La pace firmata in sul finire del XVII secolo fra le diverse
nazioni marinaresche, specialmente fra la Spagna, la Francia, l'Inghilterra e
l'Olanda, aveva messo a mal partito i filibustieri che avevano preso stanza
sull'isoletta della Tortue.
Abbandonati a se stessi, non più protetti dalle nazioni
nemiche della Spagna, privi di patenti di corso che accordavano loro il diritto
di belligeranti, un gran numero di loro avevano deciso di portare la guerra
sull'Oceano Pacifico, memori della famosa conquista di Panama compiuta alcuni
anni prima da Morgan.
Ormai sulle coste del golfo del Messico avevano rovinate tutte
le più importanti città spagnuole ed avevano ridotto gli abitanti alla miseria.
Sulle coste del Pacifico invece, Panama era risorta più fiorente e più ricca
che mai, e numerose città vivevano dei fiumi d'oro che le inesauribili miniere
del Messico e del Perù rovesciavano verso l'America centrale.
Conoscevano già l'Oceano Pacifico e sapevano, per l'esperienza
che avevano fatta in alcune spedizioni, come colà gli spagnoli stavano in poco
sospetto e non molte erano le forze che si trovavano nelle varie città
costiere.
E così, verso il principio del 1684 i filibustieri della Tortue
cominciarono a lasciare il golfo del Messico, impazienti di mettere le mani sui
galeoni provenienti dal Chili, dal Perù e dalla California.
La prima partita si componeva di ottocento inglesi, ai quali
tennero poi dietro duecento francesi, poi altre più piccole, che forse non
riuscirono a vedere le onde dell'Oceano, poiché nessuno udì mai più parlare di
queste ultime.
Quei filibustieri, come abbiamo detto, erano inglesi, danesi,
francesi e non mancavano avventurieri di Genova e di Venezia fra di loro.
I primi montavano nove legni, i francesi e gli altri uno solo,
ed erano sotto la direzione d'un famoso corsaro inglese chiamato Davis.
Quando leggiamo nelle storie dei navigatori del 1700, Cook,
Bougainville, La Perouse, Krusenster e tanti altri, e le grandi difficoltà che
essi incontrarono veleggiando dall'Atlantico al Pacifico, non si può che
rimanere meravigliati al più alto grado dell'audacia di quei corsari che, con
scarsissime nozioni geografiche, con pochi mezzi, con legni semiguasti, coi
quali prudentemente oggidì un marinaio anche valente non ardirebbe tentare un
tragitto di duecento leghe, poterono effettuare il loro disegno di girare il
capo Horn per penetrare nel Pacifico.
Eppure è storia vera: dopo immense tribulazioni, dopo tempeste
spaventevoli, nel Marzo del 1685 quella piccola squadra girava la Terra del
Fuoco e metteva arditamente le prore verso le coste del Perù, bramosa di
abbordaggi e di prede spagnuole.
Il primo incontro fatto da quei mille e cento uomini, i quali
montavano due fregate, una da trentasei cannoni e l'altra da sedici, cinque
legni minori senza grossa artiglieria e tre miserabili barcaccie, fu un veliero
spagnuolo, che tosto predarono.
Avendo inteso dal prigionieri caduti nelle loro mani come
tutti i legni mercantili avessero ricevuto l'ordine dal viceré del Perù di non
abbandonare i porti della costa, fino a tanto che una squadra non avesse
purgato l'Oceano dai filibustieri, il cui disegno di portarsi nelle acque
occidentali dell'America era ormai già trapelato, Davis guidò la sua flotta
verso il settentrione, facendo di quando in quando delle prede.
Fu uno sgomento generale fra tutti gli spagnuoli dell'America
centrale, quando videro la flotta corsara apparire improvvisamente, in vista di
Panama, ormai risorta più fiorente dopo la distruzione compiuta da Morgan.
La comparsa di quei terribili uomini aveva subito svegliata la
memoria dei disastri in addietro sofferti da simili ladroni e Davis perciò non
osò dare l'attacco alla città e andò a gettare le sue âncore all'isola di Taroga,
dopo d'aver incrociato per ben quattro settimane dinanzi alla baia, in attesa
che dei legni uscissero.
