Due ore dopo Marto, accompagnato da due vigorosi negri,
spostate le botti che ostruivano l'entrata, si presentava ai filibustieri,
dicendo:
- Signori, la mia padrona vi aspetta. Siete liberi.
Il conte, che si era già da un po' di tempo svegliato e stava
discutendo con Buttafuoco, seduto presso la torcia che Mendoza aveva riaccesa
quantunque fosse un po' brillo, si era prontamente alzato, chiedendo con gioia:
- Se ne sono dunque andati gli spagnuoli?
- Sì, signor conte.
- Come ha fatto la tua padrona a sbarazzarsene?
- Ve lo dirà la signora marchesa, la quale vi aspetta a
prendere la cioccolata.
- Andiamo, Buttafuoco. Questa sera voglio essere a bordo della
fregata. La mia assenza è stata già troppo lunga.
- Se le cinquantine ci lasceranno passare... - rispose il
bucaniere che era piuttosto pessimista.
- Le sgomineremo noi! - disse il guascone con un gesto
tragico.
Attraversarono le cantine, preceduti dai negri, e salirono nel
cortile nel momento che il cielo si tingeva dei primi riflessi dell'aurora.
La marchesa stava seduta placidamente dinanzi alla tavola
situata sotto l'ampio porticato, empiendo parecchie tazze di cioccolata, mentre
una serva negra portava dei vassoi d'argento pieni di biscotti e di pasticcini.
- Buon giorno, conte! Buon giorno, Buttafuoco! - disse
allegramente. - Come avete passata la notte?
- Dormendo, marchesa - disse il signor di Ventimiglia.
- Dove?
- Fra le botti - rispose Buttafuoco.
- Che uomini siete voi!
- Eh, marchesa, noi siamo abituati a coricarci dove possiamo -
disse il conte. - Quante notti ho dormito sulla tolda della mia fregata avvolto
in un mantello!
- E quante volte io ho dormito in mezzo alle foreste esposto
agli acquazzoni furiosi ed ai venti scatenati! - aggiunse Buttafuoco.
- La vita degli avventurieri è fatta così, signora. Sono ora
convinti gli spagnuoli che noi non ci siamo rifugiati nella vostra villa?
- Adagio, signor Buttafuoco - rispose la bella andalusa. - Se
ne sono andati, ma che abbiano lasciato i dintorni io ne dubito.
- Che m'impediscano di partire? - chiese il conte. - La mia
fregata mi aspetta e potrebbe, rimanendo ancora al capo Tiburon, attirarsi
addosso qualche tremenda bufera.
- Avete fretta di lasciarmi? - chiese la marchesa con voce
triste.
- Vorrei rimanere qui delle settimane e anche dei mesi,
signora - rispose il conte con vivacità. - Disgraziatamente ho troppi impegni e
devo difendere la vita dei miei duecento uomini.
- Vi stimo, conte; io spero peraltro che non sia questa
l'ultima volta che ci incontriamo nel golfo del Messico.
- Sarò il più felice degli uomini il giorno in cui vi potrò
rivedere, marchesa - rispose il gentiluomo con voce grave. - I debiti di
riconoscenza che ho con voi non li dimenticherò mai... mi capite, signora? mai!
- Voi mi scorterete fino ai bagni del capo Tiburon: ho laggiù,
sulla spiaggia, un piccolo padiglione.
- Scortarvi! - esclamò il conte, con sorpresa.
- Sarà necessario, se vorrete passare attraverso le
cinquantine e salvare la vostra nave.
- Che cosa dite, marchesa?
- Dai comandanti delle cinquantine ho appreso che si sa dove
si trova la vostra fregata e che il governatore ha dato l'ordine di fare dei
grandi preparativi per assalirla di sorpresa, se sarà possibile.
Il conte era diventato pallidissimo.
- Assalire la Nuova Castiglia, o meglio, la mia Folgore,
perché questo è il suo vero nome!... Vivaddio!... La raggiungerò prima che
l'attacco cominci, dovessi sfidare la morte cinquanta volte.
- E perciò, conte, voi mi scorterete, ve lo ripeto. Dovrete però,
al pari dei vostri compagni, indossare la divisa della mia casa e passare per
un servo.
- Se fosse necessario mi lascerei anche dipingere come un
negro.
- Non ve ne sarà bisogno... Marto!
L'africano, che in quel momento doveva sostituire l'intendente,
fu pronto ad accorrere alla chiamata della marchesa.
