V - NUBE
ROSSA
Un grosso orso nero, un baribal,
come lo chiamano gli americani, lungo oltre due metri, con un pelo ispido,
lucido e nerissimo, ma che però vicino al muso diventava leggermente fulvo, era
comparso sull'orlo della macchia. Era un magnifico capo di selvaggina, che
avrebbe potuto fornire degli squisiti prosciutti non inferiori di certo a
quelli dei cinghiali, essendo ben grasso, anche se tali plantigradi, che hanno
l'abitudine di passare l'intero inverno sotto la neve, rannicchiati nel cavo di
un albero, o di qualche rupe, siano piuttosto magri quando si risvegliano dal
loro lungo letargo. I baribal, che si chiamano anche muskawa,
sono tuttora numerosi nel territorio britannico del Nord-Ovest, tenendosi per
lo più nascosti nei boschi. Quell'incontro sulle rive del Piccolo lago degli
Schiavi, non era dunque straordinario. Quantunque Bennie sapesse che questi
orsi sono di temperamento tranquillo, non assalendo l'uomo se non quando sono
feriti, si teneva in guardia. Visto che non si muoveva, e che si accontentava
di guardarlo, il cow-boy, che non voleva perdere tempo, con un rapido
volteggio balzò sul mustano, allentando le briglie. Il cavallo spiccò un salto
e partì al galoppo, ben contento di prendere il largo, essendo i baribal
anche carnivori, e molto pericolosi per il bestiame dei cow-boys.
L'orso, visto il cavaliere allontanarsi, credette che avesse avuto paura e si
mise a seguirlo correndo di buon trotto, malgrado le sue forme tozze e pesanti
e la poca lunghezza delle sue zampe, ma dovette ben presto convincersi che
quella gara contro il mustano non poteva durare a lungo e dopo un quarto di
miglio s'arrestò, cacciandosi dentro una macchia. Bennie, sbarazzatosi di
quell'ostinato bestione, spinse lo sguardo verso la costa occidentale del lago,
sperando di scorgere qualche colonna di fumo che indicasse la presenza del capo
indiano, ma non vide nulla sulla limpida linea dell'orizzonte.
- Bah!... - mormorò. -
Sono certo di trovare ugualmente Nube Rossa e i suoi guerrieri.
Il cavallo, intanto,
continuava a galoppare sulle rive del lago, facendo fuggire bande di anitre
selvatiche che si tenevano nascoste fra i canneti. Anche qualche superbo cigno
si alzava, battendo rumorosamente le ali per sostenere il corpo, e si
allontanava facendo udire un lungo fischio, e a volte spiccava il volo qualche
falco pescatore che stava appiattito fra le erbe acquatiche per dare la caccia
ai lucci e alle trote, che abbondano in tutti i laghi del Canada. Le rive del
vasto bacino erano però sempre disabitate, e non si scorgeva in alcuna
direzione nè una tenda indiana, nè la capanna di un cacciatore, essendo quei
vasti territori pochissimo abitati, se non addirittura deserti. Doveva essere
mezzogiorno, quando Bennie credette di scorgere sulla riva del lago, dietro una
foresta di pini e di abeti, una sottile colonna di fumo.
- Laggiù ci sono gli
indiani, - disse. - Lasciamo che Caribou respiri un po', e con un'altra
trottata andremo a trovare Nube Rossa. Non conviene stancare troppo questo
cavallo che può, con le sue zampe, salvare la mia capigliatura. Lasciò che il
mustano prendesse il passo e guardò attentamente il sottile pennacchio di fumo
che la brezza spingeva verso il lago. Si convinse ben presto che il campo
indiano doveva trovarsi dietro il bosco che tagliava la linea dell'orizzonte.
- Sono a cinquanta
chilometri dal mio campo, - disse. - Una bella distanza davvero, ma che in una
sola notte possono superare, per piombarci addosso. Beh, vedremo come la
intenderà Nube Rossa e poi, se sarà il caso, prenderemo subito il largo. Sulle
rive orientali le erbe grasse non mancano e sarò più sicuro. Suvvia, Caribou,
un'altra trottata!...