Il viceré, chiesti aiuti al Perù ed al Messico, forma una
squadra e la manda verso l'isola per sterminare quei pericolosi ladroni.
Si componeva di sette navi da guerra, due delle quali
contavano settanta cannoni ciascuna.
Il mare era tempestoso e niuna proporzione vi era fra gli uni
e gli altri. Per di più i filibustieri non conoscevano i fondi e non avevano
artiglierie sufficienti per far fronte a quelle degli spagnuoli che erano
potentissime.
Non potevano quindi questi ultimi non lusingarsi di ridurre al
niente, in una sola giornata, quella temuta ciurmaglia.
Già avevano circondata una delle due fregate e l'opprimevano
con un fuoco terribile, quando gli altri legni corsari che si trovavano al
largo e che avrebbero potuto facilmente evitare di venire alle prese, voltano
le prore e corrono in aiuto della loro compagna.
Il pericolo parve avesse dato ai filibustieri di Davis una
forza più che umana.
Investono con impeto le fregate ed i galeoni spagnuoli e,
quantunque per la troppa superiorità delle forze nemiche, non potessero in quel
conflitto accanito e sanguinosissimo ottenere la vittoria, la disputarono così
accanitamente che per il valore meritarono giustamente la palma.
Quello che più stupisce è che in tale combattimento non
perdettero che una sola barcaccia di prigionieri spagnuoli.
Quella barca era stata così crivellata dalle palle spagnuole
che, trovandosi i filibustieri sul punto di annegarsi, l'avevano abbandonata
coi prigionieri che conteneva.
Questi ultimi, vedendosi così liberi, non avevano indugiato a
prendere i remi per farsi raccogliere dai loro compatriotti.
L'ammiraglio spagnuolo invece, avendola presa per un brulotto
nemico, mosse ad incontrarla sul vascello e vi fece far fuoco sopra più presto
che poté, affondandola; e così fu, senza saperlo, lo sterminatore di quei
disgraziati.
Essendo, durante il combattimento, aumentata la furia del
vento e delle onde, la flottiglia dei filibustieri fu in breve dispersa.
Parecchi legni scomparvero dopo quella fatale giornata, né si
ebbe di loro più alcuna nuova. Gli altri, riunitisi finalmente, si rifugiarono
all'isola di S. Giovanni, lontana solamente cinque leghe dal continente.
Ma la discordia, dopo quel disastro, non tardò a nascere
specialmente fra inglesi e francesi, essendo i primi protestanti ed i secondi
cattolici.
Sembrerà strano, eppure quei ladroni di mare ci tenevano alle
loro religioni, singolarmente poi gl'inglesi in quei tempi del furore delle
sette che tenevano il loro paese diviso. Essi mal soffrivano i loro camerati
quando li vedevano salvare, nei saccheggi, i simboli della chiesa romana.
Centotrenta francesi si stabiliscono sull'isola di S.
Giovanni, ingrossati con altri duecento, che aveva condotto un capitano
chiamato Grogner, il quale aveva pure girato il capo Horn; gl'inglesi invece
riprendono la via dello stretto per far ritorno al golfo del Messico.
Erano pochi eppure risoluti e quanto mai audaci. Dall'isola
lanciano le loro navi in tutte le direzioni, prendendo quanti velieri
incontrano, poi portano la guerra sull'istmo.
Prendono d'assalto la piccola città di Leon e di Esparso e
abbruciano Ralejo, spargendo ovunque un terrore immenso.
Siccome ladroni di tale specie non se ne erano mai veduti in
quei paraggi, gli abitanti fuggono dovunque spaventati, credendoli in buona
fede demoni in carne umana.
Invece di combatterli, li fanno maledire dai loro sacerdoti
con esorcismi e contro di loro fanno alzare le cose più sacre che abbia la religione,
non diversamente che se avessero combattuto l'inferno.
