CAPITOLO X. - Il Mahdi e la sua favorita.
El-Mactud era
addirittura pietrificato, tanta era la sua sorpresa di vedere colà Fathma, l'ex
favorita, quella superba donna che Ahmed aveva avuto la debolezza di lungamente
piangere.
Egli si stropicciò
dieci, venti volte gli occhi per accertarsi che era sveglio, che non stravisava
e dieci e venti volte si convinse che la donna che aveva dinanzi era proprio l'almea
Fathma. I suoi occhi neri e fulgidi come diamanti, la tinta della sua pelle, i
capelli fluttuanti che scendevanle sulle spalle come un vellutato mantello, le
ammirabili sue braccia, la sua taglia, il suo portamento nobile e altero, tutto
infine indicava che quella donna era realmente la favorita dell'inviato di Dio.
- Non m'inganno,
balbettò lo sceicco. Nessuna altra donna può essere così bella, nè è possibile
che ve ne sia una che tanto somigli a Fathma. Ma chi l'ha condotta qui? Con
quale scopo? Perchè? Lo sanno i guerrieri della zeribak che custodiscono
l'ex favorita del loro Signore?.. Mille fulmini! Noi abbiamo seguite le traccie
di Fathma credendo di seguire quelle della fidanzata di Abd-el-Kerim. È
curiosa, strana, ridicola. Non è possibile supporre che il greco si sia innamorato
di Fathma. Sarebbe un delitto. E Ahmed lo sa che qui si cela la sua favorita.
Dieci giorni fa la piangeva ancora come morta, dieci giorni fa la cercava
ancora, interrogava i guerrieri che venivano dal Bahr-el-Abiad, giurava di
vendicarsi terribilmente di questa donna che lo aveva indegnamente tradito, ed
invece è qui e ancor viva. Non capisco più nulla, Lasciamo che se la sbrighino
gli altri e cerchiamo di salvar Notis. Forse lui spiegherà questo mistero. To'
e se Notis... Ma no, è impossibile, Notis non può aver amato Fathma; sarebbe un
delitto.
El-Mactud rimase ancora
lì alcuni minuti cogli occhi sempre fissi su Fathma, poi volse bruscamente lo
spalle e si diresse verso l'uscita. Stava per varcare la soglia della zeribak
quando un'improvvisa idea lo arrestò di botto.
- E se Ahmed non lo
sapesse? mormorò egli. Con quella donna potrei salvare Notis.
Chiamò il capo dei dieci
guerrieri che prontamente accorse.
- Chi ha condotto qui
quella donna? gli domandò indicandogli Fathma.
- Un negro, rispose il
capo.
- Lo conosci?
- Solamente di vista.
- Cosa ti disse
consegnandotela?
- Che vegliassi
attentamente su lei e che avessi ogni riguardo. Mi disse che tale era l'ordine
del Mahdi.
- Ahmed venne mai a
trovarla?
- Mai, il negro invece
più volte.
- Sai chi è quella
donna?
- L'ignoro.
- Bisogna che tu me la
ceda. La condurrò da Ahmed.
- Se tale è l'ordine
dell'inviato da Dio, la cedo.
El-Mactud lo congedò con
un gesto e prosentossi risolutamente all'almea
- Fathma, le disse, devo
parlarti. Vieni con me.
L'almea, udendosi
chiamare per nome da quello sconosciuto trasalì e fissò i suoi grandi e neri
occhi su di lui con sorpresa e diffidenza. Pareva che le balenasse un sospetto,
nondimeno lo seguì con passo abbastanza fermo.
El-Mactud la condusse
nell'angolo più remoto della zeribak, ma stette parecchi minuti senza
aprir bocca. Era imbarazzatissimo e non sapeva in qual modo cominciare.
Comprendeva che una parola sospetta, forse un semplice cenno, poteva tradirlo
ed allarmare l'almea.
- Fathma, disse
finalmente, facendosi animo. Non sei tu la favorita del Mahdi?
L'almea tremò dal
capo alle piante e si guardò d'attorno con viva ansietà.
- Imprudente, diss'ella
con un filo di voce.
- Perdono, mi
dimenticavo che...
