Sulla loro destra della comitiva si estendeva la grande
foresta.
Buttafuoco, che doveva conoscere quei luoghi molto più del
guascone, il quale, malgrado la bussola che teneva in mezzo al cervello, non
era riuscito a scoprire la fattoria dove avrebbero dovuto trovare dei cavalli,
si era messo alla testa del minuscolo drappello, aprendo qua e là dei passaggi
con i due coltellacci che non aveva deposti alla capanna.
Il bracco poi lo aiutava meravigliosamente, guidandolo con
perfetta sicurezza attraverso i meandri tenebrosi della foresta.
Di tratto in tratto il padrone e la sua bestia si fermavano
per ascoltare, poi riprendevano la marcia, manifestando ambedue una certa
inquietudine che non sfuggiva al conte.
Il sole era tramontato da qualche ora e camminavano sempre
attraverso quell'interminabile foresta, quando il bucaniere si fermò dinanzi ad
un gigantesco tamarindo dicendo:
- È inutile nascondervelo, signor conte; noi siamo inseguiti.
- Da chi? - chiese il corsaro.
- Da una o da più cinquantine di certo.
- Come lo sapete?
- Vivendo sempre in mezzo alle foreste, i nostri orecchi
acquistano un'acutezza incredibile ed afferrano subito i più lontani rumori. Vi
ripeto che noi siamo seguiti e forse i nostri nemici non sono molto lontani.
- Eppure io non ho udito nulla. Neppur tu, è vero, Mendoza?
- Io non odo che le rane ed i rospi cantare, - rispose il
filibustiere.
- Ed io le foglie e la frutta cadere, - aggiunse il guascone.
- Io invece continuo a udire dei lontani latrati, - disse il
bucaniere. - Qualcuno vi ha veduto attraversare le foreste?
- Abbiamo messo in fuga una cinquantina e le abbiamo ucciso il
cane che la precedeva - rispose il conte.
- Ora comprendo! - disse Buttafuoco. - Quella cinquantina deve
averne incontrata qualche altra fornita di cani, ed ora molti uomini ci seguono
e non cesseranno di marciare finché non ci avranno raggiunti... Brutto affare!
- Cerchiamo di raggiungere al più presto la tenuta della
marchesa di Montelimar - disse il conte.
- È ancora troppo lontana - rispose il bucaniere. - Anche
correndo rapidissimi, non potremmo giungervi prima del sorgere del sole.
- Che siano vicini gli spagnuoli?
- Essi, forse no; ma i cani sì; e quelle bestiacce sono più
pericolose degli uomini. Io li conosco troppo bene! Non per nulla li chiamano
cani strangolatori. Guardatevene, signor conte.
- Che cosa decidete? Aspettare qui il loro assalto o
continuare la marcia?
Invece di rispondere, Buttafuoco osservò attentamente la
foresta foltissima, dove un infinito numero di liane s'intrecciavano in mille
modi attorno agli alberi, formando dei bellissimi festoni.
- Cerchiamo di far perdere le nostre tracce ai doz -
disse poi. - Forse ci riusciremo con una marcia aerea. Si tratta solo di far
presto, e di guadagnare più strada che potremo.
Si gettò in spalla l'archibugio, s'aggrappò ad un ammasso di
liane, che pendevano intorno al tamarindo, e si issò a forza di braccia,
dicendo:
- Cercate d'imitarmi.
- Diamo la scalata alle griselle del bosco! - disse Mendoza.
Preferisco una manovra marinaresca a questa interminabile marcia... Signor
Barrejo, fingete di trovarvi a bordo di un treponti.
Il conte, il quale aveva perfettamente compreso quello che il
bucaniere stava per tentare, si era subito inerpicato attraverso un altro
festone di sipos, mostrandosi abilissimo ginnasta.
Buttafuoco raggiunse i grossi rami del tamarindo e, servendosi
sempre di quelle resistentissime corde vegetali, passò su di un enorme
cotoniere, poi su una palma, quindi su di un cavolo palmista, continuando
intrepidamente la sua marcia aerea.
Passare da una pianta all'altra non era difficile, poiché gli
alberi crescevano così vicini gli uni agli altri da intrecciare i loro rami.
Anche senza le liane, quella manovra, per uomini agili, sarebbe stata
possibile. Il bracco, destinato purtroppo a cedere sotto i denti dei
ferocissimi e robustissimi cani cubani, seguiva da terra il padrone, latrando
lamentosamente.
- Quello stupido ci tradirà! - disse Mendoza al bucaniere,
approfittando d'una breve sosta.
- È vero - rispose Buttafuoco armando l'archibugio. - Mi
rincresce, ma la sua morte è necessaria.
Aveva appena terminato di parlare che già il povero bracco
stramazzava al suolo, fulminato dall'infallibile palla del cacciatore.
- È strano! - disse il bucaniere passandosi una mano sulla
fronte. - Mi pare di aver commesso un delitto. Bah! la necessità non ha legge
nella foresta!
Ricaricò l'archibugio e si mise in ascolto. Dei lontani
latrati avevano risposto a quel colpo di fucile.
- Gli spagnuoli hanno raccolto una truppa di doz -
disse poi.
- Fortunatamente potranno assediarci, ma non raggiungerci.
- E la cinquantina che li segue? - chiese il conte.
Buttafuoco alzò le spalle.
- Le alabarde perderanno subito contro gli archibugi - disse.
Io non mi occupo affatto di quei manici di scope. Riprendiamo la nostra marcia,
signore. I doz cubani hanno scoperto le nostre tracce e le seguono
ostinatamente; noi non dobbiamo fermarci qui, così vicini al mio bracco.
Ripresero la loro ginnastica indiavolata, scivolando fra i
rami e le liane, ora innalzandosi ed ora abbassandosi fino quasi a terra,
guardandosi bensì dal toccarla per non lasciarvi la menoma traccia.
Avevano percorso altri cinquecento metri e stavano per
rifugiarsi tra le fronde di un simaruba, quando udirono, a non molta distanza,
dei furiosi abbaiamenti.
I doz cubani erano giunti e, non avendo più trovato le
tracce dei fuggiaschi, sfogavano il loro malumore con terribili e minacciosi
latrati.
