PARTE SECONDA
- È Xeres o Alicante questo?
- Per la mia morte non me ne intendo più, compare.
- Avete bevuto troppo?
- Un guascone!... Che cosa dite, signor Mendoza?... Volete
offendermi?
- Niente affatto, don Barrejo.
- Perché i guasconi non tollerano offese.
- Lo sappiamo da un pezzo, don Barrejo, - disse il basco.
Forse che non siamo del mar di Biscaglia?
- Ma voi siete dall'altra parte.
- E voi altri siete dall'altra pure.
- No!...
- Voi non siete marinaio, quindi non sapete orizzontarvi.
- Un guascone!...
- Caramba!... Non sapete orientare nemmeno il vino! Ne
volete una prova? Voi non sapete se quello che beviamo in questo momento sia
Xeres od Alicante.
Il guascone si grattò a lungo la testa, facendo parecchie
smorfie, poi prese la tazza di terra cotta che gli stava dinanzi e con solenne
gravità assaggiò lentamente il liquido che conteneva.
- Vi avverto, don Barrejo, che, dopo quello che state bevendo,
io non metterò fuori più un soldo, perché il famoso doblone che abbiamo
scommesso nella cantina della marchesa di Montelimar l'abbiamo già fatto
rotolare, tutto d'un pezzo!...
- Tutto il doblone bevuto!... - gridò il guascone.
- Me lo ha detto or ora il taverniere.
- Quello è un ladro!... Noi abbiamo bevuto un doblone?...
Quanto fa pagare queste bottiglie?
- Che ne so io? L'aritmetica non è mai stata il mio forte.
- Vi ripeto che è un ladro!...
- È probabile, tuttavia non andrò a gridarglielo sul muso.
- Voi non siete un guascone.
- Volete far nascere delle questioni? Sapete che il signor
conte ci ha raccomandato la massima prudenza e che ci troviamo in mezzo a
nemici.
- Un guascone non ha mai paura. Andrò a rompere la testa a
quel ladrone che divora, con qualche bottiglia, dei dobloni.
- Uno... uno solo, don Barrejo, - disse Mendoza.
- In Guascogna con un doblone si beve un anno intero.
- Qui siamo in America.
Il guascone, che aveva bevuto un po' troppo, anzi molto,
scattò.
- Ladri di spagnuoli! - urlò, fracassando la tazza che aveva
appena allora deposta. - A vuotare le tasche!
Questa scena comica, che poteva però con molta probabilità
diventare tragica da un momento all'altro, succedeva in una delle numerose
taverne di Pueblo-Viejo, una cittadina spagnuola distante
non molte decine di leghe dalle coste dell'Oceano Pacifico, assai ben munita di
forti e di artiglierie e che cominciava in quell'epoca ad assumere una certa
importanza, malgrado la vicinanza di Nuova Granata.
La taverna era una delle più rispettabili della città,
frequentata assiduamente da borghesi e soprattutto da avventurieri reduci dal
Messico, ben forniti d'oro e pronti a qualunque sbaraglio; e tutto pel motivo
che il taverniere offriva alla sua rispettabile clientela dello Xeres e
dell'Alicante autentico, il quale aveva attraversato lealmente l'Atlantico ed
era maturato sotto il dolce sole della vecchia Spagna, la madre patria.
All'ingiuria scagliata dal guascone, dai trenta o quaranta
bevitori che occupavano in quel momento la sala della taverna, centellinando le
loro bottiglie e chiacchierando amichevolmente da tavolino a tavolino, un grido
d'indignazione si era alzato.
- Chi è che ci offende?
- Gettate fuori dalla porta quell'ubbriacone!...
- Pestate il muso a quel mascalzone!...
- Fuori!... Fuori!...
Il guascone era balzato in piedi, rosso come un gambero cotto,
colla sinistra posata fieramente sulla sua terribile draghinassa.
- Pare che si gridi contro di me, - disse, saettando, coi suoi
occhietti neri, borghesi e avventurieri.
- Fuori, mascalzone! - urlò un omaccio barbuto, che portava al
fianco una draghinassa non meno lunga di quella del guascone.
Don Barrejo si volse verso il basco, il quale stava
sorseggiando tranquillamente il suo Xeres, come se la cosa non lo riguardasse
affatto.
- Avete mai veduto, compare, della gente così insolente?
chiese.