Il mustano, riposatosi un
po', riprese la corsa con nuova lena, scostandosi un po' dalle rive del lago,
che tendevano a diventare pantanose e facendo fuggire nugoli di colombi
selvatici; dopo una mezz'ora giungeva al margine del bosco di pini. Bennie,
stava per frenarlo, temendo sempre qualche imboscata, quando vide staccarsi
improvvisamente, dal grosso tronco di una spruce, ossia di un pino
gigante di Washington, un indiano armato di un winchester e di una
scure, il formidabile tomahawk, l'arma preferita dai guerrieri rossi.
Era un uomo di statura molto alta e di complessione robustissima, che indossava
una grande pelle di bisonte, adorna di pitture bizzarre, che volevano
rappresentare delle teste di orso e delle gambe di antilope.
- Alt!... - intimò
l'indiano, puntando il fucile.
- Toh!... - esclamò a sua
volta Bennie, senza inquietarsi. - Se non m'inganno questo è mio fratello Mato-o-kenko
(Orso vivo).
- E tu sei il Gran
Cacciatore, è vero?... È diverso tempo che non ti vedo. Dove va dunque il Gran Cacciatore?...
- A trovare il gran sackem
Nube Rossa.
- Chi ha detto al Gran
Cacciatore che il sackem si trovava qui, piuttosto che altrove?... Hai
incontrato qualche fratello rosso!... Coda Screziata forse?...
- No, - rispose Bennie, -
non ho visto nessuno.
- Ah!... Credevo che
l'avessi incontrato.
- Coda Screziata?
- Sì, il Gran Cacciatore
non l'ha visto sulle rive del lago?...
- Non ho visto che un baribal.
- Il fratello bianco non
avrà la lingua forcuta? - chiese l'indiano sospettosamente.
- La mia lingua ha sempre
detto la verità.
- How!... how!...
Che cosa desidera il Gran Cacciatore?...
- Fumare il calumet, con
Nube Rossa.
- Il Gran Cacciatore lo ha
già fumato.
- È vero, ma devo parlale
col sackem.
- Vuole avere con lui un
convegno?
- Lo hai detto.
- Il Gran Cacciatore mi
segua.
L'indiano si gettò ad
armacollo il winchester e si mise in cammino, precedendo il cavaliere,
ma quantunque avesse l'apparenza tranquilla, avendo i Pellirosse una cura
estrema nel nascondere le loro inquietudini, e specialmente non volendo mai
mostrarsi sospettosi, si studiava di tenersi un po' da parte per tenere
d'occhio il fratello bianco. Attraversò con passo celere una parte del bosco,
poi si fermò dinanzi a una vasta radura, dicendo:
- Ecco il campo.
Bennie aveva trasalito, e
con un gesto rapido aveva levato la rivoltella dalla fondina, nascondendosela
sotto la fascia, non avendo che una fiducia molto relativa nel capo indiano e
nei suoi guerrieri, poi aveva appeso all'arcione il fucile, per mostrare che
voleva fare la sua entrata da vero amico. Attorno alla radura, disposte in
circolo, fra numerosi cavalli pascolanti in libertà, si alzavano due dozzine di
alte tende, ossia di logge, o meglio ancora di wigwams. Erano composte
da un certo numero di pertiche lunghe e affilate, che si restringevano verso
l'estremità, formando dei coni, coperte con pelli di bisonte con dipinti in
rosso, raffiguranti teste di animali, corna di bisonte e serpenti, e da pezzi
di tela cuciti alla meglio. In mezzo ai wigwams, Bennie scorse subito un
palo piantato nel suolo, a cui era attaccato solidamente un giovanotto dalla
pelle bianca, con i capelli e gli occhi neri. Quel disgraziato, probabilmente
il compagno dello scotennato, ignaro forse della tremenda sorte che lo
attendeva, pareva tranquillo, e guardava più con curiosità che con apprensione
alcuni guerrieri indiani che gli si erano accoccolati intorno, ridendo e
chiacchierando. Vedendo il cacciatore, alzò il capo, osservandolo con viva
attenzione, poi si lasciò sfuggire un grido di stupore, e tentò di rompere le
corde che lo trattenevano. Bennie finse di non vederlo, e andò a fermarsi
dinanzi a una tenda, più vasta delle altre, sulla cui cima ondeggiava un pezzo
di pelle di castoro con sopra dipinto un uccellaccio che voleva forse
raffigurare un corvo. Era certamente il totem della tribù, ossia lo stendardo.