- È pronto tutto?
- Sì, padrona.
- L'amaca e gli schiavi?
- Anche.
- La scorta?
- Già armata.
- Numerosa?
- Dodici uomini fra negri e bianchi.
- Conduci questi signori a vestirsi.
Poi, volgendosi verso il signor di Ventimiglia, il quale stava
vuotando una tazza di cioccolata, - fate presto, conte - gli disse. - Temo che
l'assalto alla vostra fregata sia fissato per il tramonto.
- Forza, signor guascone! - disse Mendoza a don Barrejo. -
Avremo bisogno della vostra terribile draghinassa.
Mentre Marto guidava i quattro uomini in una stanza a
pianterreno, per far loro scegliere dei vestiti con i colori della casa dei
Montelimar, la marchesa si era voltata verso un uomo dalla pelle assai bruna,
il quale fino allora si era sempre tenuto in disparte, appoggiato ad una
colonna del porticato.
- Hai fatto esplorare attentamente la via che conduce al capo
Tiburon, Azevedo? - gli chiese.
- Sì, padrona.
- Le cinquantine la percorrono, non è vero?
- Vi sono almeno duecento uomini al di là del villaggio di San
Josè.
- Sono gli stessi che sono venuti qui?
- Li ho perfettamente riconosciuti.
- Benissimo, Azevedo. Vedremo se oseranno fermare una
Montelimar nipote di un grande ammiraglio e cognata d'un ex governatore!
Si era alzata, gettandosi sulla capigliatura corvina una
leggerissima mantiglia di seta, mentre scendevano nel cortile quattro robusti
africani, sfarzosamente vestiti, i quali sorreggevano, per mezzo di un
lunghissimo palo, un'amaca sormontata da un largo ombrello rosso e fornita d'un
soffice cuscino per appoggiarvi il capo.
Otto uomini, quattro bianchi e quattro negri, armati tutti di
archibugi e di spadoni, li seguivano.
Si erano appena fermati sotto il porticato, quando comparvero
anche il conte, Buttafuoco, il guascone e Mendoza, i quali indossavano la
divisa della casa, bianca ed azzurra a strisce alternate ed uno stemma ricamato
in mezzo al petto che rappresentava una montagna sorgente dal mare con un leone
rampante in alto.
Vedendoli la marchesa non potè trattenere uno scoppio di risa.
- Pare che facciamo una brutta figura - brontolò Mendoza.
- Di servi - rispose sottovoce il guascone, arricciandosi i
baffi e posando fieramente la sinistra sulla guardia della sua draghinassa, per
far comprendere agli altri che era un uomo d'armi anche sotto quelle spoglie.
- Siamo buffi, non è vero, marchesa? - chiese il conte.
- Tutt'altro! ma avrei preferito di essere scortata da voi
vestiti dei vostri abiti.
- O entro il mio vestito rosso?
- Meglio ancora - rispose la marchesa, con un sospiro
represso.
- Lo indosserò quando sarò sul ponte della mia fregata ed udrò
a tuonare il cannone.
La marchesa fissò sul fiero corsaro i suoi profondi occhi;
poi, scuotendo il capo, disse bruscamente:
- Partiamo.
Aiutata dal conte, salì nell'amaca posando il capo sul cuscino
di seta color rosa, ed il drappello si mise in marcia preceduto da Buttafuoco e
dal conte, i quali non avevano lasciati i loro archibugi.
Attraversata la piantagione di banani senza aver incontrato
nessuna cinquantina, presero un sentiero aperto fra i boschi, evitando la
borgatella di San Josè che si trovava a breve distanza dalla fattoria della
marchesa.
Marciavano da un paio d'ore, seguendo un sentieruzzo aperto
fra le splendide palme, quando alcuni archibugieri, che si tenevano imboscati
fra le macchie, balzarono fuori, gridando:
- Ferma!
Buttafuoco si fece avanti dicendo:
- È la signora marchesa di Montelimar che si reca ai bagni del
capo Tiburon. Che cosa volete?
- Passate - rispose il capo del piccolo drappello,
inchinandosi.
Gli archibugieri proseguirono la loro marcia, mentre la
marchesa salutava i soldati con un gesto grazioso.
- Ecco un nome portentoso che ci aprirà la via fino sul ponte
della fregata - disse Mendoza al Guascone.
- Io preferirei che si riaprisse invece la via delle cantine -
rispose don Barrejo, con un sospiro. - Ah, quell'Alicante!...
