Conclusione.
Sono trascorsi due mesi.
Una sera, mentre la luna s'alzava sull'orizzonte illuminando vagamente gli
esili minareti di El-Obeid e le tende dell'accampamento degli insorti e le
stelle fiorivano in cielo scintillando vivamente, due uomini avvolti in candidi
taub se ne andavano a lenti passi verso la strada che conduceva al lago
Tscherkela.
Uno era Ahmed Mohammed,
l'altro era lo sceicco Abù-el-Nèmr. Il primo era lo stesso uomo come abbiamo
veduto due mesi innanzi, il secondo invece era interamente cambiato.
Precoci rughe solcavano la
sua fronte e sul suo volto vedevasi scolpita ancora una viva disperazione. Gli
occhi avevano perduto l'usuale loro splendore, ed erano diventati melanconici,
cupi e l'altra sua persona erasi curvata come sotto il peso dell'età.
Quell'uomo in poche settimane era invecchiato di dieci anni.
S'erano allontanati già
più d'un miglio dall'accampamento, quando Ahmed bruscamente arrestossi.
- Guarda, Abù,
diss'egli.
Il guerriero rialzò il
capo, chino sino allora sul petto, e guardò186. Un cavaliere era apparso
sulla bruna linea dell'orizzonte e si avvicinava di carriera.
- Chi sia? chiese Ahmed,
dopo qualche istante.
- Fosse un messaggiero,
rispose con voce cavernosa Abù.
- Se portasse notizie
di...
- Taci, Ahmed, taci!
esclamò lo sceicco.
Ahmed lo guardò con
compassione e scosse il capo.
Il cavaliere era allora
giunto a cento metri da loro. Rattenne il cavallo, come indeciso sulla via da
prendere, poi riprese la corsa dirigendosi verso il Mahdi.
- All'inviato di Dio,
diss'egli, balzando a terra e consegnandogli una pergamena arrotolata.
Ahmed s'impadronì
vivamente di quella carta e vi gettò sopra gli occhi. La sua faccia s'annuvolò
e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra.
- Che hai? chiese
Abù-el-Nèmr, guardandolo cogli occhi accesi.
- Notizie di loro, rispose
Ahmed.
- Chi loro?
- Fathma e Abd-el-Kerim.
- Leggi!... leggi,
Ahmed!... balbettò lo sceicco con un filo di voce.
Il Mahdi si passò più
volte una mano sugli occhi che erano diventati umidi, poi lesse questa laconica
lettera:
«Da Shendy.
«Ad Ahmed Mohammed Mahdi.
«Salute a te, all'amico
Abù-el-Nèmr e al tuo esercito. Le tue guide ci hanno condotti felicemente a
Shendy, dove fummo bene accolti dai tuoi nemici gli egiziani. Oggi abbiamo
celebrata la nostra unione. Dio ti protegga.
«Abd-el-Kerim e Fathma».
Aveva appena terminato
di leggere, che al suo fianco scoppiava una fragorosa detonazione. Si volse
precipitosamente e mandò un acutissimo grido. Abù-el-Nèmr giaceva per terra colla
testa sfracellata, stringendo ancora nella dritta la fumante pistola colla
quale si era suicidato.
- Abù-el-Nèmr! gridò
egli singhiozzando e inginocchiandoglisi accanto.
Il guerriero aprì gli
occhi; un amaro sorriso increspò le sue labbra insanguinate. Cercò di
sollevarsi, ma non vi riuscì; allungò le braccia e strinse convulsivamente le
mani dell'amico.
- Muoio... felice!...
rantolò egli. Perdonami... Ho amato... Fathma... Tutto... tutto è... finito...
Ad...dio... amico!...
Uno sbocco di sangue gli
soffocò l'ultima parola. Un fremito agitò il suo corpo, poi s'irrigidì.
Abù-el-Nèmr aveva cessato di vivere187.
FINE.
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