- Devono aver trovato il cadavere del mio bracco, - disse il
bucaniere, il quale si era messo a cavalcioni d'un grosso ramo, accanto al
conte.
- Che ci scoprano? - chiese questi.
- Non ve lo saprei dire, signore, - rispose Buttafuoco. - Quei
maledetti cani hanno un olfatto meraviglioso.
- Siamo su un albero ben alto.
- Lo vedo bene, - rispose il bucaniere, sorridendo. - Eppure
non sono affatto tranquillo. I mastini che adoperano, ve l'ho già detto, sono
terribili.
- Non fiatiamo.
- E sarà meglio per noi.
I doz cubani continuavano a latrare furiosamente, a non
meno di cinquanta passi. Come Buttafuoco aveva detto, dovevano aver scoperto il
cadavere del bracco e si aggiravano intorno alla foresta cercando le orme dei
fuggiaschi.
Ad un tratto si fece udire un latrato sonoro, più acuto degli
altri, seguito da un fruscio di foglie.
- Vengono! - disse il bucaniere. - Che nessuno parli.
Mendoza ed il guascone si erano rannicchiati sul loro ramo,
tenendo gli archibugi in mano.
Buttafuoco ed il conte li avevano subito imitati, cercando di
rendersi invisibili. Attraverso la cupa e tenebrosa foresta si udì un frastuono
di latrati acuti che si perdettero subito in lontananza.
- Sono passati! - disse il bucaniere al conte. - Ora attenti
alla cinquantina. Non deve essere molto lontana; ne sono sicuro.
- Che si avanzi? - chiese sottovoce il signor di Ventimiglia.
- Segue sempre i cani. Ascoltate attentamente: udite?
- Sì, un leggiero fruscio.
- Sono gli spagnuoli che marciano attraverso il bosco.
- Che ci scoprano?
- Per Bacco! Non hanno già gli occhi d'un giaguaro, - rispose
Buttafuoco. - E poi il fogliame ci copre interamente.
- E se fossero archibugieri?
- Non ve ne sono fra le cinquantine, - rispose Buttafuoco.
Nessuno sparerà contro di noi un colpo di fucile, ve l'assicuro io. Zitti
tutti! Può essere l'avanguardia della cinquantina che perlustra.
Il fruscio aumentava, mentre i latrati dei cani diventavano
sempre più fiochi. Probabilmente i terribili mastini avevano trovata una
vecchia traccia e la seguivano colla loro abituale ostinazione.
Un momento dopo, cinque uomini armati di alabarde s'aprivano
il passo attraverso i folti cespugli, fermandosi quasi sotto l'enorme albero.
- Carrai! - esclamò uno. - Dove sono scappati quei
maledetti perros?
- Saranno vicini ai fuggiaschi, Alonzo - rispose un altro.
- Possono strangolarli sul colpo! Erano tre, non è vero?
- Almeno io non ne ho veduti altri, quando hanno ucciso il
nostro Cid.
- Che gambe avevano quegli uomini per percorrere una tale
distanza? Scommetterei che erano bucanieri.
- T'inganni, Diaz. Sono gli uomini usciti da San Domingo e che
hanno ucciso quel povero Barrejo.
- Caramba! Noi lo vendicheremo.
- Taci! I cani ritornano.
Ed infatti i latrati che poco prima erano diventati fiochi si
facevano udire ora più distinti.
La terribile muta, accortasi di correre su una vecchia traccia,
ritornava a corsa sfrenata, latrando rabbiosamente.
Passò un minuto, poi venticinque o trenta cani, enormi, col
pelame ispido, le teste grosse e le mascelle assai sporgenti, somiglianti molto
ai cani americani che vengono chiamati dai piantatori della Virginia e della
Luisiana blood hound, balzarono addosso ai cinque soldati con tale
impeto che per poco non li gettarono a terra.
- Una corsa inutile, è vero, miei piccini? - disse colui che
chiamavano Diaz. - Non vi scoraggiate. Quei bricconi non avevano le ali e
quindi sapremo ritrovarli.
- Tu sei un vero imbecille che non conosci i cani cubani.
- Sarò anche un cretino, ma intanto sono ritornati con gli
orecchi bassi e senza le prede.
Uno scoppio di risa salutò quella risposta.
- Voi siete dei triplici cretini! - gridò Diaz furioso. - Da
dove venite?
Dai presidios forse? - O dalla via dell'Alcalà di
Madrid?
- Caramba! - urlò Alonzo. - Siamo dinanzi al nemico e
urlate più forte dei nostri mastini! È così che voi preparate le imboscate? Vi
denuncerò tutti al governatore di San Domingo e vi farò disarmare. Il sergente
sono io!
- Portategli dell'aguardiente e non si ricorderà più di
avere dei galloni - disse un altro soldato con voce ironica.
- Se parli ancora ti uccido, miserabile!
Seguì un profondo silenzio, poi la voce del sergente si fece
ancora udire:
- Via, piccini! Quei birbanti non devono essere molto lontani.
I cani a quell'ordine si slanciarono in tutte le direzioni,
cacciandosi in mezzo alle macchie.
S'avanzavano e retrocedevano fiutando rumorosamente l'aria,
poi tornavano ostinatamente verso il drappello, abbaiando sordamente.
- Ci sentono - disse Buttafuoco, accostando le labbra ad un
orecchio del signor di Ventimiglia.
- Che ci scoprano? - chiese il conte.
- Sarà un po' difficile. Tuttavia teniamoci pronti ad
annientare con una scarica l'avanguardia delle cinquantine - rispose il
bucaniere. - Il mio archibugio è pronto.
- Ed anche il mio.
Non fate però fuoco se prima non vi do il comando.
Le ricerche dei cani durarono un buon quarto d'ora, poi essi
ripresero la corsa, seguendo la traccia di prima. Non avendone trovate altre
più recenti, si ostinavano su quella vecchia lasciata forse da qualche negro
fuggiasco.
L'avanguardia della cinquantina, dopo una breve discussione,
prese il partito di seguirli, e scomparve ben presto attraverso la foresta.
- Finalmente possiamo respirare liberamente! - esclamò il
guascone. - Mi pareva di sentirmi i denti di quei cagnacci nelle gambe.