- Tacete, o mi farete venire una sete rabbiosa.
- Io l'ho di già, basco!
- E pensare che non metteremo mai più i piedi là dentro,
signor guascone!
- Volete farmi piangere? - Siete crudele, basco!
Un altro «alto là», più minaccioso del primo, troncò
bruscamente la loro chiacchierata.
- Largo alla marchesa di Montelimar! - gridò nuovamente
Buttafuoco con accento pure minaccioso.
Altri archibugieri erano balzati fuori dai cespugli che
costeggiavano il sentiero, puntando le armi.
Udendo Buttafuoco, che scambiavano probabilmente per
l'intendente della marchesa, rispondere su quel tono, si erano pure affrettati,
dopo un cordiale saluto, a scomparire.
- Marchesa, - disse il conte che camminava di fianco all'amaca
- noi vi dobbiamo la vita. Senza la vostra bella trovata, noi non saremmo
certamente mai riusciti a giungere al capo Tiburon.
- Signor conte, dovevo ben pensare a condurre in salvo i miei
ospiti! - rispose la marchesa.
- E non è la prima volta che gioco qualche brutto tiro ai miei
compatrioti. Non è già d'altronde la prima volta che giuoco qualche brutto tiro
ai miei compatriotti.
Che cosa volete? mi diverto a far arrabbiare il governatore di
San Domingo!
- Il quale sarà probabilmente un cannibale o poco meno -
mormorò Mendoza che camminava dall'altro lato dell'amaca.
La marcia continuò senza alcun incontro, ma nessuno era persuaso
che nei boschi che costeggiavano il sentiero non si trovassero altri
archibugieri ed altri alabardieri in agguato, con la speranza di sorprendere il
figlio del Corsaro Rosso.
A mezzodì il drappello, che aveva marciato sempre rapidamente,
giungeva in vista del mare.
Il capo Tiburon, che formava una specie di penisola coperta di
boschi foltissimi fino quasi alla sua punta estrema, si allungava verso il sud,
in un semicerchio che si spiegava verso la spiaggia, formando una darsena
abbastanza sicura contro l'irrompere delle onde.
Nel mezzo del bacino giganteggiava superbamente la Nuova
Castiglia, trattenuta da due âncore gettate a prora ed a poppa e con le
vele solamente semimbrogliate, per essere pronta a prendere il largo in
brevissimo tempo, in caso di pericolo.
- La mia fregata! - esclamò il conte. - Finalmente! Ritorno
padrone del Golfo!
- Tacete, signor di Ventimiglia, - disse la marchesa - voi non
sapete dove sono imboscati gli spagnuoli che hanno ricevuto l'ordine di
assalire la vostra nave. Non fidatevi di questa calma che deve essere più
apparente che reale ed agite con prudenza. Forse delle centinaia d'occhi spiano
attentamente tutte le nostre mosse.
Quindi, volgendosi verso i negri che reggevano il lungo palo a
cui era appesa l'amaca, disse loro:
- Nel mio padiglione dei bagni! Fate presto!
I quattro portatori partirono di corsa e, dopo aver superato
una piccola altura, scesero verso la spiaggia larga e sabbiosa, cosparsa d'un
numero infinito di gusci d'ostriche e di testuggini.
In mezzo ad un gruppo di alberi di cocco e di palme, a circa
duecento passi dal mare, si alzava un grazioso padiglione costruito tutto in
legno, anche quello di stile moresco, con una graziosa torricella sulla quale
sventolava la bandiera di Montelimar, e circondato da un piccolo giardino.
Due giovani meticce, udendo le voci dei portatori e della
scorta, erano subito uscite per aiutare la marchesa a scendere; il conte di
Ventimiglia fu però più svelto e la trasse giù dall'amaca.
- È giunto il mio corriere? - chiese la bella andalusa alle
due donne.
- Sì, padrona.
- Entrate, amici. Io vi precedo.
Attraversò il giardinetto e condusse il conte, Buttafuoco ed i
due avventurieri in una saletta a pianterreno, adorna di pochi mobili leggeri e
graziosi, quasi tutti di bambù, e di molti vasi di terracotta che reggevano
enormi mazzi di fiori della passione che spandevano all'intorno un delizioso
profumo.
