Quando l'alba sorse, la nave non si trovava in condizioni di
rimettersi alla vela.
I carpentieri, quantunque avessero lavorato alacremente tutta
la notte, non erano ancora riusciti a turare interamente la falla, che si era
aperta presso la ruota di prora e che aveva delle dimensioni tali, da mettere
in serio pericolo il veliero.
Anche il timone non era stato ancora finito, non avendo
trovato nei depositi il legname adatto a quel genere di costruzioni, cosicché
Morgan si vedeva costretto ad attender forse altre ventiquattro ore, prima di
poter abbandonare quei paraggi che potevano diventare pericolosissimi, essendo
frequentati dalle navi spagnole.
Durante la notte il veliero, quantunque non soffiasse vento,
trascinato forse da qualche corrente, si era accostato alla costa venezuelana
di tanto, che si poteva già scorgerla vagamente. Quale tratto della costa
fosse, nessuno poteva saperlo, perché anche il capitano spagnolo, interrogato
in proposito, non aveva data alcuna informazione precisa, affermando di non
aver potuto fare il punto del mezzodì da quarantotto ore, in causa
dell'uragano.
Anche il rottame, abbandonato a sé stesso, era stato
trascinato verso il sud durante la notte e lo si poteva vedere, ad una distanza
di dodici o quindici miglia, un po' rovesciato sul babordo, ma sempre
galleggiante.
Morgan, che aveva premura di mettersi alla vela e di
rifugiarsi alla Tortue, anche per sapere se gli altri legni della squadra, che
portavano buona parte delle ricchezze predate, si erano salvati, non aveva
lasciata la cala, e continuava ad incoraggiare i carpentieri.
La riparazione non era facile, anche in causa dell'acqua che
continuava ad entrare dal foro e che le pompe, quantunque energicamente
manovrate, non riuscivano a vincere.
Perfino i prigionieri spagnoli della fregata erano stati
occupati a formare una doppia catena, e si facevano passare con mastelli e
buglioli, che venivano riempiti in sentina e vuotati in coperta.
Ciò malgrado calò la sera, senza che il duro lavoro fosse
ancora stato ultimato, con grande apprensione dell'equipaggio, il quale
cominciava a disperare di poter venire a capo di riuscire a mettere il veliero
in grado di navigare.
«La va male» disse Carmaux, che era salito in coperta a
respirare una boccata d'aria e che aveva appreso dai camerati quelle non liete
notizie. «Si direbbe che qualche santo o qualche diavolo protegga il conte di
Medina. Se la continua così, invece di andare alla Tortue, andremo a naufragare
sulle coste del Venezuela.»
«Lo credi compare?» chiese Wan Stiller, che si era fatto
surrogare nella guardia da un amico.
«Stamane la costa era appena visibile, ed ora si distingue
perfettamente. Vi è una maledetta corrente che ci trascina fatalmente verso il
sud.»
«Non si può dunque chiudere quella falla?»
«Pare invece che se ne sia aperta un'altra. Mi hanno detto or
ora che altra acqua entra, scendendo dalla poppa.»
«Non se n'erano accorti prima?»
«No.»
«Come si spiega questa istoria?»
«Corrono dei sospetti.»
«Quali?»
«Che qualche prigioniero spagnolo, approfittando della poca sorveglianza
che esercitano i nostri uomini, troppo occupati alle pompe, abbia sabotato la
nave da quel lato.»
«Il capitano dovrebbe farlo impiccare.»
«Va a cercarlo tu» disse Carmaux.
«Che cosa dice il signor Morgan?»
«È furibondo ed ha minacciato di far gettare in acqua tutti i
prigionieri, se riesce a scoprirne qualcuno con qualche attrezzo da trapanare.»
«Hai tenuto d'occhio il capitano?»
«Non ho cessato di sorvegliarlo e credo che si sia accorto che
io ho dei sospetti su di lui.»
«Che sia stato lui a sabotare la nave a poppa?»
«No, perché l'ho sempre veduto a pompare» rispose Carmaux.
«Che abbia qualche complice?»
«Chi può saperlo? Bah, non disperiamo» disse Carmaux.
Ahimè!... Pareva che la sfortuna, unita forse al tradimento,
avesse giurato di non lasciar tregua ai vincitori di Maracaybo e di Gibraltar.