Gli spagnuoli, pressati da tanta rovina, cercano di temperare
il flagello mandando a Grogner una lettera del vicario generale di Costarica,
colla quale lo avvertivano essersi fatta la pace fra la Spagna e le potenze di
Francia e d'Inghilterra e che il viceré di Panama metteva a loro disposizione
parecchie navi per ricondurli in Europa.
I filibustieri, che non erano così ingenui da accettare una
simile proposta, che li avrebbe messi in balìa del nemico, per tutta risposta
assaltano la città di Nicoya e la mettono a sacco e la bruciano, non salvando
dalla distruzione che le chiese e tutti gli oggetti del culto cattolico.
Le cose erano giunte a questo punto quando un mattino, mentre
i filibustieri stavano allestendo alcune vecchie barcaccie per intraprendere
qualche altra audace scorreria, videro approdare alla loro isola, che era
diventata una piccola Tortue, sette scialuppe montate da un centinaio e mezzo
d'uomini.
Erano i corsari del conte di Ventimiglia e di Raveneau de
Lussan.
Quei valorosi, dopo aver conquistata e saccheggiata
Pueblo-Viejo, avevano fatto una marcia rapidissima verso
l'Oceano Pacifico, per portarsi a quell'isola dove erano sicurissimi di trovare
dei soccorsi.
Evitando con cura le città ed i villaggi, marciando sempre
attraverso le boscaglie per non imbattersi nei corpi spagnuoli che il viceré di
Panama, allarmato da quei continui attacchi, aveva lanciato in tutte le
direzioni, risoluto a ricacciare in mare quei pericolosissimi nemici, erano
giunti felicemente sulle sponde del grande Oceano, impadronendosi per sorpresa
di un numero abbastanza rilevante d'imbarcazioni tolte ai pescatori della
costa.
Non giungevano però a San Giovanni di Pueblo in un momento felicissimo.
Pochi giorni prima, una flotta composta di quindici legni spagnuoli aveva fatto
la sua comparsa in quelle acque, costringendo Grogner ed i suoi uomini ad
abbruciare più che in fretta la loro fregata e gli schifi che possedevano,
perché non cadessero nelle mani dei loro nemici.
Fortunatamente gli spagnuoli si erano contentati di portar via
le ferramenta del vascello e di distruggere quanto era rimasto di esso, senza
osare di inoltrarsi nell'isola.
La notizia dell'arrivo del figlio del Corsaro Rosso con
Raveneau de Lussan, reduci dalla presa di Pueblo-Viejo, non
aveva mancato di produrre una profonda emozione e anche di rialzare
immensamente il morale dei filibustieri i quali, distrutta la loro flottiglia,
non si trovavano più in grado di riprendere le loro scorrerie verso il
continente.
Grogner, avvertito dell'approdo del nipote del famoso Corsaro
Nero e cugino del non meno famoso Morgan, il conquistatore di Panama, si era
affrettato a muovergli incontro. Già la notizia che un parente dei più celebri
filibustieri del Golfo del Messico veleggiava in quelle acque, era giunta fino
all'isola.
Grogner non era un gentiluomo come Raveneau de Lussan,
tuttavia godeva fama di essere uno dei più arditi corsari di quell'epoca. Aveva
esordito, come quasi tutti i filibustieri, come mozzo; aveva combattuto in
Francia, in Inghilterra ed in Olanda, poi era passato in America, desideroso di
fare una rapida fortuna.
Era giunto però troppo tardi, quando ormai le città del golfo
del Messico erano state completamente rovinate dall'Olonese, da Montbars, dai
tre corsari, da Grammont, da Wan Horn, da Morgan e da tanti altri non meno
famosi.
Aveva quindi seguito le tracce di Davis, girando il capo Horn
ed era giunto ancora in tempo per fare dei bei colpi contro le cittaduzze
dell'America centrale, aiutato da trecento disperati, che non avevano paura né
degli archibugi, né delle artiglierie spagnuole e tanto meno delle loro
squadre.