Trenta o quaranta indiani si erano subito radunati attorno al cow-boy,
esclamando: - Il Gran Cacciatore!...
- Sì, - rispose Bennie. -
Il Gran Cacciatore che viene a fumare il calumet di pace con Nube Rossa.
- Eccolo - rispose una
voce. Un indiano di statura quasi gigantesca, era comparso dalla tenda che
sorreggeva il totem della tribù. Era un uomo di aspetto maestoso e dalla
muscolatura potente, che doveva sviluppare una forza erculea. Poteva avere
quarant'anni, come poteva averne anche cinquanta, avendo già profonde rughe
sulla fronte. Aveva i lineamenti angolosi, duri, la pelle rosso mattone, qua e
là tatuata sulle gote, lo sguardo penetrante, dall'espressione feroce, e una
capigliatura lunghissima e nera. Come capo tribù, indossava uno di quei superbi
mantelli di lana di montone delle montagne, e di pelo di cane selvatico,
stupendamente lavorato a maglia, con spago a più colori e a disegni complicati
e adorno di una frangia lunghissima; grandi uose ricamate e guernite ai lati di
frange leggere, forse formate da capelli strappati dal cranio di qualche
nemico, e calzoni di pelle di daino stretti alle cosce. Sul capo portava un
ciuffo di penne di tacchino selvatico, che, gli scendeva fino a mezzo dorso,
dandogli l'aspetto di un istrice.
- A'hu!... -
esclamò il sackem, scorgendo Bennie. - Come mai mio fratello il Gran
Cacciatore viene a trovare Nube Rossa? Forse la speranza di sottrarre al palo della
tortura l'uomo dalla pelle bianca?... Se questo è il motivo che lo conduce, può
tornarsene sulle rive del lago.
L'accoglienza non era
certo incoraggiante, ma il cow-boy conosceva troppo bene gli indiani,
per farci caso. Scese tranquillamente dalla sella, legò il cavallo a una
pertica della tenda, volendo averlo vicino, poi disse:
- Il Gran Cacciatore
saluta il gran sackem Nube Rossa, e desidera fumare assieme il calumet
di pace, prima di spiegare il motivo della sua venuta.
- Il Gran Cacciatore sia
il benvenuto. Farò radunare nella mia tenda il consiglio degli anziani, poiché
vedo che si tratta di un convegno. Il fratello bianco mi segua senza timore.