- Zitto, non nominarmi
più. Dimmi come tu sai ciò, chi sei e chi ti mandò da me.
- Mi chiamo Dullak e
sono amico di un uomo che si chiama...
- Chi?... Chi?...
- Abd-el-Kerim, le
soffiò all'orecchio lo sceicco.
Fathma si portò una mano
alle labbra per soffocare un grido che stava per uscirle. Indietreggiò, poi si
slanciò verso lo sceicco e stringendogli le braccia in modo da stritolargli
quasi le ossa, gli disse con voce soffocata:
- Ripetimi quel nome,
ripetilo! Ho paura di aver compreso male.
- Sono l'amico di
Abd-el-Kerim, rispose lo sceicco senza esitare.
- È impossibile, io
sogno!
- No, sei sveglia,
Fathma.
- Non m'inganni tu?
- No, ti dico la verità.
Non aver paura, povera donna.
Un profondo sospiro uscì
dalle labbra dell'almea, un sospiro che pareva un grido di gioia
soffocato.
- Dov'è, dov'è
Abd-el-Kerim? chiese ella. Io voglio vederlo, bisogna che io lo veda a
qualsiasi costo. Ti prego, ti supplico, mio buon amico, accompagnami da lui.
- Calmati, andremo
subito da lui.
- Dimmi, dove trovasi?
Come sta? È vivo, è ammalato, è libero, è prigioniero?
- Si trova in una
capanna, a due miglia da qui, vivo e libero.
- Che posso fare per te?
chiese ella estremamente commossa.
- Nulla, rispose lo
sceicco.
- Ma perchè arrischiarti
a venire da me? Tu corri un gran pericolo.
- Le disgrazie di Abd-el-Kerim
mi toccarono il cuore e giurai di aiutarlo a riguadagnare la perduta felicità.
Ecco perché sfidai, senza tremare e senza esitare, il pericolo.
- Ah! quanto sei buono,
mio nobile amico! esclamò Fathma, mettendo le sue mani in quelle callose del
traditore. Se un giorno tu avrai bisogno d'un aiuto, pensa a me e ad
Abd-el-Kerim. Faremo per te quanto tu avrai fatto per noi.
- Me ne ricorderò, disse
lo sceicco con ironia. Usciamo, Fathma.
Attraversarono la zeribak
ed uscirono. Medinek li attendeva con un vigoroso cammello sostenente sulle
gobbe una specie di baldacchino circolare chiuso da tende bianche.
El-Mactud aiutò Fathma a
salire, poi si volse verso Medinek e gli disse rapidamente:
- Corri subito dal
Mahdi. Gli dirai che gli porto la sua ex-favorita, ma che in cambio mi conceda
una grazia.
Pregò poi un guerriero
di guidare l'animale alla capanna del Profeta ed entrò sotto il baldacchino
dando il segnale della partenza col solito «ich! ich!» aspirato.
L'intelligente animale
si mise in cammino con un dondolamento di lupo di mare. Uscito da El-Obeid
prese la via che menava al campo di Mohammed Ahmed.
- Fathma, disse ad un
tratto El-Mactud, traendo di tasca una pezzuola. Lasciati bendare gli occhi.
L'almea non potè trattenere
un gesto di sorpresa a quello strano comando.
- Perchè? chiese ella.
- Dispensami dal
rispondere alla tua domanda.
- E se rifiutassi di
ubbidire?
- In tal caso ti
ricondurrò alla zeribak. Corro dei grandissimi pericoli; è giusto che io
prenda delle precauzioni.
Fathma esitava.
Quell'ordine le sembrava tanto strano, che non sapeva decidersi. Nondimeno la
paura di dover ritornare senza vedere colui che tanto amava, fece sì che si
arrese.
Ella presentò la testa
ad El-Mactud che gliela bendò strettamente togliendole la vista. Quasi subito
in lontananza s'udirono rullare le darabùke e squillare le trombe.
- Dove andiamo? chiese
l'almea con ispavento. Ho paura che tu mi perda.
- Non temere Fathma,
rispose lo sceicco cercando di raddolcire il suo aspro accento. Attraversiamo
il campo per abbreviare la via.
