VIII -
L'AGGUATO DEI PELLIROSSE
I quattro mustani, seguiti
sempre dagli altri quattro del carro, che non avevano abbandonato i loro
padroni, quantunque fossero completamente liberi, salirono la collina senza
rallentare il passo, la superarono passando fra le macchie di cespugli che
coprivano la cima, e scesero, come una volata di corvi, il versante opposto,
lanciandosi nella prateria sottostante, che si stendeva verso nord con leggere
ondulazioni, formando la così detta prateria ondulata.
Trovandosi i cavalieri al
coperto dagli sguardi degli indiani, e a breve distanza dai boschi
fiancheggiami le sponde orientali del lago, decisero prontamente la
separazione.
- Spicciati, Back!... -
gridò Bennie. - Se non approfittiamo di questo istante, ti tirerai addosso una
banda di indiani. Suvvia, piega a sinistra, cacciati nel bosco e va ad
aspettarci alla washingtonia. Se scorgi dei cavalieri presso il lago verrai a
raggiungerci e allora si farà quello che si potrà.
- Signor Guglielmo, potete
resistere ancora una mezz'ora?...
- Lo spero, - rispose lo
scotennato.
- Seguite il mio compagno
dunque.
- E mio nipote? - chiese
il meccanico, con una certa inquietudine.
- Terrà compagnia a me, ma
non temete per noi. Abbiamo sei cavalli a nostra disposizione, e con tante
gambe avremo buon giuoco sui mustani degli indiani.
- Grazie di aver pensato a
me - disse Armando. - È una prova di fiducia che mi rende orgoglioso.
- Presto, partite - gridò
Bennie.
- Dio vi protegga -
risposero Back e lo scotennato, allontanandosi frettolosamente.
- Avanti, giovanotto -
disse il cow-boy.
I due cavalieri partirono
al galoppo attraverso alla prateria, fiancheggiati dai quattro cavalli del
carro, mentre Back e Guglielmo scomparivano nel bosco. Bennie e Armando avevano
percorsi appena cinquecento passi quando udirono alle spalle un forte
schiamazzo. Volgendosi, videro gli indiani scendere il versante della collina
in gruppo serrato. I rossi guerrieri, che distavano ancora un buon chilometro,
non dovevano essersi accorti della scomparsa dei due cavalieri a causa della
distanza e dell'oscurità, e correvano dietro ai sei cavalli galoppanti nella
prateria. Bennie, che non li perdeva di vista, li vide distendersi ancora a
forma di semicerchio, occupando uno spazio di almeno cinquecento metri e
spingendo molto innanzi le ali estreme.
- Ah!... Sperano di
prenderci nel mezzo, - mormorò. - Bah!... La vedremo, miei cari.
Poi, volgendosi verso
Armando che cavalcava alla sua sinistra tenendo in mano il fucile, gli chiese:
- Non avete paura, vero,
giovanotto?...
- Oh no!... - rispose
questi, sorridendo. - Mio zio mi ha abituato ai pericoli.
- Sapete adoperare bene il
fucile?...
- Sono un buon tiratore.
Prima di unirmi a mio zio, ho servito due anni in qualità di cacciatore presso
un indian agent del forte Qu'Appelle nell'Assiniboia.
- Ora comprendo perché vi
mantenete in sella così bene. Nella prateria si fa buona scuola.
- È vero, signor Bennie.
- Ah!... - esclamò il cow-boy,
che si era voltato per guardare gli indiani. - Cominciano a guadagnare su di
noi.
- Sproniamo?...
- Non ancora. Armando;
lasciamoli accostare e cerchiamo di fare un buon doppio colpo. D'altronde
abbiamo quattro cavalli di ricambio.
- Mi sorprende come quelli
del carro ci seguano sempre.
- Sono abituati a non
lasciarmi, e non ci abbandoneranno nemmeno quando comincieranno le fucilate.
Tenete pronto il fucile per quando spunterà l'alba.
- Comincia già a sorgere.
- Sì, e fra mezz'ora
manderemo nostre nuove a Nube Rossa e a Coda Screziata.
