lo
sceicco asciuttamente.
- Ira di Dio!... È
morto?
- Tutt'altro, è vivo. Le
ferite si sono rinchiuse.
- E allora?....
- Siedi ed ascoltami
attentamente.
Il beduino e lo sceicco
si sdraiarono per terra.
- L'ho visitato or ora
assieme ad un mio amico che se ne intende di medicina, ripigliò El-Mactud, il
povero diavolo è fuori di pericolo, ma abbiamo scorto sul suo corpo lo traccie
di un terribile male che lo condurrà alla tomba.
Un trasalimento nervoso
scompose per alcuni secondi il viso del beduino.
- Qual male? chiese egli
con maggior ansietà.
- Il corpo dell'arabo è
tutto coperto di tumori grossi quanto i tuoi pugni e che sembrano lì per lì per
iscoppiare. Io ho paura che sotto quei tumori vi sieno dei vermi, dei filari
di Medina.
- Dei vermi?....
- Sì, dei vermi che a
poco a poco ridurranno in uno stato compassionevole Abd-el-Kerim. Lo faranno
diventare uno scheletro.
- Ma chi mai introdusse
questi terribili filari nel suo corpo?
- Probabilmente un
uomo.
- Chi?
- Il vendicativo Ahmed.
Un ruggito irruppe dal
petto del beduino.
- Ah! cane! esclamò egli
con trasporto furioso.
- Non offendere
l'inviato di Dio, disse gravemente El-Mactud.
- Ma questo inviato di
Dio ha mancato alla sua parola, mi capisci El-Mactud. Mi aveva giurato di darmi
nelle mani quell'uomo vivo.
- E non te lo ha dato
vivo?
- Ma colla morte nel
sangue.
- Ahmed è più furbo di
noi, ecco tutto.
- È più birbante.
- Zitto, non offendere.
- Sia pure, giacché lo
vuoi. Dimmi non vi è alcuna medicina che possa guarire l'arabo? Mi narrarono
che parecchi uomini colpiti dall'identico male furono salvati.
- Lo narrarono anche a
me, ma ci vuole un medico esperto per far uscire i filari, e nel campo
non ve n'è che uno.
- Chi è?
- Ahmed, credo.
- Ma non vorrà mai fare
una tale operazione.
- Certamente, poichè fu
lui ad introdurre i filari nel corpo dell'arabo.
- E allora?
- Potresti parlargli.
Non perderai nulla a tentarlo.
- Quanto potrà vivere
Abd-el-Kerim?
- Non saprei dirtelo, ma
probabilmente parecchi mesi, forse anche qualche anno.
- Andrò subito a parlare
ad Ahmed. Bisogna che lo salvi.
Lo sceicco lo guardò con
stupore.
- Non capisco più nulla,
disse. Lo tormenti e vuoi salvarlo.
- Ho le mie buone
ragioni per agire così, rispose il beduino.
- Così deve essere.
- Dov'è Ahmed?
- L'ho visto or ora
entrare nella capanna dei missionari.
- Se va a trovare i
prigionieri dev'essere di buon umore. Andrò alla capanna.
- Ed io, che cosa devo
fare?
- Ritornerai al baobab.
Questa sera ti raggiungerò e probabilmente parlerò col prigioniero.
- Ti riconoscerà?
- Non dubitarne.
- Il beduino tornò ad
ammantellarsi e discese la collina inoltrandosi fra le tende.
Cinque minuti dopo
giungeva in mezzo all'accampamento e precisamente dinanzi ad una capanna
semi-cadente, costruita con rami e coperta di foglie. Attorno v'erano numerosi
guerrieri e parecchi dervis.
- Dov'è Ahmed-Mohammed?
chiese il beduino, facendosi largo.
- Nella capanna, rispose
un guerriero d'atletica statura. Là dentro si muore.
- Chi è che muore?
- Una delle prigioniere.
- Brigante di Ahmed,
borbottò il beduino.
Si avvicinò alla porta e
guardò nell'interno con viva curiosità.
Là, nel mezzo, sulla
nuda terra, giaceva una donna orribilmente pallida smunta, ischeletrita, in
preda agli ultimi aneliti. Attorno ad essa v'erano undici persone dalla tinta
bianca, ischeletrite dalla fame, dalle sofferenze, dall'angoscia, dai terribili
calori del sole equatoriale, coi capelli arruffati e le scarne membra appena
coperte da cenciose camicie pullulanti di schifosi insetti.