Fathma portò le mani
alla benda. Ella si sentiva assalire da sinistre inquietudini e cercava di
vedere quanto succedeva a lei d'intorno. Lo sceicco, che non istaccava mai gli
occhi da lei, fu pronto ad afferrarla pei polsi.
- Non muoverti, le disse
minacciosamente. Se mi perdi, ti dò nelle mani di Ahmed.
Quella terribile
minaccia irrigidì Fathma; non osò più muoversi, tanta paura aveva di cadere
nelle ugne dell'antico suo signore.
Il cammello s'avanzò per
altri quindici minuti, aprendosi a gran pena il passo fra i guerrieri del Mahdi
che ingombravano il campo, poi si arrestò. El-Mactud aprì la tenda e balzò
lestamente a terra.
A pochi passi da lui vi
era la capanna del Mahdi, sulla cui porta chiacchieravano i tre vizir
dell'esercito, Ibrahim, Juban e Ahmed, il primo comandante delle truppe
regolari, il secondo le irregolari ed il terzo l'artiglieria. Presso di loro
era seduto Medinek, il quale, appena scorto le sceicco, affrettossi a corrergli
incontro dicendogli:
- Ahmed aspetta Fathma.
Egli accorda a te qualsiasi grazia. Non avrai che d'aprire la bocca per salvare
il greco.
El-Mactud non potè
frenare un moto di gioia. Allungò le braccia verso Fathma, la sollevò in aria,
e prima che ella potesse opporre la menoma resistenza la trasse nella capanna
di Ahmed, lasciandola sola per terra. Fathma, atterrita, in preda a maggiori
inquietudini, balzò in piedi strappandosi la benda. Un terribile grido le uscì
dalle labbra.
Barcollò, le forze le
vennero meno, e cadde in ginocchio nascondendosi il volto fra le mani.
- Perdono!... Perdono!..
balbettò ella con voce strozzata.
Dinanzi a lei, pallido,
fremente, stava Mohammed Ahmed, l'antico suo signore.
Nella capanna regnò per
qualche tempo un cupo silenzio.
Ahmed, inchiodato al
suolo, non era capace di muoversi. Il suo volto era spaventevolmente
contraffatto, cinereo, anzi nero, rigato da grosse goccie di sudore e il suo
petto sollevavasi straordinariamente. Dalle labbra increspate, strette,
uscivagli un rauco ruggito che incuteva spavento.
Una terribile burrasca
imperversava nel cuore di lui e riflettevasi chiaramente sul suo viso. Si
leggeva ne' suoi occhi una smania feroce di vendetta temprata, anzi frenata
dalla passione che ancor nutriva per quella donna e che in quel momento
scatenavasi più ardente che mai.
Egli rimase uno, due,
forse tre minuti immobile irrigidito, quasi direi, istupidito. D'un tratto
precipitossi verso Fathma prostrata ai suoi piedi, la sollevò e se la strinse
furiosamente al petto.
- Ti amo e ti odio!...
le ruggì agli orecchi.
Le rovesciò all'indietro
il capo, appoggiò le sue labbra sulla fronte di lei e vi stampò un ardente
bacio ripetendo con una voce che i singhiozzi soffocavano:
- Ti amo e ti odio!...
Fathma, che ti aveva fatto io per tradirmi, per rendermi infelice, per
piombarmi nella disperazione? Mai tu avesti a lagnarti di me, in quei tempi in
cui tu eri la mia favorita? Io ti trassi dal fango dove tu ti avvoltolavi, ti
strappai dagli amplessi dei soldati, dagli amplessi della canaglia, dagli
amplessi di vili schiavi per innalzarti sino a me, per innalzarti fino
all'inviato di Dio; e tu, mentre io ti aveva colmata di favori e di onori, mi
ingannasti, mi lacerasti il cuore per ritornare nelle braccia di un vile
soldato, di un traditore, di un maledetto da Dio! E tu, spregevole donna,
invochi ancora il perdono. No, Fathma, non v'è perdono.
Un singulto lacerò il
petto di Ahmed181. Egli portò le mani agli occhi e quell'uomo fu visto
a piangere.