- Avrebbero trovato ben poco da rosicchiare, signor soldato -
disse Mendoza ironicamente. - E per questo forse se ne sono andati a cercare
dei polpacci più rotondi.
Malgrado la gravità della situazione tutti si erano messi a
ridere, perfino Buttafuoco.
- Che cosa facciamo dunque? - chiese il conte. - Scendiamo?
- Sarebbe una grave imprudenza - rispose il bucaniere. - I
cani possono ritornare, scoprire le nostre orme e darci la caccia. Avete fretta
di giungere a San Josè?
- Nessuna: la mia fregata non lascerà i paraggi del capo
Tiburon, se io non mi farò vedere, ed il mio luogotenente è troppo furbo per
lasciarsi sorprendere e battere dai galeoni spagnuoli.
- Allora vi consiglio di passare la notte qui.
- Così diventeremo dei volatili! - disse Mendoza. - Purché non
giungano i cacciatori!
- Vi ho detto che le cinquantine non hanno armi da fuoco -
disse il bucaniere. - Dei cacciatori con le alabarde ne parleremo! Accettate,
signor conte?
- Giacché non si può far di meglio e la prudenza lo esige,
passiamo la notte quassù - rispose il signor di Ventimiglia. - Ed il vostro
arruolato non verrà scoperto? La capanna non è molto lontana.
- Non si lascerà sorprendere, ve lo assicuro io. Ha dei buoni
cani che l'avvertiranno in tempo dell'avvicinarsi delle cinquantine. Sono perfettamente
tranquillo per lui. Ah, me lo ero immaginato! Che brutta faccenda se avessimo
lasciato questo asilo... Le vedete, signor conte?
- Chi?
- Le cinquantine: sbucano ora dal bosco e avanzano a catena.
Gli spagnuoli vi considerano persone pericolosissime, perché vi fanno l'onore
di mandarvi dietro due colonne.
- Potevano risparmiarsi quest'onore - brontolò Mendoza. - Io
non lo desideravo affatto.
Il conte si era alzato sul ramo che gli stava sotto e guardava
attentamente nella direzione che il bucaniere gli indicava.
L'albero che serviva loro d'asilo si trovava a poche decine di
metri dal margine del bosco, sicché essendo la notte abbastanza chiara, i
filibustieri potevano scorgere benissimo le persone che fossero avanzate nella
vicina pianura terminante verso gli stagni e le paludi.
Il conte, che era molto alto, potè vedere le due cinquantine
camminare cautamente fra le alte erbe, con le alabarde in resta e con una mezza
dozzina di altri cagnacci dinanzi.
- Che ci circondino? - chiese al bucaniere.
Il bucaniere non rispose. Seguiva con gli sguardi la manovra
un po' complicata che eseguivano in quel momento le due colonne. A un tratto
gli sfuggì un'imprecazione.
- Circondano e battono le macchie - disse facendo un gesto di
collera.
- Sgombriamo di qui prima che giungano, o saremo persi.
Stavano per lasciarsi scivolare giù dai rami, quando dei
latrati furiosi si fecero udire a breve distanza, poi la torma dei doz,
che poco prima si era allontanata, si scagliò intorno alla pianta, spiccando
salti indiavolati.
- Ah, maledetti! - gridò Buttafuoco. - Sono riusciti a
scoprirci. Signori, preparatevi a vender cara la vita e soprattutto mirate
attentamente, prima di consumare una carica di polvere.
L'avanguardia accorreva, aizzando con altissime grida la
feroce muta, credendo forse che quelli che cercava si fossero nascosti in mezzo
ai cespugli, invece che fra i rami del gigantesco albero.
- Ay, hiyito! - urlavano. - Ay, perritos!
- Che uno solo di voi si occupi dei cinque che guidano i cani!
- disse il bucaniere. - Gli altri facciano fuoco con me sulle cinquantine.
- Me ne incarico io! - disse il guascone. - Fra mezzo minuto i
cinque soldati saranno a terra.
- Bum! - mormorò Mendoza. - Quante guasconate!
Le due cinquantine, udendo i latrati dei cani, si erano prontamente
raccolte, credendo forse di dover subire un improvviso attacco, poi erano
tornate ad allargarsi, accostandosi con precauzione alla macchia, con
l'evidente intenzione di accerchiarla.
Uno colpo di fuoco fu il principio delle ostilità. Il guascone
aveva scaricato il suo archibugio contro i cinque uomini dell'avanguardia, i
quali avevano commesso l'imprudenza di mostrarsi e la palla non era andata
perduta.
I superstiti erano subito fuggiti, non potendo impegnare una
lotta con le loro alabarde e con le spade, buone solamente in un combattimento
a corpo a corpo.
- Benone! - disse il bucaniere, vedendo un soldato a terra.
L'avanguardia è per ora fuori combattimento e si guarderà dal tentare qualche
cosa.
Occupiamoci ora delle cinquantine e non lasciamo loro il tempo
di accerchiarci.
- E i cani? - chiese Mendoza.
- Lasciateli urlare: più tardi penseremo a disfarcene.
Si mise a cavalcioni del ramo, appoggiando le spalle contro il
tronco della pianta e sparò un colpo.
Un grido lo avvertì che la sua palla, come sempre, era giunta
a destinazione. Il corsaro e Mendoza a loro volta fecero fuoco.
Le cinquantine arrestarono subito il loro movimento aggirante
e si gettarono in mezzo alle altissime erbe, cercando di rendersi invisibili.
- Che cosa vorranno ora tentare? - si chiese il signor di
Ventimiglia con inquietudine.
- Cercheranno di raggiungerci strisciando - rispose il
bucaniere, il quale invece appariva perfettamente tranquillo. - Bah, finché
avremo polvere e palle, saremo sempre noi i padroni della situazione. Gran
bella idea hanno avuto i governatori di sostituire con le alabarde gli
archibugi! Hanno fatto meravigliosamente il nostro gioco. Siete pronti?
- Sì - rispose il conte.
- Mirate fra le erbe, specialmente là dove si agitano. Se noi
spareremo bene, i nemici se ne andranno e non oseranno assalirci.
