Jolanda, certa che anche il primo indiano fosse morto,
cominciava a rassicurarsi; tuttavia non era troppo soddisfatta della via che
seguiva l'isola galleggiante e che non poteva in modo alcuno modificare, non avendo
forza sufficiente per spostare una simile massa, anche se avesse avuto a sua
disposizione qualche remo.
Aveva dapprima sperato che andasse alla deriva verso il banco
su cui stava ancora arenato il canotto; invece la corrente l'aveva tenuta assai
lontana e la trascinava non già verso la riva, bensì verso il mezzodì, dove non
scorgevansi, almeno fino allora, alberi di nessuna specie che indicassero la
vicinanza d'una foresta e quindi la terra ferma.
«Che questa laguna sbocchi in mare?» si domandò con apprensione.
«No, non è possibile» aggiunse poi, dopo essersi orientata col sole. «Il golfo
del Messico sta verso il settentrione, ossia dietro di me.
«Dove va dunque quest'acqua? Che si riversi in qualche grande
laguna interna? Come sarà inquieto il signor Morgan non scorgendomi più! Se
potesse ancora udirmi ed avvertirlo. Proviamo!...»
Si spinse verso l'orlo dell'isolotto e con quanta voce aveva
lo chiamò tre volte per nome, poi attese.
Poco dopo una voce assai lontana le rispose.
«Signora!... Signora!... Dove siete?... La corrente mi
trascina verso il sud. Appena toccherò terra verrò a raggiungervi. Nessuno mi
minaccia, quindi attendetemi senza angosciarvi anche se tardo.»
Si sedette sull'orlo della zattera, mettendosi a fianco la spada
e trangugiò una mezza dozzina d'uova, fra quelle che aveva prese dai nidi, e
deposte in una buca.
«Peccato non poter invitare il signor Morgan» disse. «Ed è lui
soprattutto che ha bisogno di rinvigorirsi.»
Terminato il magro pasto, con alcune canne si costruì una
piccola tettoia per ripararsi dai raggi del sole diventati ardentissimi ed
attese pazientemente che la zattera approdasse in qualche luogo.
Il canale era terminato e dinanzi all'isolotto si stendeva una
immensa superficie liquida, quasi sgombra di banchi, solcata solo da un numero
infinito di uccelli acquatici, che volteggiavano con piena sicurezza anche
sopra la testa di Jolanda e che si posavano senza alcuna diffidenza fra le
canne.
Al sud invece, si cominciava a discernere una striscia un po'
oscura, che doveva essere il margine di una foresta.
Doveva trovarsi là dietro il bacino di raccolta delle acque,
poiché la corrente, quantunque fosse sempre debolissima, non variava direzione.
«Non giungerò all'altra sponda prima del tramonto» disse la
fanciulla, che si era alzata per meglio osservare quella linea. «Quanta via
dovrò poi fare per raggiungere il signor Morgan?
«E dovrò farla di notte, quando le belve escono dai loro covi
per mettersi in cerca di preda! Eppure non posso lasciare solo il filibustiere,
che si trova ancora così debole da non potersi difendere.
Tornò a sedersi sotto la tettoia, guardando le acque, che di
quando in quando qua e là si gonfiavano, per mostrare qualche dorso rugoso
coperto da scaglie fangose.
Erano dei caimani che giuocherellavano, inseguendosi.
Fortunatamente pareva che non facessero nessuna attenzione all'isolotto.
La sponda intanto diventava sempre più visibile. Era assai
bassa, tanto che pareva si trovasse a livello della laguna e coperta di alberi,
che pareva appartenessero alla specie dei manghi, piantati su radici altissime
e contorte che parevano uscire dall'acqua.
Il sole stava per tramontare, quando l'isolotto finalmente si
arenò su quella riva che pareva costituita da pantani assai molli, i quali
potevano benissimo nascondere delle sabbie mobili.
I manghi erano vicinissimi e le loro radici erano così unite
da permettere il passaggio.
Jolanda, che diffidava di quel terreno traditore, si appese lo
spadone al fianco, poi, aiutandosi colle mani e coi piedi, salì sulla radice
più vicina, senza preoccuparsi delle proteste rumorose ed affatto inoffensive
d'una banda di scimmie rosse che aveva occupati i rami per saccheggiarne le
frutta.