Narrano le cronache di quel tempo che rassomigliava un po' a
Morgan e che quantunque di statura mediocre possedeva una forza muscolare
straordinaria ed un coraggio a tutta prova.
Come abbiamo detto, udendo che il capo dei filibustieri
sbarcato a San Giovanni di Pueblo era il figlio del Corsaro Rosso, si era
affrettato a muovergli incontro, dicendogli:
- Signor conte, vi si aspettava qui. Tutti i vecchi
filibustieri hanno conosciuto e hanno combattuto sotto il comando dei tre
corsari che hanno portato, sia pure per una loro vendetta privata, un terribile
colpo alla potenza spagnuola del Golfo del Messico. Ecco la mia mano, ed ecco i
miei uomini pronti a seguirvi dove voi vorrete.
- Era appunto di voi che io avevo bisogno, - rispose il
corsaro. lo sono venuto qui per proporvi una terribile impresa.
- Voi sapete, signor conte, che nessuna impresa ha spaventato
mai i Figli della Costa, come ci hanno chiamato noi per tanti lustri. Che cosa
volete da noi?...
- La conquista di Nuova Granata, - rispose il signor di
Ventimiglia.
- Diamine, - disse Grogner. - È come domandare la testa del
governatore di Panama o la presa di Messico o di Cuzco. Nuova Granata è una
delle città più fortificate del Nicaragua, signor conte.
- Avreste paura? La prenderemo io ed il signor di Lussan.
- Diamine, non correte tanto, signor conte. Là vi sono dei
tesori favolosi da raccogliere...
- Che io sono pronto a rinunciare a beneficio dei vostri
uomini e di quelli del signor di Lussan.
- Si sa che i tre famosi corsari erano ricchissimi, - rispose
Grogner. Che cosa chiedete per vostra parte?
- Un uomo.
- Un prigioniero? - chiese con stupore il filibustiere.
- Niente di più.
- Che diavolo!... Un uomo prezioso senza dubbio.
- Il marchese di Montelimar.
- Il governatore di Pueblo-Viejo?
- Precisamente.
- Vi è scappato? Mi hanno detto che voi avete presa d'assalto
quella città, signor conte.
- Ma ho avuto il torto di giungere troppo tardi, signor
Grogner.
- Quanti uomini avete?
- Centocinquanta, con quelli di Raveneau de Lussan.
- Ed altrettanti ne ho io, - rispose Grogner. - Se Pietro
l'Olonese con un terzo delle nostre forze ha espugnato Maracaibo e poi
Gibraltar, io sarei ben sorpreso se non si potesse prendere d'assalto Nuova
Granata, prendere il marchese, molte piastre e fare anche parecchi prigionieri,
signor conte. Voi avete sette schifi, mi hanno detto.
- Sì, signor Grogner.
- Il marchese è in quella città?
- Ne sono sicuro.
- Via - disse il filibustiere, dopo qualche istante di
silenzio. Andremo a vedere se i cannoni che difendono il forte di Nuova Granata
saranno carichi con ferro o con acqua calda. Al figlio del Corsaro Rosso un
filibustiere che si rispetta non può rifiutare nulla. Signor conte, vi offro
ospitalità nella mia povera tenda e domani partiremo.
- Ecco un uomo, - disse don Barrejo, il quale aveva assistito
al colloquio, tenuto sulla spiaggia, rivolgendosi verso i due inseparabili
amici: il fiammingo e Mendoza.
- Un vero filibustiere, - rispose il basco.
- Siete mai stato in quella città, signor Mendoza?
- Siccome non ho mai avuto alcuna premura di prendere un
passaporto per l'altro mondo, così mi sono sempre ben guardato di mettere i
piedi nelle città difese da troppi cannoni.
- Troveremo delle taverne, io spero!...
- Che i granatini bevano dell'acqua? - disse il fiammingo. Io
non lo crederò mai.