- Quando io sto gustando del buon vino, divento sordo, -
rispose il basco, il quale rideva sotto i baffi.
- Io faccio una frittata di tutti questi pappagalli!...
- Badate che quei pappagalli hanno becco e artigli e che sono
capaci di fare a pezzi un guascone, abiti al di qua o al di là del mar di
Biscaglia, - rispose il basco. - Picchiano sodo, quando ci si mettono, e hanno
del coraggio da vendere, ve lo dico io.
Gli avventurieri si erano radunati in un angolo della sala,
urlando sempre:
- Fuori!... Fuori!...
- Chi fuori? - urlò il guascone con voce formidabile.
- Tu, che sei briaco, - rispose l'omaccione barbuto.
- Un guascone!...
In quel momento comparve il taverniere, armato d'una pesante
casseruola, seguito da quattro aiutanti che si erano muniti frettolosamente di
spiedi, anzi così frettolosamente, che uno portava ancora infilzata un'anitra
mezzo arrostita.
- Che cosa vuole questa gente? - urlò il guascone.
Poi, vedendo l'anitra infilzata nello spiedo, comandò con voce
tuonante:
- A me quel morto, ladro d'un taverniere!... Ci servirà da
cena e pago io questa volta, è vero, Mendoza?
- Te lo getto sul muso, brutto meticcio! - strillò il
taverniere. E poi ti romperò la testa colla mia casseruola!
Uno scoppio di risa immenso accolse la risposta del
taverniere, ma non rise il terribile guascone.
- Tonnerre! - urlò. - Da quando si
caricano i guasconi a colpi di casseruola!... Furfante d'un taverniere, lascia
almeno il posto ai tuoi aiutanti! Hanno degli spiedi e gli spiedi sono armi in
tutti i paesi dell'orbe terracqueo!...
Fu uno scoppio di risa che seguì la truce risposta del
guascone. Ridevano i borghesi e gli avventurieri, ma forse rideva di più il
basco, quantunque gli spiacesse che quel rodomonte si compromettesse, dopo le
tante raccomandazioni del figlio del Corsaro Rosso.
- Quest'uomo è pericoloso, - ripeteva il bravo marinaio. - Il
mio doblone gli è salito al cervello e chissà ora che cosa farà questo stretto
parente del diavolo. La nostra missione finirà qui, pur troppo.
Il taverniere, irritato dalle risa sardoniche dei borghesi e
degli avventurieri, si era avanzato minacciosamente contro il guascone, colla
casseruola alzata, urlando ferocemente:
- Fuori di qua, ubbriacone, o ti rompo il muso!... Via!...
Via!... Non voglio scandali qui!
Don Barrejo, che già vedeva rosso, divenne questa volta
pallido.
- Miserabile! - tuonò. - Il muso lo hanno gli animali e non
già gli uomini e meno ancora i guasconi! A me dare del maiale... Spillerò il
tuo sangue e lo darò da bere a questa onorevole compagnia.
Un urlo d'indignazione si alzò fra i presenti.
- Bevilo tu!...
- Vivaddio, - gridò il guascone. - Lo berrà allora la mia
spada!...
- Se avrà sete, - disse Mendoza, il quale non cessava di
ridere.
Il taverniere aveva fatto qualche passo innanzi, impugnando
sempre la sua terribile casseruola.
Era un omaccio, alto e grosso quanto l'avventuriero barbuto,
capace di dare una solenne lezione al rodomonte del mar di Biscaglia, se avesse
avuto fra le mani qualche cosa di meglio d'una casseruola.
Sicuro però di essere validamente spalleggiato dai suoi
aiutanti e dai suoi clienti, si avanzò intrepidamente contro il guascone,
gridando:
- Uscite sì o no, ubbriacone? La mia taverna è frequentata da
persone dabbene, che non desiderano affatto di essere disturbate.
- E che si lasciano derubare come pecoroni, - rispose il
guascone, - perché tu sei il più grande ladro che io abbia conosciuto sulla
terra.
- A me, ladro! - strillò il taverniere, inferocito. - Ora ti
accoppo!
Aveva fatto un altro passo innanzi, minacciando di far uso
della sua casseruola.
Il guascone che doveva aver perduto l'orientazione dopo le
copiose bevute, trasse con un gesto maestoso la sua draghinassa e si mise
bravamente in guardia, dicendo a Mendoza:
- Avanti i guasconi!