I tre uomini ricominciarono a sparare, mentre il guascone, non
sapendo che cosa fare, se la prendeva coi cani, facendo piovere addosso a loro
una tempesta di rami secchi, ma non osando consumare le munizioni diventate
troppo preziose in quel momento.
E come lavorava il bravo soldato! Sicuro di non correre il
pericolo di prendersi un colpo d'archibugio dalle due cinquantine, fracassava
legna e la scaraventava addosso alle bestie, facendole urlare di dolore.
Buttafuoco, il conte e Mendoza intanto continuavano a sparare
a lunghi intervalli, facendo di tratto in tratto retrocedere le cinquantine.
Di quando in quando un grido echeggiava fra le erbe,
annunciando che qualche uomo era stato colpito. Era soprattutto il bucaniere
che faceva dei colpi meravigliosi.
Prima di far fuoco cambiava più di dieci volte posizione,
abbassava e rialzava il pesante archibugio e, quando sparava, la detonazione
era seguita quasi sempre da un urlo o da una bestemmia.
Se non uccideva, di certo feriva o storpiava.
- Che uomini! - mormorava Mendoza, il quale pareva che fosse
altamente stupito di quei tiri. - Si vantavano i filibustieri, ma questi
bucanieri sono inarrivabili! Ora comprendo perché sono riusciti ad espugnare
Vera-Cruz e anche Panama, sotto la guida di quel diavolo di
Morgan!
Gli spagnuoli peraltro, degni discendenti di quei formidabili
conquistatori che con un pugno d'uomini avevano rovesciato i due più potenti
imperi dell'America, quello dei Messicani e quello dei Peruviani, quantunque
sprovvisti di ogni arma da fuoco, si mantenevano coraggiosamente sul posto,
esponendosi audacemente al tiro del bucaniere e dei suoi compagni, convinti di
poter facilmente aver ragione di quel piccolo gruppo di avversari.
Strisciavano fra le erbe, ansiosi di venire ad un corpo a
corpo e di giungere sotto l'albero.
Quella tenacia parve sconcertare Buttafuoco.
- Devono avere qualche progetto - disse il bucaniere al conte.
- Quale? - chiese il signor di Ventimiglia.
- Io non riesco a indovinarlo; ma non sono affatto tranquillo.
- Che contino sui cani?
Buttafuoco scosse la testa.
- Forse più tardi - disse poi. - Li vedete?
- Io no.
- E voi, Mendoza?
- Non vedo altro che delle erbe che continuano a muoversi
rispose il marinaio.
- Ed io, che ho gli occhi d'un vero guascone, scorgo qualche
altra cosa - disse don Barrejo, il quale era salito molto in alto, con la
speranza di fare un buon colpo contro l'avanguardia.
- Dite.
- Fanno dei fasci.
- Di legna?
- Sì.
- Se riescono a giungere qui, ci bruceranno o per lo meno ci
arrostiranno un po'. Manovra vecchia che non sempre è riuscita completamente.
Signori, avete tutti le spade?
- E che tagliano come rasoi - disse Mendoza. - Io non vorrei provarle
sul mio collo, ve lo giuro.
- Che cosa volete fare delle nostre spade, Buttafuoco? -
chiese il signor di Ventimiglia. - Tagliare le alabarde? Avrebbero un cattivo
giuoco.
- No; ma usarle contro quei dannati cani - rispose il
bucaniere.
- Se è per questo, non v'inquietate.
- Me ne incarico io - disse il guascone.
- Sempre spaccone! - brontolò Mendoza. - Questi uomini sono
davvero incorreggibili.
- Continuate il fuoco - disse il bucaniere. - Anche voi,
soldato. L'avanguardia non pare che abbia voglia di punzecchiarci le gambe con
le sue alabarde.
- Già, non arriverebbero fino alle mie - rispose il guascone.
- Ci vorrebbe una scala. Ora butto giù un uomo ogni mezzo minuto!
I quattro uomini ricominciarono a sparare fra le erbe, con
crescente rabbia. Il bucaniere, il quale misurava bene i suoi colpi, faceva dei
tiri meravigliosi, tuttavia gli spagnuoli non cessavano di guadagnare terreno,
malgrado le enormi perdite che subivano.
Degli uomini certo cadevano di quando in quando morti o
feriti, pure essi s'avvicinavano con un'ostinazione ammirabile alla macchia
scivolando fra le alte erbe.
Che cosa volevano tentare? Se avessero avuto qualche
archibugio si sarebbero certamente sbarazzati, con poche scariche, di quel
piccolo gruppo di nemici.
Probabilmente volevano tentare un disperato assalto all'arma
bianca.
Buttafuoco s'infuriava, bestemmiando e sparando senza tregua.
- Che non riesca questa volta a farli scappare? - brontolava.
Che uomini abbiamo dunque noi dinanzi? Sono fusi con acciaio
temprato nelle acque del Guadalquivir?
Invano le palle fischiavano o miagolavano sopra le erbe ed
invano i quattro assediati sparavano con rabbia crescente.
Le due cinquantine, risolute a por fine a quel combattimento
che costava loro molte perdite, non cessavano di avanzarsi e di circondare la
macchia.
- Ebbene, Buttafuoco? - chiese il signor di Ventimiglia ad un
certo momento. - Come va questa faccenda?
- Che cosa volete che vi dica, signor conte? - rispose il
bucaniere. - Io sono meravigliato. In vita mia non ho mai veduto degli uomini
così coraggiosi. Queste due cinquantine sono stupefacenti! Al loro posto io
sarei già scappato!
- Purché non facciano invece stupire noi, - disse Mendoza.
- È quello che attendo, - rispose il bucaniere, - anzi che
temo. Questa ostinazione mi dà molto a pensare.
- Che cosa temete, Buttafuoco? - chiese il signor di
Ventimiglia.
- Non lo so e non sono affatto tranquillo.
- Per tutti i pescicani del mar di Biscaglia! _ esclamò il
guascone. - Qui l'affare sembra che cominci ad imbrogliarsi!
- Voi che siete un guascone dovreste sbrogliarlo subito, -
disse Mendoza.
- Ci sono i cani sotto di noi.
- Pei guasconi valgono meno dei lupi.