Quei miseri, condannati
a soffocare là entro, colla scimitarra sempre sospesa sopra la loro testa,
erano i missionari veronesi don Luigi Bonomi, il laico Regnotto, suora
Gregolini, suor Caprini, suor Chincarini e suor Venturini, la negra Coassè,
allieva dell'istituto veronese don Mazza, il chierico Locatelli di Bergamo, don
Rossignoli di Frascati, don Ohrwalder Trento e suor Corsi di
Barletta159.
La misera che stava per
spirare, uccisa dalle febbri e dagli spaventi, era suor Pesavento di Montorio
Veronese.
Il beduino, vedendo il
Mahdi ritto in mezzo alla capanna cogli occhi fissi sulla moribonda, cercò di
entrare ma fu respinto dalla guardia baggàra.
- Lo aspetterò,
diss'egli sedendosi a poca distanza dalla capanna.
Mezz'ora trascorse prima
che Ahmed uscisse. Era assai preoccupato, ma a quanto pareva, non di umore
nero.
Il beduino lo seguì fino
alla cima di una collina che dominava il campo e arditamente gli si presentò.
- Ah! sei tu amico!
esclamò Ahmed, con un sorriso ironico. Come sta l'uomo che ti donai?
- Molto male. Ahmed,
rispose il beduino. Ha la morte nel sangue.
Sulle labbra del Profeta
spuntò un secondo sorriso ironico non meno beffardo del primo.
- È avvelenato forse?
chiese con sottile ironia.
- Peggio che avvelenato.
Ha il corpo zeppo di filari di Medina.
- Me ne duole per te,
del resto lo sapevo.
- Allora devi anche
sapere chi lo ridusse in tal modo, disse il beduino acremente.
- Che vuoi dire? chiese
Ahmed, corrugando le sopraciglia.
- Voglio dire che tu
conosci la mano colpevole che rovinò il mio uomo.
- Tu sei pazzo. Chi vuoi
che sia stato?
- Un uomo che aveva
interesse perchè l'arabo crepasse.
- E quest'uomo si
chiamerebbe?
- Ahmed Mohammed, disse
il beduino audacemente.
- E tu hai coraggio di
dirmelo in faccia?
- E perchè dovrei
tacere?
- Sai che ti trovo ben
ardito?
- A un beduino è
permesso di essere ardito.
- Se un altro avesse
detto tanto non avrebbe più la sua testa sulle spalle. Vattene!
- E il mio uomo?
- Che muora.
- Tu manchi ai tuoi
giuramenti, Ahmed! esclamò il beduino furibondo.
- Vattene temerario.
- Oh mai! Io voglio che
si liberi Abd-el-Kerim dai filari che lo rodono o che...
- Olà gridò Ahmed.
Impadronitevi di quest'uomo e consegnatelo al carnefice.
Già i dervis,
tratte le scimitarre, s'avanzavano e già il beduino aveva impugnato le pistole,
quando in lontananza scoppiarono formidabili detonazioni e acutissime grida.
Ahmed e i dervis
udendo quel baccano scesero in fretta la collina. Il Profeta s'era strappata
dal fianco la scimitarra e l'impugnava come un vero guerriero che si prepara a
scagliarsi nella mischia.
- Il nemico!... si
urlava da tutte le parti.
Il beduino, rimasto
solo, approffittò di quell'incidente capitato così a buon punto per salvarlo.
Si raccomandò alle proprie gambe e andò a intanarsi in mezzo ad una folta
macchia.
- Ira di Dio! mormorò
egli. Che succede?
Girò gli occhi all'intorno:
tutto il campo era in movimento. I guerrieri si radunavano in furia
disponendosi confusamente in linea di battaglia, cogli scudi in mano e le lance
in resta. La cavalleria si ordinava alla meglio empiendo l'aria di urla
selvaggie.
Si trascinavano i
cannoni e le mitragliatrici, si caricavano i moschetti e i remington, si
abbattevano le tende e si occupavano le capanne le trincee, i terrapieni, i
ridotti di terra. Gli sceicchi galoppavano per ogni dove cercando i propri
battaglioni, comandando, strepitando.
- Il nemico! il nemico!
si vociava dappertutto.
- Ira di Dio! ripetè il
beduino. Cosa succede? Che sia il colonello Coetlegan che attacca queste
canaglie? Non ci mancherebbe che questo. Oh!...
L'esclamazione gli fu
strappata da un formidabile rullare di noggàra e di darabùke e da
un grido immenso che echeggiò in lontananza:
- Viva lo scièk
Abu-el-Nemr!