Il lupo di mare rimase tranquillamente seduto dinanzi alla sua
tazza, ancora quasi piena, dicendo:
- Ma che!... Io sono un basco che abita dall'altra parte del mar
di Biscaglia!
Don Barrejo fece una smorfia, poi si slanciò come un toro
furioso contro il taverniere, vociando come un ossesso:
- Largo ai guasconi!
La sua draghinassa piombò con un fragore assordante sulla
casseruola, facendola saltare dall'altra parte della sala con un fragore
assordante, poi si precipitò contro l'aiutante che aveva ancora infilzata
l'anitra nello spiedo.
Levargliela di colpo con una puntata meravigliosa e gettarla
sul tavolino, proprio dinanzi a Mendoza, fu l'affare d'un momento.
- Per la cena, compare! - gridò. - Lo Xeres mi ha messo
indosso un appetito sorprendente. La mangeremo quando avrò accoppata tutta
questa gente. Ecco quello che sanno fare i guasconi!
Gli aiutanti ed il taverniere, spaventati dall'aspetto
terribile del formidabile spadaccino, erano scappati più che in fretta in
cucina, gettando gli spiedi; però non era scappato l'uomo barbuto, un vero tipo
d'avventuriero giunto forse dal Perù o dal Messico.
- Señor, - disse, facendosi innanzi e sguainando a sua volta
la sua draghinassa. - Contro i cuochi del taverniere combattete
meravigliosamente e fate fuggire perfino le casseruole. E le spade? Vorrei vedervi se sareste capace
di fare altrettanto. Ci avete fatto
ridere ed ora cominciate ad annoiarci. O
uscite, o vi accenderemo qui dei ceri.
Mendoza, che fino allora aveva riso, si era alzato, snudando
rapidamente la sua spada.
Don Barrejo, accortosene, si volse verso di lui, dicendogli:
- Ohé, compare, lasciate fare ai guasconi. I baschi verranno
dopo se ve ne sarà bisogno.
- Voi avete bevuto troppo e un colpo di spada piomba senza
accorgersene.
- Vi darò ora, compare, una solenne smentita.
L'omaccio barbuto buttò a terra la sua draghinassa, dicendo
con voce irata:
- Mi pare che si chiacchieri troppo qui. Sareste voi invece i
pappagalli?
- Se non sono sordo, voi avete detto ad un guascone del
pappagallo! - gridò don Barrejo.
- Guascone o non guascone, vi dico che se non siete un
pappagallo sarete di certo una scimmia rossa! - urlò l'avventuriero,
impazientito.
- Avete udito, compare? - chiese il guascone, volgendosi verso
Mendoza, il quale frenava a stento le risa. - Ci ha chiamato scimmie rosse.
- Voi solo, per ora, - rispose il filibustiere.
- Lo dico anche a voi, - disse l'avventuriero irritato.
- Avete udito, compare? - chiese il guascone.
Mendoza posò la spada sulla tavola e levò di sotto la casacca
una navaja, aprendola.
Fra il profondo silenzio che regnava nella sala, disse con
voce grave:
- Se il mio amico non vi getterà a terra, quest'arma, che non
è lunga nemmeno un terzo della vostra spada, vi spaccherà la gola. Parola di
basco!...
- Uh! che spacconi! - gridò l'avventuriero.
- Ohé, compare, aspetterete prima che gli tagli la barba,
disse il guascone. - Potrebbe far deviare la lama.
- Io però prima ti metterò in bocca le budella!
- I guasconi non hanno mai mangiato di questa roba, rispose
don Barrejo.
- Finitela, cialtrone!
- A me cialtrone!
- Buffone!
- A me buffone!
- Pauroso!
- Un guascone!
- Vieni avanti furfante!
- Ecco che ti faccio la barba!
Il guascone si era slanciato innanzi, colla draghinassa tesa,
minacciando di passare da parte a parte l'avventuriero.
Questi aveva fatto subito un salto indietro, mettendosi in
guardia.
- Tu non sei uno spadaccino, - disse il guascone. - Tu credevi
di aver dinanzi qualche indiano e non un maestro d'armi. Allunga un po' la
gamba destra, per Bacco!... Quella lì è la guardia d'uno scolaro.
- Canarios! Prendi questa! ruggì l'avventuriero,
tirando un colpo furioso.
Il guascone fu lesto a parare.
- Non è così che si attacca, - disse don Barrejo. - Il vostro
maestro non valeva niente: era un vero asino.