- Tacete e fate fuoco invece, - disse il bucaniere. - Non è
colle chiacchiere che si guadagnano le battaglie.
- Toh! La chiama una battaglia! - brontolò Mendoza. - Io la
chiamerei una misera scaramuccia!
Quattro colpi d'archibugio rimbombarono uno dietro l'altro,
facendo scappare una mezza dozzina di spagnuoli; gli altri però non lasciarono
le erbe e continuarono a spingersi audacemente attraverso la foresta, sul cui
margine erano ormai giunti.
- Morte dell'inferno, - disse Buttafuoco, gettando via il
cappello. - Ora non li fermeremo più.
- Gli spagnuoli?
- Se si gettano fra i cespugli, nessun occhio potrà scovarli e
nessuna palla potrà raggiungerli. Che cosa vorranno fare? Arrostirci?
Si era voltato verso il guascone, il quale era disceso su uno
dei rami più bassi.
- Signor soldato, - gli disse - volete prendervi la briga ora
di distruggere la muta che urla sotto i nostri piedi? Dovete aver ancora una
sessantina di colpi da sparare.
- Io spero di averne anche di più - rispose il guascone, il
quale conservava un sangue freddo ammirabile.
- Giacché l'avanguardia vi lascia inoperoso, massacratemi quei
dannati mastini.
- Preferirei uccidere degli uomini, - rispose Barrejo.
- Ma quelli sono meno pericolosi! Vi affido un incarico più
difficile.
- Un posto d'onore, - brontolò Mendoza, ridendo.
- Sia pure - disse il guascone. - Se quei cani valgono gli
uomini, m'incarico io di fare di loro una gigantesca frittata.
Armò l'archibugio che aveva già caricato e con un colpo ben
aggiustato abbatté il cane più grosso, spaccandogli la testa.
- E uno! - disse. - Quello non mangerà più i miei polpacci.
Mentre il guascone si arrabattava contro i mastini che
latravano a piena gola intorno all'albero, impazienti di piantare i loro
formidabili denti nelle carni dei fuggiaschi, Buttafuoco, il conte e Mendoza
non cessavano di sparare qualche colpo a casaccio contro le cinquantine ormai
scomparse nel bosco. Gli eroici soldati della vecchia Spagna, per nulla
atterriti da quelle incessanti archibugiate che mettevano a dura prova il loro
coraggio, non cessavano di avanzare, risoluti a raggiungere l'enorme albero del
cotone e a venire ad un corpo a corpo, sicuri, dato il loro numero, di aver
facilmente ragione dei loro nemici.
Avevano però da fare con uomini ben risoluti a vendere cara la
pelle.
Mentre il guascone continuava a fucilare i cani, Buttafuoco
aveva impegnato una rapida conversazione col conte, interrotta di frequente
dalle archibugiate di Mendoza.
- È necessario sloggiare e salvarci fra le paludi - aveva
detto il bucaniere.
- Potremo spezzare il cerchio di ferro che sta per serrarsi
intorno a noi? - aveva chiesto il signor di Ventimiglia.
- Con una scarica improvvisa di archibugi ci apriremo una
breccia sufficiente per passare.
- E dopo?
- Ci rifugeremo in mezzo ai pantani.
- Mi hanno detto che queste paludi hanno dei banchi di sabbie
mobili.
- Li conosco.
- E i cani?
- Il vostro compagno sta fucilandoli con rara maestria. Ancora
qualche minuto e non vi sarà più un mastino sotto di noi... Ah, ecco quello che
temevo!
Un bagliore sinistro era balenato a breve distanza
dall'albero, poi un fastello di legna veniva scaraventato contro il tronco del bombax,
facendo scappare i cinque o sei cani sfuggiti ai colpi del guascone.
Un fumo denso, soffocante, che provocò agli assediati una
tosse violentissima e che fece lagrimare istantaneamente i loro occhi, si alzò
subito.
- Del pimento! - gridò Buttafuoco. - A terra, amici, o non
potremo più resistere! Lasciate gli archibugi e preparatevi a lavorare con le
spade. Giù!
Un secondo fascio di legna, pure acceso, era stato scagliato.
Anche quello era formato di rami di pepe rosso di Cajenna che sprigionavano un
fumo infernale.
- Sono carichi gli archibugi? - chiese Buttafuoco, il quale
stava per spiccare il salto.
- Sì!
- Giù! e mano alle spade!
I quattro uomini si lasciarono cadere.
Un mastino si precipitò sul bucaniere, tentando di saltargli
alla gola e di strangolarlo, ma il cacciatore, che si aspettava quell'assalto,
balzò indietro con agilità prodigiosa afferrando il fucile per la canna e gli
fracassò il cranio con un terribile colpo di calcio.
Anche altri due, che si erano scagliati contro il conte e
contro il guascone, non ebbero miglior fortuna. Due fulminei colpi di spada li
fecero cadere l'uno sull'altro, con le gole squarciate.
- Fuoco sulle cinquantine! - tuonò allora il bucaniere.
Gli spagnuoli accorrevano con le alabarde in resta, urlando a
piena gola:
- Arrendetevi! Siete presi!
Quattro colpi d'archibugio furono la risposta; poi il
bucaniere ed i suoi compagni, approfittando della confusione manifestatasi fra
gli assalitori per quell'improvvisa scarica, si slanciarono a corsa disperata
verso il margine della foresta per guadagnare le paludi.
Il guascone, che aveva le gambe più lunghe degli altri e che
era tutto nervi e muscoli, aveva la velocità d'un proiettile: chi si trovava
forse un po' male era Mendoza; tuttavia non rimaneva indietro di molto.
Gli spagnuoli si erano slanciati a loro volta, urlando
ferocemente e aizzando i due ultimi cani che erano loro rimasti.
Pareva però che le povere bestie, impressionate probabilmente
dalla strage fatta dei loro compagni, non avessero molto desiderio di far la
conoscenza con gli archibugi e con le spade di quei formidabili avversari,
poiché non osavano spingersi troppo innanzi.
In meno di cinque minuti i fuggiaschi attraversarono la piccola
pianura e raggiunsero il margine delle paludi.