Il cow-boy lanciò
prima uno sguardo sugli indiani che lo circondavano, un altro sul campo, per
assicurarsi che nessuna misura era stata presa per impedirgli di prendere il
largo in caso di pericolo, e seguì il sackem nell'interno della vasta
tenda, passando per una stretta apertura mascherata da un pezzo di pelle appeso
a due chiodi. Il wigwam era pieno di fumo, avendo gli indiani
l'abitudine di tenervi acceso il fuoco nel mezzo per cucinare le loro vivande,
e per affumicare le carni che vogliono conservare. Bennie distinse vagamente
fra le ondate fumose che non trovavano sfogo sufficiente dall'apertura situata
in alto, delle pelli di bisonte che dovevano servire da letti, pentole di rame,
valigie semischiacciate, casse sfondate, dei quarti di bisonte che si
seccavano, delle vesti, delle armi, ma tutto ciò accumulato alla rinfusa, senza
alcun ordine. Nube Rossa con dei calci respinse degli oggetti che ingombravano
il suolo, e si accoccolò dinanzi al fuoco, facendo cenno al cow-boy
d'imitarlo. S'erano appena accomodati, quando entrarono altri sei indiani,
quasi tutti vecchi, rugosi, con i volti tatuati e le braccia coperte di
numerose cicatrici, riportate nelle sanguinose lotte sostenute contro i Piedi
Neri, i loro implacabili nemici. Salutarono il Gran Cacciatore con un A'hu
prolungato, poi sedettero tutti attorno al fuoco, mentre un giovane guerriero
portava il calumet, una pipa con la scodellina di terra dura e nera, e con una
canna lunga oltre un piede, il tutto scolpito con figure grossolane
rappresentanti due uomini, un canotto e una scure. Nube Rossa la caricò con
tabacco già precedentemente bagnato con acquavite e poi seccato, aspirò
gravemente alcune boccate, disperdendo il fumo ai quattro lati dell'orizzonte e
pronunziando alcune parole misteriose, e la passò a Bennie, il quale la fece
circolare. Quando tutti ebbero fumato e la pipa fu riportata nella tenda della
medicina, il cow-boy prese la parola fra il più profondo silenzio.
- Mio fratello Nube Rossa
ha indovinato il motivo della mia venuta nel suo campo; il Gran Cacciatore è
venuto a fare appello ai sentimenti umani dei guerrieri rossi, alla promessa da
loro fatta ai rappresentanti della Grande Madre di non più uccidere gli uomini
dalla pelle bianca e di sotterrare per sempre l'ascia di guerra, promessa fatta
e mantenuta anche dalle grandi tribù del sud, le quali ormai rispettano i
voleri del Gran Padre. Voi avete assalito una carovana di poveri uomini dal
viso pallido, che non erano vostri nemici, li avete uccisi a tradimento e
scotennati, e avete fatto prigioniero il più giovane per sottoporlo alle
orrende torture del palo. Ebbene, io, il Gran Cacciatore, vengo a reclamare la
libertà del mio fratello bianco, in nome della Grande Madre.
Nube Rossa e i suoi vecchi
guerrieri avevano ascoltato attentamente il cow-boy, senza fare un
gesto, con la loro abituale impassibilità. Quand'ebbe terminato, il gran sackem
dei Corvi sputò in terra due volte, poi lasciando cadere il suo splendido
mantello, disse;
- Il Gran Cacciatore ha la
lingua sciolta e noi rispettiamo i gran parlatori, ma egli si è ingannato. Egli
ha detto che i Corvi hanno assassinato gli uomini bianchi che venivano
dall'est, e ciò è vero, ma sa chi erano quei volti pallidi?... Sa che cosa
volevano?... Si guardi intorno: un tempo i Corvi, le Teste Piatte, i Piedi
Neri, i Cuori di Lesina e i Serpenti, vivevano tranquilli sui loro territori di
caccia, inseguendo il bisonte che costituiva il loro principale nutrimento e
scorazzando liberi e felici l'immensa prateria lasciata in eredità dai loro
padri. Sono venuti dai paesi dove il sole tramonta e dai paesi dove nasce, gli
uomini dal volto pallido, e ci hanno distrutto le mandrie dei bisonti,
togliendo al povero indiano il mezzo di vivere. Che più?... Hanno inveito
contro i legittimi proprietari del suolo, li hanno costretti a forza a
rinchiudersi nelle riserve costringendo i liberi figli della prateria a
coltivare la terra come fossero schiavi. Le terre del lago dello Schiavo
appartengono alla nazione dei Corvi. Gli uomini bianchi ora cominciano a
inoltrarsi anche qui per respingere l'uomo rosso, per togliergli gli alimenti,
per cercare di domarlo o di distruggerlo, e noi ci siamo difesi per impedire
agli altri di seguire le tracce dei primi pionieri. Forse che non siamo nel
nostro diritto?...