La marchesa si sedette dinanzi ad una tavola di acagiù,
filettata in argento e scolpita con molto buon gusto, facendo cenno al conte ed
ai suoi amici di fare altrettanto, poi, rivolgendosi alle due meticcie che
l'avevano seguita, disse loro:
- Fate venire il corriere.
Un momento dopo un mulatto, alto, molto abbronzato, di forme
muscolose e d'aspetto fiero, entrava facendo un profondo inchino.
- Hai fatto quanto ti ho detto? - chiese la marchesa.
- Sì, padrona.
- Hai potuto accostare la fregata senza destare sospetti? -
- Sono andato a bordo ad offrire i pesci che avevo pescato
stamane.
- Hai conferito col luogotenente?
- Sì, padrona.
- L'hai avvertito del pericolo che corre e che il conte sta
per giungere?
- Il luogotenente è pronto a tutto e aspetta l'imbarco. Ha
preso tutte le sue misure per non lasciarsi sorprendere.
- Puoi andare.
- Signora, - disse il conte vivamente commosso - io non mi
attendevo un simile servigio da parte d'una donna che dovrebbe essere acerrima
nemica dei filibustieri.
- Difendo e proteggo i miei ospiti! - rispose la marchesa
sorridendo. - Nel mio caso voi avreste fatto certamente altrettanto.
- Mi sarei fatto uccidere per voi - rispose il conte con un
entusiasmo che fece nuovamente sorridere e anche sospirare la bella spagnuola.
- Non ne dubito! - rispose la giovane vedova, passandosi una
mano sulla fronte. Poi chiese:
- Quando vi imbarcherete, conte?
- Subito, se fosse possibile.
- Ho una scialuppa sulla spiaggia. È a vostra disposizione.
D'altronde comprendo la vostra impazienza. Fingete di recarvi alla pesca
insieme con i miei negri e al momento opportuno abborderete la fregata. Cercate
di non farvi notare dai miei compatrioti. Io sono più che sicura che
veglieranno attentamente, e che nelle foreste del capo Tiburon hanno già
collocato delle artiglierie.
Si era alzata in preda ad una visibile emozione, e mentre
Mendoza, Buttafuoco ed il guascone vuotavano altre tazze di cioccolata, che le
due meticce avevano portate, condusse il conte nel giardinetto che circondava
la graziosa casetta.
- Signor conte, - disse traendolo sotto l'ombra d'una
gigantesca palma - non ci vedremo mai più?
La voce della marchesa era così alterata, che il signor di
Ventimiglia ne fu profondamente colpito.
- Io spero, signora, - le rispose - di trovarvi ancora, prima
che io lasci il golfo del Messico. Non posso dimenticare una gentildonna alla
quale per ben due volte devo la vita.
- E quando?
- Chi può dirlo, marchesa? Finché non avrò terminato la mia
missione non ritornerò a San Domingo.
- E dove andrete ora?
- A trovare vostro cognato ed i filibustieri che ancora
imperano di qua e di là dell'istmo di Panama.
La marchesa rimase un momento silenziosa, guardando a terra;
poi strappò con molto nervoso un'orchidea e la porse al conte, dicendogli:
- Conservatela per mio ricordo.
- Quando la morte mi minaccerà, marchesa, questo fiore, datomi
da voi, si troverà sul mio cuore - rispose il corsaro. - Sarà per me come un
prezioso talismano.
La marchesa aveva alzato il capo, e il conte s'avvide subito
che gli occhi bruni e profondi della bella andalusa erano umidi.
In quel momento comparve Buttafuoco.
- Signor conte, - disse - la scialuppa è pronta ed è giunto il
momento di separarci. Io ritorno il bucaniere della savana.
- Mi lasciate? - chiese il signor di Ventimiglia con doloroso
stupore. - Credevo che mi avreste seguito.
- Ho laggiù, nella mia povera dimora, il mio arruolato, il quale
forse corre gravi pericoli - rispose il cacciatore. - Chissà forse un giorno in
qualche città dell'America centrale non ci rivedremo. Come ho combattuto fra i
filibustieri di vostro zio, il Corsaro Nero, non mi rincrescerebbe sfidare il
fuoco a fianco del nipote.
Uscirono dal giardino seguiti da Mendoza, dal guascone e da
quattro negri, i quali erano carichi di reti per far credere alle cinquantine
spagnuole, probabilmente imboscate, che si recavano a pescare per preparare
alla marchesa la cena.
Giunti presso il cancello, la bella andalusa si fermò,
fissando il conte con gli occhi umidi.