I carpentieri, alla mezzanotte, quando già speravano di poter
dare gli ultimi colpi alle tavole e alle lastre di rame adoperate per chiudere
la falla, erano stati bruscamente scacciati dalla sentina da un'improvvisa
irruzione d'acqua che colava da babordo e così rapidamente che in meno di dieci
minuti aveva coperto il paramezzale.
Quasi nell'istesso tempo, come se quella nuova disgrazia non
bastasse, si era levato un forte vento dal nord, spingendo la nave, con maggior
velocità, verso la costa venezuelana, che doveva essere ormai vicina.
Al grido di allarme dei carpentieri, Morgan era prontamente
accorso con Pierre le Picard ed aveva dovuto, suo malgrado, constatare che,
questa nuova via d'acqua, apertasi improvvisamente, non era possibile vincerla
colle pompe di bordo, tanto più che l'equipaggio era completamente prostrato da
quell'incessante e faticosa manovra che durava da ventiquattr'ore.
«Tanto valeva rimanere sul rottame» disse a Pierre le Picard,
che si asciugava alcune stille di sudore freddo. «Nel cambio non abbiamo fatto
alcun guadagno.»
«Era dunque un crivello lo scafo di questa dannata nave?»
disse il secondo, con ira. «O che una mano colpevole, malgrado le tue minacce,
abbia sabotata nuovamente la chiglia? Se avessimo urtato contro qualche roccia,
il colpo si sarebbe ripercosso anche sulla coperta.»
«Sì» disse Morgan, «qui è stato commesso un infame tradimento.
Mentre i nostri uomini cercavano di otturare la falla, una mano colpevole ne ha
aperta un'altra.»
«A quale scopo?»
«Per impedirci di tornare alla Tortue; la cosa è
spiegabilissima.»
«Che il governatore avesse qualche amico fra i prigionieri
della fregata?»
«Può darsi, Pierre» rispose Morgan.
«Avresti dovuto gettarli tutti in mare, come io ti avevo
consigliato» disse il piccardo.
«La signora di Ventimiglia non ci avrebbe mai perdonata una
simile crudeltà, che suo padre mai avrebbe permessa.»
«È vero» rispose Pierre le Picard, con un po' di malumore
però. «Che fare ora?»
«Non ci rimane altro che far arenare la nave su qualche banco
e tentare poi di chiudere le falle.»
«Il mare monta, Morgan, ed il vento di tramontana soffia
forte.»
«Cercheremo di arenarci su di una costa piana. Orsù,
spieghiamo qualche vela e cerchiamo di approdare, prima che la nave si riempia
d'acqua.»
Quando salirono in coperta, trovarono Jolanda, la quale
avvertita da Carmaux del pericolo che correva il veliero, aveva lasciata subito
la cabina.
«Affondiamo, signor Morgan?» chiese colla sua solita voce tranquilla.
«Non ancora, signora» rispose il filibustiere. «Prima che la
nave sia piena d'acqua passeranno almeno due ore ed a noi ne basta una per
toccare la costa. La scorgete laggiù verso il sud!»
«Non si spezzerà il veliero? Vedo le onde a formarsi e precipitarsi
all'assalto.»
«Sì, il mare diventa cattivo» rispose Morgan, «Tuttavia spero
di trovare un buon punto per arenare la nave.»
Poi, alzando la voce gridò:
«In coperta anche la guardia franca e issate le vele!»
Tutti salirono sulla tolda, compresi Carmaux e Wan Stiller, i
quali ritenevano inutile la guardia al governatore in un simile momento.
Il mare in pochi minuti, forse per la vicinanza della costa e
per la presenza di scogliere e di bassifondi, oltre che per il vento, era
diventato cattivo.
Enormi cavalloni che si formavano sotto gli occhi
dell'equipaggio, investivano poderosamente la nave, scrollandola brutalmente.
Pierre le Picard, per dare al veliero un po' di stabilità e
anche per aumentarne la corsa, aveva già fatto spiegare le due vele latine e
qualche fiocco sul bompresso.
La costa venezuelana non doveva essere molto lontana. Si udiva
il fragore formidabile delle onde rompentisi contro la spiaggia o contro le
scogliere, e si vedeva estendersi dinanzi alla nave un immenso lenzuolo
biancastro prodotto dalla spuma.