- E nemmeno io, don Barrejo, - aggiunse Mendoza. - Là
troveremo forse delle botti migliori di quelle che abbiamo assaggiato a
Pueblo-Viejo. Granata fornisce di vini Panama e, siccome a
Panama si trovano un viceré e degli altissimi funzionari, sono più che certo
che troveremo delle cantine meravigliosamente fornite. Mi stupite però, signor
guascone.
- Perché? - chiese lo spadaccino.
- Si direbbe che voi siete diventato un filibustiere più pel
desiderio di assaggiare i vini spagnuoli che per avidità di guadagno. Eppure i
dobloni non vi spiacciono, mi pare.
- Quelli verranno più tardi, - rispose il guascone. -
Cerchiamo un posto dove si possa mangiare e bere. Qualche doblone passeggia
ancora per le mie tasche e se si può berlo e mangiarlo, niente di meglio.
Diamine!... Un guascone è sempre generoso.
Non era difficile all'isola di S. Giovanni di Pueblo spendere
dei denari, poiché i filibustieri che vi si erano rifugiati ne avevano fatto,
come abbiamo detto, una piccola Tortue.
Malgrado le continue minacce degli spagnuoli, quei formidabili
scorridori del mare si divertivano allegramente, profondendo le ricchezze
guadagnate nei saccheggi, con una prodigalità da nababbi.
Dei meticci, giunti dal continente ben provvisti di viveri e
soprattutto di vini e di liquori, avevano piantate le loro baracche, vendendo a
prezzi esorbitanti i loro generi.
I filibustieri, da veri ladroni, non badavano a pagare. Che
cosa costava d'altronde a loro il denaro?
E come ne erano sempre ben provvisti!...
I tre compagni si cacciarono quindi sotto una immensa tenda,
dove molti uomini bevevano allegramente o giuocavano o danzavano con alcune
prigioniere spagnuole al suono di alcune chitarre suonate da negri.
- Questo è il paese della cuccagna, - disse don Barrejo,
sedendosi all'estremità d'una lunghissima tavola. - Io scommetto che le donne
spagnuole non si sono mai divertite tanto, come quando si sono trovate con
questi briganti.
- Adagio, signor guascone, - rispose il basco. - Talvolta questi
divertimenti costano cari alle prigioniere ed ai prigionieri.
- Perché? Non si rispettano quelle signore?
- Anzi si rispettano moltissimo e guai al corsaro che osasse
comportarsi da villano contro le prigioniere. Talvolta però giungono i giorni
tristissimi ed i sorrisi di quelle disgraziate si tramutano in lagrime di
sangue.
- Che cosa volete dire?
- Che quando i loro parenti ed i governatori non mandano i
riscatti, i filibustieri non esitano a far estrarre ai prigionieri, siano
uomini o donne, la sorte.
- E così?
- Quello o quella che ha avuto la sfortuna di levare una palla
nera, si decapita e la testa si manda al governatore per costringerlo a pagare.
- Ciò è brutto.
- Che cosa volete? È la guerra. Gli spagnuoli d'oltremare non
sono più generosi e quando riescono a prendere qualcuno di noi l'appiccano
senza misericordia.
- Guardiamo dunque di non farci prendere, - disse il
fiammingo.
Si fecero portare delle bottiglie e del prosciutto salato e si
misero a bere ed a mangiare.
Avevano però appena vuotata qualche tazza, quando un rimbombo
assordante li fece balzare in piedi.
- Il cannone! - aveva gridato don Barrejo.
Tutti i filibustieri che si trovavano sotto la tenda si erano
precipitati fuori, prendendo i loro archibugi, mentre le donne strillavano ed i
chitarristi scappavano, gettando via gli istrumenti.
- Che cosa succede dunque? - chiese il guascone, snudando la
sua draghinassa.
- Queste sono cannonate spagnuole, - rispose Mendoza.
A loro volta erano corsi fuori, slanciandosi verso la piccola
baja dove trovavasi ancorata la flottiglia dei filibustieri, la quale si
componeva d'un vascello e d'una mezza dozzina di barcaccie.
Una grande confusione regnava sulle sponde del porticino, dove
si erano radunati tutti i filibustieri dell'isola. Vi erano anche il conte di
Ventimiglia, Grogner e di Lussan.