- Addio, signore - gli disse, porgendogli la mano. - Io
pregherò Iddio che vi preservi dai cannoni e dagli archibugi dei miei
compatrioti. Rammentatevi sempre di me, e non dimenticate che se avrete bisogno
di una protezione da parte mia, sarò sempre pronta a salvarvi un'altra volta.
Il conte, il quale appariva non meno commosso, le baciò
galantemente la mano, mentre Buttafuoco si era appoggiato al suo archibugio e
incrociava le mani sulla cima della canna.
Anch'egli fissava intensamente il conte.
- Amico, - gli disse il signor di Ventimiglia, porgendogli la
destra - grazie di quanto avete fatto per me... ed ora ditemi il vostro vero
nome. Me l'avete promesso.
Una rapida emozione alterò i lineamenti del bucaniere.
- A quale scopo? - disse poi, con voce rauca. - L'ho lasciato
cadere e per sempre in fondo ai baratri dell'Atlantico, nel momento in cui
passavo la linea equatoriale... Chi si ricorda ormai di me in Francia? Io sono
morto per la mia patria... e anche per mia sorella e per...
Un singhiozzo spense la sua voce, mentre due lacrime
scendevano lentamente sulle sue brune gote.
- Tutto deve essere finito! - disse poi.
- No, signor...
- Barone de Rouvres - disse la marchesa.
- Perché tradire il mio segreto, signora? - chiese Buttafuoco.
- Io oggi non sono che un miserabile bucaniere; non ho più il diritto di
portare lo stemma della mia casa che ho disonorato.
- Per me siete sempre un gentiluomo - disse il signor di
Ventimiglia, commosso dall'intenso dolore che traspariva sul suo viso
abbronzato. - Qua la mano, Barone de Rouvres.
Il bucaniere della savana ebbe un'ultima esitazione, poi con
un movimento rapido gliela porse, dicendo:
- Quando voi, signor conte, avrete bisogno della vita d'un
uomo, ricordatevi che quella del barone de Rouvres è sempre a vostra
disposizione.
- Non della vostra vita, bensì del vostro braccio e del vostro
archibugio avrò bisogno - rispose il conte. - Non sarà questa l'ultima volta
che ci siamo incontrati... Addio, marchesa; addio, barone: vado a compiere la
mia impresa.
Scese rapidamente la spiaggia e balzò nella scialuppa.
I quattro negri avevano subito dato dentro ai remi, mentre Mendoza
aveva preso con mano salda la barra del timone.
- Verso il capo, prima! - aveva detto il conte. - Cerchiamo
d'ingannare gli spagnuoli per non compromettere maggiormente la marchesa, ormai
troppo sospettata di proteggerci.
Mentre la scialuppa partiva rapida come una freccia, sotto la
spinta poderosa degli erculei africani, il conte si era alzato e guardava verso
la spiaggia.
Presso il cancello del padiglione stava la bellissima
andalusa, appoggiata ad un pilastro, tenendo in mano un fazzoletto che di quando
in quando agitava in segno di addio; a pochi passi si trovava il bucaniere, con
le braccia incrociate ed appoggiate sulla canna del suo archibugio.
- Li rivedrò? - si chiese il conte con un sospiro. - Certo, se
le palle spagnuole non mi uccideranno.
Fece con la destra un rapido saluto, poi si sedette accanto al
guascone, il quale stava contando e ricontando i suoi dobloni.
- Che cosa fate, don Barrejo? - chiese il conte.
- Stavo calcolando quanta aguardiente avrebbero potuto
comprare gli spagnuoli se mi avessero ucciso e si fossero impadroniti di questo
piccolo tesoro - esclamò serio il guascone.
- Al diavolo! esclamò il conte.
- No, perché non mi ha voluto e credo che abbia fatto bene,
perché i guasconi non si trovano bene nemmeno all'inferno e potrebbero tagliare
le code ai figli di Belzebù. Diamine! Siamo gente pericolosa noi!
- Ha fatto tre volte bene, - disse Mendoza, prorompendo in una
risata, - perché saremo noi a bere quei dobloni.
- Oh! Me ne dovete uno, compare, ricordatevelo.
- Lo prenderete agli spagnuoli.
- Fa lo stesso, - rispose il guascone, sempre serio.