Le file degli insorti si
ruppero come per incanto. Lasciarono i cannoni, le trincee e persino le armi
per riversarsi verso160 il sud ripetendo il grido.
- Viva lo scièk
Abù-el-Nemr!
Fra una grande nuvola di
polvere, il beduino scorse una grossa tribù di guerrieri che moveva rapidamente
verso il campo colle bandiere del Mahdi spiegate. Respirò rumorosamente,
liberamente, come se gli si fosse levato di dosso un gran peso.
I creduti nemici erano i
guerrieri dello scièk Abù-el-Nèmr che ritornavano dalla guerra. Alla
loro testa comminava un bel nero dal nobile portamento, colle braccia e le
gambe cariche di anelli di rame, un turbante verde ricamato d'argento, sul
capo, e avvolta attorno al corpo una gran farda azzurrina trapunta in
oro.
Le genti del Mahdi si
affolavano attorno a lui urlando sempre con crescente forza:
- Salute ad Abù-el-Nèmr!
Il cavaliere diresse il
bianco destriero verso Ahmed che si era fermato ai piedi della collina
circondato161 dai suoi dervis e dalla sua scorta di
Baggàra, saltò a terra e gli baciò la mano.
Fra lo scièk e
l'inviato di Dio vennero scambiate alcune parole, poi quest'ultimo prese per la
mano il primo e lo condusse sulla collina, facendo segno a tutti gli altri di
non seguirlo.
Essi si arrestarono a
pochi passi dalla macchia, in mezzo alla quale tenevasi prudentemente celato il
beduino.
- Ebbene, Abù-el-Nèmr,
disse Ahmed dopo di aver gettato uno sguardo all'ingiro come per assicurarsi
che nessuno poteva udirlo. Come andò la spedizione?
- I Scilluk che si erano
ribellati li abbiamo interamente distrutti, rispose lo sceicco. Trionfiamo su
tutta la linea.
- Non abbiamo più
nemici, adunque, dinanzi a noi?
- Non abbiamo più
nessuno. La battaglia di Kasghill ci ha aperto la via che mena a Chartum.
- Dov'è il colonello
Coetlegan? Mi si disse che accampava sulla rive del Bahr-el Abiad.
- Appena ebbe sentore
della strage di Kasghill si è affrettato a guadagnare Chartum ed ora sta
organizzando la difesa di questa città.
- Credi che opporranno
resistenza gli abitanti di Chartum?
- No, anzi ci aiuteranno
a massacrare le truppe egiziane. Ho mandato dei dervis in quella città e
fanno attiva propaganda. Quasi tutti gli arabi e i sennaresi abbracciano con
entusiasmo la nuova religione.
- Sicchè fra qualche
mese noi potremo rimetterci in marcia.
- Anche domani se tu lo
volessi; la strada è libera.
- E di Osman Digma, ne
sai nulla tu?
- Si trova sulle rive
del mar Rosso, rispose lo sceicco, e tira a sè tutte le tribù beduine che trova
sul suo cammino. Tra non molto tenterà un attacco contro Suakim.
- È questa città che mi
occorre sopratutto.
- Perchè?
- Per passare il mare e
sbarcare alla Mecca
- Ah! Tu hai questo
progetto!
- Sì, lo ho, e ti giuro
su Allàh, Abù-el-Nèmr, che io lo compierò: è la missione impostami da Dio. Sarà
là che io abbatterò il Sultano dei turchi; sarà là che lancieremo la scintilla
destinata a sollevare a ribellione tutti i popoli maomettani; sarà là che noi
sfideremo la potente Europa che deride, che perseguita, che cerca di
schiacciare, noi, arabi. Coll'aiuto di Allàh e col nostro valore, noi
assorbiremo ed Europa, ed Africa e Asia.
- Il progetto è bello,
superbo. Ma riusciremo noi?
- Si riuscirà. Lo sento.
Ad un tratto la fronte
di Ahmed s'oscurò e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra. Lo sceicco lo
guardò con sorpresa.
- Che hai, Ahmed? gli
chiese. Forse che qualche presentimento ti ha morso il cuore?
- No, mormorò il Mahdi.
- E allora?...
Ahmed lo guardò in
silenzio per alcuni istanti, poi gli si avvicinò e prendendogli strettamente le
mani gli disse con impeto selvaggio:
- Ne hai udito parlare
tu?
- Di che? chiese lo
sceicco.
- Di quella donna che io
ho tanto cercato, di Fathma infine.
Lo sceicco trasalì.
Parve sorpreso e insieme sgomentato. Non seppe cosa rispondere a quella brusca
interrogazione che forse era mille miglia lontano dal aspettarsi.