Nella capanna, per
parecchi minuti tornò a regnare un penoso silenzio, rotto solo dai singhiozzi
che sollevavano il petto del Mahdi e dal respirare affannoso di Fathma.
Tre o quattro volte,
Ahmed, attirato da una forza irresistibile, dominato dalla immensa passione che
pur odiando ancora provava per quella donna, le si avvicinò, per tre o quattro
volte retrocesse: alla quinta non seppe più trattenersi. Egli precipitossi come
un forsennato, come un delirante, su Fathma, se la strinse furiosamente al
petto togliendole il respiro, tanta era la violenza di quell'amplesso e
tempestandola di ardenti baci.
- Sei bella!.. Sei
bella!.. urlò con un tono di voce che più nulla aveva d'umano. Io ti odio,
capisci Fathma, mi sento indosso una smania terribile di vendicarmi di tutte le
torture che mi hai fatto soffrire, una smania terribile di straziare a colpi di
frusta queste tue belle carni che mi avevan fatto fremere di voluttà, una
smania terribile di vederti morta ai miei piedi: eppure non mi sento capace di
farlo. Nello stringerti fra le mie braccia, nel baciarti, sento ancora che io
ti amo, o donna infedele, sento ancora accendermisi il sangue nelle vene, sento
ancora palpitare il mio cuore di amore, mi sento trascinato mio malgrado a
commettere delle pazzie... Fathma! Fathma!... Dimmi che non mi odii, dimmi che
sei fuggita in un momento di aberrazione, dimmi che gli uomini che furono tuoi
amanti li odii, dimmi infine che tu mi ami! Dimmi che ritornerai a diventare la
favorita del Profeta del Sudan! Io ti innalzerò ancor di più, io ti farò non
solo felice, ma assai grande, tanto grande che tutte le donne della terra ti
invidieranno. Sono potente oggi, sono invincibile, dinanzi a me non ho più
nemici capaci di contendermi il passo, non ho più nemici che scuotere possano
la mia potenza. Duecentomila guerrieri, duecentomila fanatici, anzi
duecentomila leoni mi obbediscono ed obbediranno pure a te. Io ti trarrò alla
città santa, alla Mecca e di là li lancerò contro le nazioni dei due mondi che
dovranno cadere una ad una dinanzi al fanatismo degli arabi. Io diverrò il
padrone del globo e tu capisci, Fathma, sarai la gran sultana. Egli,
completamente fuori di sè, tornò ad arrestarsi avviticchiato ancor più
strettamente a Fathma, coprendola di baci.
D'improvviso si staccò
da lei e le cacciò gli occhi dentro il viso; tremò tutto; un ruggito gli
irruppe dal fremente petto.
Fathma era tutta ad un
tratto cangiata. Lo smarrimento, il terrore l'angoscia, poco prima scolpiti sul
volto di lei erano completamente scomparsi. Era diventata cupa e nei suoi occhi
scintillava una fiamma sinistra. Ridiventava l'araba fiera, selvaggia,
indomabile.
- Fathma! disse egli.
Rispondi in nome di Dio! Tornerai tu a diventare la mia favorita? Tornerai a
farmi felice? Io ti farò grande, io ti farò potente!
- No! diss'ella
risolutamente, svincolandosi da lui.
Ahmed retrocesse
barcollando. Credette di avere male compreso.
- Ripetilo! ripetilo!
gridò egli.
- Odimi, Ahmed! esclamò
Fathma con sorda voce. Tu sei potente, tutti i popoli del Kordofan chinan la
fronte nella polvere dinanzi a te, tutte le donne delle tribù che tu comandi
sono tue. Fra esse ve ne son mille e mille più belle, più nobili, più forti di
me, ve ne son mille e mille che andrebbero orgogliose dei tuoi baci, dei tuoi
abbracci. Prendine una e lascia che io segua la stella che mi allontanò da te.
Scava un abisso fra me e te, imponi silenzio al tuo amore: dimenticami.
- Dimenticarti?... Amare
un'altra!... Perderti!... balbettò Ahmed. Perchè?... Non mi ami più adunque?...
Fathma!...