- Fermatevi! - gridò Buttafuoco. - Vi possono essere dei
banchi di sabbie mobili. Fate fronte agli spagnuoli per qualche minuto finché
io non trovo il passaggio.
Gli assalitori, vedendo i quattro uomini fermarsi e caricare
precipitosamente gli archibugi, si arrestarono anch'essi, non osando esporsi al
tiro di quei terribili tiratori.
Buttafuoco, avendo scorto una lingua di terra coperta in parte
di canne e di erbe palustri, si era slanciato risolutamente innanzi per cercare
un passaggio che li conducesse in qualche luogo sicuro.
Il conte e i suoi due compagni si erano intanto posti al
riparo dietro il tronco d'un albero caduto per decrepitezza o abbattuto da
qualche fulmine, ed avevano ricominciato a sparare, abbattendo i due ufficiali
che guidavano le cinquantine.
Gli alabardieri, spaventati dalla precisione terribile di quei
tiri, si gettarono nuovamente fra le erbe, non sapendo in quale modo dare
l'attacco.
In quel momento non ringraziavano di certo i governatori che
li avevano privati delle armi da fuoco.
Mentre il conte e i suoi compagni mantenevano un fuoco
abbastanza vivo, Buttafuoco continuava a perlustrare la palude che pareva di
una estensione immensa.
La sua paura era d'incontrare quelle terribili sabbie mobili
che quando afferrano una preda, sia uomo o animale, non la restituiscono più.
Aveva spezzato una canna e si avanzava nell'acqua tastando il fondo. Ad un
tratto il conte lo vide ritornare correndo, col volto giulivo.
- Dunque? - chiese il signor di Ventimiglia, sparando un'altra
archibugiata là dove vedeva scintillare gli elmetti degli alabardieri.
- Ho trovato il passaggio - rispose il bucaniere. - Non sarà
forse largo, tuttavia per noi basterà.
- E i caimani?
- Non preoccupatevi di quelle stupide bestiacce. Non ci
daranno molti fastidi. Caricate gli archibugi e seguitemi tutti! Attenti sempre
ai cani!
Il conte ed i suoi compagni ricaricarono frettolosamente le
loro armi, poi si slanciarono dietro al bucaniere, il quale correva lungo la
piccola lingua di terra che aveva scoperta.
I due cani, vedendoli scappare, avevano ripreso animo, mentre
anche gli spagnuoli, comprendendo che i loro nemici stavano per sfuggire al
tanto sospirato accerchiamento, si erano alzati agitando furiosamente le alabarde.
In meno di mezzo minuto i fuggiaschi raggiunsero l'estremità
della lingua di terra.
- Fuori le spade e risparmiate la polvere! - gridò Buttafuoco.
I due cani stavano per raggiungerli, aizzati dalle grida dei loro
padroni. Il conte, che conservava un ammirevole sangue freddo, cacciò la sua
spada fra le fauci spalancate del primo doz, immergendola fino a mezzo
corpo, mentre Mendoza ed il guascone attaccavano coraggiosamente il secondo.
Due guaiti avvertirono Buttafuoco che anche i due pericolosi avversari avevano
avuto il loro conto.
- In acqua, signori, - disse - e badate di seguirmi
attentamente, perché ai vostri fianchi si trovano le sabbie mobili e chi vi
cade dentro non ne esce più. Se gli spagnuoli ci seguono, sparate uno per volta
qualche colpo di archibugio. Ai caimani ci penso io.
Erano entrati tutti nell'acqua fangosa della savana,
immergendosi fino alla cintola, senza preoccuparsi gran che degli spagnuoli, i
quali si erano slanciati animosamente sulla lingua di terra, con la speranza di
poterli acciuffare o di vederli scomparire fra le sabbie traditrici.
Buttafuoco tastava sempre il fondo con la sua canna e cercava
di affrettare il passo, quantunque incespicasse ogni momento, essendovi
sott'acqua delle erbe non meno perfide delle sabbie.
Avevano così percorso circa cinquecento passi, quando videro
alzarsi a breve distanza un isolotto coperto da una folta vegetazione e che
pareva avesse un'estensione considerevole.
- Ecco uno splendido rifugio! - disse Buttafuoco. - Se il
fondo continua a mantenersi buono, sotto quelle piante potremo sfidare non due,
ma anche dieci cinquantine. Mi pare già che gli spagnuoli non abbiano, almeno
per il momento, alcuna intenzione di cacciarsi in acqua. Diavolo! Le sabbie mobili
fanno troppa paura a tutti!
Tastando sempre il terreno ed avanzando con grande
precauzione, il bucaniere raggiunse l'isolotto e salì sulla riva, aggrappandosi
a certe erbacce dure e coriacee, chiamate olgochloa e che sono così
cattive che perfino le capre le rifiutano.
Una massa di passiflore rampicanti si parò dinanzi al
bucaniere. Sono piante che crescono molto rapidamente formando dei bellissimi
festoni e che producono dei fiori purpurei con pistilli e stami bianchi con
martello, chiodi, il ferro della lancia e tutti gl'istrumenti della Passione,
che poi si tramutano in frutta gialle, ovoidali, grosse come poponcelli, assai
apprezzate dagli abitanti, specialmente se cucinate con vino e molto zucchero.
- Questo deve essere un piccolo paradiso! - mormorò Buttafuoco.
- Probabilmente gli spagnuoli ci assedieranno ora, ma io credo
che non riusciranno ad affamarci, come forse sperano. Conosco la ricchezza di
questi isolotti.
- Siamo giunti finalmente a casa? - chiese Mendoza.
- Parrebbe - rispose Buttafuoco.
- Che i nostri creditori vengano a romperci le tasche anche
qui?
- Mi sembra che abbiano rinunciato, per oggi o meglio per
questa notte, ad importunarci.
- Sono gente educata, - disse il guascone.
- Se avessero però potuto mettervi le mani addosso, non so,
mio caro signor soldato, se avreste ancora tanto spirito, - rispose il
bucaniere, ridendo.
- E lo dite a me? Oh li conosco io, quei signorini. Diavolo!
Ci tengono poco a scherzare coi bucanieri.
- E nemmeno i bucanieri con loro, - ribatté Buttafuoco.