- Pretendete d'insegnare la scherma a me? - urlò l'omaccione
barbuto, sbuffando.
- Un guascone insegna la scherma a tutti gli spadaccini del
mondo, esclusi gl'italiani. Ah!... Quelli sono veramente terribili e fanno
sudare a freddo ed a caldo.
- Tirate, invece di chiacchierare, scimmia rossa!
I bevitori, che si erano addossati alle pareti per non
prendersi qualche colpo di draghinassa, per la terza volta scoppiarono in una
clamorosa risata.
Il guascone li guardò trucemente.
- Silenzio o dopo verrà la vostra volta, - disse. - Le scimmie
rosse talvolta sono pericolosissime.
- Ma basta, chiacchierone! - urlò l'avventuriero. - Tirate o
vi faccio portare da bere.
- Fate pure, però vi avverto che vuoterò la coppa dopo
d'avervi tagliata la barba e d'aver spillato un po' del vostro sangue. Quella
gamba è sempre fuori di posto!... Allungatela dunque un po' più!...
- Questo è troppo!...
- È ancora poco: alzate la mano sinistra. Che diavolo!... Il
vostro maestro non valeva nemmeno un fico secco.
La risposta fu un'altra terribile stoccata, che avrebbe
indubbiamente passato il guascone da parte a parte, se non fosse stato lesto a
parare anche quella.
- Ecco una bellissima botta, - disse don Barrejo. - Il vostro
maestro non era un vero asino.
- Era del Brabante, - disse l'avventuriero.
- Scuola fiamminga: ottima, non c'è che dire. Siete anche voi
del Brabante?
- Certo.
- Toh!... Ed io che vi avevo preso per uno spagnuolo
autentico.
- No, sono fiammingo.
- Non mi rincresce di saperlo, - disse don Barrejo, sempre
calmo. - Quella scuola non la conoscevo prima di questo momento. Date un'altra
stoccata dunque.
- Credete di essere in una sala d'armi? Badate che io intendo
di uccidervi.
- Fate pure, senza preoccuparvi della mia persona, - disse don
Barrejo.
- Allora parate anche questa!
Il guascone aveva fatto un salto indietro, guardando con un
certo stupore il suo avversario.
- Questi sono colpi maestri, - disse. - La faccenda comincia a
diventare un po' seria. In gamba, guascone!
L'avventuriero tornava alla carica, premuroso di finirla con
quell'indiavolato chiacchierone.
Tirò una dietro l'altra quattro o cinque stoccate, con
rapidità fulminea, poi, non essendo riuscito nel suo intento, fece passare la
draghinassa dalla mano destra a quella sinistra, dicendo al guascone, che aveva
sempre parato con un'abilità straordinaria:
- Ora vi darò la botta segreta che mi ha insegnato
quell'asino, come voi l'avete chiamato, del mio maestro.
Poi, volgendosi verso il taverniere ed ai suoi aiutanti che
stavano impalati sulla porta della cucina, aggiunse:
- Preparate i ceri pel signore: fra mezzo minuto quest'uomo
sarà morto!
Il guascone ebbe un moto di collera.
- Tonnerre! - esclamò. - Volete
spaventarmi? Se non fossi un guascone vi confesso, signor uomo barbuto, che le
vostre lugubri parole mi avrebbero sinistramente impressionato.
Poi, guardando il taverniere che era ritornato tenendo nelle
mani due candele, gli disse:
- Lasciate pure i ceri in cucina per ora: vivaddio sono ancora
vivo e non sono ancora ben certo che la draghinassa del signore spacchi in due
la mia carcassa. Non sono già fabbricato con mollica di pane io e qui dentro vi
sono delle ossa e ossa guascone.
- Spaccone! - gridarono gli avventurieri ed i borghesi.
Mendoza impugnò la spada e, muovendo verso di loro, disse con
voce grave:
- Silenzio, voi!... Qui vi sono in giuoco due vite umane e non
dovete parlare. Don Barrejo: in guardia!...
- Lasciate fare a me, compare, - rispose il guascone. - Sono
molto curioso di conoscere queste famose bòtte segrete dei maestri fiamminghi.
Quando tornerò in patria le insegnerò ai miei amici.
La calma meravigliosa del terribile spadaccino aveva
impressionato i bevitori.
Un profondo silenzio regnava nella taverna. Si sarebbe detto
che tutti trattenevano il respiro per non turbare i due avversari.