Aggrappandosi alle liane, che pendevano numerose dai tronchi e
che erano resistenti come corde di canapa e, guardando attentamente dove posava
i piedi per non venire inghiottita dalle sabbie, dopo un quarto d'ora di
ginnastica faticosa si trovò finalmente sul terreno solido, che era coperto di
palme gommifere d'aspetto bellissimo e pittoresco.
«Risaliamo verso il settentrione» disse Jolanda, che pareva
fosse instancabile. «Le belve ordinariamente non lasciano i loro covi prima
della mezzanotte e per quell'ora avrò percorso un lungo tratto di via. Povero
signor Morgan, come sarà inquieto!...»
Raccolse alcuni manghi che giacevano al suolo, se ne mise
alcuni nella sottana ripiegata per serbarti per il ferito, non avendo prese con
sé le uova per essere più libera, impugnò lo spadone e si mise coraggiosamente
in cammino, costeggiando la laguna.
Il sole era già scomparso e lunghe file di trampolieri
solcavano lo spazio per raggiungere le isolette, in mezzo alle cui canne
avevano i loro nidi. La luna cominciava a mostrarsi al di sopra dei grandi
alberi, tingendo di riflessi argentei le acque.
I rumori a poco a poco si spegnevano. Scimmie e volatili
tacevano e cominciavano invece a ronzare le terribili zanzare che s'alzavano a
battaglioni dai paletuvieri.
Jolanda affrettava il passo, tenendosi lontana più che poteva
dal margine della foresta, per non venire improvvisamente sorpresa da qualche
giaguaro o da qualche coguaro e si fermava sovente e tendere gli orecchi.
Fortunatamente anche la foresta, almeno fino a quel momento,
era silenziosa e non si udiva che il lieve stormire delle fronde, appena
agitate dal venticello notturno.
Nondimeno non si sentiva tranquilla e, quantunque avesse lo
spadone, delle vaghe paure cominciavano ad infiltrarsi nel suo animo. Le pareva
di vedere fra i cespugli della foresta agitarsi delle forme umane e scintillare
anche gli occhi fosforescenti degli animali feroci.
Si fermò tre o quattro volte, guardandosi intorno con
spavento, credendosi seguita da uomini o da animali, e chiedendosi se non
sarebbe stato meglio rifugiarsi su qualche albero e attendere l'alba.
Ogni volta il timore che Morgan, l'uomo per cui, in fondo
all'anima nutriva ormai qualcosa di più d'un semplice affetto, potesse correre
qualche grave pericolo, la spronò a riprendere la marcia.
Camminava già da un paio d'ore, affrettando sempre più il
passo, quando le parve che una figura mostruosa si agitasse sull'orlo della
foresta a quaranta passi da lei.
La luna, che splendeva in un cielo purissimo, la illuminava
solamente in parte, essendovi in quel luogo delle piante assai fronzute che
proiettavano una folta ombra
Jolanda non riusciva a capire bene che animale fosse; le
sembrava però una scimmia piuttosto che un giaguaro od un tapiro, e di
dimensioni assolutamente straordinarie.
«Che sia un orangutan?» mormorò. «Eppure mi hanno assicurato
che in America non si trovano che scimmie di piccola statura.»
Si provò a fare qualche passo innanzi, sperando di spaventare
quel singolare animale; invece quello non lasciò il posto e continuò a
dondolarsi comicamente ed a fare degli inchini.
Jolanda non sapeva che decisione prendere. Tornare indietro e
riguadagnare la zattera non voleva; d'altronde esitava a perché quel quadrumane
si trovava appunto là dove bisognava passare, essendovi la laguna da una parte
ed il bosco dall'altra.
Finalmente si decise e avanzò.
L'animale la lasciò accostare senza fare alcuna dimostrazione
ostile, poi, quando se la vide a pochi passi, si alzò e scappò verso il bosco.
Cosa strana!... Nel muoversi erasi rimpicciolito e non sembrava più alto di una
scimmia comune.