Noi siamo ancora in quattro e dubito molto che essi siano
ancora in cento. Signor conte, volete dormire qualche ora? Pel momento nessun
pericolo ci minaccia.
- La gente di mare è abituata alle lunghe veglie e non sento
affatto il desiderio di riposarmi, - rispose il signor di Ventimiglia.
- Io preferirei una buona cena, - disse Mendoza. - La lingua
di bufalo e anche l'arrosto di maiale non so più dove si trovino. Probabilmente
si sono affondati nei miei talloni, dopo tante corse furiose.
- Io credo di averli sulle punte dei piedi, - disse il
guascone con comica gravità.
- Io non ho meno fame di voi, - disse il bucaniere. - Però
sarete costretti, al pari di me, ad aspettare l'alba. Non posso già prendere
degli uccelli di notte e qui noi non troveremo altro che uccelli.
- E sarà già molto, - disse il conte, sorridendo.
- Le paludi di San Domingo sono di solito molto frequentate
dai pennuti, signore, ed una buona colazione non ci mancherà, purché gli
spagnuoli ci lascino tranquilli.
- Credete che tentino un nuovo attacco?
- Ora che non hanno più i cani, i quali costituiscono la vera
forza delle cinquantine, non oseranno forse assalirci. È probabile però che
mandino degli uomini a cercare dei rinforzi per assediarci. Di ciò però mi
preoccupo ben poco.
- E se circondassero la savana? - chiese il signor di
Ventimiglia.
- Eh! Ci vorrebbero almeno cento cinquantine ed il governatore
di San Domingo non ne troverà mai tante. Se io ho un passaggio, non dispero di
trovarne un altro e, prima che i rinforzi giungano, noi saremo a S. José, nella
fattoria della marchesa. Là non correremo alcun pericolo, essendo io molto
conosciuto dall'intendente.
- Quest'uomo è veramente meraviglioso, - disse Mendoza. -
Decisamente i filibustieri hanno una fortuna straordinaria. È bensì vero che
gli spagnuoli ci credono figli o nipoti o pronipoti di compare Belzebù! È già
qualche cosa anche questo.
Il bucaniere ed il conte si erano coricati sotto una
passiflora, sorvegliando attentamente le mosse degli spagnuoli, mosse
assolutamente inoffensive, poiché non avevano osato abbandonare la penisoletta
che s'avanzava nella savana.
Sorvegliavano anche le acque, soprattutto quelle ingombre di
erbe, per paura che qualche caimano tentasse di giungere di soppiatto fino
all'isolotto per fare qualche buon colpo.
Quelle brutte bestiacce non dovevano mancare in quella palude,
però non si mostrarono. Probabilmente non si erano ancora accorte della
presenza di quel gruppo d'uomini. Quando le tenebre cominciarono ad alzarsi, il
bucaniere ed il conte, dopo essersi assicurati che gli spagnuoli erano sempre
fermi sulla penisoletta, fecero una rapida escursione attraverso all'isolotto,
onde cercare un passaggio che permettesse loro di sfuggire alla sorveglianza
dei loro avversarii. Quel pezzo di terra era ingombro di pontedeire, bellissimi
cespi di foglie d'un verde lucente e di fiori azzurri e di aristolochie dalle
foglie ovali, i fiori lividi in forma di sifoni, col tronco grosso come una
botte e radici gigantesche le quali s'alzavano fuori dalla terra come serpenti
smisurati.
Non mancavano però le piante d'alto fusto. Qua e là
s'ergevano, a gruppi, delle quercie, delle magnolie acuminate cariche di certe
frutta somiglianti ai cetriuoli, d'un bel rosso lucente, e che si adoperano con
successo per guarire le febbri intermittenti, e anche dei noci neri, di
dimensioni gigantesche e molto frondosi.
Numerosi volatili fuggivano dinanzi al corsaro ed al
bucaniere. Erano corvi di mare, più grossi dei galli, ferocissimi perché osano
assalire perfino le persone ferite impotenti a difendersi; fenicotteri, tantali
verdi, ibis bianche e botauri, bellissimi volatili alti quasi due piedi, colle
penne brune rigate, il ventre grigiastro, il becco acutissimo e gli occhi
gialli e molto delicati.
- Occupiamoci prima del passaggio, - disse il bucaniere al
conte, il quale si preparava a sparare qualche colpo onde procurarsi una buona
colazione. - Avremo tempo per massacrare questi volatili, i quali non mi
sembrano molto spaventati per la nostra presenza.
- Sperate di trovarlo?
- Eh!... Le savane di quest'ìsola sono molto difficili ad
attraversarsi in causa delle sabbie mobili che costituiscono il fondo. Ma io
non dispero di trovare qualche costa che ci permetterà di farla agli spagnuoli.
Voi siete sicuro che la vostra nave vi aspetta sempre al capo Tiburon?
- Non scioglierà le vele senza mio ordine, - rispose il conte.
- Allora possiamo andare alla fattoria della marchesa. Senza
il suo appoggio sarà un po' difficile che voi possiate lasciare San Domingo. A
quest'ora tutte le cinquantine saranno in movimento per catturarvi. I tre
famosi corsari non sono stati dimenticati e gli spagnuoli devono essere molto
spaventati nell'apprendere che ve n'era un quarto che batte ancora le acque del
gran golfo e che non si sa che cosa voglia fare.
- Forse è questo che farà venir loro la febbre, - disse il
conte. - Che cosa io sia venuto a fare qui tutti lo ignorano. Certamente io non
ho varcato l'Atlantico per continuare le gesta di mio padre e dei miei zii.
Il bucaniere si era voltato vivamente, guardando fisso il
figlio del Corsaro Rosso.
- Delle vendette? - chiese.
- Quelle verranno più tardi, - rispose il signor di
Ventimiglia, con voce grave. - Ho prima altro da fare.
Si era fermato, guardando a sua volta fisso fisso il
bucaniere.
- Siete stato nel Darien, voi? - gli disse ad un tratto.
- Sì; con Wan Horn, - rispose Buttafuoco.
- Conoscete dunque quel paese?
- Abbastanza bene: si trattava allora di attraversarlo con
l'aiuto di un grande cacico, nemico terribile degli spagnuoli, per andare ad
assalire Granata.