L'omaccio barbuto si era messo in guardia, piegando le
ginocchia e aggomitolandosi quasi su sé stesso, per non offrire forse troppo
bersaglio al guascone.
La sua draghinassa stava tesa, in linea diritta; senza la più
piccola oscillazione. Studiava certamente il suo colpo misterioso.
Don Barrejo lo fissava intensamente, come se cercasse di
leggergli dentro gli occhi la stoccata che stava meditando.
Aveva presa la guardia di seconda, scoprendosi tutto.
- Deve essere ben sicuro di sé stesso, - mormorò Mendoza, che
era pure un bravissimo spadaccino, - per esporsi in tale modo. Che faccia un
arresto?
Il fiammingo continuava ad abbassarsi verso terra, anzi aveva
appoggiata la mano sinistra sul pavimento di legno, come se avesse voluto
tentare il famoso colpo del cartoccio e s'allungava innanzi, tenendo sempre la
draghinassa in linea.
Il guascone seguiva attentamente tutte quelle mosse
misteriose, domandandosi, non senza una certa inquietudine, che specie di colpo
stava per portargli quell'uomo barbuto.
Certo avrebbe preferito un attacco furioso, accompagnato da
urla e da gran colpi. Nondimeno quell'accidente d'uomo conservava una calma
ammirabile e non staccava un solo istante i suoi sguardi da quelli del
fiammingo. Si sarebbe anzi detto che cercava di affascinarlo come i serpenti
affascinano i piccoli volatili.
Nella sala continuava a regnare un assoluto silenzio. Tutti
attendevano con ansietà quel terribile colpo che doveva, probabilmente mandare
all'altro mondo uno o l'altro dei due avversari.
Ad un tratto il fiammingo, che non aveva cessato di abbassarsi
contro il pavimento, allungandosi come un crotalo, scattò con impeto terribile.
La sua lama scintillò un momento solo e andò a colpire il
guascone, non già verso il cuore, bensì verso il basso ventre.
Si udì un colpo secco e con immenso stupore di tutti la
draghinassa del fiammingo, invece di squarciare gl'intestini di don Barrejo,
saltò verso il fondo della sala, spaccando alcune bottiglie che si trovavano su
un tavolo.
Il fiammingo si era prontamente rialzato, guardando con
spavento il guascone, il quale rideva a crepapelle, mentre gli spettatori
prorompevano in un applauso fragoroso, gridando:
- Bella parata!...
- Meravigliosa!...
- Siete un famoso spadaccino!...
- Offriamogli da bere, caramba!...
L'uomo barbuto, rosso di collera, s'avvicinò al guascone,
dicendo:
- M'avete vinto: uccidetemi!...
- Ma che!... Non ammazzo nemmeno i mosquitos io, eppure
quelli qualche volta non mi lasciano dormire. Che cosa volete che ne faccia
della vostra pelle, io? Fosse quella d'un giaguaro o d'un coguaro varrebbe
almeno qualche cosa; quella umana non può servire che agli antropofaghi del
Darien e quelli sono un po' troppo lontani.
- Siete una piazza inattaccabile, voi?
- Una roccia guascone, - rispose don Barrejo.
- Che cosa posso fare ora per voi? Riprendere la mia
draghinassa e ricominciare il duello?
- Adagio, caballero, - disse il taverniere,
avanzandosi. - Voi non riavrete la vostra spada, se prima quel signore là non
mi pagherà le quattro bottiglie d'aguardiente e le due di malaga
autentica che mi ha spezzate.
- Chi è quello là? - chiese il guascone.
- Voi.
- E volete che io paghi?
- Dieci piastre.
- Bah!... Cane d'un ladro! - urlò il guascone. - Ci hai rubato
prima un doblone, dandoci da bere dei veleni, ed ora vuoi derubarci ancora?
- Basta! - vociò il taverniere, furibondo. - Ne ho fino sopra
i capelli di voi!... Va' fuori, mascalzone!...
- A me!...
- Corpo di Satana! - gridò il fiammingo. - L'oste è diventato
matto! Dammi la mia draghinassa o ti getto in aria anche le botti che hai in
cantina.
- Pagatemi le dieci piastre! - strillò il taverniere.
Il guascone fece colla sua draghinassa un terribile molinello,
tuonando:
- Avanti i guasconi, i baschi ed i fiamminghi!... Finiamola
con quell'impertinente!