Morgan si era messo al timone, volendo dirigere la nave di suo
pugno ed aveva pregato Jolanda di non allontanarsi da lui, onde essere pronto a
soccorrerla, ignorando se la nave avrebbe potuto resistere all'urto, e Carmaux
si era unito a loro, mentre l'amburghese scandagliava il fondo assieme a Pierre
le Picard.
I colpi di mare, man mano che il veliero si accostava alla
terra, si succedevano con maggior frequenza. Dei cavalloni enormi varcavano di
quando in quando le murate e si rompevano in coperta, minacciando di trascinare
via i prigionieri della fregata e anche gli uomini dell'equipaggio.
Il fracasso prodotto da quella terribile risacca, in certi
momenti era tale, che non si udivano quasi più i comandi di Morgan e di Pierre
le Picard.
A mezzanotte la costa non era più che a cinquecento passi, ma
l'oscurità era così fitta da non poter discernere se esistesse qualche rifugio
o se vi erano delle scogliere da evitare.
«Dove andiamo noi?» si chiedeva Carmaux, che teneva con una
mano la signora di Ventimiglia, onde sorreggerla. «Ci fracasseremo contro le
scogliere o la nave affonderà prima di toccare?»
Il timore che la nave s'inabissasse da un momento all'altro,
non era ingiustificato. La falla o le falle aperte dal traditore, dovevano
essersi rapidamente allargate sotto gli urti poderosi ed incessanti delle onde,
poiché il veliero, in meno di mezz'ora, si era immerso d'un paio di metri e
l'acqua cominciava a trapelare attraverso i sabordi della batteria, quantunque
Morgan avesse fatti chiudere tutti gli sportelli onde ritardare la sommersione.
Si udiva giù nella stiva l'acqua muggire cupamente e rompersi
contro le tramezze della batteria e del frapponte, ogni qualvolta la nave,
investita dalle onde, si piegava su un fianco o sull'altro.
Morgan, temendo che i prigionieri della nave morissero
annegati là dentro, li aveva già fatti salire, compreso il conte di Medina che
era stato condotto a prora, e affidato a Wan Stiller, affinché la fanciulla che
si trovava a poppa, non potesse vederlo.
Alle dodici ed un quarto la nave si trovava fra la risacca, la
quale si faceva sentire fortemente. Morgan era sempre al timone e faceva sforzi
prodigiosi per mantenere il veliero in rotta.
Quell'intrepido uomo di mare, quantunque non ignorasse che la
tolda da un momento all'altro poteva mancargli sotto i piedi, conservava anche
in quel terribile frangente una calma ammirabile ed impartiva i comandi con
voce calma e limpida.
Solo i suoi sguardi tradivano una profonda emozione, quando si
fissavano su Jolanda, quantunque la fanciulla si sfrozasse di non dimostrare
alcuna ansietà, né alcuna apprensione e avesse già tre volte detto:
«Non preoccupatevi per me, signor Morgan. Questo naufragio non
m'impressiona.»
La nave, urtata da tutte le parti, scrollata furiosamente, si
dibatteva fra un mare di spuma, non obbedendo quasi più all'azione del timone,
né alla spinta delle vele che il vento gonfiava.
S'avanzava, poi indietreggiava, rovesciandosi violentemente
ora su un fianco e ora sull'altro, inalberandosi bruscamente, quasi
verticalmente, per ricadere subito dopo.
Sotto quelle scosse l'acqua che la riempiva si precipitava
come un torrente attraverso il frapponte, alle corsìe della batteria e alla stiva
e sfondava con muggiti orribili le porte delle cabine, tutto travolgendo nella
sua corsa.
Già la costa non era che a qualche centinaio di metri, quando
a prora si udì Pierre le Picard urlare:
«Frangenti dinanzi a noi!... Poggia tutto, Morgan!...»
Il filibustiere che non aveva lasciata la ribolla, orzò alla
banda con tutte le forze, sperando di gettare la nave fuori dalla rotta, quando
un'onda spaventevole si rovesciò sulla poppa attraversandola da parte a parte.