- Mi hai compreso? gli
chiese Ahmed.
- Sì, ti ho compreso,
balbettò Abù-el-Nèmr
- Ebbene, hai saputo
nulla di lei?
- No, no, nulla...
assolutamente nulla!
- Maledizione!
- Hai forse saputo..,
dove sia?
- Se l'avessi saputo a
quest'ora sarebbe nelle mie mani. L'ho cercata per ogni dove, ho interrogato
mille persone e senza frutto. Speravo che tu mi recassi qualche notizia.
- Ma che vorresti fare
di Fathma? Non l'hai, adunque ancora dimenticata?
- Non ancora. Oh! se
potessi trovarla!
- Ebbene?
- Non sai nulla adunque,
cosa è accaduto nel campo?
- No, mormorò lo sceicco
che tornò a trasalire.
- Ho trovato l'uomo che
fu l'amante di Fathma.
- Oh!...
Abù-el-Nemr aveva fatto
due passi indietro e guardava Ahmed con ispavento. Era diventato cinereo e
tremava in tutte le membra come se fosse stato assalito da una tremenda febbre.
Sembrava istupidito, pietrificato.
- Lui, nelle tue mani!
balbettò alfine. Lui prigioniero!... Oh!...
- Ma che hai? gli chiese
Ahmed con stupore. Sono dieci minuti che ti osservo e che vedo i tuoi
lineamenti scomporsi in istrana guisa.
- Aspetta gli disse Abù-el-Nemr
con voce sorda, A quale razza appartiene quell'uomo?
- È arabo.
- Arabo!... E si chiama?
- Abd-el-Kerim!
Una bestemmia uscì dalle
labbra dello sceicco.
- È lui!... esclamò.
- Lui!... ma lo conosci
tu? Spiegati, Abù, che io non capisco assolutamente nulla.
- Odimi. Ahmed. Un
giorno mi trovavo nelle foreste del Fiume Bianco, quando m'imbattei in un
ufficiale egiziano ferito. Ebbi compassione di lui, lo posi sulle mie braccia,
lo trasportai162 nel mio campo e lo medicai coll'amore di un fratello...
Guarì, mi giurò che avrebbe abbracciato la nostra religione e io gli credetti.
- Ah! fe' Ahmed, con un
sorriso ironico.
- Erano passati due
mesi, quando una notte ebbi la brutta idea di invitarlo a cacciare il leone. Io
camminavo innanzi e lui camminava dietro a me. Avevamo percorso parecchie
miglia, quando quel miserabile scagliossi a tradimento su di me cacciandomi la
sua scimitarra in una coscia.
- Caddi a terra. Lui mi
calpestò, mi sferzò il volto con un corbach poi, non contento, mi sputò
in fronte. Mi capisci, Ahmed, egli sputò in fronte ad uno sceicco del Kordofan,
ad un sceicco che gli aveva salvata la vita anzichè tagliargli la gola.
- Ah! la è così! esclamò
Ahmed.
- Sì, proprio così. Io
lo cercai questo miserabile, e non fui capace di trovarlo in luogo alcuno. Ora
che so che è nelle tue mani, gli farò pagar caro l'insulto e il tradimento.
- Temo che tu sii
arrivato troppo tardi, Abù.
- Perchè?
- Abd-el-Kerim è nelle
mani di un beduino e credo che sia di già morto.
- Di un beduino?... E
chi è costui?
- Un uomo che nella
battaglia di Kasghill si distinse assai. Mi narrarono che si battè come un
leone facendo strage di egiziani, anzi, fu lui che aggiustò una palla di fucile
al petto di Hicks pascià.
- E dove trovasi questo
beduino?
L'ignoro. Pochi minuti
fa era qui, ora chi sa dove è andato a cacciarsi.
- Sicchè non posso aver
Abd-el-Kerim nelle mie mani. Darei mezzo del mio sangue per averlo.
- Se l'arabo è ancora
vivo, ti prometto che lo avrai. Domani mattina manderò un drappello d'uomini a cercare
il beduino.
- E se non volesse
cedertelo?
- È l'inviato di Dio che
lo vuole, e nessuno ardirà resistere ai miei ordini. Orsù, la notte cala, vieni
nella mia capanna che abbiamo ancora da discorrere. Ceneremo assieme.
- Sono a tua disposizione
fino a mezzanotte.
Ahmed e lo sceicco pochi
momenti dopo scendevano la collina dirigendosi a lenti passi verso il tugul.
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