Il conte non si occupava più dei due burloni. Ora guardava il
padiglione della marchesa che stava per scomparire e dinanzi al quale
spiccavano ancora due macchie oscure, ed ora la sua superba fregata che si
dondolava graziosamente nella rada, tendendo le catene delle due âncore, come
se fosse impaziente di prendere il largo dopo tanto riposo.
La scialuppa, giunta presso il capo Tiburon che era coperto di
boscaglie, in mezzo alle quali probabilmente stavano sempre nascosti gli
spagnuoli in attesa del segnale d'attacco, virò a ponente ed i quattro negri,
deposti i remi, gettarono le reti.
- Che ci prendano per pescatori autentici? - chiese Mendoza al
conte.
- Giriamo al largo, capitano, prima che nasca nell'animo degli
spagnuoli qualche sospetto e che ci salutino con qualche colpo di cannone.
Avete udito la marchesa dire che sospetta vi sia dell'artiglieria nemica
nascosta in quelle boscaglie?
- Sì - rispose il conte, il quale sembrava un po' inquieto. -
Vi è anche altro, Mendoza.
- Che cosa, capitano?
- Scorgo alcune grosse scialuppe seminascoste fra i
paletuvieri della costa. Non possono appartenere a pescatori, perché qui non
v'è alcun villaggio.
- Ventre di pescecane! - esclamò il lupo di mare. - Che
abbiano intenzione d'abbordare la fregata?
- Lo temo, Mendoza.
- Li ricacceremo in mare! - disse il guascone, il quale non
cessava di contare e ricontare i suoi dobloni.
- Che il luogotenente si sia già accorto che stanno
preparandogli un agguato? - chiese Mendoza.
- Il signor Verra è un uomo che non dorme, quando sa di
navigare in acque pericolose - rispose il conte. - Scommetterei cento piastre
contro una che egli ha già fatto i suoi preparativi per il combattimento.
- Quando l'abborderemo la fregata?
- Aspettiamo che il sole sia tramontato. Non voglio
compromettere maggiormente la marchesa. Peschiamo e fingiamo di non occuparci
della mia nave, benché abbia sempre in alto il vessillo spagnuolo.
I quattro negri ritiravano in quel momento le reti ben cariche
di pesci.
La scialuppa riprese poco dopo la corsa sotto la direzione di
Mendoza, allontanandosi sempre più dal capo Tiburon per evitare qualche brutta
sorpresa e manovrando in modo da descrivere un ampio semicerchio dinanzi alla
prora della fregata.
Altre due volte le reti furono gettate e ritirate sempre ben
provviste di pesci, poi, cominciando il sole a tuffarsi in mare, la scialuppa
si diresse lentamente verso la fregata che aveva già acceso sull'altissimo
cassero i suoi due grossi fanali.
Mendoza, il quale teneva sempre il timone, la dirigeva in modo
da far credere agli spagnuoli che volesse passare al largo della nave per
tentare un'ultima pescata, prima di far ritorno al padiglione dei bagni della
marchesa di Montelimar.
Il figlio del Corsaro Rosso osservava attentamente il veliero
che le prime ombre cominciavano ad avvolgere.
Una calma assoluta pareva regnare a bordo. Si era udito solo
il rullare del tamburo che chiamava gli uomini a cena nel frapponte, poi più
nulla.
- Signor conte, - disse il guascone, quando l'ultimo sprazzo
di luce scomparve - abbordiamo?
- Aspettate un po', impaziente guascone - rispose il signor di
Ventimiglia. - Avete tanta fretta di menare le mani?
- Non sarei un avventuriero! E poi la mia draghinassa è stanca
di rimanere inoperosa. Tutte le mattine mi domanda di sbudellare qualcuno e non
trovo mai l'occasione di accontentarla.
- Non vi mancheranno, ve l'assicuro.
- Sapete che noi guasconi...
- Sì, uccidete sempre, - rispose il conte, con un sorriso un
po' ironico.
- Non sarei un guascone, diavolo! - disse don Barrejo.
- Mendoza!
- Capitano?
- Punta diritto sulla fregata. Ormai gli spagnuoli non possono
più scorgerci.
- Date dentro ai remi, pagani! - gridò il lupo di mare agli
africani.
L'oscurità era piombata quasi improvvisamente sulla piccola
rada, avvolgendo lo specchio d'acqua ed il capo Tiburon.
La scialuppa attraversò velocemente la distanza che la
separava dalla fregata ed abbordò il legno a bordo, ossia verso l'opposta parte
occupata dagli spagnuoli, per non essere colpiti da qualche cannonata, fosse
pure sparata a casaccio.