L'impertinente però, se non era un uomo di spada, non era
nemmeno un pauroso, poiché scaraventò addosso ai due filibustieri ed al
fiammingo che si era unito a loro, una casseruola, mentre i suoi aiutanti, non
meno inferociti di lui, facevano volare piatti e bottiglie, facendo un fracasso
infernale.
I bevitori, spaventati, temendo di tornarsene a casa colla testa
rotta, spalancarono la porta, scappando a tutte gambe.
Il guascone, Mendoza ed il fiammingo facevano intrepidamente
fronte all'assalto dell'oste e dei suoi quattro uomini, scaraventando sedie e
sgabelli in tutte le direzioni, e fracassando fiaschi e bottiglie.
Xeres, Malaga, Alicante, Porto e Aguardiente scorrevano sui
banchi e sui tavoli, mentre piatti, bottiglie, casseruole, secchi, padelle e
spiedi continuavano a volare attraverso la sala, aumentando i danni.
- Accoppiamo questi manigoldi! - urlava ferocemente il
guascone, il quale battagliava furiosamente contro quella grandine di
proiettili, menando colpi di draghinassa.
Il fiammingo aveva sradicata una tavola e, dopo averla
rovesciata, vi si era nascosto dietro, rimandando al loro indirizzo bottiglie e
tondi, con una rapidità prodigiosa, mentre il basco non cessava di lanciare
sgabelli.
Quella battaglia durava da qualche minuto, quando uno dei
bevitori usciti poco prima, rientrò, gridando:
- La ronda!... Scappate!
Il guascone afferrò la tavola dietro la quale si riparava
Mendoza e la scaraventò contro il taverniere ed i suoi aiutanti, fracassando
una cinquantina di bottiglie che stavano allineate sul banco.
I cinque uomini, spaventati dal fracasso prodotto da tutti
quei vetri, infilarono la porta, urlando a squarciagola:
- A noi, guardie!... Ci accoppano!...
- Scappiamo, - disse il fiammingo. - Signori, vi è un'altra
uscita dalla parte della cucina.
- Guidateci, - disse il guascone.
- E la mia draghinassa?
- L'ha portata via quell'oste maledetto.
- Furfante!...
- Ve lo avevo detto io che era un ladrone patentato! - disse
don Barrejo. - Ci ha rubato un doblone!
- Scappiamo! - gridò Mendoza.
I tre avventurieri si precipitarono verso la cucina, saltando
sopra i tavoli e gli sgabelli che ingombravano il suolo.
- Satanasso! - gridò l'uomo barbuto. - Hanno chiusa la
porta!...
- Si salta dalla finestra, - disse il guascone. - Ve ne sono
due qui, se non m'inganno. Signor basco sfondatene una.
- Lasciate a me quest'incarico, - rispose il fiammingo. - Sono
forte come un toro!...
- Infatti avete delle buone spalle, molta polpa e molte ossa,
disse il guascone.
Il fiammingo, vedendo appesa alla parete una grossa mazza di
legno che serviva certamente ai cuochi del taverniere per battere le
costolette, l'afferrò e percosse così furiosamente le imposte d'una finestra,
da farle cadere sulla via con un fracasso indiavolato.
Quattro o cinque voci si erano subito alzate.
- Ohé!... Volete accoppare la gente?
- Che cosa succede in questa taverna, questa sera?
- È scoppiata una rivoluzione?
Il guascone fu lesto a saltare sul davanzale ed a gettarsi
sulla via, cadendo in mezzo ad un gruppo di nottambuli.
- Chi siete? urlarono in coro.
- Scappate! gridò il guascone. - È fuggito un giaguaro che stava
chiuso in una gabbia e sta divorando l'oste!
I nottambuli, udendo quelle parole, alzarono i tacchi,
scomparendo con velocità fulminea attraverso le viuzze della città.
- Voi siete un uomo di genio, - disse il fiammingo, il quale a
sua volta era saltato sulla strada. - Chi sarebbe entrato lì dentro, sapendo
che vi è un giaguaro? Ah!... La splendida trovata!
Anche il basco aveva fatto il suo salto.
- Lasciate i giaguari ed i coguari e giuocate di gambe, -
disse. - Volete farvi prendere dalla ronda?
- A vento in poppa! - gridò il guascone, allargando le sue
lunghissime e magre gambe. - Facciamo correre la ronda. Signor fiammingo,
badate che i guasconi ed i baschi sono agili come i cervi.