In lontananza il cannone continuava ancora a tuonare.
Quindici vascelli muovevano lentamente verso l'isola, disposti
su due colonne. Era la flotta spagnuola del Pacifico, incaricata di impedire il
passo ai corsari che provenivano dal Capo Horn o dallo stretto di Magellano,
flotta imponente che avrebbe potuto purgare per sempre quei mari da quegli
audaci ladroni, se l'avessero voluto.
- Signor conte, - disse Grogner al figlio del Corsaro Rosso,
con voce un po' alterata. - Siete giunto in un cattivo momento.
- Non mi pare, - rispose il signor di Ventimiglia, - poiché vi
ho condotto dei rinforzi.
- Non potremo resistere ad una squadra cosi potente. Non ho
che un vascello e delle barcaccie.
- Fate tirare a terra le barcaccie e gli schifi e nascondeteli
sotto le foreste.
- Ed il vascello?
- Incendiatelo perché non venga preso dagli spagnuoli.
Spicciatevi, signor Grogner e poi ritiriamoci nell'interno dell'isola. Se
vorranno assalirci, sapremo difenderci.
Gli ordini furono subito dati. Mentre una partita di corsari
saliva a bordo della nave, radunando quanto catrame si trovava nella stiva e lo
incendiava, gli altri s'affannavano a mettere in salvo le migliori barcaccie e
le scialuppe, per non rimanere sprovvisti completamente di mezzi di trasporto,
capaci più tardi di far loro raggiungere il continente.
La squadra spagnuola, sicura del fatto suo, aveva intanto
incominciato a sparare tremende bordate, specialmente contro il vascello il
quale già era stato sgombrato rapidamente.
- Perdinci! - esclamò il guascone. - Questa volta gli
spagnuoli fanno sul serio. Signor basco, giacché i nostri compagni scappano,
lavoriamo di gambe anche noi. I colpi di spada li ricevo volentieri, ma non ho
provato mai alcuna affezione per le grosse palle che tagliano in due senza
nemmeno dirvi: guarda che ti ammazzo, imbecille!
I filibustieri infatti, messe in salvo le imbarcazioni,
scappavano da tutte le partì, mentre i proprietarii delle baracche, aiutati dai
loro negri, cercavano di portare via il meglio che possedevano, per non
lasciarlo cadere nelle mani degli spagnuoli.
Le cannonate intanto non cessavano. Le palle cadevano come una
fitta gragnuola sulla spiaggia e sul vascello, il quale già avvampava rapidamente,
eruttando dai boccaporti spalancati immense nuvole di fumo.
Era una squadra veramente imponente, composta di galeoni, di
fregate e di grosse caravelle e montata da duemila marinai.
I filibustieri, guidati dal signor di Ventimiglia, da Grogner
e da Raveneau de Lussan, si erano intanto affrettati a mettersi in salvo su una
collina situata quasi nel mezzo dell'isola e perciò fuor di portata dalle
artiglierie della flotta; artiglierie, che come abbiamo detto, in quei tempi
avevano una portata molto limitata.
Erano tuttavia assai inquieti, temendo un poderoso assalto da
parte degli equipaggi.
Fortunatamente nulla di grave accadde. La squadra, dopo aver
cannoneggiate le baracche, sbarcò alcune centinaia d'uomini per raccogliere le
ferramenta del vascello corsaro distrutto dall'incendio, e qualche ora dopo
riprendeva la sua rotta veleggiando verso Panama.
- Corpo di un bue! - esclamò il guascone, il quale osservava
tutte quelle navi maestose, dall'alto della collina. - Avrebbero potuto
distruggerci e hanno preferito invece andarsene. Buon viaggio, signori e che
Dio vi guardi dalle tempeste.
Si levò il feltro e salutò la squadra, facendo nel medesimo
tempo un inchino così profondo da far scoppiare dalle risa non solamente il
basco, bensì anche il conte di Ventimiglia e Grogner che gli stavano presso.
|