- Mio fratello il gran sackem
ha parlato bene, ma a sua volta si è ingannato, - disse Bennie. - Gli uomini
bianchi che i tuoi guerrieri hanno assassinato, erano tranquilli emigranti che
se ne andavano nei paesi dell'ovest, sulle rive del grande bacino Salato. Essi
erano amici degli uomini rossi, lo affermo solennemente.
- Sì, amici come tutti gli
altri, - disse il sackem. - Il Gran Cacciatore ignora dunque tutto il
male che ha fatto la razza bianca a quella rossa?... Non gli bastano forse le
innumerevoli ossa che coprono la grande prateria?... Quelle ossa appartenevano
ai guerrieri indiani e ora servono di pascolo ai lupi. La razza bianca è stata
fatale a noi, lo dissi ai commissari della Grande Madre, adunati nel forte
Laramie, quando ci andai assieme a Piede Nero, il gran sackem delle
Teste Piatte e a Dente d'Orso. La nostra nazione si dilegua e sparisce come la
neve sul pendio delle montagna quando il sole è ardente, mentre il popolo dei
volti pallidi è numeroso come i fili d'erba della prateria all'approssimarsi
dell'estate e cresce sempre, invadendo le nostre terre e cacciandoci a colpi di
fucile come fossimo bestie feroci. Dobbiamo assistere impassibili all'avanzare
degli uomini della sua razza?... Noi rispetteremo il Gran Cacciatore, perché è
stato sempre nostro amico, ma respingeremo gli altri che vengono a distruggere
le mandrie dei nostri bisonti. Tu hai parlato della Grande Madre: che cosa ha
fatto essa per gli uomini rossi?.... Non ci ha dato armi per cacciare, non ci
ha protetti, non l'abbiamo mai vista. Venga ad ascoltare i lamenti delle tribù
indiane, renda loro giustizia, e noi seppelliremo per sempre l'ascia di guerra.
Ho detto!...
La logica del capo indiano
era stringente, però Bennie non si era perso d'animo. Contava sull'ostaggio.
- Riconosco le ragioni del
sackem Nube Rossa, - disse, - e non posso dargli torto. Gli uomini
bianchi non sono tutti amici degli uomini rossi, lo so, ma quelli che sono
stali assassinati dai suoi guerrieri erano amici del Gran Cacciatore. Tu, gran sackem,
ti ostini a crederli tuoi nemici, e sia pure. Pensa però che i guerrieri della
Grande Madre sono numerosi e potrebbero piombare sul capo dei Grandi Ventri e
vendicare i visi pallidi scotennati.
- Ebbene Nube Rossa
radunerà i suoi guerrieri e non rifiuterà la lotta, - rispose il capo. - I
Corvi sono coraggiosi e ancora numerosi, e se sarà necessario morranno per la
difesa dei loro territori di caccia, ma prima avranno fatto sopportare mille
torture al prigioniero e appenderanpo al totem della tribù, come sfida, la sua
sanguinante capigliatura. Che cosa dice Ish-ta-sha (Occhio bianco) che è
il più vecchio guerriero della tribù?...
- Che il sackem
Nube Rossa ha parlato bene - rispose l'interrogato.
- Il Gran Cacciatore ha
udito, - disse il capo. - Porti la risposta dei Corvi ai guerrieri della Grande
Madre. Ho detto!...
- Non ancora, - rispose
Bennie. - Poiché Nube Rossa non vuole rilasciare il prigioniero, gli proporrò
uno scambio che certamente accetterà.
- E quale scambio?... -
esclamò l'indiano, guardandolo con attenzione, mentre la sua fronte si
oscurava. - Che cosa intende dire il Gran Cacciatore?
- Il gran sackem
Nube Rossa non si è accorto dell'assenza troppo prolungata di uno dei suoi più
valorosi guerrieri?... Di Coda Screziata?... - chiese il capo con una certa
apprensione, che invano aveva tentato di nascondere.
- Sì, - rispose Bennie.
- Che cos'è accaduto del
mio guerriero? urlò il sackem, con un'improvvisa esplosione di furore.
- È nelle mani dei
guerrieri della Grande Madre.
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