Mentre così chiaccheravano
tranquillamente, come facessero una semplice trottata di piacere, gli indiani
forzavano i loro mustani per guadagnare strada. Erano però soltanto quelli
delle ali che si avvicinavano, non quelli del centro, i quali pareva invece
cercassero di non esaurire troppo presto le forze dei loro animali, per non
trovarsi più tardi nell'impossibilità di continuare la caccia. Quei cavalieri,
cresciuti sul dorso dei rapidi cavalli di prateria, di gran lunga superiori ai
più instancabili cow-boy, e che cavalcano intere giornate senza aver
bisogno nè di staffe, nè di sella, nè di speroni, conoscevano troppo bene la
resistenza dei loro destrieri, per ridurli a mal partito prima del tempo. Per
il momento il centro si accontentava di mantenere la distanza, lasciando alle
ali l'incarico di stringersi addosso ai fuggiaschi. Bennie però aveva buon
giuoco con i suoi cavalli di ricambio. Lasciava che gli indiani delle ali si
accostassero, pronto tuttavia ad abbandonare il suo Caribou, al primo indizio
di stanchezza, per lanciarsi in sella a un altro cavallo, fra quelli che lo
seguivano caracollando ai suoi fianchi. L'alba intanto sorgeva, diradando le
tenebre e diffondendo una luce vivissima sulla vasta prateria. Il primo raggio
di sole non doveva essere lontano. A un tratto Bennie udì un urlìo furioso
risuonare fra gli indiani.
- Ah!... - esclamò. - Ora
si sono accorti della scomparsa di Back!... - Miei cari, a quest'ora è al
sicuro, e vi sfido a trovarlo.
- Credete che sia giunto
al rifugio? - chiese Armando.
- Scommetterei una buona
carabina a ripetizione contro un pezzo di tabacco, che stanno facendo colazione
con appetito.
- Non verranno
scoperti?...
- Non abbiate questo
timore; nessuno sa che quel colosso della vegetazione, che ho scoperto per
caso, è vuoto. Siete pronto a fare un buon colpo?...
- Non aspetto che il
vostro comando.
- Bravo, giovanotto.
Arrestò violentemente
Caribou, e si guardò alle spalle. I cavalieri dell'ala destra, più avanti di
quelli della sinistra, non si trovavano che a quattrocento metri, e aizzavano i
loro mustani per guadagnare rapidamente terreno.
- È un bel tiro, ma si può
provare - mormorò. - A me l'indiano che monta quel bellissimo cavallo bianco, e
che si trova in testa a tutti; a voi il secondo, che monta quel morello dalla
lunga coda.
- Lo vedo - rispose il
ragazzo. Volsero i mustani, e puntarono simultaneamente i fucili, mentre i
cavalli del carro approfittavano di quella breve sosta per mangiare alcune
foglie succolenti di buffalo-grass. Gli indiani, vedendosi presi di
mira, impugnarono i loro winchester, ma furono prevenuti. Due spari
rimbombarono l'uno dietro l'altro. L'indiano che montava il cavallo bianco,
colpito dall'infallibile palla del Gran Cacciatore, aprì le braccia, poi
stramazzò pesantemente al suolo, lasciandosi sfuggire l'arma che teneva in
mano, mentre il cavallo morello, attraversato dalla palla di Armando,
s'inalberava bruscamente, cadendo poi di quarto insieme con il cavaliere. Urla
di furore salutarono quel doppio colpo, mentre Bennie e il suo giovane compagno
ripartivano di gran galoppo. Una scarica salutò la loro pronta ritirata, però
le palle non giunsero a segno, essendo quasi tutti gli indiani mediocrissimi
tiratori; solamente uno dei quattro cavalli del carro parve sfiorato da un
proiettile, poiché lo si vide scartare bruscamente, quindi lanciarsi innanzi a
tutta velocità, mandando un lungo nitrito.
- Bravo giovanotto -
esclamò Bennie, allegramente.
- Ho mancato l'uomo -
rispose Armando arrossendo.
- Uccidendo il cavallo
avete messo fuori combattimento il cavaliere, il quale non potrà ora più
seguire i compagni. Avete fatto un bel tiro, mio caro, ve lo dico io, un tiro
che molti cow-boys vi invidierebbero.
- Ricominceremo?...
- Più tardi, Armando.
Cerchiamo per ora di stancarli.
I mustani, eccitati
vivamente, avevano ripreso la corsa, salendo e scendendo le ondulazioni della
prateria, però i due montati, e specialmente quello di Bennie che aveva
percorso un lunghissimo tratto lungo le rive del lago, cominciavano a dare
segni di stanchezza. Anche quelli degli indiani non sembravano trovarsi in
condizioni migliori. Quelli delle due ali, dopo aver fatto uno sforzo estremo
per guadagnare terreno, a poco a poco rimanevano sempre più indietro, mentre si
avvantaggiavano un pò quelli del centro, i quali ora avanzavano a forma di un
immenso triangolo, il cui vertice era formato da un mustano bellissimo montato
da Coda Screziata. La caccia all'uomo continuò una mezz'ora ancora, interrotta
da qualche colpo di winchester, che mai colpiva il segno a causa delle
scosse disordinate dei cavalli. Bennie, che sentiva Caribou sbuffare, stava per
dare il comando di cambiare i cavalli, quando tutto d'un tratto il suo
destriero cadde di peso, mandando un nitrito di dolore. Prima che il cavaliere
avesse potuto prevedere quell'improvvisa caduta, si sentì scagliare in avanti
da quella brusca fermata. Armando lo vide volteggiare due volte in aria, poi
capitombolare, tre metri innanzi, in mezzo alle alte erbe.