- Lo so, - rispose l'omaccio barbuto, prendendo lo slancio.
Si erano messi tutti tre in corsa, seguendo la riva d'un
torrentello il quale pareva che tagliasse a metà
Pueblo-Viejo.
Avevano percorso un due o trecento passi, quando sbucarono in
una via trasversale, che era ingombra di persone.
Vedendo comparire i tre fuggiaschi, un grido si alzò fra quei
nottambuli.
- Ecco i ladri!...
- Ferma!... Ferma!...
- Chiama la ronda!...
- Maledetto oste! - vociò il guascone, sguainando la sua
draghinassa. - È sempre fra i miei piedi!... Ora lo sgozzo come un pollo!...
- Apriteci invece il passo! - gridò il fiammingo, il quale si
trovava inerme.
Il guascone piombò in mezzo al gruppo, dando piattonate a
destra ed a sinistra, mentre Mendoza punzecchiava colla sua spada i più vicini,
urlando:
- Largo!... Largo!... Abbiamo un giaguaro alle spalle ed è
rabbioso!
Fu un'altra fuga generale. Il taverniere però, che sapeva di
non aver nella sua cantina alcuna bestia feroce, si gettò da un lato,
continuando a gridare:
- Aiuto!... I ladri!... Avanti la ronda!
Il guascone ed i suoi due compagni avevano ripreso lo slancio,
mentre dalla taverna che era vicinissima, uscirono precipitosamente due
alabardieri e due archibugieri difesi da corazze d'acciaio e da elmetti.
- Accoppateli! - urlò l'oste. - Sono filibustieri!
Non ci voleva di più per mettere le ali ai piedi della ronda.
I filibustieri erano troppo temibili per lasciarli scappare impuniti, sicché i
quattro bravi militi si slanciarono dietro ai fuggiaschi, urlando a loro volta:
- Ferma!... Ferma!... I filibustieri!... All'armi!...
All'armi!...
- Tonnerre! - gridò il guascone. -
Eccoci sulle spalle un grosso affare!...
Gambe, Mendoza!... Gambe fiammingo!...
- Io non ho i garretti dei baschi e dei guasconi! - brontolò
l'omaccio barbuto, il quale soffiava come un mantice. - I fiamminghi non sono
cani da corsa!
Bene o male, sagrando e sbuffando, teneva però dietro ai lesti
figli del mar di Biscaglia, i quali filavano come lepri inseguite dai bracchi.
Quella seconda corsa non durò però molto, poiché il guascone,
che stava dinanzi a tutti, tutto d'un tratto si fermò, facendo poi tre o
quattro salti indietro.
- Che cosa c'è? - chiese Mendoza, il quale giungeva buon
secondo.
- La via è chiusa!
- Non c'è un passaggio?
- No, compare.
- Date la scalata alla casa che ci chiude il passo!... Ai
guasconi nulla è impossibile.
- Non sono un gatto.
- Allora siamo presi!... La ronda ci è alle spalle! - disse il
fiammingo. - Datemi un spada.
- Per cosa farne? - chiese il basco.
- Per cacciare la ronda.
- E farci fucilare? Contro gli archibugi non valgono le armi
bianche.
- Io credo, signori, - disse don Barrejo, ringuainando la
draghinassa, - che la divertentissima scena finisca proprio in fondo a questa
via senza uscita. La colpa è della vostra barba, signor fiammingo. Se voi
rimanevate zitto, io accoppavo quel ladrone di taverniere e tutto sarebbe
finito lì.
- Se l'avessi saputo prima, me la tagliavo, - rispose il
fiammingo.
- Ecco la ronda, - disse Mendoza, ringuainando pure la spada.
Siamo fritti.
- Non ancora, compare, - rispose il guascone. - Lasciate fare
a me e vedrete che colpo giuocherò io in Pueblo-Viejo!...
- Io sono certo di prendere d'un colpo solo dos paiaros e
un golpe come dicono questi spagnuoli.
- Signor fiammingo, avete un sigaro?
- Dei cubani e dei migliori.
- Datemene uno e voi accendetene un altro. Diamine!... Si può
ben fumare in barba alla luna.
In quel momento i due alabardieri ed i due archibugieri si
precipitarono entro la via senza uscita, gridando con voce minacciosa:
- Arrendetevi o facciamo fuoco!...
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