Morgan s'era precipitato verso Jolanda, afferrandola stretta
fra le braccia, mentre Carmaux veniva spinto sopra la murata.
«Aggrappatevi a me, signora!» aveva gridato.
Aveva appena pronunciate quelle parole che si sentì sollevare
dall'enorme cavallone assieme alla fanciulla e portare via.
Sprofondò in un avvallamento, senza abbandonare la signora di
Ventimiglia, fu coperto da un'onda, poi rimontò alla superficie.
Quando poté aprire gli occhi, scorse la nave ad una gomena di
distanza, che veniva ributtata al largo da una contro-ondata.
«Tenetevi stretta a me, signora» disse. «La costa non è che a
pochi passi e la nave fra poco naufragherà!»
Jolanda gli si era invece abbandonata fra le braccia, come se
fosse svenuta.
«A me!... A me!...» gridò Morgan, spaventato.
Una voce che non era lontana, aveva risposto a quella chiamata
disperata:
«Vengo, capitano!...»
Una testa umana era apparsa fra un fiotto di spuma, librandosi
sulla cresta di un'onda, poi subito scomparve.
Morgan, vedendo che la fanciulla era inerte, cercava di
tenerle la bocca fuori dall'acqua onde sottrarla all'asfissia e si era messo a
nuotare disperatamente.
Uomo gagliardo e abituato a sfidare i flutti, quantunque la
signora di Ventimiglia lo imbarazzasse non poco, non temeva di annegare. Altre
volte si era sottratto alla morte, gettandosi audacemente fra le onde prima che
la nave affondasse.
Ciò che invece lo preoccupava era, oltre alla violenza dei
cavalloni, la vicinanza della costa. Se questa rappresentava la salvezza,
poteva anche offrire dei gravi pericoli, con quella risacca furiosa che tutto
sconvolgeva.
Ripeté la chiamata e udì la medesima voce di prima a
rispondere:
«Un momento, signor Morgan, auff!... Vengo!...»
Un grido di gioia era sfuggito al filibustiere:
«Carmaux!...»
«Sì, sono io, signor Morgan.»
«Affrettati.»
«Maledette onde!...»
«La signora di Ventimiglia è svenuta!...»
Il bravo marinaio con un'ultima bracciata era giunto dietro a
Morgan.
«Qui... appoggiatevi, capitano... ho strappato un salvagente
nel momento in cui l'onda mi spazzava via...
«Tuoni d'Amburgo, come dice l'amico Wan... la signora qui...»
Morgan, vedendo presso di sé il marinaio che s'appoggiava
all'anello di sughero, si era voltato, allungando la mano che aveva libera, mentre
colla sinistra alzava la fanciulla che non era ancora tornata in sé.
«Grazie, Carmaux» disse, mentre un'altra onda li portava via
spingendoli maggiormente verso la spiaggia.
«Avete urtato, capitano?» chiese il marinaio.
«Io no.»
«La signora è svenuta?»
«Forse l'onda l'avrà sbattuta sul capo di banda. Aiutami,
Carmaux, e facciamole scudo, quando verremo scaraventati contro la spiaggia.»
«Riceverò io il primo urto, capitano» rispose Carmaux,
passando un braccio attorno alla vita di Jolanda.
«E la nave, dov'è andata che non si scorge più?»
«L'ho veduta respinta al largo... Badiamo!... Ho toccato...
siamo addosso alla riva.»
«Non lasciate la signora... Carmaux!»
«No... signor Morgan...»
Le onde li travolgevano, sbattendoli in tutti i versi. Il
frastuono prodotto dalla risacca era diventato tale che non potevano più
udirsi. Morgan faceva sforzi sovrumani per tenere la testa della fanciulla
fuori dall'acqua, però, di quando in quando, una massa di spuma li copriva
tutti e tre obbligandoli a bere.
Già due volte avevano toccato, quando un cavallone che si
avanzava muggendo, li sollevò a prodigiosa altezza, spingendoli innanzi con
rapidità straordinaria.
«Non lasciare!...» ebbe appena il tempo di gridare Morgan.
Sentirono le loro gambe impigliarsi in qualche cosa e come
imprigionarli. La cresta del cavallone passò sopra le loro teste frangendosi
contro i tronchi d'alcuni alberi, che apparivano confusamente fra le tenebre,
poi la massa liquida si ritrasse verso il mare, cercando di trascinare seco i
tre naufraghi, ma gli ostacoli che li avevano imprigionati non avevano ceduto.