- Signor Bennie!... -
gridò, arrestando con una vigorosa strappata il proprio mustano. Stava per
balzare di sella per lanciarsi in aiuto del suo compagno, quando vide sorgere
fra le alte erbe, due indiani armati di fucile. Pronto come il lampo, il
giovanotto spianò la carabina sul più vicino e fece fuoco. L'uomo cadde col
cranio fracassato, ma l'altro lo prendeva intanto di mira alla distanza di
trenta passi. Mancando il tempo di prevenirlo, con una furiosa speronata fece
impennare il mustano per coprirsi col corpo dell'animale. Quell'abile manovra
lo salvò. L'indiano aveva fatto fuoco, ma la palla, invece di abbattere il
giovane cavaliere, aveva attraversato il cavallo da parte a parte, entrandogli
nel petto e uscendogli dietro la groppa. L'animale, fulminato, cadde
trascinando Armando. Il giovanotto, quantunque stordito per la caduta, stava
per rialzarsi, quando dinanzi a lui echeggiò un terzo sparo, seguito da una
voce che diceva:
- E due!... A furia di
doppietti, finiremo con lo sbarazzarci da questa torma di cani idrofobi!...
- Bennie, siete voi? -
chiese il giovanotto, alzandosi.
- Sì, Armando, - rispose
il cow-boy. - Mi sono alzato in tempo per ammirare il vostro coraggio e
per mandare diritto al Grande Spirito quell'indiano che si preparava a
scotennarvi.
- Siete ferito?
- Un po' malconcio, ma
niente di guasto. A cavallo o gli altri ci raggiungeranno.
I quattro cavalli del
carro si erano arrestati intorno a Caribou, il quale faceva sforzi disperati
per alzarsi, senza però riuscirvi.
- Corna di bisonte!... -
urlò Bennie, con accento di dolore misto a ira - il mio mustano s'è spezzata
una gamba!... Ecco un animale che rimpiangerò a lungo.
Lo sbarazzò rapidamente
della sella, bardò uno dei quattro mustani del carro, mentre Armando faceva
altrettanto con un altro, poi salì in arcioni gridando:
- Badate!... C'è una corda
tesa dinanzi a noi!...
- Dove? - chiese Armando.
- Fra le erbe.
Allargarono le gambe
raccogliendo le briglie, e fecero fare ai due mustani un bel salto che li portò
al di là della corda, la quale era stata abilmente tesa dai due indiani.
- L'avete vista? - chiese
Bennie.
- Sì.
- Furfanti!... Senza la
vostra presenza di spirito e il vostro colpo di fucile, qualcuno di noi avrebbe
lasciata la sua capigliatura nelle mani degli indiani.
- Che ci siano altri
agguati?
- Io non lo so; apriremo
bene gli occhi e devieremo.
- Come hanno fatto quei
due a precederci?... Ciò mi sorprende.
- Forse erano partiti
molto prima degli altri. Ah!... Non vedete i loro cavalli fuggire attraverso la
prateria?... Li avevano nascosti facendoli coricare fra le erbe. Su, spronate
senza riguardo, ora, e cerchiamo di prendere il largo piegando verso le rive
del lago.
I due mustani, che fino
allora li avevano seguiti in piena libertà, spronati vivamente, partirono
ventre a terra, guadagnando in pochi minuti più di cinquecento passi sui
cavalli già esausti degli inseguitori. Gli altri due li seguivano sempre,
pronti a sostituirli correndo ora dinanzi e ora ai fianchi dei due fuggiaschi.
Percorso un altro miglio. Bennie si voltò.
Dei quaranta e più indiani,
solamente dieci o dodici resistevano ancora; tutti gli altri avevano dovuto
arrestarsi e si vedevano dispersi per la prateria, a una distanza tale da far
loro perdere ogni speranza di poter dare la caccia alle due capigliature degli
uomini bianchi.
- Benissimo!... - esclamò
il cow-boy, allegramente. - Ora sono una dozzina ancora, e fra un quarto
d'ora saranno due o tre, e allora faremo parlare un'ultima volta i fucili.