Con suo profondo stupore il conte non udì gli uomini di
guardia dare l'allarme, quantunque la prora dell'imbarcazione avesse urtato sonoramente
il fianco del veliero.
- Che cosa fanno i miei uomini? - si chiese aggrottando la
fronte.
- Si lasciano abbordare senza accorgersene?
- Io credo, capitano, che voi abbiate torto di lamentarvi -
disse Mendoza. - Sono troppo furbi i vostri marinai. Se sulla nostra barca vi
fossero degli spagnuoli, scommetto che a quest'ora le granate scoppierebbero
sulle nostre teste come gragnuola. Il signor Verra non è un marinaio da
lasciarsi sorprendere.
La scala di corda toccava l'acqua, permettendo una facile
ascensione. Il conte l'afferrò e si issò fino sul ponte della fregata,
gridando:
- Si dorme qui?
- No, signor di Ventimiglia, anzi si veglia attentamente e vi
si aspettava - rispose una voce.
Un uomo era improvvisamente apparso dinanzi al conte, smascherando
una lanterna che fino allora aveva tenuta coperta con un pezzo di velaccio.
Era un bel giovane di non ancora trent'anni, dai lineamenti
piuttosto duri, con baffi e barba nerissimi, di statura alta e slanciata.
- Voi, luogotenente! - esclamò il conte stupito.
- Vi aspettavo da parecchie ore, capitano - rispose il
giovane. Vi avevo già veduto col cannocchiale e mi ero immaginato che non
avreste tardato a raggiungere la vostra nave. E poi ero stato avvertito dal
pescatore d'una certa marchesa di Montelimar che eravate già giunto nei
dintorni del capo Tiburon e anche che gli spagnuoli ci hanno preparato un
agguato.
- Ed è purtroppo vero, signor Verra! - rispose il conte. -
Aspettano che noi salpiamo le âncore per darci addosso attraverso il Capo.
- E noi siamo pronti a riceverli! - rispose il luogotenente. -
I vostri uomini sono tutti ai loro posti di combattimento e le artiglierie non
chiedono che di sparare.
- Bene! - disse il conte. - È uscito nessun galeone da San
Domingo?
- Ne è passato uno dinanzi a noi, quattro o cinque ore or
sono. Martin mi ha assicurato che doveva essere la Santa Maria.
- Dove andava?
- Verso ponente.
- Sapremo raggiungerla. Sono troppo pesanti quei galeoni per
competere con le fregate e soprattutto con la nostra. Prima di domani mattina
noi l'abborderemo e avremo nelle nostre mani il segretario dell'ex governatore
di Maracaibo.
- Devo far salpare le âncore e spingere le vele, conte?
- Un momento ancora, luogotenente - rispose il signor di
Ventimiglia, il quale rispondeva a scatti. Si curvò sulla murata e gridò ai
negri della scialuppa:
- Tornate subito al padiglione dei bagni, se vi preme la vita.
Portate alla marchesa vostra padrona e al bucaniere i miei ultimi saluti...
Martin!
Il meticcio, che stava seduto su un barile chiacchierando con
Mendoza e col terribile guascone, fu pronto ad accorrere.
- La mia divisa rossa - disse il conte. - Il figlio del
Corsaro Rosso non si batte sotto le vesti d'un pescatore. La mia spada di
combattimento e la mia corazza. Signor Verra, fate spiegare le vele e date
ordine agli artiglieri di non fare risparmio di mitraglia. Vedremo se sapranno
arrestarmi attraverso il capo Tiburon e se la Santa Maria riuscirà a
fuggire alla nostra caccia. Fate presto!
Mentre il fischietto di Mendoza chiamava i marinai agli argani
per salpare le âncore ed i gabbieri per spiegare completamente le vele, ed il
luogotenente dava le ultime disposizioni per il combattimento imminente, il
corsaro scese nel quadro di poppa seguito dal guascone e da Martin.
Quando ricomparve era tutto vestito di rosso, come era
comparso negli splendidi saloni della marchesa di Montelimar, con una nuova
spada al fianco e le pistole di grosso calibro alla cintola.
Salì sul ponte di comando, situato sul davanti dell'altissimo
quadro, ed imboccato il portavoce, gridò:
- Alla vela! Tutti al posto di combattimento! Il figlio e
nipote dei tre grandi corsari vi guida e vi guarda!
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