L'almea si prese
la testa fra le mani con gesto disperato. Chiuse gli occhi, poi li riaprì umidi
di pianto.
- Ahmed, diss'ella con
voce ancora più alterata, quasi commossa. Non tentarmi, che fra noi due tutto è
finito. Un tempo ti ho amato, un tempo per te avrei dato tutto il mio sangue,
avrei commesso persino dei delitti. Un giorno si operò in me un improvviso
cangiamento. Sentii che il mio amore sfumava lentamente, sentii infine che non
ti amava più. Lottai, te lo giuro, lottai strenuamente contro la nuova passione
che s'era scatenata tremenda nel mio cuore. Piuttosto che contaminare la tua
capanna, fuggii.
- Perchè? Con chi?
- Con un uomo che era
tuo soldato e che mi aveva, mio malgrado, affascinata. Sei mesi dopo il mio
amante moriva nella battaglia di Kadir. Mi mancò il coraggio di ritornare ai tuoi
piedi e ripresi la mia errante carriera, trascinandomi di città in città, di
villaggio in villaggio, allontanandomi sempre più da te. Io temeva la tua
vendetta.
- Continua, sciagurata.
- Una notte, un prode
arabo...
- No, un prode, di' un
vigliacco! interruppe Ahmed furibondo.
Fathma si raddrizzò
quanto era alta, pallida, fremente, vibrandogli uno sguardo feroce.
- Taci, Ahmed, taci!
diss'ella con voce strozzata. Non insultare gli eroi!...
- Continua!
- Una notte, come ti dissi,
un prode arabo mi salvò la vita. Quell'arabo era bello, era forte e mi
impressionò. Ci trovammo a Hossanieh ed egli mi amò. Ero sola, senza difesa, in
un paese sollevato a rivolta; fra me e te ormai esisteva un abisso e lo amai.
Ho commesso forse un delitto amando quell'arabo che espose la sua vita per
salvare la mia? Ho commesso forse un delitto appoggiandomi a lui? Parla, Ahmed:
se tu ti fossi trovato nella mia situazione, non avresti fatto altrettanto?
- No! No! Fathma! Tuo
dovere era quello di scavare un abisso tra te e quel miserabile, di colmare
quello che avevi scavato fra me e te e ritornare fra le mie braccia. Chissà...
forse ti avrei perdonato.
- Non ne ebbi il
coraggio. Mi facevi paura.
- E oggi?
- Oggi...
- Ebbene?
- Mi fai ribrezzo!
Ahmed emise un ruggito,
un ruggito simile a quello che emette il leone quando è colpito a morte. Egli
si avventò come un pazzo contro Fathma, se la serrò contro il petto facendole
scricchiolar le ossa, la baciò, le morse furiosamente i neri e lunghi capelli ripetendo;
- Ti odio e ti amo
immensamente.
Fathma, spaventata,
cercò di sciogliersi da quella stretta e di sottrarsi a quei baci che le
facevano l'effetto di tanti colpi di pugnale.
- No, no, gridò Ahmed delirante. Non mi fuggirai più, io ti amerò anche se tu non
vorrai, io ti farò mia dovessi impiegare la forza.
Egli l'aveva abbrancata
ancor più strettamente e la trascinava verso l'angareb. Fathma gettò un
grido.
- Lasciami, Ahmed!
Lasciami! gridò ella dibattendosi disperatamente.
Il Mahdi la guardò con
occhi di fuoco.
- Sei mia! sei mia! le
fischiò agli orecchi.
- Lasciami, lasciami!
rispose Fathma mordendolo in un braccio. Non appartengo più a te. Sono di
Abd-el-Kerim.
- Ti amo, Fathma! Ti
amo!
- Ti odio, ti maledico,
ti disprezzo!
Ahmed cercò di
rovesciarla sull'angareb. Fathma balzò in piedi come una leonessa, poi
alzando il pugno lo lasciò cadere sul volto del Mahdi che si coprì di sangue.
Ahmed digrignò i denti.
La sollevò, la scosse come una piuma, e la scagliò a rompersi il capo contro la
parete.
- Fathma! diss'egli con
terribile calma. Sei perduta!...
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