Siete stanco, giovanotto?
- Un poco, lo confesso, -
rispose Armando.
- Vi domando mezz'ora, poi
vi riposerete, amico.
- Guadagnamo sempre?...
- Siamo già a mille metri.
- Che bravi cavalli sono i
vostri.
- Sono stati scelti con
grande cura. Diavolo! Nella prateria dalle gambe di un cavallo dipende la
salvezza del cow-boy. Che disgrazia aver perduto il mio Caribou! Era un
cavallo impareggiabile che non potrò mai più sostituire. Al diavolo quei
dannati indiani!. Coda Screziata me la pagherà, però, parola di Bennie
Blight!...
I quattro cavalli,
eccitati dai due cavalieri, divoravano intanto lo spazio salendo e scendendo le
ondulazioni della pianura. La prateria tendeva allora a cambiare. Alle alte
graminacee, alle macchie di erba salvia, di assenzio, di semprevivi campestri,
di opunzie nane, alle saponacee e ai buffalo-grass, succedevano boschetti
di nocciuoli selvatici, di girasoli splendidi coi loro grandi fiori gialli
rivolti al sole, di sommacchi, di salici rossi e di pioppi bianchi del Canada.
- Siamo vicini al lago, - disse
Bennie. - Involontariamente abbiamo descritto un ampio semicerchio che ci ha
portati verso le rive orientali del Piccolo lago.
Si voltò e guardò gli
indiani. Non ce n'erano che tre; tutti gli altri erano rimasti indietro e molto
probabilmente avevano raggiunto il grosso della banda, rinunciando alle due
capigliature dei bianchi.
- Ah!... Ah!... - esclamò
il cow-boy. - Si sono finalmente decisi a tornarsene indietro.
- E quei tre? - chiese
Armando,
- Ora penseremo a loro,
tanto più che vedo Coda Screziata. Quel dannato indiano non rinuncerà alla sua
vendetta, ne sono certo, ma siamo abili tiratori, è vero. Armando?... Saliamo
quel poggio e li attenderemo nella pianura. Coraggio, ancora uno sforzo, povere
bestie.
I quattro cavalli salirono
una collinetta cosparsa di cespugli, poi discesero il versante opposto,
arrestandosi presso un gruppo di quercie nere che crescevano sulle rive di un
piccolo stagno. Bennie e Armando balzarono a terra coi fucili in mano e
attesero la comparsa degli indiani.
- Devo abbattere gli
uomini o i cavalli? - chiese Armando.
- Gli uomini, giovanotto.
Bisogna sopprimerli tutti e tre o seguiranno più tardi le nostre tracce e
verranno ad assalirci nel nostro nascondiglio. Ah!... Eccoli!...
Un indiano era comparso
sulla cima della collinetta, seguito subito da Coda Screziata e da un altro. I
loro cavalli, bianchi di schiuma, non erano più capaci di reggersi poiché di
tratto in tratto incespicavano col pericolo, in caso di una caduta, di non più
rialzarsi. Vedendo i due bianchi a terra, i tre indiani mandarono grida di
trionfo, credendo che fossero stati costretti a fermarsi per la stanchezza dei
mustani. Coda Screziata afferrò il winchester, mentre gli altri due, che
erano armati di lance e parevano possedere i migliori cavalli della tribù, si
lanciavano giù dalla collina, sterzando furiosamente i loro destrieri. Bennie
era balzato fuori dal boschetto seguito dal giovane Armando. Puntò rapidamente
il fucile mirando il primo indiano che si trovava a soli trecento passi, poi
fece fuoco. Cavallo e cavaliere, colpiti forse contemporaneamente, caddero,
scomparendo fra le alte erbe, Un istante dopo, il primo s'alzò fuggendo a gran
galoppo, lasciando a terra il padrone.
- A voi, Armando!... -
gridò Bennie.
Il giovanotto mirava già
il secondo indiano che si era arrestato a mezza via, titubante. Lo sparo tu
seguito da un urlo di dolore e l'uomo cadde. Coda Screziata fermò il proprio
cavallo e aprì un vero fuoco di fila contro i due bianchi, ma al quinto sparo
lo si vide vacillare, poi cadere assieme alla cavalcatura. Bennie, che aveva
introdotta una nuova cartuccia nel fucile, aveva fatto fuoco, e, come sempre,
non aveva mancato il colpo.
Balzarono sui loro cavalli
e si allontanarono a spron battuto, senza udire una voce minacciosa che gridava
loro:
- Avrò le vostre
capigliature!...
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