«Siamo a terra!...» aveva urlato Carmaux con voce tuonante.
«Siamo salvi!...»
Il cavallone li aveva trascinati in mezzo ad un caos di
paletuvieri ed i rami contorti di quelle piante li avevano non solo trattenuti,
ma avevano anche smorzata la violenza dell'urto.
«Fuggiamo, prima che l'onda ritorni» aveva gridato Morgan.
Lasciò andare il salvagente, che ormai non gli era più
d'alcuna utilità, con un braccio si strinse al petto la fanciulla, e passando
di ramo in ramo, raggiunse il margine della boscaglia.
Fortunatamente, il secondo cavallone non fu così enorme come
l'altro e si era sfasciato contro le prime file delle rizofore.
«Ecco un approdo veramente fortunato» disse Carmaux, che era
stato lesto a seguire Morgan. «Cerchiamo di far tornare in sé la signora di
Ventimiglia.»
«Speriamo che non abbia riportata alcuna ferita» ripose
Morgan, la cui voce era un po' alterata. «Ci vorrebbe del fuoco, innanzi
tutto.»
«Ho l'acciarino e l'esca chiusi in una scatola di metallo
impenetrabile all'umidità! Vediamo se tutto è asciutto.»
«Sbrigati, Carmaux. Sono inquieto.»
«Batte il suo cuore?»
«Sì.»
«Non sarà nulla, signor Morgan. l'esca è ben secca e non è
entrata una sola goccia d'acqua nella scatoletta.»
«Raccogli dei rami secchi mentre io preparo un giaciglio.»
Morgan depose dolcemente la fanciulla, poi, avendo ancora al
fianco la spada, tagliò otto o dieci foglie di banano e ne formò uno strato,
che rese più soffice con dei muschi strappati dal tronco d'un albero enorme.
Carmaux intanto aveva raccolto a tentoni delle foglie secche e
dei rami ed aveva improvvisato un piccolo falò, accendendolo senza troppa
fatica.
Appena la fiamma s'alzò, rompendo le tenebre, fu vista la fanciulla
alzare un braccio, come se cercasse di allontanare qualche cosa.
Morgan aveva mandato un grido di gioia:
«Ritorna in sé!... Signora Jolanda!... Signora di
Ventimiglia!...»
La fanciulla aveva ancora gli occhi chiusi ed il suo bel viso
era pallidissimo, però la respirazione da qualche istante era diventata più
libera.
«Signora... signora... siete salva» ripeteva Morgan, che le
stava curvo sopra, spiando ansiosamente ogni suo minimo movimento. «Siamo sulla
costa!...»
A un tratto la fanciulla si scosse ed i suoi begli occhi si
aprirono, fissandosi su Morgan.
«Voi... signore...» mormorò.
«Sì, sono io, Morgan...»
Un sorriso sfiorò le labbra della figlia del Corsaro Nero e la
sua destra strinse quella del filibustiere.
«L'onda... me la ricordo... ma sono ancor viva?...»
«Siete ferita, signora?»
«No... ho urtato... è vero... quando l'onda mi trascinava
via... e la nave? e gli altri?...»
«Non pensate al veliero» disse Morgan. «Suppongo che si sia
arenato in qualche luogo.»
«Ah!...» esclamò la fanciulla, vedendo presso di sé il
francese. «Siete voi, Carmaux?»
«Dove si trova la figlia del mio capitano, mi trovo sempre
anch'io» rispose il marinaio, sorridendo.
«Ma dunque tu non sei stato trascinato dall'onda?» disse
Morgan.
«Mi ero già aggrappato alle griselle di babordo dell'albero
maestro, quando vidi voi fuori dal bordo colla signora di Ventimiglia ed allora
mi sono lasciato andare anch'io, pensando di potervi essere utile, tanto più
che avevo potuto staccare un salvagente.»
«Grazie, vecchio mio» disse Morgan con voce commossa. «Tu sei
un marinaio impareggiabile.»
«Sono un marinaio del Corsaro Nero» rispose modestamente
Carmaux.
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