«Oh!... Curiosa!...» esclamò la fanciulla, ridendo. «Che sia
stata una illusione ottica? Effetto di raggi di luna ripercossi sulle acque
forse, che hanno ingrandito quello scimiotto?
Tutta lieta di essere sfuggita così bene a quel pericolo che
non le era sembrato dapprima immaginario, riprese animosamente la via.
Dopo un'altra ora, mentre scendeva da una piccola altura che
costeggiava la laguna, distinse finalmente in lontananza un punto luminoso.
«Il nostro accampamento!...» esclamò con voce giuliva. «Povero
signor Morgan, come avrà fatto ad accendere il fuoco, ferito come è? Sarà ben
lieto di vedermi.»
Raddoppiò il passo, senza più preoccuparsi delle urla dei lupi
rossi, che di quando in quando risuonavano sotto gli alberi; ad un tratto,
quando già non distava dall'accampamento che tre o quattrocento metri e
cominciava a distinguere la minuscola tettoia, un grido la fece trasalire.
«Prendi, canaglia!...» aveva urlato una voce formidabile.
«Il signor Morgan!...» aveva esclamato Jolanda. «Dio mio!... È
in pericolo!...»
Si mise a correre disperatamente, gridando:
«Signor Morgan, vengo in vostro aiuto!»
Vicino al fuoco mezzo spento vedeva un gruppo che si agitava e
che sembrava formato da un uomo e da un animale.
Di quando in quando balenava in aria qualche cosa, come la
lama d'una spada, che poi calava rapida, per rialzarsi subito.
La voce continuava a urlare:
«Eccone un'altra!... Non te ne vai ancora? Prendi dunque!...»
Poi si udivano dei rauchi brontolii, che finivano in una
specie di ruggito soffocato.
Il filibustiere doveva essere stato assalito da qualche belva
e si difendeva disperatamente a colpi di spada.
Jolanda si precipitò verso l'accampamento, gridando:
«Eccomi, signor Morgan!... Giungo in tempo!...»
«Guardatevene, signora» rispose il filibustiere. «È un coguaro
quello che m'ha assalito!»
«Così saremo in due ad affrontarlo» rispose la valorosa
fanciulla.
Il coguaro, vedendo sopraggiungere quel rinforzo, si volse per
far fronte a quel nuovo nemico, e Morgan approfittò per tirargli un colpo di
spada nelle natiche.
La belva mandò un ruggito di rabbia e di dolore, con un urlo
abbatté la tettoia e fuggì verso il bosco, spiccando salti di tre o quattro
metri.
«Grazie, signora» disse Morgan, con voce commossa. «Stavo per
essere sopraffatto da quell'animalaccio. Come sono lieto di rivedervi!
Cominciavo a temere che vi fosse successa qualche grave disgrazia.»
«Siete stato nuovamente ferito?» chiese la fanciulla,
premurosamente.
«No, signora. Solamente la mia casacca è stata ridotta in
cattivo stato. Ebbi il tempo di afferrare la spada e potei così tenere il
coguaro a distanza.»
«Vi aveva sorpreso?»
«Sì, mentre stavo riattizzando il fuoco» rispose il
filibustiere. Voi, da dove venite? Esporvi così, di notte, sola, su queste sponde
che sono infestate da animali pericolosi.
«Non sono forse la figlia del Corsaro Nero?» disse Jolanda,
sorridendo.
«È vero» rispose Morgan, imitandola. «Vi dico però che
nessun'altra donna, specialmente alla vostra età, avrebbe avuto un tale
coraggio.»
«Tacete, signor Morgan e ditemi, come va la vostra ferita?»
«Comincia già a cicatrizzarsi, signora.»
«Avrete sofferto fame e sete quest'oggi?»
«Ero troppo inquieto per voi per accorgermene.»
«Vi ho portato alcuni manghi.»
«Mi basteranno. Sedetevi e riposatevi, signora, e poi mi
racconterete le vostre avventure.»
«Che sono terribili, signor Morgan. Per poco non venivo uccisa
e divorata.»
«Da chi?» chiese il filibustiere, impallidendo.
«Da due di quegli indiani che ci hanno inseguiti.»
«Da quegli antropofagi?...»
«Mangiate, signor Morgan, poi vi racconterò tutto.»
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