- Come si chiamava quel grande cacico?
- Hara.
- Aveva delle figlie, non è vero?
- Sì, signor conte.
- Date spose a dei famosi filibustieri?
- Questo lo ignoro - rispose Buttafuoco.
- È lui.
- Chi?
Il conte, invece di rispondere, si mise a guardare la savana
che si estendeva dinanzi a lui a perdita d'occhio, interrotta qua e là da
isolotti e da altifondi coperti da una vegetazione superba.
- Saremo costretti ad attraversarla? - chiese dopo un lungo silenzio.
- Sì, signor conte - rispose Buttafuoco. - Non possiamo
tornare indietro: perderemmo la vita, poiché sono certo che gli spagnuoli hanno
mandato dei corrieri per aver degli aiuti e le cinquantine che giungeranno non
saranno solamente armate di alabarde.
- Quando partiremo?
- Questa sera stessa, perché i nostri nemici non s'accorgano
della direzione che prenderemo.
- È lontana la fattoria della marchesa?
- È più vicina di quello che supponete - rispose Buttafuoco.
Con una rapida marcia vi potremo giungere in cinque o sei ore.
- Cerchiamo la colazione, allora.
- Un momento, signor conte; è la costa che mi occorre trovare.
Se non riesco a scoprirla, non potremo allontanarci dall'isolotto. Spezzò una
canna, armò l'archibugio per essere più pronto a far fuoco sui caimani e avanzò
nell'acqua tastando il fondo.
Aveva percorso una quindicina di passi, quando il conte lo
vide ritornare.
- Abbiamo una fortuna meravigliosa, - disse - il fondo è
ottimo e non vi sono sabbie. Signori spagnuoli, ci aspetterete un bel po' e
quando vi metterete in marcia non troverete che dei caimani... Signor conte,
guadagniamoci ora la colazione. Non sarà una faccenda lunga. Getteremo giù una
mezza dozzina di scoiattoli e ci procureremo un arrosto squisito.
Rifecero il cammino percorso, costeggiando specialmente i noci
neri, ed aprirono quasi subito il fuoco.
Fra gli enormi rami delle grosse piante saltavano
disperatamente o meglio volavano dei graziosi animaletti, un po' più grossi dei
topi, col pelame grigio perla sopra e bianco argenteo sotto, con gli orecchi
piccoli e neri, il muso roseo ed una splendida coda che pareva una magnifica
piuma di struzzo.
Erano degli scoiattoli volanti i quali, spaventati dalla
presenza di quei due sconosciuti, cercavano di mettersi in salvo, come se avessero
già indovinate le malevole intenzioni del bucaniere.
Quantunque rassomiglino un po' a quelli che si trovano nelle
foreste d'Europa, ne differiscono per una membrana pelosa che unisce le gambe
posteriori a quelle anteriori, permettendo loro di spiccare delle vere volate
che si prolungano talvolta perfino di cinquanta e più passi.
Avevano però da fare con un tiratore meraviglioso; cosicché,
in meno di cinque minuti, sette od otto di quei graziosi roditori, mitragliati
dal bucaniere, caddero al suolo insieme ad un gran numero di noci che potevano
servire benissimo come ottima frutta.
Mendoza ed il guascone, che già s'immaginavano di avere una
buona colazione con un cacciatore così famoso, avevano nel frattempo acceso un
allegro fuoco e raccolte delle erbe aromatiche per rendere l'arrosto più
gustoso. I quattro uomini scuoiarono in pochi istanti le bestiole, le
infilarono nella bacchetta di ferro d'uno degli archibugi e le misero sopra i
carboni, girando quello spiedo primitivo su due forchettoni di legno piantati
nel suolo.
Mendoza si era improvvisato cuoco, dopo che il guascone gli
aveva solennemente dichiarato di saper divorare anche sei beccaccini l'uno
dietro l'altro, ma di non saperseli cucinare.
Il buon marinaio non aveva né protestato, né brontolato; anzi,
aveva guardato con ammirazione quel formidabile mangiatore, chiedendogli
solamente per quale motivo i guasconi, pur essendo divoratori, non
ingrassavano.
Non occorre dire che la domanda era rimasta senza risposta,
perché anche don Barrejo non avrebbe saputo dare su quello strano caso nessuna
spiegazione plausibile.
Il fatto sta che gli scoiattoli scomparvero tutti e la maggior
parte passò nel ventre del guascone.
Finita la colazione, i quattro uomini si occuparono subito
degli spagnuoli, temendo sempre un improvviso colpo di mano.
Quelli invece pareva che per il momento non si occupassero
affatto di loro.
Avevano acceso dei fuochi all'estremità della penisoletta e
divoravano la loro colazione tranquillamente, composta forse di testuggini,
poiché quei preziosi rettili abbondano intorno alle savane sandominghesi..
- Attendono dei rinforzi - disse Buttafuoco al conte. - Se noi
non ci affrettiamo a scappare, circonderanno la palude, e allora sarà bravo chi
potrà sfuggire all'accerchiamento. Le cinquantine non si trovano però lì per
lì, e possono passare parecchi giorni prima che arrivino. Certo che noi non
aspetteremo il momento terribile e fileremo attraverso le acque e anche fra le
sabbie mobili. Penserà poi la marchesa a farvi scappare, signor conte.
- Sarà la seconda volta - rispose il conte.
- A lei tutto è facile - disse Buttafuoco.
Aprì una tasca di cuoio che portava al fianco e offrì al conte
un grosso sigaro dicendogli:
- Potrete con questo ingannare il tempo. È tabacco cubano che
ho potuto avere dai filibustieri della Tortue, e non ne troverete del migliore,
ve lo assicuro io.
Il conte stava per prendere il sigaro, quando un colpo
d'archibugio rimbombò e una palla fischiò sopra di loro.
Il basco si alzò precipitosamente, afferrando il suo fucile.
- Signor conte - disse con la voce un po' alterata - sono
giunti dei rinforzi agli spagnuoli e si preparano a prenderci a fucilate.
Poi, alzando la voce, disse a Mendoza ed al guascone:
- S'impegna battaglia: attenti alle palle!
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